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Chakrabarty

Il concetto di “brevettabilità” era stato definito dal Congresso nel 1793 grazie a una legge sui brevetti formulata da Thomas Jefferson secondo la quale era possibile ottenere “brevetti per ogni arte, macchina, manifattura o composizione di materia nuova o utile, o per ogni perfezionamento nuovo e utile delle medesime.” 174. La legge non diceva nulla riguardo alla brevettabilità degli organi viventi ma sembrava negare questa possibilità perché in un precedente che risaliva al 1889, fu formulata una teoria secondo la quale i processi di estrazione di ciò che è rinvenibile in Natura possono essere brevettati mentre non lo possono essere gli oggetti naturali scoperti poiché non sono invenzioni, ne possono, in quanto classi di oggetti, essere di proprietà di qualcuno. Nel Plan Patent Act del 1930 il Congresso aveva permesso di brevettare solo le piante che potevano essere ottenute tramite riproduzione asessuata e per circa 40 anni non si registrarono estensioni della legge sui brevetti ad altre entità viventi. Nel frattempo e precisamente nel 1972 emerse con forza il caso di Ananda Chakrabarty biochimico indiana residente negli USA, che lavorava per General Electric, che utilizzando quattro ceppi diversi di batteri realizzò, con tecniche di ingegneria genetica, un nuovo ceppo di batteri capace di scindere catene di idrocarburi e di corrodere le chiazze di petrolio rendendolo biodegradabile in acqua marina, con evidenti vantaggi per l’ambiente; il nuovo batterio, infatti, riunendo in sé le capacità operative di quattro ceppi preesistenti, prometteva la disponibilità di un potente strumento di disinquinamento 175.

Il 7 giugno 1972 Chakrabarty chiese il rilascio del brevetto per il suo nuovo batterio ma il Patent Office statunitense glielo negò sostenendo che un organismo vivente non

174 Tale articolo sancisce espressamente : “Whoever invents or discovers any new and useful process,

machine, manufacture, or composition of matter, or any new and useful improvement thereof, may obtain a patent therefore, subject to the conditions and requirements of this title”

175 Cfr. V. D’ANTONIO, Invenzioni biotecnologiche e modelli giuridici: Europa e Stati Uniti, Jovene,

poteva essere brevettato perché era “products of nature”, seppur nuova richiamandosi al § 101 dell’art. 35 U.S.C. che espressamente li escludeva dalla brevettabilità 176.

Si stabiliva che l’oggetto dell’attività inventiva doveva rientrare nell’ampia nozione di “statutory subject matter”, di “materia legalmente prevista”, qualificarsi cioè, come “process, achine, manufacture, composition of matter “ oppure come “new and useful improvement” di questi. In tal senso, la Supreme Court concludeva che un organismo vivente, in circostanze appropriate, possa essere considerato una “composizione della materia oppure un “manufatto” ex art. 35 U.S.C. § 101, ma, al contempo, non ha “overruled” l’insieme del case law relativo all’impossibilità di attribuire titoli di privativa sui “products of nature”. Contro il rifiuto opposto dal Patent Office, Chakrabarty propose appello presso il Board of Appeals, il quale confermò l’orientamento assunto precedentemente e dichiarò la non brevettabilità in primis perché i batteri vennero assimilati geneticamente a mere mutazioni naturali e anche per la paura, con una decisione favorevole, di aprire la via della brevettabilità ad una serie indefinita di materiali biologici 177.

Il Board of Appeals però concordò con Chakrabarty rispetto all’assunto secondo cui i batteri rivendicati non dovessero essere considerati dei semplici “prodotti della natura” perché il batterio Pseudomonas, contenente due o più plasmidi diversi, generatori di energia, non si trovava spontaneamente in natura. I batteri, dunque, non erano a fini giuridici, considerati come non brevettabili poiché il Congresso non li aveva mai presi in considerazione in nessuno specifico “act” che espressamente ne sancisse la brevettabilità. Il 25 marzo 1979, pur con una sentenza votata con cinque voti favorevoli e quattro contrari, circa la brevettabilità dei microrganismi geneticamente modificati, la Corte Suprema degli Stati Uniti invece capovolge il verdetto del Board of Appeals e legittimò le nuove invenzioni della tecnoscienza, aprendo la strada alla brevettazione dei brevetti biotecnologici178.

La decisione della Corte chiarì, in particolare, che una invenzione può avere come oggetto una materia rientrante nelle previsioni dello “statute”, ma essere al contempo priva di qualsiasi utilità o del tutto ovvia. Qualsiasi invenzione può essere rivendicata

176 Cfr. V. D’ANTONIO, Invenzioni biotecnologiche e modelli giuridici: Europa e Stati Uniti, Jovene,

Napoli , 2005 cit., pg. 214

177 Cfr. V. D’ANTONIO, Invenzioni biotecnologiche e modelli giuridici: Europa e Stati Uniti, Jovene,

Napoli , 2005, pg. 219

178 Per una analisi dettagliata del sistema dei brevetti in Europa e egli Stati Uniti v. G. VAN

OVERWALLE, Study on the patenting of inventions related to human cell research, Luxembourg Office for Official Publications of the European Communities, 2002

come un manufatto (manufacture), un composto della materia (composition of matter), come un processo per la realizzazione di un prodotto (process utilizing the product in some way enunciated) ma tutte queste forme di rivendicazione se distinte in teoria, possono riferirsi in pratica al medesimo oggetto inventivo179.Fu chiarito l’ulteriore concetto che, benché i microrganismi siano naturalmente presenti nell’ambiente, tuttavia essi non esistono spontaneamente in natura, come colture biologicamente pure. Un “microrganismo isolato e biologicamente purificato” è brevettabile - a differenza di un microrganismo impuro – perchè esso è il prodotto di una attività umana e non preesiste ad essa180.

Vennero cosi esplicitati i criteri cd di isolamento e di purificazione, ripresi poi dalla Direttiva 98/44/EC, che divengono i criteri scientifico-normativo rispetto ai quali opera la presunzione legale di artificializzazione, le procedure tecniche idonee a trasformare i materiali biologici e genetici in artefatti brevettabili. Applicati al corpo umano, isolamento e purificazione alludono, il primo alla separazione del materiale umano dal corpo e alla sua individuazione come materiale singolo, il secondo alla separazione e identificazione di una precisa funzione (il dato informazionale) per quel singolo materiale181. Fu affermato che il vero tratto distintivo della brevettabilità è il confine tra “lavoro della natura” e “opera umana”182 e che “anything under the sun that is made by man” 183, con la conseguenza che il criterio di distinzione tra ciò che è e ciò che non è

179 Cfr. V. D’ANTONIO, Invenzioni biotecnologiche e modelli giuridici: Europa e StatiUniti, Jovene,

Napoli , 2005, pg. 234

180 U.S. Court of Customs and Patent Appeals (CCPA), In re Bergy 563 F.2d 952, 967-68 (1979),

“Appellants responded with a request to reconsider this rejection supported by affidavits of three Upjohn microbiologists, Dr. Joseph E. Grady, Dr. Thomas L. Miller, and "the well-known microbial taxonomist Alma Dietz," pointing out that the microorganism did not exist as a biologically pure culture in nature and asserting that such a culture is a "manufacture" (…)”

181 Directive 98/44/EC of the European Parliament and of the Council of 6 July 1998 on the legal protection of biotechnological inventions, OJL 213, 30/7/1998, p.13-21, Art.5.1: «The human body, at the various stages of its formation and development, and the simple discovery of one of its elements including the sequence or partial sequence of a gene cannot constitute patentable inventions»; 5.2: «An element isolated from the human body or otherwise produced by means of a technical process including the sequence or partial sequence of a gene may constitute a patentable invention, even if the structure of that element is identical to that of a natural element» Cfr M. TALLACHINI, Soglie di bioartificialità: le

oscillazioni della brevettabilità genetica, in A. Santosuosso, C.A. Redi, S. Garagna, M. Zuccotti ( a cura

di) , I giudici davanti alla genetica, Pavia, 2002, pg 94 ss

182 United State Supreme Court, 16 gennaio 1980, in List of Unit State Supreme Court Case, 1980, vol. 447 la Corte Suprema degli Stati Uniti ha precisato: “Einstein could not patent his celebrated law that E=mc2 ; nor could Newton have patented the law of gravity. Such discoveries are manifestation of nature, free to all men and reserved exclusively to none. (…) respondent’s micro-organism plainly qualifies as patentable subject matter. His claim is not to a hitherto unknown natural phenomenon, but to a nonnaturally occurring manufacture or composition of matter -a product of human ingenuity [...]. His discovery is not nature’s handicraft, but his own”

brevettabile è “not between living and inanimate things, but between products of nature, whether living or not, and human-made inventions”184. La brevettabilità è indipendente dall’essere l’invenzione entità vivente o inanimata e ciò che conta è che l’invenzione sia realizzata dall’uomo, “il cui ingegno deve ricevere un generoso incoraggiamento”.L’organismo di Chakrabarty, secondo la Corte, “is not nature’s handwork, but his own”, “non è opera della natura, ma sua” e come tale, considerato come artefatto biologico, rientra nel novero dei materiali brevettabili ai sensi del § 101185. Questa decisione della Corte Suprema segna, dunque, una tappa fondamentale nella storia del sistema brevettuale e viene convenzionalmente considerata come la data di nascita dei problemi della brevettazione delle biotecnologie.

Dopo la sentenza vi furono una lunga serie di casi in cui la domanda di brevetto riguardò direttamente nuove entità viventi, realizzate dall’attività inventiva dell’uomo attraverso l’uso di biotecnologie e si apri la strada alla brevettabilità di forme più elevate di vita, inclusi gli animali.

Contemporaneamente si iniziarono a definire alcuni caratteri o problematiche che tutt’ora rimangono costanti e che vengono individuati nei costi di ricerca elevatissimi e nei rischi altissimi di insuccesso, nella promessa di grandi benefici, congiunta alla preoccupazione per possibili effetti negativi imprevisti, la cui esistenza è sempre di difficile valutazione186.

La possibilità di brevettare la materia vivente non rappresenta altro che l’espressione dell’endemica capacità evolutiva delle corti statunitensi che, per quel che riguarda lo specifico della patent law, si muovono sempre nell’ottica, tracciata dall’art. 1 § 8 U.S.C., del “promote the progress of science and the useful arts”; il brevetto relativo alla “materia vivente” costituisce, dunque, l’ultima manifestazione, in ordine di tempo, delle politiche dell’American patent system187. A supporto non si può non evidenziare che le corti statunitensi hanno da sempre saputo accogliere nell’alveo del diritto i cambiamenti tecnologici, le “new technologies” ed hanno fatto in modo che il sistema delle privative industriali fosse un’incubatrice per l’attività inventiva umana.

184 United State Supreme Court, 16 gennaio 1980, in List of Unit State Supreme Court Case, 1980, vol.

447

185 Cfr. E. W. GUTTAG, The Patentability of Microorganisms: statutory Subject Matter and other living

Things, in Intellectual Property Law Review, 1979, pg. 17 ss

186 Cfr. V. DI CATALDO, Biotecnologie e diritto. Verso un nuovo diritto e verso un nuovo diritto dei

brevetti,in Studi in onore di Adriano Vanzetti, Milano, 2004, pg.445

187 Cfr. V. D’ANTONIO, Invenzioni biotecnologiche e modelli giuridici: Europa e Stati Uniti, Jovene,