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RESPONSABILITÀ ODONTOIATRICA INTERVENTO DI PIÙ OPERATORI

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622 TAGETE 3 -2013

Year XIX ISSN 2035 – 1046

RESPONSABILITÀ ODONTOIATRICA INTERVENTO DI PIÙ OPERATORI

PROFESSIONAL RESPONSIBILITY IN DENTAL TEAM

Alessandro De Introna 1 - Michela Tonelli2

ABSTRACT

Lo scopo di questo articolo è di esaminare alcuni aspetti medici e giurisprudenziali che riguardano le prestazioni odontoiatriche effettuate in equipe o dal titolare dello studio unitamente ad altre figure professionali aventi specializzazioni diverse.

La competenza professionale in settori specifici dell'odontoiatria (implantologia, ortodonzia, chirurgia, endodonzia), nonché il sorgere di nuove strutture organizzative odontoiatriche (studi associati, strutture plurispecialistiche, collaborazioni tra professionisti), spostando l’attività valutativa dalla singola prestazione effettuata dal titolare dello studio odontoiatrico alla prestazione di più professionisti aventi specifiche specializzazioni, ha portato a nuove problematiche in tema di accertamento di responsabilità che riguardano il Medico Legale e l'Odontologo Forense e che richiedono un’attenta interpretazione delle norme e della giurisprudenza.

Dopo brevi cenni sulla responsabilità civile e penale dei sanitari che operano in equipe, verranno quindi esaminati alcuni casi clinici, cercando di individuare il grado di responsabilità di ciascun operatore.

The aim of this article is to examine the medical and juridical point of view that relate to dentistry services offered by a group of individually jointly with other professionals from various medical backgrounds. The professional skills specific to dentistry (Implantology, orthodontics, surgery, endodontics) coupled with the new dentistry structures (such as associates practices, plurispecialized structures, collaborations between professionals) which together have moved the evaluation activities of an individual service made by the practice owner to a service by a group of professionals with an array of specializations. This has created new issues concerning the responsibilities of a legal doctor and forensic odontologist which require a careful interpretation of legal standards and case law. After an overview on

1 Alessandro De Introna - Medico Chirurgo Odontostomatologo - Fiduciario di Compagnie Assicurative in ambito di responsabilità professionale

2 Michela Tonelli - Avvocato del Foro di Roma

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the civic and penal law responsibilities of a multiprofessional practice we will then examine some clinical cases in order to pinpoint the degree of responsibilities of each individual.

L’Odontoiatra, svolgendo ormai un'attività clinica altamente complessa e rischiosa, può essere chiamato a rispondere del suo operato, tanto in sede civile, quanto in sede penale, ciò in quanto un'eventuale lesione del diritto alla salute può integrare, al contempo, un danno ingiusto risarcibile ai sensi degli artt. 1218, 2043, 2059 c.c., come pure una condotta tipizzata dalle fattispecie di reato di cui agli artt.

575, 582, 584, 589, 590, 610 c.p., con le limitazioni introdotte dal decreto Balduzzi D.L. n.158/2012, convertito in L. n. 189/2012, che si illustreranno in seguito.

L'incremento dei processi a carico dei dentisti, pur rientrando nell’ottica di un generale aumento del contenzioso nell’ambito della responsabilità medica, è altresì legato ad alcune connotazioni specifiche dell'odontoiatria che richiedono apposite cautele in sede di verifica della legittimità dell'operato dei sanitari.

In primo luogo, nel settore odontoiatrico, per assicurare le migliori cure ai pazienti si rende, di norma, necessaria, come detto, l'interazione tra figure professionali differenti ed in rapporto di collaborazione fra loro, non necessariamente gerarchica; ciò comporta, inevitabilmente, un regime articolato di responsabilità qualora si verifichino situazioni dannose per il paziente, anche in considerazione del fatto che, nella prassi, la forma organizzativa in cui si esplica il lavoro d'equipe si sta evolvendo da un modello composto dal dentista di fiducia, lavoratore autonomo e titolare dello studio, e dai suoi collaboratori, terzi sostituti o dipendenti, ad un modello avente struttura più complessa, quali le “associazioni di professionisti”, le “società di servizi” e le c.d. “minicliniche”.

In secondo luogo, il progresso delle scienze mediche nonché la mutata percezione della figura del Dentista, hanno aumentato sensibilmente le aspettative di successo in ordine alle terapie odontoiatriche, cosicché la prestazione del professionista, in taluni settori (quale, ad esempio, quello delle protesi dentarie e dell’ortodonzia), viene, oggi, sostanzialmente parificata ad un'obbligazione “di risultato”, seppur formalmente qualificata come obbligazione “di mezzi”2, con la conseguenza che il mancato conseguimento dell'esito voluto è sovente valutato come inadempimento contrattuale che legittima una pretesa risarcitoria del paziente ex artt. 1218 ss c.c., oltreché, ai sensi dell'art. 1460 c.c., il rifiuto della rispettiva controprestazione a guisa del principio inademplenti non est ademplendum.

2In tali termini si è espresso il Trib. Forlì, 14 marzo 1996, secondo cui «L'odontoiatra incaricato della progettazione ed installazione di un manufatto protesico contrae un'obbligazione di mezzi e di accorgimenti tecnici idonei ad assicurare quel risultato che il committente si ripromette dall'esatto e corretto adempimento dell'incarico».

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Da ultimo, l'attività dell'Odontoiatra richiedendo l'utilizzo di strumentazione tecnica, postula specifiche accortezze operative inerenti alle apparecchiature elettriche e radiologiche impiegate dal professionista.

A) Responsabilità penale:

In ambito penale, come è noto, vige il principio sancito dall'art. 27, c. 1, Cost., secondo cui la responsabilità penale è personale, cosicché ognuno può essere chiamato a rispondere, eventualmente in concorso o in cooperazione con altri soggetti, solo per fatti dipendenti dalla propria condotta attiva od omissiva.

Stante il tenore del dettato costituzionale, la giurisprudenza di legittimità, in linea con le esortazioni della più attenta dottrina3, ha sempre tentato di perseguire il massimo rigore sotto il profilo eziologico, adottando speciali cautele nella valutazione sull'imputabilità del fatto di reato.

A1) Legge Balduzzi:tale cautela ha raggiunto l’apice con il D.L. n. 158/2012, convertito in L. n. 189/2012 (cd Legge Balduzzi), che ha addirittura depenalizzato la responsabilità medica in caso di “colpa lieve”, qualora l'esercente l'attività sanitaria si sia attenuto a “linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica” (cfr art. 3, co. 1, Legge Balduzzi).

Secondo il dato normativo, ferma restando la responsabilità civile scaturente sia dall'art. 2043 c.c. che dal “contatto sociale” (ossia dal rapporto "sociale" – paziente/struttura sanitaria/medico - qualificato dall’ordinamento dal quale scaturiscono una serie di doveri di collaborazione e protezione volti alla salvaguardia di determinati beni giuridici – in particolare del bene “salute”), “l’esercente la professione sanitaria che, nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve” (Cass. Civ., Sez. III, sent. n. 4030 del 19 febbraio 2013).

L’ingresso delle “linee guida”, quali criteri ai quali ancorare la valutazione della condotta “colposa” del sanitario ha ridimensionato notevolmente i margini di discrezionalità nell’accertamento dell’imperizia/negligenza, a vantaggio di una maggiore certezza nel diritto ma, al contempo, ha sollevato numerosi dubbi interpretativi, non ancora risolti, che il Giudice dovrà affrontare di volta in volta: si pensi, ad esempio, al caso in cui il sanitario, per meglio operare sulla specifica situazione clinica, abbia avuto la necessità di discostarsi dalle linee guida od al caso in cui lo stesso si sia attenuto fedelmente alle linee guida, pur nella consapevolezza che le medesime non fossero esaustive e sufficienti ad esentarlo da responsabilità (Cass. Nn. 4391/2012 – 34402/2011 – 33136/2011 - 34729/2011 – 23146/2012).

A2) Principio dell’affidamento: prima dell’entrata in vigore della legge Balduzzi la giurisprudenza aveva già operato al fine di mitigare il potenziale contrasto fra l'art. 27 Cost. e la posizione di “garanzia” riconosciuta in capo al personale sanitario ex art. 40, c. 2, c.p., individuando un “principio di affidamento”4, in forza del quale ogni

3In particolare, cfr. M. Mantovani, La responsabilità penale nell'attività medico-chirurgica in équipe fra teoria e prassi, in Nuova giur. civ. comm., 2010, p. 1169 ss.

4In argomento si veda Cass., Sez. IV, 6 agosto 2009, n. 32191, per la quale il principio di affidamento « [rappresenta una] coerente applicazione del principio di personalità della responsabilità penale, in forza del

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medico, nell'espletamento delle funzioni di vigilanza sull'operato degli altri membri del gruppo, può legittimamente confidare che questi ultimi agiscano nel rispetto delle regole di diligenza e perizia inerenti alla propria professione, senza dover intraprendere spropositate attività di controllo sulle altrui mansioni.

In ogni caso, l'individuazione del punto di distinzione fra legittimo affidamento e disinteresse per la salute del paziente integra una valutazione di merito, legata alle circostanze specifiche di ciascun caso concreto.

Nella casistica giurisprudenziale, dunque, il principio de quo incontra specifici limiti allorché, ad esempio, il reale andamento dei fatti sia in grado di inficiare l'aspettativa sulla altrui correttezza (malattie o alterate condizioni psicofisiche dell'operatore), come pure qualora vi siano contingenze tali da far, comunque, ipotizzare un pericolo per la salute del paziente (inesperienza, situazioni di carattere eccezionale e atipico), ovvero quando vi siano speciali obblighi di sorveglianza legati al ruolo gerarchico rivestito dal compartecipe.

A3) Causalità “omissiva”: con riguardo al caso di cooperazione multidisciplinare nella prestazione medico-dentistica ed alla cosiddetta causalità

“omissiva”, occorre premettere che, ai fini della ripartizione delle responsabilità nei confronti del paziente, i singoli professionisti facenti parte dell'equipe non possono esimersi dall'imputazione della colpa per il solo fatto di non aver materialmente cagionato il danno con la propria condotta attiva.

Infatti, l'elaborazione della giurisprudenza penale in tema di causalità omissiva (suscettibile di estensione anche in ambito civile) ha consentito di affermare che, essendo i sanitari destinatari dell'obbligo giuridico di impedire danni alla salute dei pazienti, i medesimi sono chiamati a rispondere del pregiudizio arrecato a questi ultimi, a titolo di fatto proprio, ogni qualvolta abbiano omesso di sorvegliare e valutare le mansioni svolte dagli altri componenti dell'equipe 5 . D'altronde, le singole prestazioni mediche talvolta sono solo apparentemente disgiunte fra loro, dal momento che le stesse, essendo frazioni del medesimo trattamento sanitario da eseguire, convergono verso un unico risultato finale; conseguentemente, ciascun medico, in vista dell'esito sperato deve mettersi in condizione di poter rimediare ad eventuali carenze degli altri membri del gruppo, sempreché i detti errori risultino

“evidenti ed emendabili in base alle comuni conoscenze scientifiche di un professionista medio 6”.

quale ciascuno risponde delle conseguenze della propria condotta, commissiva od omissiva, e nell'ambito delle proprie conoscenze e specializzazioni, mentre non risponde, invece, dell'eventuale violazione delle regole cautelari da parte di terzi. Peraltro, il principio di affidamento non è di automatica applicazione quando esistano altri partecipi della medesima attività o che agiscano nello stesso ambito di attività o nel medesimo contesto. In questi casi tra cui rileva, appunto, quello dell'equipe sanitaria, si pone il problema dell'influenza della condotta colposa del terzo su quella dell'agente, che va risolto secondo la regola per cui l'agente ha l'obbligo di attivarsi, se ha la percezione (o dovrebbe averla) della violazione delle regole da parte degli altri partecipi nella medesima attività per esempio, un'operazione chirurgica svolta in equipe o se, comunque, si trova in una situazione in cui diviene prevedibile l'altrui inosservanza delle regole cautelari (che deve, quindi, avere caratteristiche di riconoscibilità»).

5Ex multis, Cass., Sez. IV, 6 ottobre 2006, n. 33619; Cass., Sez. IV, 18 maggio 2005, n. 18568.

6Sul punto, cfr. Cass., Sez. IV, 26 maggio 2004, n. 24036, secondo cui «con riguardo alla professione sanitaria e'

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B) Responsabilità civile:

B1) Condotta “omissiva”: riportato nell'alveo del contenzioso civile, il dovere di vicendevole controllo sopra descritto giustifica l'automatica imputazione di una responsabilità diffusa e solidale per i compartecipi colposamente inerti, a vantaggio degli interessi del creditore danneggiato dal non corretto adempimento della prestazione medica7.

In effetti, l'ordinamento civilistico è ispirato ad un favor creditoris che consente di estendere il novero dei soggetti passivi obbligati a risarcire, per intero, il danno subito dal paziente, includendovi anche gli autori di condotte meramente omissive, fatto salvo, tuttavia, il diritto di regresso nei rapporti interni fra coobbligati.

B2) Condotta “attiva”: la soluzione sopra illustrata è conforme a quanto previsto dall'art. 2055 c.c. ed ha valore anche per l'ipotesi in cui il danno sia causato da condotte attive («Se il fatto dannoso è imputabile a più persone, tutte sono obbligate in solido al risarcimento del danno. Colui che ha risarcito il danno ha regresso contro ciascuno degli altri, nella misura determinata dalla gravità della rispettiva colpa e dall'entità delle conseguenze che ne sono derivate. Nel dubbio, le singole colpe si presumono uguali»). Ulteriore riscontro può rinvenirsi negli artt. 1228, 1717 e 2232 c.c., che giungono finanche a contemplare l'attribuzione di una colpa per il fatto altrui, laddove, in primo luogo, l'art. 1228 c.c. dispone che: «…il debitore che nell'adempimento dell'obbligazione si vale dell'opera di terzi, risponde anche dei fatti dolosi o colposi di costoro»; analogamente, l'art. 1717, c. 1, c.c. prevede che: «Il mandatario che, nell’esecuzione del mandato, sostituisce altri a se stesso, senza esservi autorizzato o senza che ciò sia necessario per la natura dell’incarico, risponde dell’operato della persona sostituita»; infine, allo stesso modo, l'art. 2232 c.c. stabilisce che: «Il prestatore d'opera deve eseguire personalmente l'incarico assunto. Può tuttavia valersi, sotto la propria direzione e responsabilità, di sostituti e ausiliari, se la collaborazione di altri è consentita dal contratto o dagli usi e non è incompatibile con l'oggetto della prestazione».

B3) Grado di responsabilità degli operatori in relazione alla struttura della squadra terapeutica– In ordine alla posizione dei membri della squadra terapeutica (la cui responsabilità discende, in ultima analisi, dalla mancata osservanza delle cautele operative proprie del c.d. “agente modello”8) occorre operare un'ulteriore

principio consolidato (v. Cassazione, Sezione 4°, 1 ottobre 1999, Altieri ed altri) quello secondo il quale nel caso delle équipes chirurgiche e, più in generale, in quello in cui si trovi di fronte ad ipotesi di cooperazione multidisciplinare nell'attività medico-chirurgica, sia pure svolta non contestualmente, ogni sanitario, oltre che al rispetto dei canoni di diligenza e prudenza connessi alle specifiche mansioni svolte, e' tenuto ad osservare gli obblighi ad ognuno derivanti dalla convergenza di tutte le attività verso il fine comune ed unico. In virtù di tali obblighi, in sostanza, ogni sanitario non può esimersi dal conoscere e valutare l'attività precedente o contestuale svolta da altro collega, sia pure specialista in altra disciplina, e dal controllarne la correttezza, se del caso ponendo rimedio o facendo in modo che si ponga opportunamente rimedio ad errori altrui che siano evidenti e non settoriali e, come tali, rilevabili ed emendabili con l'ausilio delle comuni conoscenze scientifiche del professionista medio».

Analogamente, Cass., Sez. IV, 16 giugno 2005, n. 22579.

7 In tal senso, Cass. civ., Sez. III, 4 giugno 2001, n. 7507.

8Il quale, nelle cooperazioni multidisciplinari, si identifica con il professionista medio; viceversa, allorché i

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distinzione.

Difatti, a seconda della struttura – gerarchica o meno – del team, alcuni compartecipi sono tenuti a più elevati standards cautelari, in virtù della loro funzione apicale all'interno del gruppo.

* Struttura con rapporti gerarchici (Studio monoprofessionale – equipe semplice): nell'ipotesi in cui sussistano rapporti gerarchici fra i vari componenti nonché ove l'equipe odontoiatrica si inserisca nel contesto di uno studio monoprofessionale (attraverso la formula delle collaborazioni/sostituzioni o mediante l'ausilio di dipendenti), in relazione ai danni riportati dal paziente la responsabilità solidale del c.d. capo-equipe e dell'operatore-titolare dello studio è correlata alla violazione di regole cautelari di tipo “organizzativo” ed i suddetti non possono invocare, in loro favore, il principio del legittimo affidamento.

Tale forma di responsabilità più estesa rispetto a quella dei compartecipi di grado inferiore, trova la sua ratio nei poteri selettivi, di coordinamento e sostituitivi, riconosciuti a quanti versino in posizione sovraordinata e si declina secondo i parametri della colpa in eligendo, in educando ed in vigilando.

Ad ogni modo, alla stregua di quanto sostenuto dalla Suprema Corte, «il medico in posizione inferiore, che ritenga che il trattamento terapeutico disposto dal superiore possa costituire un rischio per il paziente o essere comunque inidoneo per le sue esigenze terapeutiche, è tenuto a segnalare quanto rientra nelle sue conoscenze, esprimendo il proprio dissenso con le scelte dei medici in posizione superiore; diversamente egli potrà essere ritenuto responsabile dell'esito negativo del trattamento terapeutico, non avendo compiuto quanto in suo potere per impedire l'evento» 9.

* Struttura multidisciplinare (equipe polispecialistica composta da professionisti di pari esperienza): in tali casi vige il “principio dell’affidamento” in base al quale ogni specialista può fare affidamento sulla circostanza che gli altri specializzati agiscano diligentemente e nell’osservanza delle regole di propria competenza. Conseguentemente ogni operatore risponderà per la quota di danno provocata dalla parte di opera effettuata di cui è direttamente responsabile. Tale principio di affidamento non opera nei casi in cui colui che si affida sia in colpa per aver violato norme precauzionali o per aver omesso determinate condotte confidando che altri, succedendo nella posizione di garanzia, elimini la violazione o ponga rimedio all’omissione (cfr Cass n. 18568/2005; la Corte ha ritenuto responsabile delle lesioni arrecate al paziente l’intera equipe, colpevole di aver lasciato un arnese chirurgico nell’addome; ha ritenuto, in particolare, che il danno avesse due antecedenti causali non potendo la seconda condotta configurarsi come fatto eccezionale e sopravvenuto di per sé sufficiente a produrre l’evento).

Sotto il profilo prettamente civilistico è opportuno inoltre formulare alcune considerazioni aggiuntive in merito alla responsabilità di chi ha commesso l'errore professionale nonché di quei soggetti che, pur non avendo preso parte (come semplice

compartecipi posseggano le medesime specializzazioni, l'agente modello deve ritenersi l'homo eiusdem condicionis et professionis.

9Cass., Sez. IV, 19 dicembre 2000, n. 1736; conforme Cass., Sez. IV, 11 marzo 2005 n. 9739.

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operatore o come capo-equipe) al gruppo di lavoro, soggiacciono ugualmente alla responsabilità civile, in quanto responsabili della struttura clinica ove si è svolta la prestazione medica.

Con riguardo, dunque, alla posizione del sanitario che è materialmente incorso nell'errore medico, la giurisprudenza ha, in più occasioni, precisato che ciascun terapeuta, in forza del mero “contatto sociale” con il paziente, è gravato di precisi obblighi cautelari di natura contrattuale che prescrivono di applicare le leges artis dello specifico campo professionale, con la massima diligenza e prudenza 10.

* Struttura clinica: da ultimo, altro aspetto saliente in tema di responsabilità civile d'equipe si rinviene nel fatto che, assieme alla responsabilità dei componenti del gruppo sanitario, può concretamente concorrere un'obbligazione risarcitoria del responsabile della struttura, pubblica o privata.

Infatti, come precisato in sede di merito11, il paziente conclude, pur sempre, un contratto (c.d. “contratto di spedalità”) con la struttura o con lo studio professionale dove deve ricevere le cure, cosicché, con il detto negozio giuridico, in capo al responsabile o al titolare sorge un'autonoma obbligazione di vigilanza rispetto alle attività ivi espletate (la cui inosservanza integra la c.d. “culpa in vigilando”), come pure rispetto alla professionalità dei soggetti ivi operanti (la cui inosservanza integra la c.d.

“culpa in educando ed in eligendo”)12.

Stante quando sopra, preso atto della mancanza di una disciplina normativa unitaria in tema di responsabilità dell'equipe medica, le linee guida enucleate dalla giurisprudenza penale e civile costituiscono un imprescindibile, ancorché non organico, sussidio a vantaggio dell'individuazione di un criterio di ripartizione delle colpe che, comunque, non può essere onnivalente, ma necessita, di volta in volta, di venire attagliato alla casistica concreta.

CASI CLINICI

10Con riferimento ai giudici di merito, cfr. Trib. Bologna Sez. II, 18/10/2004, secondo cui «La responsabilità medica da contatto sociale può sorgere anche nel caso in cui il professionista (nel caso di specie odontoiatra) presti la propria opera nell'ambito di uno studio professionale ad altri intestato e da altri coordinato e diretto»;

Trib. Monza, 22/05/2006, per il quale «La responsabilità si configura anche verso l'odontoiatra che pur non essendo parte del contratto ha eseguito materialmente gli interventi terapeutici. Se il medico preposto ha agito con l'autonomia organizzativa propria del professionista sussiste il diritto di regresso verso di lui da parte del medico preponente».

11«Nell'ambito del contratto di spedalità, intercorrente tra il paziente e la struttura sanitaria pubblica o privata cui lo stesso si rivolga, si configura la responsabilità contrattuale del medico che abbia tenuto in cura il paziente, in relazione ai danni da questi sofferti a causa dei trattamenti sanitari cui sia stato sottoposto. In presenza di un contratto di spedalità la responsabilità della struttura ha natura contrattuale sia in relazione a propri fatti d'inadempimento, sia per quanto concerne il comportamento dei medici dipendenti in ragione della responsabilità solidale tra medico e struttura sanitaria. La fonte del rapporto che si instaura tra paziente e casa di cura deve rinvenirsi nel contratto a prestazioni corrispettive con effetti protettivi nei confronti del terzo; ne consegue che a fronte dell'obbligo del pagamento del corrispettivo da parte del paziente, insorgono a carico della casa di cura obblighi alberghieri, di messa a disposizione del personale medico ausiliario, del personale paramedico e dell'apprezzamento di tutte le attrezzature necessarie anche in vista di eventuali complicazioni o emergenze». Trib. Trento, 01 marzo 2012.

12Sul punto, M. Naso, La responsabilità civile del medico e i danni risarcibili, Cedam, 2012, p. 157 ss.

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Come detto, con l'aumentare delle specifiche specializzazioni professionali, sono sempre più numerosi i casi in cui vi è l'intervento, contemporaneo o successivo, di più operatori dell'area odontoiatrica: implantologo/protesista, ortodontista/odontoiatra, parodontologo/odontoiatra, endodontista/odontoiatra, chirurgo/odontoiatra, radiologo/implantologo.

Qui di seguito verranno proposti alcuni casi esaminati in corso di contenzioso medico legale, in cui più operatori sono intervenuti nel trattamento.

CASO 1

Implantologo – Protesista

Paziente di sesso femminile di 34 anni si rivolge al titolare dello studio odontoiatrico per effettuare riabilitazione protesica dei settori edentuli dell'emiarcata superiore sinistra e dell'emiarcata inferiore destra. Richiesto un esame Rx OPT, il titolare dello studio redige un piano di trattamento con relativo preventivo ed affida la paziente al collega implantologo che effettua collaborazioni presso il medesimo studio.

Previa estrazione di un dente, vengono inseriti 4 impianti nel secondo quadrante e 4 nel quarto quadrante. (Foto 1,2)

(Foto 1)

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(Foto 2)

La paziente lamenta immediata comparsa di dolore nella sede dell'inserimento degli impianti nell'emiarcata superiore sinistra. Senza che vengano eseguiti esami radiografici, il titolare dello studio finalizza il trattamento con protesi fissa.

Nell’emiarcata superiore sinistra, protesi avvitata su impianti (Foto 3).

(Foto 3)

La fattura, per l’intero trattamento, viene rilasciata alla paziente dall’odontoiatra titolare dello studio (protesista).

A causa del persistere del dolore nell’emiarcata superiore sinistra, la paziente esegue esami Rx OPT e TC, che evidenziano immagine di impianto distale aggettante nel seno mascellare nonché completo opacamento del seno di sinistra (Foto 1,2). Il caso viene risolto con rimozione dell’impianto distale ed intervento chirurgico di revisione del seno mascellare, in anestesia generale.

Un esame TC post-intervento, documenta il buon risultato dell’intervento (Foto 4).

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(Foto 4)

Elementi di censura nell’operato dei due Sanitari intervenuti:

- Riguardo la tecnica chirurgica (implantologo): incongruo inserimento di un impianto che aggetta nel seno mascellare, con comparsa di sinusite purulenta che ha reso necessario intervento di rimozione dell’impianto e revisione chirurgica del seno.

- Carente programmazione dell’intervento implantologico (odontoiatra titolare, implantologo) non supportata da esami diagnostici strumentali sufficienti.

- Imprudente protesizzazione degli impianti (odontoiatra titolare) senza che vi fosse certezza della guarigione clinica, con sottovalutazione dei sintomi immediatamente lamentati dalla Paziente.

In merito all’intervento dei due Operatori, è necessario discernere il grado di responsabilità, esprimendolo in valori percentuali.

Nel caso di specie sono civilmente responsabili:

- il protesista-titolare dello studio. Nello specifico costui risponde, a titolo di: colpa professionale propria, per non aver richiesto sufficienti esami diagnostici e per aver successivamente posizionato la protesi senza attendere la guarigione clinica conseguente all'apposizione dell'impianto (errore terapeutico); culpa in vigilando, per non aver rilevato l'errore commesso dall'implantologo13 malgrado l'evidenza della sintomatologia

13 Con riguardo alla “successione dei soggetti” che rivestono un ruolo di garanzia della salute del paziente si veda Cass. , Sez. IV, 26 gennaio 2010, n. 3365, per la quale «Nell'attività medico-chirurgica, qualora ricorra l'ipotesi di cooperazione multidisciplinare, anche se svolta non contestualmente, come nel caso in esame, è affermazione comune quella secondo cui, in tema di colpa professionale, ogni sanitario, oltre che al rispetto dei canoni di diligenza e prudenza connessi alle specifiche mansioni svolte, è tenuto ad osservare gli obblighi ad ognuno derivanti dalla convergenza di tutte le attività verso il fine comune ed unico. Ne consegue che ogni

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dolorosa lamentata dal paziente (nessuna esimente può, infatti, invocarsi in ragione del principio di affidamento, stante la negligenza professionale propria e l'equiparabilità fra la posizione del titolare dello studio e quella del capo-equipe); colpa organizzativa per fatto altrui, in qualità di lavoratore autonomo che si avvale di collaboratori ex art. 2232 c.c. ed in qualità di responsabile della struttura ove sono stati effettuati i trattamenti.

La responsabilità del protesista ha natura contrattuale, fondandosi sull'inadempimento del contratto di prestazione d'opera professionale e di quello di spedalità;

- l'implantologo. In particolare costui risponde, a titolo di: colpa professionale propria, per non aver richiesto l'integrazione degli esami diagnostici (errore diagnostico) e per aver eseguito l'impianto in modo incongruo (errore terapeutico); culpa in vigilando, per non aver espresso il proprio dissenso in ordine al piano terapeutico predisposto dal protesista- titolare in difetto di adeguati supporti diagnostici.

Pur non essendo parte, sin dall’inizio, del rapporto di prestazione d'opera professionale intercorso fra il titolare dello studio ed il cliente, l'implantologo presenta una responsabilità da “contatto sociale”.

CASO N. 2

Odontoiatra titolare dello studio – Ortodontista

Paziente di sesso femminile di 42 anni si rivolge all’odontoiatra titolare dello studio per risolvere una parziale malocclusione dentaria (morso inverso a livello del canino superiore di sinistra e dell'incisivo laterale; disallineamento).

sanitario non può esimersi dal conoscere e valutare l'attività precedente o contestuale svolta da altro collega, sia pure specialista in altra disciplina, e dal controllarne la correttezza, se del caso ponendo rimedio ad errori altrui che siano evidenti e non settoriali, rilevabili ed emendabili con l'ausilio delle comuni conoscenze scientifiche del professionista medio (v., da ultimo, Sezione 4^, 22 maggio 2009, Riva ed altro). Il mancato rispetto di tale obbligo cautelare può fondare la responsabilità concorsuale».

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(Foto 1).

L’odontoiatra titolare dello Studio redige preventivo di spesa ed informa la paziente del piano terapeutico, affidandola alle cure dell’ortodontista che abitualmente segue i casi dello studio.

Previa richiesta di esami radiografici (OPT, Telecranio), l’ortodontista inizia il trattamento mediante apparecchiatura ortodontica fissa nell’arcata superiore e successivamente in quella inferiore.

Dopo circa 2 anni di trattamento il morso inverso viene risolto, ma si viene a creare un morso aperto anteriore (non presente all’inizio del trattamento) (Foto 2)

(Foto 2)

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Un esame radiografico di controllo, eseguito dopo circa 2 anni dall’inizio del trattamento, evidenzia grave riassorbimento radicolare di numerosi elementi dentari (Foto 3,4)

(Foto 3)

(Foto 4)

Considerazioni: benché un modesto riassorbimento radicolare possa rappresentare una “complicanza” di un trattamento ortodontico, nel caso in oggetto, l’entità del riassorbimento e l’elevato numero di denti coinvolti, fanno ipotizzare l’uso di forze ortodontiche incongrue.

Imprudente, inoltre, non aver “sorvegliato” l’andamento del trattamento mediante radiogrammi in corso di cura.

In merito alla distinzione del grado di responsabilità professionale tra i due Operatori, va detto che l’intero trattamento era stato effettuato dall’ortodontista, mentre l’odontoiatra titolare dello studio aveva “condiviso” il piano di trattamento ed

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emesso fattura direttamente al paziente per la cura ortodontica con la dicitura “Per prestazioni effettuate dall’ortodontista”.

Nel caso di specie sono civilmente responsabili:

- L'odontoiatra-titolare dello studio. Nello specifico costui risponde, a titolo di: culpa in vigilando, per non aver rilevato l'errore commesso dall'ortodontista (nessuna esimente può, infatti, invocarsi in ragione del

“principio di affidamento”, stante l'equiparabilità fra la posizione del titolare dello studio e quella del capo-equipe); colpa organizzativa per fatto altrui, in qualità di lavoratore autonomo che si avvale di collaboratori ex art. 2232 c.c., ovvero come datore di lavoro dell'ortodontista ex art. 1228 c.c., ed in qualità di responsabile della struttura ove sono stati effettuati i trattamenti, in esecuzione del contratto di spedalità.

La responsabilità dell'odontoiatra si fonda sull'inadempimento del contratto di prestazione d'opera professionale e di quello di spedalità.

- L'ortodontista. In particolare costui risponde, a titolo di: colpa professionale propria, per non aver osservato le leges artis proprie dell'attività di riallineamento dentale con la diligenza dovuta a norma degli artt. 1176, c. 2, c.c. e 2236 c.c. (errore diagnostico/terapeutico).

Pur non essendo parte del rapporto di prestazione d'opera professionale, che intercorre fra il titolare dello studio ed il cliente, l'ortodontista risponde per responsabilità da “contatto sociale”.

In ogni caso, stante la solidarietà passiva che sussiste ex latere debitoris, il paziente può legittimamente ottenere integrale ristoro dei danni subiti rivolgendosi ad uno qualsiasi dei coobbligati (nel caso de quo, al professionista titolare dello studio), salvo il diritto di regresso sussistente nei rapporti interni fra i professionisti ai sensi dell'art. 2055 c.c..

CASO N. 3

Ortodontista - Chirurgo Maxillo Facciale Paziente maschio di 30 anni.

Si rivolge allo studio odontoiatrico per risolvere una malocclusione dentale e scheletrica di Classe II che provocava disturbi funzionali (difficoltà alla masticazione) ed inestetismo.

L’odontoiatra titolare dello studio (in questo caso ortodontista) propone un trattamento chirurgico maxillo-facciale associato a trattamento ortodontico pre e post-chirurgico. Un radiogramma OPT documenta lo stato pre-intervento (Foto 1).

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(Foto 1)

Il trattamento chirurgico viene effettuato da chirurgo maxillo-facciale presso altra struttura privata: riposizionamento del mascellare superiore, osteotomia sagittale bilaterale della mandibola con genioplastica.

Durante il trattamento ortodontico post-chirurgico, un esame radiografico di controllo evidenzia un riassorbimento radicolare e dell’osso alveolare a carico degli incisivi superiori. (foto 2, 3)

(Foto 2)

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(Foto 3)

Alla proposta dell’Ortodontista di procedere ad estrazione degli incisivi più compromessi e sostituzione implanto-protesica, con ulteriore esborso economico, il paziente interrompe il rapporto professionale, rivolgendosi ad altri professionisti.

Viene citato in giudizio il solo Ortodontista.

Il Periziato lamenta la non corretta esecuzione del trattamento ortodontico (inadeguate forze applicate), e la mancata informazione sulle possibili complicanze (riassorbimento radicolare/osseo);

inadeguata “sorveglianza” del trattamento ortodontico, essendo stati effettuati diversi esami radiografici in corso di cura, che avrebbero dovuto allertare i Sanitari in merito alle lesioni peri/radicolari a carico degli incisivi superiori.

Insoddisfazione per il risultato estetico e funzionale del trattamento combinato ortodontico e chirurgico (Foto 4,5). Insufficiente informazione sui risultati ottenibili.

(Foto 4, 5)

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Anche in questo caso emergono elementi di responsabilità professionale, per il notevole riassorbimento radicolare ed osseo verosimilmente causato da forze ortodontiche incongrue, e per l’insoddisfacente risultato estetico (progettazione e realizzazione del complesso programma terapeutico chirurgico-ortodontico).

Nel caso di specie sono civilmente responsabili:

- l'ortodontista. Nello specifico costui risponde, a titolo di: colpa professionale propria, per non aver informato14 il paziente in ordine alle possibili complicanze del trattamento (difetto di consenso informato) e per aver successivamente applicato forze ortodontiche inadeguate ai fini funzionali ed estetici perseguiti con l'attività di riallineamento dentale (errore terapeutico); culpa in vigilando, per non aver rilevato eventuali errori commessi dal chirurgo succeduto nella posizione di garanzia (nessuna esimente può, infatti, invocarsi in ragione del principio di affidamento, stante il suddetto difetto informativo che rende colposa la condotta dell'ortodontista).

Qualora il paziente abbia personalmente conferito l'incarico all'ortodontista, la natura contrattuale della responsabilità di quest'ultimo si fonderà sull'inadempimento del contratto di prestazione d'opera professionale, in caso contrario, sul mero contatto sociale.

- il chirurgo maxillo-facciale. In particolare costui risponde, a titolo di:

colpa professionale propria, per non aver informato15 il paziente in ordine alle possibili complicanze del trattamento (difetto di consenso informato), e per non aver osservato le leges artis proprie dell'attività chirurgica con la diligenza dovuta a norma degli artt. 1176, c. 2, c.c. e 2236 c.c. (errore terapeutico); colpa in vigilando, per non aver rilevato e rimediato all'errore professionale commesso dall'ortodontista prima dell'intervento (nessuna esimente può, infatti, invocarsi in ragione del “principio di affidamento”,

14 Sul punto, cfr. Cass. civ. Sez. III, Sent., 29-11-2012, n. 21235, secondo cui «Riguardo all'obbligo di informazione, va considerato che questa Corte ha affermato che non assume alcuna rilevanza, al fine di escludere la responsabilità per mancanza di informazione, il fatto che l'intervento absque pactis sia stato effettuato in modo tecnicamente, corretto, per la semplice ragione che, a causa del totale "deficit" di informazione, il paziente non è posto in condizione di assentire al trattamento, consumandosi nei suoi confronti, comunque, una lesione di quella dignità che connota l'esistenza nei momenti cruciali della sofferenza fisica e/o psichica (Cass. 28 luglio 2011 n.

16543). E che d'altro canto la responsabilità professionale de medico - ove pure egli si limiti alla diagnosi ed all'illustrazione al paziente delle conseguenze della terapia o dell'intervento che ritenga di dover compiere, allo scopo di ottenerne il necessario consenso informato - ha natura contrattuale e non precontrattuale; ne consegue che, a fronte dell'allegazione, da parte de paziente, dell'inadempimento dell'obbligo di informazione, è il medico gravato dell'onere della prova diaver adempiuto tale obbligazione (Cass. 9 febbraio 2010 n.2847).Questa Corteha inoltre affermato che il medico-chirurgo viene meno all'obbligo di informare adeguatamente il paziente ed ottenerne il consenso all'atto medico, ove non gli fornisca, in modo completo ed esaustivo, tutte le informazioni scientificamente possibili riguardanti le terapie che intende praticare o l'intervento chirurgico che intende eseguire, con le relative modalità (Cass. 2 luglio 2010 n. 15698)».

15 Si veda quanto detto sub nota 1.

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stante il suddetto difetto informativo che rende colposa la condotta del chirurgo).

- Qualora il paziente abbia personalmente conferito l'incarico al chirurgo, la natura contrattuale della responsabilità di quest'ultimo si fonderà sull'inadempimento del contratto di prestazione d'opera professionale, in caso contrario, sul mero contatto sociale.

- i responsabili delle strutture sanitarie dove sono avvenuti, rispettivamente, il trattamento ortodontico e l'intervento chirurgico, ai sensi dell'art. 1228 c.c., in forza dell'inadempimento del contratto di spedalità concluso con il paziente.

In ogni caso, stante la solidarietà passiva che sussiste ex latere debitoris, il danneggiato può legittimamente ottenere integrale ristoro del pregiudizio subito rivolgendosi ad uno qualsiasi dei coobbligati (nel caso de quo, all'ortodontista), salvo il diritto di regresso sussistente nei rapporti interni fra i professionisti ai sensi dell'art. 2055 c.c..

CASO N. 4

Ortodontista - Chirurghi dipendenti di una struttura Paziente di sesso femminile di 15 anni.

I genitori della minore si rivolgono a struttura privata plurispecialistica, a causa di malocclusione dentaria della figlia: persistenza dei canini superiori decidui ed inclusione in posizione orizzontale del canino di destra. La minore viene visitata dall’ortodontista, che, visionato un radiogramma OPT (Foto 1) propone trattamento ortodontico di riposizionamento del canino permanente di destra, previo intervento chirurgico per poter posizionare mezzi di trazione (bracket) sul canino incluso.

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(Foto 1)

Dopo un primo intervento chirurgico errato (accesso vestibolare anziché palatale) per disinclusione del canino, viene effettuato, da parte di altro chirurgo della struttura, un secondo intervento (questa volta con accesso palatale).

L’ortodontista posiziona un bracket con trazione. La struttura di sostegno per la trazione sul canino è rappresentata da arco metallico solidarizzato a bande cementate sui molari, posizionato dall’ortodontista. (Foto 2)

(Foto 2)

Dopo oltre un anno di trattamento, anche a causa del ripetuto distacco del bracket su cui è applicata la trazione, la posizione del canino rimane pressoché invariata.

Per ovviare al ripetuto distacco del bracket, che comporta ogni volta un nuovo accesso chirurgico alla superficie del canino, il chirurgo decide di inserire un perno intracoronale.

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In seguito a quest’ultimo intervento insorge forte dolore; i genitori della minore, preoccupati e sfiduciati si rivolgono ad altro professionista.

Quest’ultimo (chirurgo orale), visionato un radiogramma OPT che documenta la penetrazione del perno nella camera pulpare (Foto 3), effettua intervento chirurgico di estrazione del canino incluso presso struttura pubblica.

(Foto 3)

La Perizianda lamenta inefficacia del trattamento (peraltro interrotto) e la perdita del canino permanente incluso. Nella Causa Legale viene coinvolta la struttura, l’ortodontista ed i due chirurghi intervenuti.

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(Foto 4)

Nel caso di specie sono civilmente responsabili:

- L'ortodontista. Nello specifico costui, dipendente della struttura, risponde, a titolo di: colpa professionale propria o, se abbia violato regole cautelari, di culpa in vigilando per non aver impedito eventuali errori commessi dai chirurghi ad egli succeduti nella posizione di garanzia16. La detta responsabilità discende dal contatto sociale con il paziente.

- I chirurghi. In particolare questi, dipendenti della struttura, rispondono a titolo di: colpa professionale propria per imperizia ed errata tecnica chirurgica per non aver rilevato eventuali errori precedentemente commessi dall'ortodontista.

La detta responsabilità discende dal contatto sociale con il paziente.

- I responsabili della struttura sanitaria, ai sensi dell'art. 1228 c.c., in forza dell'inadempimento del contratto di spedalità concluso con il paziente.

16 «In tema di responsabilità medica, con riferimento all'ipotesi di intervento effettuato da un'equipe chirurgica, il principio di affidamento non opera quando colui che si affida sia in colpa per aver violato norme precauzionali o per aver omesso determinate condotte confidando che altri, succedendo nella posizione di garanzia, elimini la violazione o ponga rimedio all'omissione: ne consegue che l'eventuale evento dannoso, derivante anche dall'omissione del successore, avrà due antecedenti causali, non potendo la seconda condotta configurarsi come fatto eccezionale e sopravvenuto, di per sè sufficiente a produrre l'evento». Così Cass., Sez. IV, 26 gennaio 2005 n. 18568; conforme Cass., Sez. IV, 2 novembre 2010, n. 38592. In argomento è interessante quanto statuito dalla Suprema Corte, Sez. IV, 18 giugno 1999, sent. n. 8006, secondo cui «in caso di successione in posizioni di garanzia, colui al quale altri succeda non si libera da eventuali responsabilità riconducibili alla sua condotta (attiva od omissiva), facendo affidamento sull'adempimento del proprio dovere da parte del successore. Il principio dell'affidamento, secondo il quale ogni consociato può confidare che ciascuno si comporti adottando le regole precauzionali normalmente riferibili al modello di agente proprio dell'attività che di volta in volta è in esame, ed ognuno deve evitare unicamente i pericoli scaturenti dalla propria condotta, significa semplicemente che di regola non si ha l'obbligo di impedire che realizzino comportamenti pericolosi terze persone altrettanto capaci di scelte responsabili. Non si può quindi ipotizzare affidamento quando colui che si affida sia in colpa per avere violato determinate norme di condotta e, ciononostante, confidi che altri che gli succede nella posizione di garanzia elimini la violazione e ponga rimedio a conseguenze negative di sua colpa già

estrinsecata. Ne deriva che, se anche per omissione del successore si produce l'evento che una certa azione avrebbe dovuto impedire, l'evento avrà due antecedenti causali, perché è da escludere che la seconda omissione sia fatto eccezionale, sopravvenuto, sufficiente da solo a produrre l'evento. Non può assumersi che la successione nelle posizioni di garanzia, facendo venir meno in colui che è sostituito nella garanzia la possibilità di dominare la fonte del pericolo, faccia venir meno per lui la stessa garanzia. Gli effetti negativi di un'azione o di una omissione

possono prodursi anche a distanza di tempo, in un momento in cui non siano più sotto il controllo - dominio di chi ha posto in essere l'azione o l'omissione, senza che ciò impedisca di farli risalire ed attribuire all'autore dell'azione o dell'omissione. Costui deve essere tanto oculato da eliminare le fonti di pericolo, gli effetti negativi della propria condotta finché può dominarli, o, altrimenti, al fine di escludere eventuali future responsabilità, assicurarsi ed attivarsi perché il successore provveda alla eliminazione».

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Ulteriore elemento da valutare, nel caso de quo, è la sussistenza di un eventuale concorso di colpa del paziente che ha interrotto prematuramente la terapia, ai sensi dell'art. 1227 c.c.

CASO N. 5

Implantologo – Protesista

Paziente di sesso femminile di 47 anni.

Si rivolge al titolare dello studio odontoiatrico (protesista) per risolvere protesicamente un’edentulia subtotale dell’arcata superiore ed un’edentulia parziale dell’arcata inferiore.

Previo esame RX OPT (Foto 1), veniva programmato intervento di riabilitazione implanto-protesica; la fase chirurgica (inserimento di impianti) sarebbe stata effettuata da Implantologo presso altro studio.

(Foto 1)

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Previa estrazione dell’unico molare superiore e la rimozione della protesi fissa nel gruppo incisivo inferiore, la paziente viene sottoposta ad intervento di inserimento di 7 impianti nell’arcata superiore e 4 nell’arcata inferiore.

Tornata presso lo studio del Protesista, quest’ultimo esegue protesizzazione degli impianti con “bloccaggi” protesici in entrambe le arcate.

Situazione al termine del trattamento implanto-protesico, documentata da radiogramma OPT (Rx OPT 2).

(Foto 2)

La paziente riferisce immediata comparsa di diffusi dolori e gonfiori; dopo tre mesi dalla protesizzazione vengono rimossi tre impianti nel tentativo di mantenere il lavoro protesico (Foto 3), ma a distanza di 9 mesi l’intero manufatto protesico e gran parte degli impianti sono andati perduti (Foto 4).

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(Foto 3)

(Foto 4)

Evidente l’insuccesso terapeutico con perdita dell’intera protesi e di gran parte degli impianti inseriti.

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Elementi di responsabilità a carico di entrambi gli operatori; carente lo studio preliminare del caso (basato unicamente su radiogrammi OPT), la tecnica chirurgica implantare, imprudente la decisione da parte del protesista di procedere alla protesizzazione definitiva senza che ci fosse stata completa guarigione.

Nel caso di specie sono civilmente responsabili:

- Odontoiatra curante che ha effettuato lo studio preliminare del caso.

Nello specifico costui risponde a titolo di: colpa professionale propria, per non aver richiesto sufficienti esami diagnostici (errore diagnostico); colpa organizzativa per fatto altrui, in qualità di lavoratore autonomo che si avvale di collaboratori ex art. 2232 c.c. ed in qualità di responsabile della struttura ove sono stati effettuati i trattamenti;

- In qualità di protesista. Segnatamente, egli risponde, a titolo di: colpa professionale propria, per aver posizionato la protesi senza attendere la guarigione clinica conseguente all'apposizione degli impianti (errore terapeutico); culpa in vigilando, per non aver rilevato l'errore commesso in precedenza dall'implantologo.

- L'implantologo. In particolare costui risponde, a titolo di: colpa professionale propria, per non aver richiesto l'integrazione degli esami diagnostici (errore diagnostico) e per aver eseguito l'impianto in modo incongruo (errore terapeutico); culpa in vigilando, per non aver espresso il proprio dissenso in ordine al piano terapeutico predisposto dal medico curante in difetto di adeguati supporti diagnostici.

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BIBLIOGRAFIA:

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équipe fra teoria e prassi, in Nuova giur. civ. comm.”, 2010

2. M. Naso, “La responsabilità civile del medico e i danni risarcibili” - Cedam, 2012

3. M.G. Di Pentima, “La responsabilità per l’attività sanitaria in equipe”, in Giurisprudenza Oggi - Collana diretta da Paolo Cendon, G. Giappichelli Editore

4. D. De Leo, M. Orrico, “ Medicina Legale e delle Assicurazioni in Odontoiatria

e Protesi Dentaria” - Ed. Libreria Cortina Verona

5. C.Buccelli, P. Di Michele, A. Laino, “La responsabilità Odontoiatrica e i

Rapporti di Attività Professionale in Ortodonzia” - Ed. Martina

6. R. Fresa, F. Zangari, “La cura del paziente in Odontoiatria – Terapie e profili

di responsabilità” - Ed. Medico Scientifiche

7. F. Montagna, D. De Leo, L. Montagna, M. Orrico, V. Piras, A. Piras,

“Responsabilità Odontoiatrica. Elementi di Medicina Legale e Giuridica” - Ed. Martina

8. F. Introna, V. Santoro, C. Fiandaca, “La Responsabilità Professionale in

Odontoiatria” - Ed. Piccin

9. G. Umani Ronchi, V. Mastronardi, A. Sommazzi, “Odontoiatria Forense” - Ed.

Libreria Cortina Torino

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