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çdw‡ei : çdw‡eiå ed pr.; in realtà è certo che con ei finiva anche il rigo d

TRASCRIZIONE E COMMENTO

12. çdw‡ei : çdw‡eiå ed pr.; in realtà è certo che con ei finiva anche il rigo d

scrittura. Non solo per l’allineamento verticale del margine destro della colonna, ma anche perché tra -ei e il punto di frattura è rimasto un seppur

piccolo spazio bianco visibile chiaramente al microscopio.

13. ç‡˚ de; p˚å : çe˚depå ed. pr., ma la lettura è incerta sia per il sigma che per il pi. Infatti, la frattura del papiro immediatamente dopo la seconda asta

verticale non consente di capire chiaramente se si tratti della seconda asta di iota o se invece questa sequenza di aste debba essere divisa diversamente, ad esempio, nella sequenza gamma-iota o nella sequenza

iota-tau. In questo modo si potrebbe anche leggere: ç‡˚ de; g˚i˚å oppure ç‡˚ dei˚ t˚å.

14. bçe˚lti‡tå : l’ed. pr. in nota afferma: «bçe˚lti‡tåa è preferibile a un bçe˚lti‡tåe / o‡ riferito alla eventuale controparte». È comunque certo che si

tratti di questo aggettivo, che è l’unica integrazione possibile per questa sequenza.

Col. II

Trascrizione diplomatica

Trascrizione letteraria

1 etå˙çdekaniå˙çe˙å e[tåiç de; ka]n iå˙çe˙å ri‡e‡tikaideitå riv‡ ej‡ti kai; dei' tåouvtw/ carineceinap˙˚å cavrin e[cein ajp˙˚å

kaitoutopollak˚å kai; tou'to pollavk˚åi‡ ei\- 5 pongetoutwcar˚å pon ge touvtw/ car˚åivze‡qai

o‡bouletaitakaå o{‡ bouvletai ta; kaå hma‡kaipraxå hJma'‡ kai; praxå duÌnÌa˘meno‡atop˚å oijovmeno‡ a[top˚å mw‡andoxeien˙å mw‡ a[n dovxeien˙å 10 te˙arine‡cen˙å te ˙arin e[‡cen˙å

maålçlonkatauto˚å ma'ålçlon kat∆ aujto˚å kaåqço˚‡onhaga˙å kaåq∆ç o{˚‡on hj aga˙å ± 4 pe-

poihke˚å poihke˚å

çpie‡aik˚å piev‡ai k˚å

15 ç˙aimhq˚å ˙ai mhq˚å

ço˚i‡alle˙å o˚i‡ ajll∆ e˙å

˙çhkenå ˙çhkenå

ç˙˙å ç˙˙å

— — — — — —

8. oijovvmeno‡ corretto da dunavmeno‡

N

OTE

:

1. e[tåiç de; kan iå˙çe˙å : e[tåiç d˚e; ka]n e˚å˙çeå ed. pr.; al microscopio sembra

uno iota e non un epsilon, in quanto il trattino posto all’estremità superiore della lettera è evidentemente un apice. Le dimensioni ridotte e l’andamento orizzontale di questo trattino non corrispondono alla parte superiore della lettera epsilon che presenta sempre in alto una sorta di archetto più o meno stretto (cfr. II.2.1. La scrittura del recto).

L’ed. pr. legge, ka]n, forma attica per kai; ajn, ma potrebbe anche essere kai; ejavn. Se si accetta questa divisione, si deve pensare a quale lettera integrare

tra iota ed epsilon. Dalle minime tracce che si intravedono sul bordo di frattura, sembra di poter dire che si tratta di una lettera che presenta inchiostro sia in alto che in basso. È necessario tenere presente che lo spazio interessato dalla lacuna è leggermente allargato rispetto alla quantità effettiva di testo perduto: le fibre di destra si sono infatti leggermente distanziate rispetto alla loro posizione originaria. L’integrazione più plausibile sembra essere theta, quindi ijqei'a, ijqevw‡.

Ipotizzare una diversa divisione di parola non sembra dare alcun risultato ragionevole.

Per la sequenza de; kai; cfr. Denniston 2002, p. 305. Inoltre l’espressione e[ti de; kai; ricorre in Antifonte sia in V (De choreuta) 39 come già segnalato

dall’ed. pr., che in fr. 68,2 (Thalheim).

2. riv‡ ej‡ti kai; dei' tå : ri‡ e˚j‡ti kai; de˚i' t˚åouvtw/ ed. pr.; non c’è dubbio che

l’ultima lettera sia tau, perché solo nel disegno di questa lettera il prolungamento della parte sinistra dell’asta orizzontale è accentuato: nel

pi, invece, che è fortemente compresso a sinistra, il tratto orizzontale si

prolunga solamente a destra (cfr. II.2.1. La scrittura del recto). L’integrazione proposta dall’ed. pr. ben si accorda col numero delle lettere andate perdute a sinistra, non più di cinque, e costituisce così il complemento di termine retto dal cavrin e[cein del rigo seguente.

3. cavrin e[cein : per il tipo di espressione dei' touvtw/ cavrin e[cein, bisogna essere riconoscenti verso costui, cfr. Demosth. 21 (In Midiam) 160,4: filotimiva‡ ei[neka tauvthn ejpevdwken, h}n pro‡hvkei tw'n toiouvtwn e[cein cavrin;

Hyp. 3 (In Athenogenem) 5,4: dei' me cavrin e[cein ∆Antigovna/, devo essere grato ad Antigone.

ajp˙å : ajpo; å th'‡ i[‡h‡ ed. pr.; le tracce dopo il pi, poste sul limite di frattura,

non sono chiare e non consentono di distinguere se si tratti di un omicron o di un epsilon: ajpo/ajpe-.

4. kai; tou'to pollavk˚åi‡ ei\- : l’integrazione, proposta dall’ed. pr. e

collegata al rigo seguente, ben si accorda col numero delle lettere perdute a sinistra che in questo punto non dovrebbero essere più di due o tre.

5. pon ge touvtw/ car˚åivze‡qai : pon ge touvtw car˚å ed. pr. e in nota: «... in

particolare cfr. Arist. Equites 423 kai; tau'ta drw'n ejlanqanovn g(e) – car˚åizovmeno‡? Ma lo spazio di fine rigo sembra appena sufficiente per 5

lettere al massimo. Rimane dunque l’alternativa di un car˚åiv‡ai dipendente

da bouvletai, r. 6, meno probabile sintatticamente poiché sembra

necessario interpungere dopo ge».

Per quanto riguarda il ge, credo si debba pensare che rientri nel tipo

definito da Denniston “exclamatory” (1954, p. 126-130), che serve ad aggiungere enfasi a quanto detto immediatamente prima (per la posizione di ge cfr. sempre Denniston 1954, pp. 146-150). Il passo, pertanto potrebbe

essere tradotto: E spesso lo dicevo/dicevano proprio! Si dovrebbe così ammettere che quanto segue sia un’infinitiva epesegetica di quel tou'to.

Anche l’ed. pr. ritiene che il verbo introdotto da car˚å sia un infinito, pur

pensando però che debba dipendere da bouvletai, r. 6, cosa alquanto

improbabile se o{‡ è pronome relativo. Se si tratta di una forma di infinito

del verbo carivzw, compiacere, si può pensare o a carivze‡qai (cfr. Antiph. IV

3,2) o cariv‡a‡qai, poiché le forme cari‡qh'nai e cariv‡ai sono soprattutto

posteriori e rare negli oratori attici. Entrambe queste soluzioni possono più o meno rientrare nel conteggio approssimativo delle lettere mancanti a sinistra: in questo caso il rigo sarebbe più lungo di due lettere rispetto al precedente, ma lo scriba sembra talvolta eccedere a destra oltre il margine

ideale della colonna di scrittura, cfr. e.g. fr. Br I, 7 e in particolare II.1.1.

Aspetti materiali, immagine 1.

6. o{‡ : o{˚‡ ed. pr., ma tramite osservazione del frammento al microscopio

entrambe le lettere si possono considerare sicure.