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ABITARE IL FUTURO: ARIBERTO MIGNOLI FRA DIRITTO, ECONOMIA E

CULTURA

Daniela Marcheschi

Ariberto Mignoli (Intimiano 1920 - Milano 2003) è stato uno dei più autorevoli studiosi che l’Italia abbia avuto nel secolo scorso nel campo del Diritto commerciale e, in tal senso, anche una delle più stimate e ascoltate personalità attive in Mediobanca.

Non è stato però solo questo; e gli si farebbe gran torto se volessimo racchiudere la sua personalità, la sua esistenza operosa, entro i limiti, pur ampi e nobili, del Diritto, cioè dentro un unico ambito specialistico nel quale, pure, eccelleva. George Bernard Shaw diceva che lo specialista, a suon di restringere il campo delle proprie ricerche, finisce con il sapere tutto di niente. Mignoli ne era consapevole, anche per la sua stessa articolata concezione del Diritto, espressa nel primo capitolo – dal titolo Democrazia e Diritto soggettivo19 – della sezione Riflessioni sui Principii, posta in apertura del Tomo I della sua opera riassuntiva, e fondamentale, La Società per azioni Problemi Letture -Testimonianze20.

L’esercizio e l’applicazione rigorosa delle tecniche giuridiche si congiungevano in lui alla vigile coscienza del fatto che il Diritto è sempre radicato nella vasta gamma delle attività della società capace di pensarlo e produrlo in determinate epoche storiche e che, pertanto, di tale società non si

19 Come articolo era già uscito in «Rivista trimestrale di Diritto e Procedura civile», III, 1949, pp.128-135.

20 Milano, Giuffrè, 2002, 2 voll. La sezione Riflessioni sui Principii vi occupa nel Tomo I,

possono ignorare le varie manifestazioni, che ne riflettono i molteplici aspetti umani e culturali: dalla letteratura colta e popolare (romanzo, poesia, fiaba, favola) all’arte (arti maggiori e minori, arti applicate); dal teatro (antico e moderno) alla musica; dalla Commedia dell’Arte al melodramma; dalla filosofia alla religione; dall’umorismo alla caricatura ecc.

Scorrere l’elenco degli autori e dei titoli delle opere conservate nella biblioteca privata di Mignoli – concessa poi, dopo la sua morte, in comodato d’uso a Mediobanca da parte degli eredi – è in proposito illuminante. Si tratta della biblioteca di un uomo di cultura, non di un erudito, di un fondo che ne rappresenta non solo i caratteristici interessi di lavoro, ma anche le passioni e i gusti personali, le curiosità di approfondimento e di conoscenza. Vi troviamo così una grande messe di saggistica di vario genere, di novellistica (dal Novellino a Boccaccio, da Sacchetti a Sercambi, da Bandello a Firenzuola e a Cervantes, da Gasparo Gozzi a Florian, da Stendhal a Jacobssen, da Čechov a Maupassant); di romanzi (da Petronio a Chiari e Fielding, da Coventry a Voltaire, da Lesage a Collodi, da Manzoni a Nievo, da Gonciarov a Turgenev, da Dostoevskij a Tolstoj, da Wells a Valle-Inclán, o da Svevo a Tozzi); di testi della poesia colta e popolare, della poesia greca e latina, della poesia italiana e internazionale (russa, francese, inglese, tedesca) medioevale, moderna e contemporanea: da Saffo e Omero a Virgilio, da Dante a Petrarca; da Milton a Goethe; da Hölderlin e Novalis a Rilke o alla Dickinson, da Leopardi a Montale o Ungaretti.

Colpisce la notevole quantità di edizioni rare e preziose da molti punti di vista, specialmente del Settecento e non solo, ma anche del genere fiorito nell’Ottocento delle pubblicazioni “in nozze” e, soprattutto, di contributi specialistici in ambito storico-letterario: ad esempio gli studi

di insigni esponenti della scuola storica, come Alessandro D’Ancona21, e della moderna filologia come Michele Barbi22. Impressiona la ricchezza dei percorsi di ricerca e riflessione, che una simile biblioteca consente di intraprendere: ad esempio in merito alla tradizione comico-umoristica dall’antichità fino alla commedia per musica Socrate immaginario di Paisiello, su libretto di Lorenzi e dell’abate Galiani, o alle opere di Guareschi. Per questi motivi, auspichiamo vivamente che si potranno tenere dei

«Seminari Ariberto Mignoli», a scadenze regolari, vòlti a valorizzare non solo la personalità del giurista, amico di Luigi Einaudi, ma anche dell’intellettuale Mignoli. Fra economia, diritto, cultura storica, filosofica, politica, letteraria, artistica e musicale, o scientifica, emerge infatti il profilo di Mignoli come di un intellettuale a tutto tondo, con una sua originale visione della cultura stessa: ad esempio, cosciente del valore delle arti “minori” o applicate, da lui apprezzate nonostante le note riserve e i freni imposti a lungo nel nostro paese dall’estetica di Benedetto Croce; oppure del romanzo italiano del Settecento, in specie di Pietro Chiari e di Antonio Piazza, la cui riscoperta e valorizzazione critica è avvenuta in special maniera negli ultimi decenni23. Mignoli ha raccolto negli anni un numero cospicuo, se non esorbitante, come dimostra l’inventario del fondo che reca il suo nome, di opere narrative di questi due autori: segno che ne era molto attratto, che li trovava estremamente rappresentativi della letteratura e del costume italiani, ma anche che era lontano

21 Cfr., fra le numerose occorrenze, La leggenda d’Adamo ed Eva. Testo inedito del secolo 14, Bologna, Romagnoli, 1870, La poesia popolare italiana. Studj, Livorno, Giusti, 1906, o Saggi di letteratura popolare. Tradizioni, teatro, leggende, canti, ivi, 1913.

22 Cfr. ad esempio Poesia popolare pistoiese, Firenze, Carnesecchi, 1895, oppure l’edizione a cura dello stesso Barbi della dantesca Vita Nuova, Firenze, Le Monnier, 1907.

23 Cfr. almeno i più recenti Carlo A. Madrignani, All’origine del romanzo in Italia. Il celebre abate Chiari, Napoli, Liguori, 2000; e Daniela Mangione, Prima di

da certe forme di provincialismo o miopia culturale diffuse nella penisola.

Non è quindi un caso che il volume La Società per azioni si chiuda con il suggello dei versi del coro finale della tragedia in cinque atti Samson agonistes (nota in italiano come I nemici di Sansone), che John Milton dedicò nel 1671 alle ultime e famose vicende della vita dell’eroe biblico, oramai imprigionato e accecato dai filistei. «Alla fine tutto è perfetto» è un verso molto amato da Mignoli, in quanto, nella sua elevatezza, racchiude molteplici valenze di significato. Da un lato, nel senso della compiutezza di un’opera, giunta al termine – il suo proprio –, ma badando bene a pensare la parola “termine” non come sinonimo di

“fine”, “conclusione”, bensì nel suo significato etimologico di

‘margine’, ‘lembo’, qualcosa rispetto a cui c’è altro ancora.

Dall’altro lato, nel senso di consolazione: la catarsi che si ottiene «ogni passione spenta», quando la percezione o il sopraggiungere della morte distaccano l’essere umano da ogni inutile accensione dello spirito e lo conducono a guardare in alto e dall’alto.

Nello stesso volume La Società per azioni, i versi dell’ultimo Coro del Samson agonistes miltoniano sono come amplificati da altri, particolarmente suggestivi, che li seguono immediatamente: si tratta del componimento Alle Parche di Hölderlin, nella traduzione di Gianfranco Contini. «Son pago, seppure non m’accompagni quaggiù/ la mia arte. Una volta io vissi/pari agli dei, non occorre di più» – ne recitano i tre versi di chiusura. Quiete e sentimento di pienezza, di aver vissuto una volta per intero, secondo intima necessità, secondo l’urgere della propria verità. Mignoli comunica così qualcosa che lo concerne profondamente come studioso, capace di portare alla conclusione (nel 2002, un anno prima della propria morte) un’opera tanto voluminosa quale La Società per azioni, concepita come vera e propria summa

della sua ricerca, del suo pensiero e magistero in tale ambito giuridico; ma anche come uomo che, ripercorrendo le opere e i giorni, è in grado di prendere congedo dalla vita stessa. Senza compiacimenti di sorta, ma nella coscienza di quello che è stato giusto fare, secondo l’antico principio: essere atei ed essere superstiziosi sono due modi concorrenti di negare la religiosità. Io considero la ricerca del trascendente come una tensione costante, non come un fatto consolatorio. In questo senso la poesia è una presenza quotidiana molto appagante»24.

Dunque un Mignoli appassionato cultore della letteratura e in special modo della poesia. Non “per diletto”, per quel soggetto umano in grado di se stesso e salire verso le cose.

Nella visione di Mignoli i giuristi hanno una funzione democratica di vitale rilievo: devono agire come

«sacerdotes justitiae», secondo la definizione di Ulpiano, e conservare e trasmettere una sorta di «depositum fidei»,

24 Così Il poeta del diritto societario - Ritratto di Ariberto (da Intimiano). Intervista di Gianfranco Monti, «Koiné», settembre 1994, p. 2, scaricabile dal sito di Mediobanca http:// www.catalogoopac.mbres.it// sebina BO/

consistente nel Diritto e nella Libertà25, per ribadire il nesso che gli è caro fra vita civile, etica e cultura. La storia, il diritto civile, lo jus che garantisce i diritti soggettivi, la consapevolezza delle tradizioni in atto entro una determinata cultura, i valori civici e morali, formano un insieme inscindibile, un tutto unitario. Del pensiero di Alexis de Tocqueville, Mignoli condivide l’attenzione per il diritto soggettivo, in quanto tutela della personalità e delle sue prerogative, ma anche la preoccupazione per una deriva individualistica che, nei fatti, ne rappresenta una degenerazione.

È indicativo che, nel capitolo citato in precedenza Democrazia e Diritto soggettivo, Mignoli faccia pure un preciso riferimento a un passo delle Considerazioni sulla storia del mondo, di Jacob Burckhardt26: «la nostra vita è diventata un affare, un tempo era una presenza»27. Una simile citazione basta da sola a tracciare un solco incolmabile fra economia – una delle distinte attività, prodotto della cultura umana – ed economicismo, ovvero riduzione e asservimento di ogni cosa all’economia: quindi distruzione di importanti valori pratici ed ideali in un materialismo portato al grado estremo. In breve, Mignoli punta a un Diritto, a una letteratura, in grado di riaffermare una «presenza», costruendosi innanzi tutto uno «“stile”, che trova identico impiego nella storiografia letteraria e artistica». Si tratta dello stile inteso come un vero e proprio

“centro di raccolta” dell’insieme dei caratteri di uno studioso/intellettuale/uomo del Diritto e delle valenze di significato da lui stesso indicate a proposito di Natalino Irti:

l’inconfondibilità dell’intonazione e della voce, la chiarezza espressiva in concisione e proprietà di linguaggio, l’unità del

25 Cfr. Ariberto Mignoli, La Società per azioni, cit., p. 4.

26 Nella traduzione di Antonio Banfi, Milano, Bompiani, 1945; il passo, che segue nel testo, è a p. 69 di questa edizione.

27 Ariberto Mignoli, La Società per azioni, cit., p. 5.

molteplice nelle attitudini dello sguardo e della scrittura, nella conservazione di determinate tradizioni e nella loro interpretazione, nell’approntare dei modelli di tecnica giuridica, nel rigore morale, che è allo stesso tempo sentimento di indipendenza, dignità, onore, auto-subordinazione secondo i principi di responsabilità28. Da un simile punto di vista, è lecito asserire che non solo Mignoli sembra avvicinarsi ad alcune, analoghe, istanze statutarie degli studi di Law and Literature, promossi da Benjamin Cardozo e continuati da Richard Weisberg29, alla Cardozo School of Law della New York University, ma anche che le pagine di Mignoli possono addirittura essere rubricate fra le più degne della nostra prosa giuridica e pure della prosa letteraria italiana della nostra epoca.

È decisiva – e tutta protesa verso il futuro – la capacità di Mignoli di far confluire in un’unica corrente di vita distinti aspetti dell’esistenza: il lavoro e la saggezza, slancio pratico e tensione metafisica, le opere, le varie letture e la riflessione consapevole su se stessi in quanto nudi esseri umani, ma anche in quanto uomini di un dato tempo storico e con una precisa responsabilità civile e morale nei confronti della società a cui appartengono. Non è tanto l’ampio raggio della sua cultura, largamente nutrita dei classici, a far di Mignoli un umanista: qualcuno che faccia rivivere in sé e per pochi altri, che hanno la fortuna di stargli vicino, una nobile, ma remota realtà del passato quattro-cinquecentesco;

bensì la centralità della consapevolezza, tutta contemporanea, che dalla propria condizione primaria di

28 Ariberto Mignoli, La cultura del diritto civile, in «Rivista delle Società», 35, 3, 1990, pp. 512-518, in particolare p.512; e anche Id., La Società per azioni, cit., p. 4.

29 Se ne veda almeno il bel volume Il fallimento della parola. Figure della legge nella narrativa moderna, traduzione di Andrea Fabbri, Bologna, Il Mulino, 1990 (ediz. orig.: The Failure of the Word. The Protagonist as Lawyer in Modern Fiction.

With a New Preface Addressing the Recent Debate on Law and Literature, New

sfaccettato essere umano – quello che chiamiamo l’umanesimo antropologico – non si può e non si deve prescindere.

Proprio tale condizione connaturata consente all’essere umano di esprimersi in modi diversi e di rispondere alla sfida del vivere e sopravvivere. Di nuovo nell’articolo già citato, La cultura del diritto civile, Mignoli prendeva le distanze dalla dogmatica asettica, non credendo nell’idea di una astratta purezza delle scienze giuridiche e, inoltre, nell’intervista concessa a Gianfranco Monti, diceva precisamente di sé:

«Non ho mai vissuto la mia professione come una contraddizione con i miei interessi umanistici. Del resto la cultura dell’uomo mediterraneo è armonica, ordinata, come una edizione del grande Giovanni Mardersteig, il più grande tipografo del XX secolo, come un capitello corinzio, come un’architettura palladiana. E l’armonia è numero, proporzione, geometria. Non c’è contraddizione tra matematica e poesia: basta comprenderne i profondi rapporti»30.

È da un simile perno che scaturiscono il dovere e il gusto della conoscenza più varia, ed è in un simile perno che si incentra il principio della scelta (ossia l’esercizio dell’etica): il collante in grado di ricomporre ogni tessera o frammento del mosaico dell’esperienza e del sapere. Non per niente, la biblioteca di Mignoli contiene anche saggi, che inducono a scavare nei significati stessi del termine cultura: basti pensare agli Appunti per una definizione della cultura di T. S. Eliot31. Il poeta e saggista anglo-americano vi sottolinea fra l’altro come i rapporti fra le varie componenti della cultura e il senso dell’identità si articolino principalmente attraverso

30 Ibidem.

31 Nell’edizione Milano, Bompiani, 1952, traduzione di Giorgio Manganelli.

processi in grado di intrecciare unicità e relazioni eterogenee, all’insegna della diversificazione.

L’attenzione di Mignoli verso il libro di ogni sorta e l’editoria rientra in un simile quadro complesso di idee e sensibilità.

Nella sua Premessa al Catalogo della mostra delle Edizioni Il Polifilo 1959-198932. Libri di cultura e di immagini (Biblioteca Trivulziana, Milano, 8-21 Febbraio 1989), Mignoli racconta non solo di un intellettuale come Alberto Vigevani (Milano 1918 - Milano 1999), il fondatore di questa preziosa e benemerita casa editrice (già pure libreria antiquaria), ma anche che cosa sia veramente un editore: e non ha dubbi.

Infatti, sottolinea quanto ne sia «creativa» un’attività, che miri ad «impostare un vasto e coerente disegno, legato a un orientamento preciso di cultura» e come l’editore autentico voglia «convincere, educare, formare». Mignoli capisce bene la differenza fra un editore-imprenditore di cultura, che assuma tale ruolo civile, e un imprenditore-editore tout court, che punti principalmente al mercato e si adegui alle leggi reimmettere dei titoli nel circuito della cultura libera e fresca, rendendoli di nuovo disponibili per tutti.

La posizione di Mignoli, anche in questo caso, è tutt’altro che passatista o nostalgica; al contrario, si radica nella lezione culturale e democratica del giovane Piero Gobetti.

Per Gobetti, infatti, la cultura nasce, come l’erudizione, da un bisogno di conoscenza, ma, mentre l’erudizione è e resta

32 Catalogo della mostra delle Edizioni Il Polifilo 1959-1989. Libri di cultura e di

individuale, la cultura è universale, dal momento che il

«processo della cultura si identifica con la formazione intellettuale»33, ovvero con un processo vivo di appropriazione cosciente dei saperi, di opzione dei valori e fermo rifiuto di quanto sia giudicato disvalore. Pertanto, lungi dal contentarsi di essere uno «speculatore», l’«editore deve rappresentare un intero movimento di idee»34.

Un analogo bisogno di meditazione e approfondimento riguarda la storia e gli studi storici, ed è rilevabile nella biblioteca di Mignoli per la stessa presenza della fondamentale Apologia della Storia di Marc Bloch35. D’altronde, lo ribadiamo, anche a Mignoli interessavano il dialogo fra discipline diverse, lo sforzo di comprensione delle ragioni storiche – del Diritto nel suo caso –, e la salvaguardia della memoria collettiva che, in lui, sembra peculiarmente incarnarsi nella passione della raccolta degli oggetti più disparati. Infatti, nell’intervista del 1994, citata più volte, alla domanda «Si parla di lei come di un accanito collezionista delle cose più disparate: libri a parte, ferri battuti, incarti di agrumi, titoli storici... Non considera questa sua attitudine un legame troppo stretto con le cose, la loro materialità, con un

“possesso” che poco ha di spirituale?» Mignoli rispondeva: dell’oggetto ad affascinarmi, piuttosto la sua semplicità.

Dice, gli incarti degli agrumi. Sa che in un museo londinese

33 La cultura e gli editori, I, «Energie Nove», II, I, 5 maggio 1919, pp.14-15, ora, a cura di Caterina Arcangelo, «Kamen’. Rivista di Poesia e Filosofia», XXV, 49, giugno 2016, pp.121-123, in particolare p.121.

34 La cultura e gli editori, I, cit., p. 122.

35 Nell’edizione Torino, Einaudi, 1950.

ce n’è una collezione invidiabile? E poi mi basterebbe ricordare i versi del Goethe: Conosci il posto dove fioriscono i limoni? Vede quella bella incisione del ‘700, lì appoggiata al muro? È una Gesellenbrief, un attestato di ammissione ad una delle corporazioni artigiane di Basilea. Un documento semplice e bello che per me ha un grande valore: quello di simboleggiare la conservazione, il rispetto, la conoscenza della nostra cultura, della nostra tradizione. Della storia degli uomini, più che dell’uomo»36.

C’è una immagine suggestiva, che si incontra più volte negli scritti di Mignoli: quella delle mura37. Si tratta di una analogia che egli istituisce fra lo «sgretolamento dei codici» e l’abbattimento delle mura di tante città. Secondo Mignoli, le mura consentivano alla società di essere più compatta, mentre nell’età contemporanea si è rotto un equilibrio, costruito e cementato con fatica nei secoli. La parola del Diritto non è più chiara, e le cose non sono più ben dette.

Nella prosa Le mura – quasi di intonazione poetica per la tipologia della strutturazione frastica, per il ritmo e l’accurata scelta lessicale –, che costituisce il capitolo 67 e ultimo dell’opera La Società per azioni, tali temi sono identicamente ripresi, e la sensazione di perdita e di ansia è forse ancora più efficacemente espressa. Distruggendo le mura, perché reputate oramai inutili contro gli attacchi di un invasore, l’uomo di oggi «ha creduto di liberarsi». Invece, ha perduto «un mondo in sé raccolto e pensoso, la costruzione vissuta delle generazioni che l’hanno preceduto, la possibilità stessa di un’evasione che presuppone l’esistenza di mura e non liberi spazi che sono spesso squallide periferie»38. Ciò che resta come «tentativo estremo di semplificazione, la soluzione unica» è il «rifugio in una rigida

36 Cfr. Il poeta del diritto societario Ritratto di Ariberto* (da Intimiano). Intervista, cit.

pp. 3-4.

37 Si veda, ad esempio, La cultura del diritto civile, cit., p.514.

moralità»39. Eppure, c’è anche qualcosa di più: il sentimento di una bellezza delle cose, che l’uomo mira nella consapevolezza della propria precarietà, «della partenza imminente»40. Ecco allora che «questo sentimento, che gli fa desiderare le mura della città e la sognante malinconia dei fossati di Ferrara, si accompagna a un senso fluviale della vita, di un fiume che accoglie e convoglia nella sua corrente maestosa gli apporti di tutti gli affluenti, di un fiume che svelle e che rapina, ma insieme che alimenta»41.

39 Ibidem.

40 Ibidem.

41 Ariberto Mignoli, La Società per azioni, cit., p. 992.

«PER LE FAUSTE NOZZE...»

LA COLLEZIONE MIGNOLI DI NUPTIALIA DEL

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