CAPITOLO 2: Fake News: come imparare a riconoscerle attraverso l’analisi qualitativa
2.8 L’uso dei pronomi Noi e Loro
all’interno delle notizie si farebbe riferimento in modo quasi ossessivo alla criminalità degli stranieri e ai loro delitti più gravi. Inoltre, sembrerebbe che quando si tratta di omicidi, aggressioni e eventi particolarmente spaventosi, la loro presenza mediatica risulterebbe amplificata rispetto a quella degli italiani, secondo una prassi che provoca una distorsione della realtà. Potremmo dunque attestare che «i media ed in maniera marcata le fake news, confermano, diffondono e rafforzano lo stereotipo immigrazione uguale criminalità» (De Marco, 2015:91).
non è tanto un io-noi quanto un io-noi che parlo (-iamo) a nome di, non può sottovalutare la complessa fisionomia di un tale genere discorsale, nel momento in cui occorre fissare i meccanismi di decodifica degli enunciati, stabilire i parametri di riconoscimento e le chiavi di lettura» (Desideri 1984: 37). Secondo la riflessione di Peter Mühlhäusler e Rom Harré, ripresa poi da Manetti «il significato del noi è dipendente dal contesto funzionale in cui esso è usato»
(Manetti 2015: 37), vengono illustrati i diversi usi ordinando le funzioni in base alle ipotesi sul loro emergere. La prima funzione presa in esame è la funzione direttiva che troviamo nelle true e fake news, in cui lo scopo del noi «è quello di indicare un soggetto che tende a portare gli altri a compiere un’azione nell’interesse del parlante stesso» (Manetti 2015: 38). Viene poi presa in considerazione la funzione integrativa, «una sua caratteristica peculiare in relazione al pronome noi è quella di enfatizzare l’aspetto del legame sociale e la creazione di una dimensione di solidarietà» (Manetti 2015: 38). Questo può, in base ai casi, mettere in rilievo l’enunciatore o il gruppo di cui il parlante si sente parte. In alcuni ambiti come nella pubblicità, nella letteratura scientifica e nella stesura di articoli di giornale si osserva poi una combinazione tra funzione direttiva e integrativa. Nel caso del giornalismo, l’obiettivo dell’autore è quello di riuscire ad instaurare un rapporto di solidarietà tra colui che scrive la notizia e il lettore. Infine, vi è la funzione fatica «che ha lo scopo di tenere vivo il canale comunicativo o di ravvivarlo quando questo si è affievolito, senza che vengano trasmessi effettivi contenuti informativi» (Manetti 2015: 40). Il senso di appartenenza al gruppo del noi esiste perché in contrapposizione con un gruppo del loro (outgroup) «al quale non si appartiene, ma con il quale ci si paragona» (Milesi e Catellani 2013: 200). La costruzione dell’outgroup deriva dall’individuazione delle caratteristiche dell’ingroup e segue lo stesso procedimento. «Il binomio noi-loro, infatti, pur essendo soggiacente a molti discorsi relativi al noi, emerge in modo particolare negli interventi di alcune fazioni o in specifici momenti storici» (Maurizi, 2017:13). Possiamo ricordare la contrapposizione insita, ad esempio, nelle fake news a tema immigrazione, fondate sul contrasto noi-italiani vs loro-immigrati, in cui si riconosce l’utilizzo di quello che Desideri (1984: 282) chiama noi etnico. Le caratteristiche attribuite ai due gruppi antitetici possono essere connesse a diversi ambiti (culturali, morali, legati alle competenze) purché siano in contrapposizione e purché all’ingroup siano assegnati aspetti positivi, mentre all’outgroup negativi (Maurizi, 2017).
Lo scopo è il medesimo: riconoscere dei raggruppamenti sociali in opposizione e assicurarsi la simpatia di chi legge inducendolo, più o meno ingannevolmente, a schierarsi a favore di coloro considerati dei nostri. Come abbiamo già potuto constatare, una buona porzione di fake news, soprattutto nello scenario italiano, è rappresentata dagli articoli di cronaca a tema immigrazione.
Notiamo più specificamente come in questi articoli il pronome noi venga spesso accompagnato
all’attributo di nazionalità italiani, mentre al pronome loro venga invece accostato solo il nome generico immigrati. Si attua una vera e propria spersonalizzazione dell’individuo, considerato come figura astratta appartenente ad una categoria sociale o etnica. Si tende a trasmettere un messaggio ingannevole che lascia intendere che «la totalità dell’immigrazione abbia alcune caratteristiche, per esempio, la condizione di emergenza che vive una parte minoritaria dell’immigrazione tende ad essere trasferita alla totalità delle persone immigrate presenti all’interno di un paese» (De Marco, 2015:74). Il passaggio di alcune caratteristiche specifiche
«da una minoranza all’intera collettività straniera si concretizza per effetto di una semplificazione del concetto di immigrazione che risponde a scrupolose regole di costruzione della notizia» ( Cohen, 1972; Hall, 1978; Thompson, 1998; Fishman, 1978 citato in De Marco, 2015:75) che tendono a prediligere informazioni e fatti tali da attirare l’attenzione del lettore, facilitando il sedimentarsi di uno stereotipo in cui l’immigrazione viene intesa come un agglomerato indistinto di persone che arrivano sulle coste dell’Italia alla ricerca di miglior vita e di un futuro stabile. La replicazione di notizie che denunciano l’incessante arrivo di immigrati ha contribuito a lasciar credere che la totalità della popolazione immigrata avesse alcune caratteristiche, generando confusione rispetto ai fenomeni migratori. Scrivere o Parlare di immigrati senza definire la categoria di persone a cui si fa riferimento significa realizzare un’enorme semplificazione in quanto «si collocano nello stesso tipo diverse classi di stranieri, emigrati per ragioni diverse e che nel Paese di destinazione hanno fini distinti» (De Marco, 2015:75). Secondo A. Dal Lago (1998, 1999) l’uso della parola immigrato «comporta la legittimazione scientifica del punto di vista […] della società di destinazione» (Dal Lago, 1999:17). Questo significa che «la società di destinazione osserva e definisce un fenomeno proiettando su di esse le proprie ansie e le proprie insicurezze» (De Marco, 2015:75). In questo modo, l’occultamento di alcuni aspetti e l’esaltazione di altri, internamente a ciò che viene definita una spirale del silenzio (Neumann, 2002) ha contribuito a creare una percezione distorta e un sentimento di ostilità rispetto ad un fenomeno variegato ed eterogeneo come quello dell’immigrazione (De Marco, 2015:75). L’etnia, oppure la nazionalità dei protagonisti è una delle poche caratteristiche che i giornalisti impiegano regolarmente all’interno delle notizie false per descrivere gli stranieri, una qualità che spesso compare anche nelle prime pagine dei giornali creando una correlazione esplicita tra l’immigrazione e la cronaca (De Marco, 2015). Infatti, possiamo osservare come la provenienza geografica venga collegata ai fatti narrati nel 18,6 % delle notizie, l’“essere immigrato” senza definire la nazionalità nell’11,5% dei casi. Ed infine possiamo notare come nel 49,5 % delle notizie venga messa in evidenzia l’etnia dello straniero
mentre l’immigrazione in generale risulti nel 30,1% delle notizie (Binotto, Bruno, Lai, 2012:44:45).
Riportiamo alcuni esempi di fake news da me personalmente selezionate, attingendo dal sito fact checking, Butac:
Voxnews, 2015 citato in Butac.it, 2015
Facebook, 2016 citato in Butac.it, 2016
Fattoweb, 2016 citato in Butac.it, 2017
Immigrato molesta 14enne. Il padre lo avvelena.
Cicredi, 2016 citato in Bufale.net, 2016
Voxnews, 2014 citato in Bufale.net, 2014
In un articolo di cronaca attendibile, l’esplicitazione della nazionalità dei soggetti si effettua per tutti, si opta per una funzione aggettivale, che appare più politicamente corretto (l’uomo di nazionalità italiana, il cittadino nordafricano) (Lokar, 2018).
Osserviamo alcuni esempi:
Polizia Postale e delle Comunicazioni, 2021
Questura di Udine, 2021