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e ]'Accademia romana sotto Paolo

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A lb erto P ed u to

I I

Il periodo più d ram m atico della vita di Pom ponio va dal ’466 al ’469, cioè dalla su a n om ina alla c a tte d ra di eloquenza al m om ento della sua liberazione dalla prigionia, seguita alla cosi d etta « cospirazione degli accadem ici ».

Secondo me, è stato d etto con v erità che assai p rob abilm ente il nom e di Pom ponio sarebbe stato d im enticato insiem e con quel­ lo di ta n ti innum erevoli um anisti, che vivevano allo ra a Roma, se in to rn o a lui n on si fosse raccolta la « so d alitas q uirinalis », e che forse l’accadem ia ro m an a stessa no n avrebbe avuto il rilievo, che h a avuto, se non fosse sta ta p erseg u itata e scom u­ nicata da Paolo II.

E d ecco quale e ra la situazione a R om a in quegli anni e l’am biente confuso in cui nacqu e e si sviluppò q u esta stran a vicenda.

R om a con la co rte pontifìcia e ra divenuta so tto Niccolò V (1447-55), Callisto I I I (1455-58) e specialm ente so tto Pio I I (1458-64) uno dei m aggiori u m an isti e insiem e u n a delle perso n alità più rap p resen tativ e della su a epoca, cen tro di rin ­ novata cu ltu ra e quindi di rich iam o p e r u n g ran num ero di studiosi. Le a rti e le le tte re n o n avevano anco ra la loro capitale sp iritu ale nella R om a dei pontefici, com e av v errà nella p rim a m età del ’500 so tto i papi medicei, m a ci si avviava o rm ai su questa strad a.

Se fervida era la vita culturale, n o n a ltre tta n to salda e ra la form azione m orale e la te m p ra del c a ra tte re nella m aggior p a rte degli um anisti, che d a cin q u an ta anni costituivano lo stato m ag­ giore delle cancellerie dei v ari sta ti italiani.

Pio II, am ato re delle belle form e classiche anche negli atti di ufficio, aveva co stitu ito nella cu ria il collegio degli « abbrevia- to ri », corpo di circa u n centinaio d i dotti, i quali com ponevano

i « brevi » e li stendevano in elegante latino. La carica di « abbre- viatore » doveva essere m olto redditizia, se, p e r e n tra rn e a far p arte, il P latin a cercò, all’inizo del ’464, l’appoggio o ltre che del Cardinal Gonzaga, di cui e ra segretario, anch e dei card in ali B essarione e A m m annati, e si assogettò p e r giun ta a pagare anche u n a bella som m a di danaro.

Paolo II, app ena eletto pontefice, sciolse q u esto collegio so p ra ttu tto p e r ragioni di econom ia, m a anche p erch è quei d o tti um a n isti avevano in tro d o tto nella cancelleria l’ab itu d in e di farsi p ag are a g ran prezzo la loro o pera e facevano senza p u d o re m ercato del loro ufficio. C ontro il pontefice n a tu ra lm e n te scop­ piaro no le ire del folto gruppo degli u m an isti licenziati e spe­ cialm ente quelle del P latina, che d a tro p p o poco tem p o era en tra to a fa r p a rte del collegio e n o n aveva p o tu to n ep p u re rifa rsi delle spese so stenu te p er entrarvi.

Si m oltiplicarono allora le invettive co n tro Paolo II, accu­ sato di essere u n b arb a ro , nem ico della c u ltu ra e d ell’u m an ità. Il P latina si fece acceso portavoce di q uesto risen tim en to e finì p e r q u a ttro m esi in carcere.

P om ponio si m antenn e del tu tto estran eo a q u esto coro di schiam azzatori, com e sem p re si era ten u to lon tano d ai gruppi di p rocaccianti incarich i e benefici lucrosi; a ltri eran o i suoi interessi, a ltro il m ondo in cui viveva con tu tte le energie della sua fan atica adorazione p e r il lontanissim o passato .

Poco p iù di u n anno dopo la sua elezione al soglio p o n ti­ ficio, Paolo I I ch iam a Pom ponio alla c a tte d ra di eloquenza: tale scelta da p a rte di u n tale p ap a ci può facilm ente fa r in ten ­ dere la stim a di cui era circondato Pom ponio p e r la su a cu ltu ra e p e r la serietà della sua vita m orale.

Già p rim a in to rn o a lui si erano incom inciati a raccogliere alcuni degli um anisti, che affluivano a R om a d a tu tta l ’Ita lia a ttra tti dal fascino della sua p erso n alità e anche dalla sem pli­ cità dei suoi gusti e delle sue am bizioni. Dopo la su a designa­ zione alla catted ra, già te n u ta da Lorenzo Valla, an ch e p erch è tale designazione im plicava il favore del pontefice regnante, il gruppo dei suoi am ici e dei suoi freq u en tato ri si fece assai più num eroso, e tr a essi non m an caro n o alcuni degli « ex abbrevia- to ri », com e ap p u n to il P latina.

Così nacque l’accadem ia rom ana, assai diversa sia p e r s tr u t­ tu ra che p er interessi da quella fiorentina e da quella napoletana: guidata da Pom ponio essa ne rifletteva i giusti e in p a rte

perfino le m anie. Gli accadem ici rom an i si interessavano so p ra t­ tu tto di archeologia, m a n o n potevano certo tra sc u ra re la filo­ logia e la filosofia: i sodales, a volte tem p o ran ei e occasionali, erano della p iù varia provenienza e di disp aratissim e tendenze, p e r cui avvenivano ta lo ra discussioni lunghissim e, che si p ro ­ traevano p e r giorni in teri e venivano successivam ente riprese.

O ltre Pom ponio, i personaggi p iù im p o rtan ti della cerchia furono, alm eno in q uesta p rim a fase, due: F ilippo B uonaccorsi, da San Gimignano, (1437-96) che si faceva ch iam are Callimaco E speriente, e B artolom eo Sacchi (1421-81), da P iadena (C re­ m o n a), che aveva assu n to il nom e di P latina, derivandolo dal suo paese di origine. Si possono rico rd a re tr a gli a ltri M arcan­ tonio Cocci, d a Vicovaro, d etto il Sabellico, il veneziano M arino C ondulm er, in accadem ia Glauco, e u n certo P ietro, ribattezzato Petreio, segretario del cardinale A m m annati. E anco ra i fratelli M ario e F rancesco Q uadrati, rom ani, il prim o medico, il secondo avvocato e poeta, P ietro M arso, D em etrio d a Lucca, Agostino Maffei e infine A ntonio S ettim uleio Cam pano e Lucido Fosforo, che poi furono fatti vescovi. N on negava la su a protezione alla accadem ia il cardinale B essarione, uno degli uom ini p iù dotti di quei tem pi, conoscitore pro fon do della filosofia greca, tr a d u t­ to re della M etafisica di A ristotile e difensore di P latone co n tro il Trapezunzio nei q u a ttro libri in tito lati « In calum niatorem P latonis ».

Nella casetta di P om ponio sul Q uirinale si radunavano gli accadem ici e discutevano dei lo ro stud i con u n certo com pia­ cim ento estetico e con grande diletto intellettuale; discutevano con passione e lib ertà di filosofia, n o n senza u n certo in teresse di politica e con notevole preoccupazione dei loro casi personali.

Il com piacim ento estetico e il diletto intellettuale, derivante dagli stu d i um anistici, aveva, specialm ente in Pom ponio, qual­ cosa di decadente, p erc h è si lim itava alle eleganze form ali e a u n a fan tastica rievocazione del m ondo latino, di cui non si in ­ travedevano le intim e contraddizioni: così Pom ponio, am m ira­ to re della repubblica rom ana, considerava l’avvento dell’im pero solo com e l’attuazione della volontà tiran n ica di alcuni uom ini.

E lem enti di q u esta concezione an tisto rica del n o stro p o s­ siam o ricavarli specialm ente d a u n suo com m ento a p en n a sulla « F arsaglia », illu strato filologicam ente daH’Ussani, il quale lo assegna a u n p eriodo im m ed iatam en te p reced en te al ’467, cioè

al tem po in cui Pom ponio tenne, p er incarico di P aolo II, catte­ d ra di eloquenza.

Il suo anticesarism o h a c a ra tte re le tte ra rio e m oralistico: si com piace di definizioni form ali, in cui si m itizza u n a s tra tto concetto di libertà, che in ogni caso, com e p e r tu tti gli um anisti, è concetto essenzialm ente aristo cratico .

Così Pom ponio, illu stran d o il lucaneo « vindice B ru to » dà del tira n n o a C esare e si diffonde a p a rla re della cacciata dei T arquinii. Q uindi definisce: « Inane nom en im perii, q uia sub nom ine im perii tjra n n is e ra t ». Come Lucano, an ch e egli sim p a­ tizza p e r Pom peo e n o n d u b ita di uscirsen e in q u esto periodo ipotetico di gusto stran am en te lapalissiano: « C aesariiani si cecidissent om nes, pax red d ita fuisset ».

Dal suo le tte ra rio antim perialism o tra e conseguenze gene­ rali, p e r lui anco ra valide: « P opulus n on p o tu it co n tin ere lacri- m as, viso sim ulacro P h arsaliae: q uia ibi p e rie ra t lib e rta s ».

E quindi: « D uobus enim proeliis ap u d P h arsaliam , sub C aesare et Augusto, u rb s n o s tra desiit esse R om a ». E ancora: « Ite ru m p u g n atu m est in P hilippis p rò lib ertate, hinc a B ru to , illinc ab Octavio, et p ro p te r secundam calam itatem deleta fu it lib ertas ».

C erto Pom ponio e ra gelosissim o della sua p erso n ale lib ertà e indipendenza e ne aveva dato prova fin d alla giovinezza, lasciando il castello natio e al fam iglia, e successivam ente, non legandosi com e seg retario o uom o di corte ad alcun prin cip e o p relato ; m a non intendeva — nè lo poteva — il significato sto ­ rico della lib ertà politica e sociale e confondeva q u esta con la lib e rtà personale.

T ra le glosse alle Filippiche ciceroniane po ssiam o tro v are num ero se afferm azioni di c a ra tte re stoicizzante rig u a rd a n ti la lib e rtà :

« N egatur sapientia, si praecip it serv itu tem ». « L ibertas om nibus reb u s an tep on en d a ».

« T ota quidem eius (scil. scientiae) vis est m o rtales liberos facere et vere sapiens d ic itu r is qui liber est ; aliter, licet n o v erit om nia, non est sapiens, sed, servus ».

Affermazioni di q uesto genere rivelano a p rim a v ista una certa dipendenza d a Seneca, m a n on possono ra p p re se n ta re un richiam o, e quindi u n giudizio, a u n a p artico la re situazione p olitica e m eno che m ai a quella della R om a del suo tem po, in cui egli aveva tro v ato la soddisfazione di tu tti i suoi bisogni

spirituali. Perchè i bisogni di Pom ponio erano del tu tto g ram ­ m aticali e linguistici, no n filosofici e politici : la su a adorazione del m ondo rom ano è do v u ta a suggestione le tte ra ria e fan ta­ stica, n o n al desiderio di rinn ov arn e le istituzioni.

C erto la su a n a tu ra , passionale e risen tita, fa di lui una p erso n alità ricca di fascino, tale d a influenzare anche gli a ltri accadem ici, i quali lo im itano e assum ono pseudonim i ro m a­ nizzati, iniziando cosi u n a tradizione, che p a sse rà a tu tte le suc­ cessive accadem ie. E ssi in o ltre nell’am bito della « so d alitas », vissu ta d a Pom ponio con estrem a serietà, si attrib u iv an o appel­ lativi di sapore ecclesiastico, quasi la loro fosse u n a setta reli­ giosa e n o n u n a b rig ata di d o tti alq uanto indifferenti in fatto di religione : così P om ponio e ra il « pontifex m axim us R om anae academ iae » e i v ari a d eren ti « sacerd otes R. A. ». E con tali a ttrib u ti incidevano i lo ro nom i sulle p a re ti delle catacom be e degli antichi m on um enti rom ani, che essi visitavano pervasi della religiosa p ie tà di chi p arte cip a a u n rito. Alcune di tali iscrizioni fu ron o tr a tte fu o ri « dal buoio dei cem eteri rom ani di Callisto e di P riscilla » d a G. B. de Rossi. Di dette visite alle catacom be ro m ane p a rla diffusam ente il P latina, che spesso vi accom pagnò Pom ponio, dal quale, evidentem ente p er la lieve differenza di età, e ra chiam ato « p a te r san ctissim us ».

Il Leto in tan to insegnava allo stud io rom ano con grande successo e im p artiv a p rim a dell’alb a le sue lezioni, che perciò furono d ette au rorali, m e n tre già u n a folla di allievi s ’e ra a d u ­ n a ta ad attend erlo , com e riferisce il F erm o : « In credibili nomi- nis au c to rita te aud io ru m q ue frequeintia, adeo u t ante au ro ram p rofiten tem R om ana iuventus a m edia sta tim nocte preoccu- pandis subselliis p raev e n iret ». E an co ra : « Legebat in gallicinio sem per... et ru e b an t agm inati illa vel h o ra ad illum auditores, q u an tu m scola ip sa vix p o te ra t capi ».

E videntem ente la eccentrica p erso n alità del Leto esercitava il suo fascino sui giovani n on m eno che sui suoi am ici del­ l’accadem ia.

Di filosofia Pom ponio non si interessava, m a le dispute platonico-aristoteliche dell’epoca dovevano fa r sen tire la loro eco nell’am bito dell’accadem ia; tr a gli accadem ici Callimaco era u n epicureo, che già preced en tem ente in u n a sua «quaestio» a M arsilio Ficino, a p ro p o sito della distinzione p latonica tra anim a e corpo, aveva confessato : « Ego vero n o n intellego quo- m odo aliquid esse p o ssit et non esse in loco ». Il P latin a e ra più

vicino allo stoicism o. T u tti gli a ltri, com preso Pom ponio, eran o influenzati d a in terp retazio n i neoplatoniche dei prob lem i reli­ giosi e dogm atici, e, p u r senza essere m iscredenti, certo erano cattolici assai tiepidi.

P om ponio sentiva assai vicino alla su a concezione il sinbo- lism o m itologico degli stoici e dava in terp retazio n i natu ralisti- che e razionalistiche delle religioni an tich e: così p e r lui il m ito di M ercurio che uccide Argo sim boleggia il sole che spegne le stelle e la lo tta di E rcole co ntro l’id ra il pro sciug am en to della palude di S em a.

E videntem ente le ab itu din i e le denom inazioni paganeg­ gianti degli accadem ici, nonché la loro sup erficialità scettica in filosofia e religione n o n potevano n o n riescire alq u an to equi­ voche e certam en te poco sim patiche al papa.

Del resto gli accadem ici p arlav an o anche di p o litica nelle loro riu nion i e si m o stravan o genericam ente inso d disfatti, anche se, escluso in p a rte Callimaco, nessuno di essi aveva u n a visione ch iara o alm eno u n intuizione ab b asta n za realistica della situazione assai com plessa di quel perio do di tra s fo rm a ­ zione e di crisi p e r l’E u ro p a e in p artico la re p e r l’Italia.

Il m ondo e ra cam biato : i T u rch i avevano a b b a ttu to l’im ­ pero bizantino e la cad u ta di C ostantinopoli aveva im p ressio ­ n a to e com m osso l’E u ro p a cristiana, m a ogni incitam ento a una resistenza com une fu accolto con grande freddezza nè valse a organizzare u n a cro ciata l’a cco rta diplom azia e la ferm ezza di Pio II, che m o rì la vigilia d ell’Assunzione nel 1464 ad Ancona, dove si e ra recato, sebbene debole e m alato, ad atten d ere le navi veneziane, p e r p arte cip are di p erso n a alla lo tta e levare, com e Mosè, le m ani a Dio d u ra n te la b attag lia : l’u nica cosa che an co ra p oteva fare.

La divisione del m ondo, po litica e religiosa, e ra o rm ai da tu tti tran q u illam en te acc etta ta : quale u m an ista platonico, com e G enisto Pletone, poteva anche intrav ed ere, al di là delle reli­ gioni tradizionali, risp len d ente en tro poco tem po la v e rità vera in tu tte le te rre del m ondo ; m a si tra tta v a di u n sogno u m an i­ stico senza legam e con la realtà.

L’idea dell’im pero universale — v eram ente insep arab ile da quella della chiesa catto lica — è p ro p ria del m edioevo: esso esprim eva così in p o litica la sua aspirazione alla « red uctio ad u n um » e riconosceva all’im pero u n ’origine provvidenziale. Nel­ l’au tun no del m edioevo, cioè nell’età com unale, la lega lom ­

b a rd a può b a tte re sul cam po gli eserciti im periali, m a finisce p er ab bassare i suoi vessilli e lasciar p assare C esare di fro n te al richiam o all’a u to rità tradizionale, alla cui luce i suoi com bat­ tenti sono sta ti fo rm ati dai chierici ecclesiastici e laici.

N ell’e tà um anistica la situazione, in questo cam po, è del tu tto cap o v olta: l’im pero com e organizzazione politica u n itaria è orm ai tra m o n ta to nella re a ltà come nelle coscienze e ra p p re ­ senta, se an co ra ra p p re se n ta qualcosa, il nucleo di uno stato nazionale germ anico di fro n te agli a ltri sta ti nazionali europei, orm ai re a ltà politiche del tu tto consolidate.

Q uesti poi, all’in terno dei p ro p ri confini, hanno avocato a sè g ran p a rte dei d iritti e dei p o te ri già riconosciuti alla Chiesa e, p er essa, al pontefice.

In q uesta situazione la Chiesa stessa tende a organizzare il P atrim on io com e u no stato accen trato e u n itario e il p onte­ fice, com e capo del suo stato , si co m p o rta non diversam ente dagli a ltri p rincipi italiani. La sua posizione politica è però m olto più debole : il suo stato e ra com pletam ente spezzettato e num erosissim e eran o le fam iglie nobili che si erano costi­ tu ite al suo in tern o dei dom ini quasi del tu tto indipendenti e che quindi m al so p p ortav an o i nuovi o rien tam en ti papali, p ro n te a tu tto p u r di lim itare i p o te ri e in frangere le nuove pretese au to rita rie di Roma. N ella c ittà stessa le grandi famiglie, spe­ cialm ente C olonna e O rsini, non avevano an co ra del tu tto d isa r­ m ato e le loro lotte causavano n on di rad o violenti tum ulti, in uno dei quali, più ta rd i, fu invasa e saccheggiata la casa del n o stro Pom ponio. N ell’am bito stesso della gerarchia ecclesia­ stica poteva sorgere an co ra co n tro il pontefice qualche richiam o all’a u to rità di u n concilio, cosa assai pericolosa, com e avevano d im o strato esperienze non tro p p o lontane.

Se si considera tale situazione, che in R om a stessa poteva a p p arire anche più grave p e r le tradizioni com unali della città, dove an co ra n on e ra spento del tu tto il rico rd o di Cola di Rienzo, e p er l’am m irazione verso l’an tica repubblica da p a rte degli am bienti colti, si possono facilm ente co m prendere le preoccupazioni politiche e i so sp etti dei pontefici.

Del resto ten tativ i di rivolte e cospirazioni, p e r quanto confuse nei mezzi e nei fini, ce ne erano già stati. Nel 1453, il 9 gennaio, Niccolo V e ra stato co stretto a fa r giustiziare un nobile e colto rom ano, S tefano P orcari, il quale aveva te n tato u n a cospirazione e assoldato delle bande p e r im p adro n irsi del

p o te re sulla c ittà e d are a R om a u n ’organizzazione p olitica non diversa d a quella esistente in a ltre c ittà italiane e in alcune dello stesso p atrim o n io di S. P ietro, com e, p e r esem pio, a Bologna.

Nel 1460 n o n diversam ente dovette p ro vvedere Pio I I nei co n fro nti del nipo te del P orcari, Tiburzio di M aso, che, p er desi­ derio di vend etta e in seguito ad alcune indicazioni di astrologi, aveva seguito le orm e dello zio insiem e con alcuni giovani scap estrati.

A bbiam o già accennato al risen tim ento degli u m an isti licen­ ziati d alla cancelleria nei con fro n ti di Paolo I I e al fatto che questo pontefice nel p rim o anno del suo regno fece cacciare p e r q u a ttro m esi in carcere il P latina, che si e ra fa tto p o rta ­ voce degli scontenti e aveva accennato alla p o ssib ilità di appel­ larsi co n tro il p ap a all’a u to rità dell’im p erato re o del concilio.

Le condizioni econom iche dello stato in oltre n o n dovevano essere assai pro spere, a causa delle spese eccessive affro n tate dai pontefici preced enti e specialm ente d a Pio II, se perfino Pom ponio, che p u re era stato chiam ato p ro p rio d a Paolo I alla

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