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LA COLLEZIONE MIGNOLI DI NUPTIALIA DEL XIX E XX SECOLO

Marino Viganò

Quattro librerie della biblioteca privata di Ariberto Mignoli, riallestite nel fondo ad hoc giunto nel 2014 alle raccolte di Mediobanca, custodiscono alcune centinaia di opuscoli singolari, Per le fauste nozze, in apparenza – ma, per l’appunto, solamente in apparenza – eccentrici rispetto ai temi storici, letterari, economici prevalenti in quella preziosa collezione di volumi. Si tratta, sulle 12.250 opere censite della donazione, di un totale d’un migliaio di titoli più espliciti, e di non pochi ulteriori esemplari, dalla titolazione un po’ più «criptica», ma anch’essi riferibili alla particolare formula letteraria dei nuptialia.

A questo genere – nota Manuela Martellini nel suo La figurata scrittura (2010) introducendo la volgarizzazione dell’Epithalamium di Ludovico Ariosto per il matrimonio, il 2 febbraio 1502 a Ferrara, tra Alfonso d’Este e Lucrezia Borgia – appartiene l’elenco «pressoché sterminato» degli scritti «pubblicati in occasione di avvenimenti nuziali» fra il

XV e il XX secolo; esclusi gli innumerevoli altri invece

«dedicati alle nascite, alle morti e a qualche particolare celebrazione di famiglia, ecclesiastica o civile», pure rappresentati in svariate biblioteche, specie nazionali o universitarie, quasi esclusivamente d’Italia.

Consuetudine risalente all’antichità greca e romana, e almeno al VII secolo a.C. se si vuole far capo al frammento di Saffo per gli sponsali mitologici di Ettore e Andromaca, attestata da Pindaro (V secolo a.C.) a Teocrito (III secolo a.C.) e a Catullo (I secolo a.C.), non

s’esaurisce affatto all’epilogo del paganesimo. Ripresa da autori cristiani sin all’VIII-IX secolo, caduta poi solo in disuso, torna a rinnovata fortuna grazie all’introduzione, dal 1455, su scala sempre più ampia, della stampa a caratteri mobili che ne incentiva una rapida diffusione; a partire dal più antico testo noto d’età moderna, epitalamio per Sigismondo d’Absburgo, arciduca d’Austria e del Tirolo, e per Caterina di Wettin (1484).

Esplosa letteralmente fra la metà del XVIII e i primi trent’anni del XX secolo, questa moda è attestata, per l’età contemporanea, dalla produzione di sonetti d’occasione, in parte mutuati da autori classici, in parte opere d’«ispirati» amici dei «nubendi». Intesi a tessere lodi reboanti dei casati e dei soggetti convolanti a nozze, ovviamente del ceto nobiliare e altoborghese, tali esercizi celebrativi – da semplici fogli volanti a brochure più strutturate – risultano rimodulati e standardizzati nel tempo, per venire infine accolti in opuscoli di ondivago pregio editoriale, i nuptialia appunto, prodotto letterario alquanto deteriore, che tuttavia non manca d’allineare in qualche caso esempi tutt’altro che triviali.

Specie dalla metà del XIX secolo in effetti storiografi, letterati, geografi, economisti, storici dell’arte, georgofili, bibliofili, filologi – per menzionare le categorie più prolifiche – legati dai vincoli più disparati alle famiglie o agli esponenti dei casati in procinto di unirsi, oltrepassano il livello infimo di quella Sanremo di stucchevoli sonetti d’occasione a rime baciate (non tutti possono competere con l’Ariosto...). Alcuni si cimentano, così, in pubblicazioni episodiche di qualche interesse e valore scientifico, sotto forma di edizioni d’inediti corredati di notazioni e di apparato critico. Opuscoli che dunque, oltre a restituire il retroterra sociale e di costume di un’epoca e di determinati ceti, si lasciano apprezzare per

avere salvato e valorizzato materiali d’archivio o manoscritti talora poi perduti; e raccolto pur minute, ma significative ricerche di occasionali testimoni e amici degli sposi.

In quest’ultimo scorcio di sfolgorante popolarità il genere va ad annoverare altre centinaia di titoli, oltre ai numerosi pubblicati nell’era classica metà XV-fine XVIII secolo, conteggiati in un inventario di Olga Pinto, Nuptialia (1971) – primo impegno nel regesto di una produzione letteraria sin allora tutto sommato negletta –, in 2.065 pezzi usciti fra il 1484 e il 1799. Anche soltanto digitando difatti rozzamente «fauste nozze» nel On-line Public Access Catalogue generale italiano (OPAC), senza ricorrere a parole-chiave alternative – matrimonio, sponsali, parentado –, si riscontrano 1.023 opuscoli, in gran parte del tardo XIX e primo XX secolo. Quantitativo non lontano pertanto da quello rispecchiato dalla raccolta di Ariberto Mignoli, con rade unità a Vetrine 5, 6, 7C, 7 D, 7E, 9C, 9C

bis, ma ben 114 pezzi a Vetrina 8A, 104 pezzi a Vetrina 8B, 48 pezzi a Vetrina 8C, 698 pezzi a Vetrina 9B, 65 pezzi a 9B bis, per un complesso, come già accennato, d’oltre 980 diversi esemplari.

Cosa merita sottolineare di tale sezione, benché evitando di calarsi in un’infinita sequela di dettagli decorativi, superflui, ripetitivi? Cronologicamente estesa dalla metà del XVIII a quella del XX secolo, vede la maggior parte delle edizioni concentrate tra la seconda metà del XIX e i primi tre decenni del XX. Grande la varietà di confezioni e temi, dal grezzo assemblaggio di foglietti d’infima qualità a opuscoli curati nella carta quanto nella legatura; da liriche, carmi e odi non particolarmente memorabili d’autori sconosciuti a versi di poeti e rimatori tutt’altro che ignoti, qualcuno di fama; da misere trascrizioni di documenti, carteggi ed epistolari senza commentario a

studi su fonti eseguiti con metodo filologico e corredati da note archivistiche raffinate e bibliografia di tutto rispetto.

Pure larga, geograficamente, la piattaforma di località e tipografie, con marcata prevalenza per l’area del Veneto, peraltro ben rappresentata anche dalle restanti opere del nucleo librario della raccolta, della quale Mignoli andava fiero – e lo si testava a viva voce persino nelle visite occasionali, sempre istruttive comunque, allo studio di via Agnello 18 – per le edizioni sulla e della repubblica di Venezia nei secoli d’oro delle sue stamperie, il XVII e XVIII. Collezionismo colto ma onnivoro, dunque? Credibile l’assemblaggio di 1/12 di una tale biblioteca solamente in base a un criterio geografico e tipologico? Sembra in realtà di potervi identificare qualcosa di assai più prossimo agl’interessi sociologici da giurista, storico ed economista caratteristici della sua cultura poliedrica e curiosa. nella Belle époque. Periodi di resilienza o affermazione di ceti in realtà – lo comprovano milioni di rogiti – affatto inclini a romanticismi nelle alleanze matrimoniali: atti notarili asciutti e minuziosi definiscono i profili patrimoniali dei parentadi, tentando di prevederne, e regolarne, ogni eventualità ipotizzabile; norme ferree governano le quote di patrimonio offerte dal futuro sposo o dal suo casato, e le doti promesse dai famigliari delle spose. Andando da interi stati o da province per i regnanti, ai beni immobili e mobili per i doviziosi.

Sicché anche i più fioriti epitalami non possono celare, anzi rivelano proprio nell’intreccio fra nomi altisonanti dei destinati alle nozze e loro dedicatari, l’aggregato di ricchezze, potere, relazioni famigliari intessuto, o vieppiù consolidato, da quei matrimoni: «Cognati dei Perego, soci dei Bernasconi, cugini dei Maldifassi, inquilini dei Biraghi, nipoti dei Lattuada vecchi, fidanzati con le Lattuada giovani di Via Camminadella: pronipoti dei Corbetta, quelli di Via Quadronno, però, intendiamoci bene», a voler citare l’Adalgisa di Carlo Emilio Gadda. In tale prospettiva i nuptialia riescono a evocare ben altri orizzonti rispetto a un esercizio letterario di esito talora dubbio. E consultati sistematicamente con un metodo tra sociale, economicistico, statistico possono restituire uno spaccato sociale e patrimoniale per molti rispetti inatteso per documenti del genere, a prima vista esemplari soltanto di un gusto letterario ammuffito dopo l’irrompere di tempi nuovi più prosaici.

Forse in questo senso, pertanto, la raccolta d’epitalami della biblioteca di Ariberto Mignoli trova la dimensione più affine agli studi e alle pratiche economico-giuridiche del proprietario, calato in una società – quella della Milano operosa determinata in parte proprio dalle alleanze fra titoli nobiliari, capitali borghesi, spirito imprenditoriale – cresciuta come tante, come tutte sotto l’egida delle consorterie. Termine che echeggia, vedi un po’ neppure troppo da lontano, nella sua radice filologica quello dei consorti uniti in matrimonio. Col loro corollario di amici e cantori entusiasti, in versi o in prosa.

Cenni bibliografici

Coltorti, Fulvio, La Biblioteca Storica Mediobanca, Milano, Mediobanca, 2014

Invito a nozze. I nuptialia della Biblioteca delle Oblate, a cura di Manuela Barducci, Firenze, Comune di Firenze Assessorato alla cultura - Biblioteca delle Oblate, 2009

Martellini, Manuela, La figurata scrittura - Percorsi intertestuali tra Belle Arti e Letteratura, Viterbo, Edizioni Sette Città, 2010

Massagli, Gioela, Nuptialia: le pubblicazioni per nozze (secc. XVII

-XIX), in Le dimore di Lucca - L’arte di abitare i palazzi di una capitale dal Medioevo allo Stato Unitario, a cura di Emilia Daniele, Firenze, Associazione Dimore Storiche Italiane (ADSI) sezione Toscana/Alinea Editrice, 2007, pp. 275-283

Nuptialia - I libretti per nozze della Biblioteca comunale dell’Archiginnasio di Bologna, a cura di Marinella Pigozzi, e risorse disponibili in rete a cura di Elisa Rita Restani, Bologna, CLUEB, 2010 Per le faustissime nozze. Nuptialia della Biblioteca Braidense 1494-1850, a cura di Leila Di Domenico, Cremona, Linograf, 2003

Pinto, Olga, Nuptialia. Saggio di bibliografia delle edizioni per nozze dal 1484 al 1799, Firenze, Leo S. Olschki Editore, 1971

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