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3.4 Maternità nelle arti visive: le artiste cinesi contemporanee e le loro opere dal 1989

3.4.1.6 He Chengyao 何成瑤 (1964-)

Nata nel 1964 nel Sichuan, da due genitori molto giovani che lavoravano in una fabbrica di ceramiche a Chongqing. Avendo concepito la figlia al di fuori del matrimonio, ai genitori di He fu proposto l’aborto o il licenziamento. Entrambi senza lavoro, He venne alla luce quando la madre aveva diciannove anni e la coppia ebbe successivamente altri due figli. L’infanzia dell’artista vide l’inizio della Rivoluzione culturale e il padre imprigionato per le sue idee politiche. La madre senza lavoro e con il marito in carcere dovette crescere i figli da sola e affrontare al tempo stesso le critiche sociali che giudicavano la scelta di aver avuto dei figli al di fuori del vincolo matrimoniale e di avere un marito imprigionato. Tutto ciò fece insorgere in lei un forte disagio mentale, che la spinse a spogliarsi in pubblico, imbarazzando notevolmente i figli (Tatlow 2016). Nonostante un’infanzia turbolenta, vissuta nel pieno della Rivoluzione Culturale, dal 1989 al 1992 He Chengyao frequentò l’Accademia di Arti Figurative del Sichuan, laureandosi in pittura. Nello stesso periodo iniziò a lavorare come insegnante d’arte presso una scuola media. Non riuscendo a guadagnare a sufficienza per mantenere il figlio, cominciò a dipingere e vendere le sue opere. Nonostante i suoi dipinti vendessero piuttosto bene, presto si rese conto di voler sperimentare di più a livello tecnico e stilistico.

Nel 2001 si iscrisse al corso di arte contemporanea presso l’Accademia di Belle Arti di Pechino, iniziando a entrare a far parte della scena artistica contemporanea della capitale, soprattutto attraverso l’uso della performance (Ruyle 2014). Proprio usando principalmente performance, fotografie e video,

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esplora la nudità, la malattia mentale, la memoria e il rapporto madre-figlia (Tatlow 2016). L’analisi di queste tematiche sono evidenti fin dalla sua prima opera performativa, Opening the Great Wall del 2001. Commentando questo lavoro nel corso di un’intervista con Merlin (2013), He sottolinea come la sua qualità sia discutibile. Era la prima volta che l’artista si approcciava alla performance e se inizialmente il lavoro fu caratterizzato dalla sua inesperienza, in seguito questo sarà ricordato sia per la nudità mostrata che per le critiche ricevute. Nella cultura tradizionale cinese la discriminazione e l’oppressione femminile hanno determinato la nascita del tabù della nudità; come già visto in precedenza, le donne non dovrebbero mostrare il proprio corpo svestito in pubblico, neanche in parte. Il dispiacere di He nel ricevere questo genere di critiche fu determinato dal fatto che queste provenissero dal mondo dell’arte stesso. Inoltre, l’artista non si aspettava che questa performance creasse così tanto clamore. Ciò le permise però di riflettere in modo più accurato sull’opera in sé. Inizialmente, vista dalla stessa artista come legata esclusivamente alla sua complicata storia familiare, si rese conto solo in seguito di quanti punti di contatto questa avesse con la società circostante, esponendo come le dinamiche familiari fossero influenzate da questioni storiche e sociali (Merlin 2013). Nell’intervista rilasciata nel 2013 è interessante notare l’analisi sottostante al lavoro di He, realizzata dalla stessa artista: «L'ho analizzato passo dopo passo, da me stessa, alla mia famiglia e infine al più ampio ambiente sociale cinese. Questa analisi riguarda anche i miei lavori successivi, tra cui Mother and Me, l'opera sull'agopuntura e il lavoro sulle persone con malattie mentali e sui bambini provenienti da famiglie povere». Risulta evidente il filo conduttore di queste opere e quanto l’arte performativa si rivelò fondamentale per l’artista per trattare tematiche dedicate, legate alla propria famiglia e alla tradizione cinese. In relazione a questi due elementi, He realizzò diverse opere, tra cui 99 Needles del 2002 (fig. 27). In questa performance, si fece applicare per tutto il corpo novantanove aghi di agopuntura, camminando e sopportandone il dolore fino a perdere sangue e svenire. Cresciuta da una madre single, l’artista esplorò il suo passato e la sua relazione con la madre, ma anche quanto il matrimonio all’interno della società cinese sia un concetto molto discusso. «La performance voleva simboleggiare il dolere recato dai pregiudizi sociali ben radicati nella cultura cinese, pregiudizi che hanno anche portato la madre dell’artista alla pazzia»

(Fatticcioni 2021). Il dolore arrecato dai pregiudizi e pettegolezzi diventa il dolore causato da quegli

“aghi”, tipici della medicina tradizionale cinese, che sono tutt’oggi presenti nella società contemporanea (Fatticcioni 2021). Nel caso di He l’utilizzo del corpo nudo si dimostra funzionale a trasmettere altro, qualcosa di non necessariamente connesso con esso e perciò non paragonabile all’uso del corpo materno fatto dalle altre artiste analizzate in precedenza. Inoltre, nel suo caso, il tema della maternità è sviluppato in modo da trattare il legame con la madre. In particolare, Mother and Me (fig. 28) è stato creato nell'estate del 2001, utilizzando il proprio corpo nudo e quello della

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madre. La storia dietro l’opera vede He tornare nella sua città natale dopo la performance di Opening the Great Wall (2001) e trovare la madre a torso nudo, mentre giocava con una mela marcia, nel cortile della loro casa. L’artista decise, quindi, di svestirsi a sua volta e di posizionarsi dietro la madre per farsi fotografare. Attraverso la performance, He Chengyao ha mostrato la difficile vita della madre e i suoi numerosi sacrifici. Allo stesso tempo, questo lavoro le permise di affrontare apertamente la storia della follia della famiglia, nascosta ed evitata, ma che determinò anche la riaffermazione della linea familiare che lega l’artista alla madre. Allo stesso modo, l’opera getta una luce sulla tradizione e sulle cure mediche forzate e aggressive che sua madre ricevette per i suoi disturbi mentali, basate sull’uso dell’agopuntura. In questo modo, He riconosce la madre, il suo dolore personale e la sofferenza delle generazioni passate, che hanno vissuto trattamenti simili, per dare loro una voce, più che per sé stessa (Kareztky, Zhang 2020, 13-14). Ancora una volta la storia familiare e i ricordi dell’artista hanno un peso centrale che l’artista sembra non volere più affrontare:

Ho ancora un forte legame emotivo con quelle opere. Ma per me appartengono al passato, compreso il pezzo sull'agopuntura e così via. Sono state realizzate in un periodo in cui provavo molto dolore. In quel periodo mi sentivo come se ci fossero "diecimila frecce che trafiggono il cuore", come dice il detto tradizionale cinese. Il dolore e la tristezza che provavo quando pensavo a mia madre sono durati per molti anni e il mio cuore è diventato sempre più pesante sotto questo dolore. In seguito, il mio cuore si è sentito molto più leggero dopo aver realizzato delle opere con le foto di mia madre. A volte, quando ne parlo, è come se riaprissi una ferita già rimarginata, quindi non voglio più parlarne (Merlin 2013).

Sullo stesso tema, He ha realizzato successivamente il progetto Families Afflicted by Mental Illness, un documentario del 2007, legato alla storia medica della propria famiglia e ai propri ricordi d’infanzia e che fu utile per l’artista come terapia. Inoltre, grazie alla visibilità che i protagonisti dell’opera raggiunsero, il governo locale decise di conferire alla famiglia, composta di tre figli affetti da malattia mentale, un compenso mensile (Merlin 2013). Ciò dimostra come le sue opere siano anche un modo per far riflettere il pubblico sulla propria condizione e le proprie sofferenze. Al tempo stesso sono la dimostrazione di come vengono trattate le persone in Cina, soggette al conformismo ideologico e alla mancanza di libertà sociale (Kareztky, Zhang 2020, 14).

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Figura 27 He Chengyao, 99 needles, 2002, fotografia della performance, 114.3 x 76.8 cm, Elizabeth A. Sackler Center for Feminist Art, New York.

Figura 28 He Chengyao, Mother and Me, 2001, fotografia.

Il confronto generazionale tra madre e figlia spesso dipende da un’interiorizzazione dell’oppressione della società, diventando quindi un modo con cui riflettere su di sé e sulla condizione umana (Kareztky, Zhang 2020, 12). In particolare, il tema del rapporto tra padre e figlio è stato centrale nella seconda metà degli anni Ottanta, come filo conduttore nella narrativa cinese del tempo (Dai 1999, 192). Luce Irigaray invece ha analizzato a fondo il rapporto madre-figlia: secondo la studiosa la donna ha il dono di essere madre e figlia contemporaneamente, la cui identità quindi è un mistero in quanto sempre contenente altro, senza limiti o confini, e i cui stereotipi sono miseri in confronto alla sua reale natura. Fino in epoca moderna, la maggior parte delle rappresentazioni in cui vi erano madre e figlio/a era influenzato dall’impostazione patriarcale e religiosa, i cui protagonisti erano irrimediabilmente la Madonna e Gesù Bambino. In questo contesto è interessante l’analisi di Nancy Chodrov che in The Reproduction of Mothering: Psychoanalysis and Sociology of Gender (1978) tratta la relazione madre-figlio e sottolinea come «mentre gli uomini sono anche genitori, la convenzione culturale ha dettato che solo le donne sono incaricate di prendersi cura dei bambini. Ciò che rende le donne madri è il legame imminente tra madre e figlio - soprattutto le figlie - trasmesso attraverso un meccanismo culturale» (Chodorow 1999, vii in Dekel 2013, 124).

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La relazione tra madre e figlia è espressa anche nell’opera The Lost Bond (2016-2017) di Lu Jiaotong 吕近⽉ (1988), in cui però il corpo, seppur presente è decisamente meno preponderante.

L’artista, dedita all’arte multimediale e alla fotografia crebbe nel nord-ovest della Cina, dove si laureò in fotografia e video e oggi vive e lavora a New York. In The Lost Bond, l’artista prende come punto di partenza la lettera che sua madre le scrisse, per concentrarsi sulla relazione tra l’artista e la madre, esplorandone gli elementi più complicati e contraddittori di una connessione emotiva. La lettera scritta dalla madre, la prima inviata alla figlia descrive come Lu venne al mondo, nel 1988, quando ancora le politiche di pianificazione familiare imponevano di aver un unico figlio per donna.

Nonostante ciò, molti nuclei familiari nelle zone rurali, compreso quello della madre di Lu, avevano più di un figlio. Questo era possibile per i controlli ridotti, mantenendo comunque la nascita segreta.

Dovendo tornare al lavoro, la madre fu costretta a separarsi dalla figlia, la quale rimandata nel villaggio di origine della madre, fu cresciuta dai nonni per i primi mesi di vita. Solo nel mese di ottobre 1989, il governo stabile che i secondi figli potessero essere registrati in cambio del pagamento di una multa. E così, di fatto, avvenne per Lu Jiatong. L’artista, partendo dal presupposto abbandono volontario della madre, ha intervistato persone di età simile con situazioni simili, rendendosi che la relazione conflittuale tra lei e sua madre «può essere visto come un microcosmo dei conflitti tra i genitori cinesi degli anni Cinquanta e i loro figli degli anni Ottanta». Nel creare questo lavoro, la realizzazione delle immagini si è basata sulle parole, volendone colmare i limiti. L’obiettivo del progetto è stato sia quello di esplorare il rapporto madre-figlia, sia quello di estrarre madre e figlia come singoli individui mia madre e me, ritornando alle basi delle relazioni interpersonali e sociali, nelle quali gli individui sono passivi rispetto alle dinamiche familiari e della società circostante. Le immagini e il video appaiono molto simbolici e sono stati scelti per dissolvere le barriere della memoria e dei linguaggi unilaterali, che complicano le relazioni. Il progetto, inoltre, si divide in tre sezioni: The missing memory (2016) (fig. 29), Retelling history (2017) (fig. 30), No dialogue (2017), divise a loro volta in diverse opere (Lu 2016).

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Figure 29 Lu Jiatong 吕近⽉ (1988-), The Lost Bond [I] The missing memory, 2016, fotografia.

Figure 30 Lu Jiatong 吕近⽉ (1988-), The Lost Bond [II] Retelling history, 2017, immagine dell’installazione video.

Dall’utilizzo del corpo, spesso gravido e nudo, usato da numerose artiste, si è vista, attraverso le opere di He Chengyao e Lu Jiatong, la declinazione possibile nell’utilizzo del corpo come mezzo per trattare il rapporto madre-figlia. In entrambi questi casi di studio, la Rivoluzione Culturale e la politica del figlio unico hanno rappresentato un tassello importante della storia delle artiste. Questi eventi storico- politici hanno influenzato la vita delle artiste e la loro relazione con le rispettive madri, le quali sono state poi rappresentate nelle loro opere. I loro lavori, quindi, sfidano i tabù relativi alla nudità, alla malattia mentale, alla tradizione, ma anche alle conseguenze che le politiche maoiste ebbero sui cittadini. L’obiettivo di queste opere, però, non è tanto la denuncia e la testimonianza di quanto avvenuto, quanto il racconto della loro esperienza personale.