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Il settore brevettale è stato contrassegnato sin dal secolo scorso da una vivace tendenza alla collaborazione internazionale. La ragione va ravvisata nell’esigenza di superare le difficoltà risultanti per gli operatori del settore, negli stati industrialmente più sviluppati, dalla mancanza di coordinamento tra le varie regole nazionali e ancor di più dalla diversità della disciplina sostanziale in materia.

Il sistema internazionale della tutela delle invenzioni è stato caratterizzato appunto dalla progressiva predisposizione di regole e strumenti volti ad agevolare il compito dei privati che intendessero richiedere tutela alle loro invenzioni.

Tal processo, caratterizzato dal riconoscimento, da parte di tutti gli Stati aderenti, dell’efficacia sul loro territorio di atti compiuti da privati sul territorio di altri stati e dall’adozione di una serie di regole di forma e d procedura armonizzate, era cominciato con la Convenzione ‘Unione di Parigi del 1883, successivamente più volte modificata, attraverso la quale si stabilirono procedure per facilitare l’ottenimento delle tutela delle invenzioni a livello internazionale e successivamente la “Convenzione internazionale per la protezione dei risultati vegetali” (UPOV), adottata nel 1961 a Parigi, aggiornata a Ginevra nel 1991 e dalla “Convenzione di Strasburgo sulla unificazione di alcuni elementi del diritto dei brevetti di invenzione” del 1963. Tali Carte internazionali hanno avuto una profonda influenza sulla legislazione successiva in materia di brevettazione di materiale biotecnologico, in particolare, per quanto riguarda il sistema comunitario, la “Convenzione di Monaco sul brevetto europeo “, firmata nel 1973, e sulle normative interne degli Stati membri tese alla armonizzazione del settore delle privative industriali.

La Convenzione UPOV si è soffermata sulla protezione giuridica delle varietà vegetali e l’obiettivo era quello di proteggere le varietà animali distinte nettamente dalle altre e sufficientemente omogenee e stabili nelle loro caratteristiche essenziali. La protezione si estendeva al materiale di riproduzione o propagazione della varietà protetta, cercando di salvaguardare anche gli interessi dell’utilizzatore non speculativo e dell’inventore successivo. Le piante era accomunate dalle stesse caratteristiche geotipiche e costituivano un sottoinsieme rispetto al genere e alla specie.

La Convenzione di Strasburgo nata in un periodo storico in cui il problema delle biotecnologie non era ancora avvertito,188invece ha ammesso la tutela dei procedimenti microbiologici e dei prodotti ottenuti mediante questi procedenti, rispettando in ogni caso l’autonomia dei singoli legislatori nazionali in relazione alla protezione da accordare alle varietà vegetali o alle razze animali,come pure ai procedimenti essenzialmente biologici per l’ottenimento di vegetali o di animali.

La Convenzione di Strasburgo ha tracciato la strada alla Convenzione sul brevetto europeo, firmata a Monaco nel 1973 che nella materia delle invenzioni biotecnologiche ne ha sfruttato i margini di discrezionalità attribuiti dai precedenti interventi internazionali ma che, a causa della molteplicità di situazioni normative dei vai Stati membri e dello stesso Ufficio di Monaco, ha dettato una disciplina estremamente restrittiva, che, per molti anni, nonostante il lento lavoro di “erosione interpretativa” operato dalla dottrina e dalla giurisprudenza dell’Ufficio Brevetti Europeo e di quelli nazionali, ha creato una situazione di sostanziale paralisi per l’industria biotecnologica comunitaria189.

Non è un caso se, specialmente nei primi anni successivi all’emanazione della CBE, si sia assistito ad una “fuga” delle invenzioni europee, aventi ad oggetto materiali biologici, verso realtà giuridicamente più accoglienti d’oltreoceano. La disciplina fissata dalla Convenzione di Monaco ammette all’art 53 la concessione di brevetti europei per i procedimenti microbiologici e per i prodotti ottenuti da tali provvedimenti mentre esclude espressamente, all’art. 53b), tanto la brevettabilità delle varietà vegetali e delle razze animali quanto quella dei procedimenti essenzialmente biologici di produzione di vegetali e di animali.

Negli anni seguenti però il lavoro, seppur lento, interpretativo operato dalla giurisprudenza e dalla dottrina ha portato a una interpretazione estensiva alle stringenti definizioni dell’art. 53b) CBE e questo ha permesso di far si che anche in Europa le invenzioni biotecnologiche godano di forme di tutela adeguate, sebbene non ancora paragonabili, quanto ai vantaggi immediati per l’inventore, alla parallela disciplina statunitense. Con riferimento alla giurisprudenza dell’Ufficio Brevetti Europeo, tale organo, nel corso degli anni Novanta, ha tendenzialmente ammesso la brevettabilità di

188Cfr RAMBELLI, La direttiva europea sulla protezione delle invenzioni biotecnologiche, in Contratto e

impresa/Europa 1999, pg 491

189 Cfr. V. D’ANTONIO, Invenzioni biotecnologiche e modelli giuridici: Europa e Stati Uniti, Jovene,

tecniche di ingegneria genetica applicate agli animali. Infatti nell’Ottobre del 1990190 ha riconosciuto la brevettabilità dell’ Oncomouse di Harvard, un roditore transgenico, nelle cui cellule era stato inserita una sequenza oncogena al fine di predisporlo allo sviluppo del cancro in modo da farne una cavia utile allo screening industriale accelerato di sostanze cancerogene.191 Il brevetto era già stato rilasciato negli Stati Uniti, Giappone e in Australia. La Commissione che ha deciso il caso ha sostenuto che l’art. 53 escludeva dalla tutela brevettale solo alcune categorie di animali e che il divieto non riguardava un animale geneticamente modificato, se i vantaggi derivanti dall’invenzione per il genere umano sono maggiori delle possibili sofferenze e dei rischi ambientali, rendendo cosi non operativi i limiti, indicati per la prima volta, dell’ordine pubblico e del buon costume192.

Si è cosi aggirato il divieto in via interpretativa, facendo leva sull’ammissibilità dei prodotti ottenuti con procedimenti microbiologici, considerando tale modificazione del DNA necessaria per mutare geneticamente un animale193. La Commissione riteneva, quindi, brevettabili non solo gli animali derivanti direttamente dall’invenzione e cioè, dalla manipolazione genetica, ottenuti con procedimento non essenzialmente biologico bensì microbiologico, ma anche gli esemplari da essi discendenti attraverso un procedimento di riproduzione biologica, trattandosi di product by process, cioè di prodotti definiti tramite il procedimento per ottenerli e, in quanto tali, non rientranti nel divieto di brevettazione dei procedimenti essenzialmente biologici per la produzione di animali194. Non solo: l’ufficio europeo dei brevetti ha ammesso le brevettazione di parti

190 Technical Board of Appeal, decisione 19/90 del 3 ottobre 1990, in Off. Journ. Eur.Patent Office,1991,

pg. 486 ss.; vedi anche C.F. WALTER, Beyond the Harvard Mouse: Current Patent Practice and the

Necessity of Clear Guidelines in Biotechnology Patent Law,

http://www.law.indiana.edu/ilj/v73/no3/walter.html

191 Cfr. A. PIZZOFERRATO, La tutela brevettale delle invenzioni biotecnologiche, in Contratto e impr.,

2000, pg 1239 ss

192 Cfr. M. SCUFFI, La protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche: dalla Convenzione di

Monaco sul brevetto europeo al disegno di legge delega italiano per il recepimento della direttiva 98/44/CE, in Contr. e Impr./Europa, 2003, II, pg. 307; Cfr. C. CAMPIGLIO, I brevetti biotecnologici nel diritto comunitario, in Diritto del Commercio Internazionale, 1999, pg. 892 ss

193 La decisione Harvard / Onco-Mouse si legge in Off. Journ. Eur. Patent Office, 1992, pg. 588 ss. “The

genetic manipulation of mammalian animals – spiega la Commissione tecnica – is undeniably problematical in various respects, particularly where activated oncogenes are inserted to make an animal abnormally sensitive to carcinogenic substances and consequently prone to develop tumours, which necessarily cause suffering. There is also a danger that genetically manipulated animals, if released into the environment, might entail unforeseeable and irreversible adverse effects.The decision as to whether or not article 53a) EPC is a bar to patenting the present invention would seem to depend mainly on a careful weighing up of the suffering of animals and possible risk to the environment on the one hand, and the invention’s usefulness to mankind on the other”

194 Cfr. V. D’ANTONIO, Invenzioni biotecnologiche e modelli giuridici: Europa e Stati Uniti, Jovene,

del corpo umano, come le linee cellulari e sequenze di DNA, nonché proteine o tessuti. A tal proposito va ricordato il caso che ha confermato la validità di un brevetto avente ad oggetto l’antigene dell’epatite B e ancora la decisione relativa alla brevettabilità di una invenzione consistente in un frammento di DNA capace di codificare una proteina umana195.

La decisione ha chiarito che i brevetti relativi a DNA codificante non conferiscono al titolare alcun diritto di sorta su singoli esseri umani, al pari dei brevetti relativi ad altri prodotti umani come le proteine; “il DNA, infatti, non è vita bensì una sostanza chimica che fornisce informazioni genetiche e che può essere impiegata per la produzione di proteine utili dal punto di vista medico:anzi è solo grazie alla donazione i geni che si è potuto disporre di importanti proteine umane in numero sufficiente da poter essere impiegate a fini medici, sia in terapie “classiche” che in terapie sulle cellule somatiche che infine in terapie geniche somatiche”196. A supporto una ulteriore decisione del 21 febbraio 1995 che ha confermato la validità di un brevetto nella parte in cui quest’ultimo prevedeva la possibilità di intervenire tramite tecniche di ingegneria genetica sul genoma delle cellule di una pianta introducendo una particolare sequenza di DNA197. I principi espressi prima dalla Convenzione sul brevetto europeo e poi dall’Ufficio Europeo dei Brevetti relative alla brevettabilità di tecniche di ingegneria genetica, sono stati totalmente recepiti dalla Direttiva 98/44/EC che ha deciso di descrivere, in maniera precisa e definitiva, l’oggetto delle invenzioni biotecnologiche brevettabili, in sostanza legittimando la prassi permissiva registratasi in seno all’EPO198.

195 Decisione 8 dicenbre 1994, in Off. Journ. Eur. Patent Office, 1995, pg. 388.

196 Cfr. C. CAMPIGLIO, I brevetti biotecnologici nel diritto comunitario, in Diritto del Commercio

Internazionale, 1999, pg 849 ss

197 Cfr. Per ulteriori riferimenti sulla giurisprudenza dell’UBE, R. PAVONI – Brevettabilità genetica e

protezione delle biodiversità. La giurisprudenza dell’ufficio europeo dei brevetti, Riv. Dir. Internaz.,

2000, pg 447

198 Cfr. P. RAMBELLI, La direttiva europea sulla protezione delle invenzioni biotecnologiche, in

3ξ Ricostruzione cronologica della Direttiva CE n. 98/44 e