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Capitolo 1: Storia delle madri cinesi

1.2 Essere donne e madri nel Novecento di e post Mao

1.2.3 Anni Ottanta: contraddizioni e convivenza tra tradizione e modernità

Secondo Yang (1999, 51) nel periodo successivo al maoismo si assistette a una rinnovata femminilizzazione delle donne, parallelamente a una nuova mascolinizzazione, in quanto nella cosiddetta nuova società socialista, a differenza della vecchia che aveva preceduto la Liberazione, uomini e donne, in modo indifferente, erano bloccati nelle unità di lavoro, equiparati in tutto e per tutto, o quasi. Il Partito aveva sempre un occhio su di loro, i quali non potevano avere ambizioni né una dimensione totalmente autonoma e individuale. Con la morte di Mao, la situazione a mano a mano si modificò:

Nel 1977, il periodo peggiore era passato. La Rivoluzione culturale era finita, la vita quotidiana dei Cinesi non era più terrorizzata dalla politica. Si poteva di nuovo leggere letteratura, ascoltare musica classica, eseguire danze popolari, fare sport. Si tornarono a celebrare le feste tradizionali e le religioni rifiorirono […]. La società cinese acquisiva libertà, e imparò nuovamente che cosa fosse il tempo libero […]. Di nuovo gli esseri umani poterono riappropriarsi della vita ed essere lasciati in pace. (Vogelsang 2014, 537-38)

Con la ripresa della normalità, cambiarono i politici in posizione di comando e con essi il livello di apertura della Cina al mondo. Fu con una Cina di «‘epoca nuova’ (xin shiqi), caratterizzata dalla liberalizzazione e dall’apertura verso l’esterno» (Vogelsang 2014, 541) che si assistette negli anni Ottanta a una “febbre culturale” (wenhua re). Sempre Vogelsang (2014, 541) segnala come la stessa tradizione culturale fu messa in discussione sotto il nuovo influsso dell’Occidente. L’assurdità e la tragedia della politica maoista risultarono evidenti solo molti anni dopo; tra le problematiche escluse dall’attenzione pubblica vi era anche il fatto che l’infertilità crescente fosse passata inosservata: tra gli anni Ottanta e Novanta molte coppie iniziarono a rivolgersi alla medicina cinese per essere aiutate ad avere un figlio. (Farquhar 1991 in Bray 2009, 194). È già negli anni Ottanta che si assiste alla necessità di rinascita della nazione cinese e che la modernizzazione, diventata occidentalizzazione, riprese vita all’interno di un contesto molto più conflittuale e violento: al centro vi sono la sopravvivenza della tradizione e lo sviluppo della nazione; la tensione è data dal difficile rapporto tra nazionalismo e occidentalizzazione. Si assiste, quindi, a una denuncia e allo stesso tempo ammirazione della cultura tradizionale. Negli anni Ottanta e Novanta, infatti, molte donne cinesi avevano lasciato i propri impieghi nel settore pubblico o avevano subito un declassamento sul posto di lavoro. Allo stesso tempo, molti media chiedevano il ritorno delle donne nel luogo del focolare.

Diverse ragioni furono addotte, tra cui: il lasciare spazio agli uomini disoccupati; risolvere il problema della (mala) gestione della casa, nel momento in cui entrambi i componenti della coppia o entrambi i genitori lavorassero; eliminare il peso che le aziende dovevano sostenere nel momento in cui le donne richiedevano permessi o benefit relativi alla maternità, come se il lavoro delle donne valesse meno e come se le donne non dovessero già reggere sulle proprie spalle un carico doppio di lavoro, quello

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domestico, come in epoca maoista, o come se non fossero più capaci di reggere metà del Cielo. Inoltre, si temeva che il fatto che le donne che lavorassero potesse condurre a una cattiva educazione dei figli e che una riduzione della scelta di allattare determinasse un problema nel rifornimento di latte vaccino (Yang 1999, 52-53). Infine, «negli anni '90 la politica era stata significativamente modificata: mentre le aree urbane avevano mantenuto la politica del figlio unico, avere un secondo figlio era accettato nella maggior parte delle aree rurali» (Johnson et al. 1998, 475 in Bray 2009, 194). Prima di essere abolita dalla Corte Suprema cinese nel 2013, è evidente che abbia causato gravi violazioni dei diritti umani (Stillone 2021). Il 28 dicembre 2013, senza abbandonare del tutto le restrizioni, si è vista l’attenuazione della legge con la possibilità di avere due figli nel momento in cui uno solo dei partner fosse figlio unico (Scarpari 2015, 27). Nonostante ciò, si continuarono a riscontrare scandali e coercizioni: solo nel 2016, «allarmato dalla scarsità delle nascite […] il governo cinese ha finalmente messo un termine alla sua odiosa politica del figlio unico, prodotto di un’ideologia e burocrazia impazzite» (Bricker e Ibbitson 2021). Al giorno d’oggi gran parte dei giovani adulti sono figli unici o hanno, al massimo un fratello e una sorella. Lo squilibrio tra maschi e femmine è in crescita costante, si stima che nel 2025 vi saranno almeno 30 milioni di maschi in più, i cosiddetti “rami secchi”. Solo il Tibet ha un equilibrio tra i sessi in linea con la procreazione naturale, mentre quattordici province - per la maggior parte nell’Est e nel Sud - hanno una percentuale di 120 maschi ogni 100 femmine, tre province di oltre 130 (Hesketh, Li e Zhu 2005; 2009 in Scarpari 2015, 25). Tra le conseguenze della politica del figlio unico vi è sicuramente una disparità numerica tra maschi e femmine. Ad oggi mancano le donne: in Cina, le stime del 2010-2015 parlano di una discrepanza tra il numero effettivo di donne all’interno della popolazione e di quello previsto se non ci fosse una preferenza per il figlio maschio di 68 milioni (Seager 2020, 78-79). «La politica del figlio unico ha coinvolto tre generazioni, troppe secondo gli esperti, che stimano una perdita di oltre 3 punti percentuali di PIL fino al 2050 se la situazione non verrà modificata rapidamente» (Scarpari 2015, 25). Secondo Bricker e Ibbitson (2021, 188-189) nel 2016, all’abolizione definitiva della legge si stima che fossero 400 milioni le nascite impedite, e 160 milioni di figli unici. «La politica del figlio unico fu la peggiore manifestazione dell’autoritarismo del Paese» (Bricker e Ibbitson 2021, 188).

In conclusione, la disuguaglianza di genere fu un punto nevralgico dei mutamenti storici e politici del XX secolo. Le modalità con cui essa fu esplicitata e gestita non furono sempre omogenee e unitarie. Quello che rimase costante per tutto il dibattito sulla condizione delle donne (compresa la fase di rimozione durante la Rivoluzione Culturale) fu la subordinazione della questione femminile a obiettivi preponderanti, dall’assicurazione di una famiglia per il continuo della discendenza e il rispetto dei valori del rispetto della pietà filiali, alla costruzione della nazione fino all’edificazione della società socialista (Ceccarelli, 2021). Inoltre, in Cina ancora oggi «la maggiore parte delle

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informazioni riguardanti il periodo della gravidanza, del parto e della maternità sono tradizionalmente fornite dalle donne più anziane della famiglia, spesso madri o suocere, ma anche da amiche che hanno già avuto dei figli». La cultura della gravidanza e del parto nella società cinese contemporanea sono quindi influenzati dai fenomeni globali contemporanei, ma allo stesso tempo continuano ad avere un forte legame con la tradizione e la medicina cinese tradizionale (Forni 2013, 96-97). Tutti questi elementi sono significativi del tipo di società e di cultura che si è tramandata e ha ancora presa nella dimensione contemporanea cinese. Ritengo quindi utile provare a descrivere quello che era il contesto storico relativo alla condizione femminile nel momento in cui si colloca la produzione artistica delle artiste cinesi contemporanee da me prese in considerazione, ovvero dalla fine degli anni Ottanta in avanti. Guardare alle condizioni storiche delle donne e alle forze sociali in campo è fondamentale per capire le dinamiche dell’epoca, soprattutto in relazione al pensiero femminista cinese. Yang (1999, 63-64) tentò di descrivere lo spazio nella dimensione pubblica che le donne hanno provato a ritagliarsi fino ad oggi, stretto nella morsa composta da due poteri fortemente maschili, lo Stato e il mercato economico, che guidano e determinano spazi e possibilità delle donne stesse. Entrambi contribuirono alla sopravvivenza di schemi ed elementi retrogradi che consolidarono la posizione della donna nella sfera domestica, le relegarono in posti di lavoro di basso livello e le resero ancora più dipendenti dal desiderio maschile. Quelle citate in questo capitolo ritengo siano testimonianze significative della situazione culturale e sociale della Cina del Novecento, e sono state da me selezionate per sondare la concezione della maternità nella Cina moderna e contemporanea a partire da categorie di pensiero molto antiche, ma che in un modo o in altro si sono sempre riproposte, quando non sono state volutamente tramandate, come dimostrato attraverso l’excursus storico di questo capitolo. Vedere come le artiste cinesi contemporanee siano state e siano tuttora influenzate da queste dinamiche nella loro produzione artistica, che essa riguardi più o meno esplicitamente la maternità, è una parte importante del focus di questo elaborato. Allo stesso tempo, però, oltre a identificare gli elementi attivi e le attrici passive di questa dimensione di controllo del corpo e delle decisioni delle donne cinesi in ambito di maternità, e della produzione delle artiste cinesi contemporanee, vorrei anche analizzare come le loro creazioni artistiche possano essere letta come una risposta, una reazione, una sfida a tutte le imposizioni a cui sono state sottoposte negli anni in quanto donne, esseri umani senzienti in grado di dare la vita.

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Capitolo 2: Conseguenze, sviluppi e teorie in gioco nell’arte femminile e femminista cinese