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Il rapido avanzamento della ricerca e delle tecnologie applicate al settore biomedico ha portato ad un considerevole aumento di interesse verso le collezioni di materiali biologici. Si è sentita la necessità di sistematizzare “dare ordine”, assemblare e catalogare le informazioni al fine di estrarre, analizzare e comparare tra le notevoli quantità di informazioni tratte da materiale biologico, le informazioni utili all’elaborazione di ricerche, di indagini statistiche o per la formazione o produzione di nuovi ritrovati per la prevenzione o cura di specifiche malattie.

L’uso del termine Biobank nella letteratura scientifica di settore biomedico sembra risalire agli inizi degli anni Ottanta a seguito della nascita di alcuni programmi nazionali nel Nord Europa, per esempio Monica Biobank, presso la svedese Umea University,347 dove si voleva creare una rete gnomica per lo studio di malattie di popolazione a scopo preventivo.

Nel corso del XX secolo gli studi della genetica e lo sviluppo dell’informatica portarono allo studio del corpo nelle sue singoli componenti, lo studio delle singole porzioni di esso, a partire dalle molecole fino all’analisi di campioni biologici, sangue, tessuti, tramite le tecnologie più innovative. Si iniziava a percepire la consapevolezza che il proliferare di collezioni di campioni di diversa provenienza, prelevati a fini diagnostici, terapeutici o di medicina legale e poi riutilizzati per scopi di ricerca rappresentava un fenomeno inedito e di grandi dimensioni. Nel 1996 quando comparve il termine Biobank348 la prospettiva è cambiata: i successi ottenuti nell’ambito della biologia molecolare e l’affinamento delle tecniche di sequenziamento del DNA hanno consentito di estrarre dai campioni tutta una serie di informazioni correlate all’individuo e al suo intero nucleo biologico.

347 http://www.biobanks.se/medicalbiobank.htm

348 L ’impiego del termine biobank è relativamente giovane nella letteratura medica internazionale. La

prima occorrenza edita all’interno della banca dati mondiale PubMed risale al 1996, all’interno dell’articolo di LOFT S, POULSEN HE. Cancer Risk and Oxidative DNA Damage in Man.J Mol Med 1996; 74, pg 297 ss

Da aggregato di molecole e parte di organismo, il materiale biologico è diventato un supporto fisico contenente informazioni. L’odierno bio-banking rappresenta un nuovo modo “of organizing life, of collecting, storing and assembling life in the form of human materials”349, analizzando i singoli dati fisici di un individuo e associandoli ai suoi dati personali e clinici, alle informazioni relative al suo stato di salute, al suo stile di vita, alla sua storia familiare, ai suoi dati anagrafici.

Si da vita a raccolte ordinate di campioni, profili e informazioni personali, che sono il frutto dell’applicazione del computer e di altri mezzi automatizzati al campo della biologia e della genetica. La trasformazione del tessuto in entità qualitativamente differente, ha implicato la necessità di ripensare la qualificazione giuridica delle parti staccate dal corpo.

Se nella visione tradizionale potevano rientrare nei diritti di proprietà, alla luce della nuova dimensione sollevano questioni relative alla tutela dei diritti della personalità. La definizione giuridica rimanda alla Raccomandazione del Consiglio d’Europa del 1994, secondo cui una biobanca è “un’organizzazione no-profit che deve essere ufficialmente riconosciuta dall’autorità sanitaria competente negli stati membri e che deve garantire il trattamento, la distribuzione e la conservazione del materiale, secondo certi standard di qualità di professionalità”350.

Per quanto riguarda l’Italia, il Centro di coordinamento della rete delle biobanche italiane partecipanti al progetto europeo è il Comitato nazionale per la biosicurezza, le biotecnologie, le scienze della vita (CNBBSV), che ha emanato nel 2006 e nel 2008 delle linee guida, recependo le raccomandazioni europee del 2003 del Comitato Direttivo di Bioetica del Consiglio d’Europa CDBI). Tali linee guida sono state successivamente recepite dal Comitato Nazionale di Bioetica (CNB)351. La distinzione tra collezioni di materiale biologico intese come biobanche genetiche e biobanche tissutali compare fin dalle raccomandazioni del Consiglio d’Europa.

349 CFR H. GOTTWEIS, Biobanks in action. New strategies in the governance of life, in AA. VV.,

Biobanks. Governance incomparative perspective, ed. by H. GOTTWEIS – A. PETERSEN, Routledge,

London/New York, 2008, pg. 24

350 Recomendation R (06) 4 of Council of Europe on the Biological Materials of Human Origin March

15, 2006 e Presidenza del Consiglio dei Ministri. Comitato Nazionale per la Biosicurezza e le Biotecnologie

351 Il Italia è stato anche istituito un gruppo di lavoro, nell’ambito della società Italiana di Genetica

Umana (SIGU) e della Fondazione Telethon che ha elaborato il documento linee guida per la creazione,

mantenimento e utilizzo di Biobanche Genetiche:

In Italia è stata data attuazione alla normativa comunitaria in materia di conservazione di cellule e tessuti umani con il Decreto Lgs. 6 novembre 2007, n. 191, “Attuazione della direttiva 2004/23/CE sulla definizione delle norme di qualità e di sicurezza per la donazione, l’approvvigionamento, il controllo, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di tessuti e cellule umani”, dando risalto, nell’art. 3, alle definizioni in merito alla suddivisione in tre ambiti (cellule, tessuto, organo) e tracciando inoltre differenze tra uso allogenico e uso autologo. Il Comitato Nazionale di Bioetica ha definito la raccolta di campioni biologici o biobanche “unità di servizio, senza scopo di lucro diretto, finalizzate alla raccolte e alla conservazione di materiale biologico umano utilizzato per diagnosi genetica, per studi sulla biodiversità, per la ricerca”352 accompagnate dalla tutela che il Consiglio d’Europa chiede all’autorità sanitaria di esercitare, definendo le biobanche come “una organizzazione non profit che deve essere ufficialmente riconosciuta dalle autorità sanitarie competenti degli Stati membri e deve garantire il trattamento, la conservazione e la distribuzione del materiale353.

Per essere una biobanca deve necessariamente prevedere, oltre al deposito del materiale, che i campioni conservati siano collegabili ai dati anagrafici, genealogici e clinici relativi ai soggetti da cui deriva il materiale depositato e che siano aggiornabili. Oggi si stanno diffondendo sempre più diverse tipologie di biobanche. Vi è una tale eterogeneità che alcuni ritengono utopico riuscire a catalogarle354 e anche i differenti termini impiegati per descriverle “ reflect not only their diversity, but also demonstrate a lack of consensus on what exactly is a biobank“355.

Tuttavia, tentando di elaborare una distinzione, si possono identificare, in relazione al materiale contenuto, banche genomiche o del DNA atte a svelare le nuove informazioni genetiche depositate nelle sequenza del DNA e il coinvolgimento dei geni nello sviluppo delle malattie umane e banche di tessuti e cellule, inclusi i residui chirurgici ed

352 Presidenza del Consiglio dei Ministri. Comitato nazionale per la Sicurezza, le biotecnologie e le

scienze della vita, Linee Giuda per l’istituzione e l’accreditamento delle biobanche. Rapporto di lavoro 19 Aprile 2006

353 Recomendation R (06) 4 of Council of Europe on the Biological Materials of Human Origin March

15, 2006

354 Cfr. B. SALLÉE - BM. KNOPPERS, Existing Human Genetic Research Databases, OECD

(Organisation for Economic Co-operation and Development), Directorate for Science, Technology and

Industry, report on Human Genetic Databases, DSTI/STP/BIO (2005), 14, in

http://www.oecd.org/document/50/0,3343,en-2649-34537-37646258- 1-1-1-1,00.html.

355 Cfr J.A.BOVENBERG, Property Rights in Blood, Genes and Data. Naturally Yours?, Leiden/Boston,

M. Nijhoff Publishers, 2006, 23. “riflettono non solo la loro diversità, ma dimostrano anche la mancanza di consenso intorno a cosa sia una biobanca”

esclusi capelli, unghie, placenta e produzione di scarto. In base allo scopo perseguito, biobanche impiegate a fini di ricerca e in ambito sanitario (istituite nei singoli laboratori o negli ospedali, dove “quelli che in passato venivano comunemente definiti “scarti operatori” […] “sono oggi oggetto di una nuova “corsa all’oro”356); biobanche di patologia o a scopo diagnostico e terapeutico (disease biobanks), i cui tessuti provengono principalmente dai laboratori di anatomia patologica, di istologia e citologia. Biobanche impiegate con scopi di sicurezza per la prevenzione e repressione dei reati (di cui si avvalgono soprattutto le forze di polizia in ambito investigativo penale). Biobanche finalizzate ai trapianti di organi; banche contenenti prodotti degli screening neonatali oppure cellule staminali, embrioni, ovuli o spermatozoi per la procreazione assistita. Biobanche di popolazione, adottate negli studi epidemiologici, farmacologici, sulla biodiversità o sull’evoluzione, legate comunque a scopi di ricerca. Le biobanche dedicate a studi longitudinali di popolazione, quelle per studi gnomici e su popolazioni isolate vengono spesso raggruppate come population-based biobank e raccolgono principalmente sangue o DNA. Sono molto utilizzate nella ricerca dei biomarkers “predittivi” di alcune patologie ma necessitano di dati con follow-up dell’ordine di 10-15 anni.

Un’altra importante banca è il registro dei gemelli che conservano campioni di tessuti prelevati a gemelli omozigoti e eterozigoti, particolarmente utili per analizzare le basi genetiche e i fattori di rischio legati allo stile di vita di malattie comuni. Di questo gruppo fa parte la Genome EUtwin357 nata per identificare i polimorfisi genetici implicati nella statura e nell’indice della massa corporea e in malattie complesse quali l’emicrania, l’ictus e patologie cardiovascolari.

356 Cfr M. MACILOTTI, U. IZZO, G. PASCUZZI, M. BARBARESCHI, La disciplina giuridica delle

biobanche, in Pathologica, 2008, 100, pg 86 ; MACILOTTI M., Consenso informato e biobanche di ricerca, in Nuova giurisprudenza civile commentata, n. 3, marzo 2009, pg 157