CAPITOLO 3: STUDIO VISIVO DI CANI E GATTI
3.2 Accomodazione: in che modo mette a fuoco il mio animale?
Figura 31 E’ per la presenza del tapetum lucidum se gli occhi dei nostri amici ci appaiono brillanti quando l’animale è sorpreso dai fari accecanti di un’auto.
3.2 Accomodazione: in che modo mette a fuoco il mio animale?
La luce che entra nell’occhio deve essere messa a fuoco sulla retina per generare un’immagine ben definita. L’attivo processo di focalizzazione è detta accomodazione. Nei mammiferi, questa avviene a livello della lente. Nell’uomo, si ottiene mediante modificazioni della sua curvatura. Per vedere gli oggetti distanti, la stimolazione provoca il rilascio del nostro muscolo ciliare, che rende più appiattita la lente. Un processo opposto, che porta ad una lente sferoidale, si ha durante la visione degli oggetti vicini. Date le differenze anatomiche e fisiologiche della lente, i gatti ed i cani non sono in grado di modificarne la forma. Piuttosto, ne spostano la posizione nell’occhio. Quando guardano oggetti distanti, la lente viene retratta verso la retina, mentre viene spostata in avanti per visualizzare gli oggetti vicini. Ciò determina la diminuzione della capacità di accomodazione. Il potere di accomodazione dell’occhio umano è di circa 15 diottrie (D), mentre nel cane e nel gatto è di 3-4 D.
Ampie indagini dimostrano che la maggior parte dei cani e dei gatti rientra entro 0,5 D di emmetropia;
anche nell’uomo, è raro che si usino gli occhiali per correggere un errore di rifrazione così piccolo.
È interessante notare che questo errore nei nostri animali da compagnia è influenzato da habitat, razza ed altri fattori. Ad esempio, i gatti che vivono all’aperto tendono a vedere meglio da vicino, mentre quelli che vivono in casa tendono a vedere meglio da lontano .
Se l’occhio riesce a mettere l’immagine a fuoco perfettamente a livello della retina, avremo una visione ottimale, se il fuoco si fermerà prima della retina, avremo la miopia12, se si formerà dopo avremo l’ipermetropia13.
12non si mettono a fuoco gli oggetti distanti
13non si mettono a fuoco gli oggetti vicini
33 E’ possibile stimare la capacità dell’occhio di mettere a fuoco attraverso uno strumento chiamato schiascopio, definito anche “retinoscopio”, il quale misura la posizione del fuoco facendo passare un fascio luminoso attraverso la cornea e il cristallino.
Christopher Murphy e un team di ricercatori dall’Università di Medicina Veterinaria del Wisconsin riportano uno studio in cui attraverso un retinoscopio furono testati 240 cani.
Furono studiate molteplici razze tra cui Cocker, Springer Spaniel, Labrador, Pastori tedeschi, Carlini, Rottweiler, Shar Peis e meticci.
Si scoprì che la maggior parte dei cani avevano una messa a fuoco ottimale ma che alcune razze facevano eccezione.
Più della metà dei Rottweiler e dei pastori tedeschi erano miopi!
Il fatto che questo avvenisse solo in determinate razze suggerì che il problema fosse di natura genetica e dovuto ad un’involontaria selezione.
A conferma di questa teoria si studiarono dei pastori tedeschi provenienti da una linea di sangue selezionata per il lavoro con non vedenti, solo un cane su sette presentò miopia.
Questo portò a pensare che la selezione per determinati tipi di lavoro possa portare a specifiche variazioni della capacità visive dei cani.
Un altro studio fatto sui Greyhounds, che sono stati selezionati per la caccia a vista, trovò che molti di questi cani erano presbiti. Questo disturbo della vista porta ad una mancata messa a fuoco degli oggetti vicini ma permette a questi cani di svolgere al meglio la loro caccia e di vedere le prede in distanza.
Oltre alla capacità di messa a fuoco un altro fattore condiziona la percezione visiva del cane e gatto: il tipo e la disposizione dei fotorecettori. La natura ha dovuto sviluppare i loro occhi in modo che fossero ottimizzati per le condizioni in cui vivevano.
Negli animali, come il cane e il gatto, i coni che i bastoncelli sono distribuiti in modo diverso all’interno dell’occhio.
Negli umani i coni sono concentrati nella fovea che corrisponde al centro della nostra area visiva.
Anche il cane e il gatto hanno la fovea.
La loro fovea è più larga e ha la forma di un ovale. Come nell’uomo quest’area è più ricca di coni, ma sono presenti anche i bastoncelli, che però a differenza di quelli presenti in altre aree dell’occhio sono più sottili e divisi in gruppi più piccoli. Alle estremità di questo ovale si continua una linea orizzontale di cellule sottili unite tra loro che attraversa tutto l’occhio.
Queste cellule permettono di avere una maggior capacità visiva in quella regione che serve per vedere le prede lungo l’orizzonte. Questa distribuzione viene trovata anche in altri animali abituati a muoversi velocemente e che vivono in luoghi ampi e piani, come i cavalli, ed è considerato un adattamento necessario per il controllo dei predatori.
34 I cani, che cacciano a vista, hanno quest’asse orizzontale più sviluppato di tutti gli altri cani.
Razze canine che invece cacciano utilizzando soprattutto il naso, come per esempio il beagle, hanno una percezione visiva orizzontale molto meno sviluppata.
Ma quanto vedono i cani?
In genere la vista nell’uomo si misura chiedendo di guardare un tabellone con delle lettere riportate sopra da una distanza di circa sei metri.
Se riusciamo a vedere le lettere più piccole, avremo una capacità visiva che misurata secondo il metodo Snellen sarà di 6/6. (10/10)
Se la visione non sarà sufficiente, si dovrà passare alle lettere più grandi, ossia a quelle lettere che una persona normale vedrebbe a 12 metri, avremo una capacità visiva di 6/12.
Siccome però non possiamo indurre un cane a leggere per noi si è utilizzato un altro metodo per determinare la capacità visiva dei canidi.
Si è condizionato il cane a scegliere un cartoncino con delle linee grigie verticali premiandolo ogni volta che lo toccava a discapito di un altro cartoncino completamente colorato di grigio.
A questo punto si è iniziato a rendere le strisce sempre più sottili e vicine tra di loro fino a quando il cane non fu più in grado di distinguerle le une dalle altre e per lui i due cartoncini risultarono uguali.
Abbiamo raggiunto quindi il livello di capacità discriminative dei dettagli del nostro cane.
La misura delle linee che il cane riesce a vedere può essere convertita nel metodo Snellen utilizzato per l’uomo.
La miglior performance data in questo test fu opera di un carlino, testato ad Amburgo in Germania.
La capacità visiva di questo cane fu sei volte inferiore a quella minima dell’uomo e in particolare fu di 20/75, il che significa che un oggetto che il cane poteva vedere a sei metri era di una grandezza tale che un uomo normale poteva vederla ad una distanza di 23 metri!
Questi parametri non ci devono però far cadere in errore.
Anche se il cane non vede perfettamente a fuoco a grandi distanze, il suo cervello riceve in ogni caso moltissime informazioni dall’ambiente circostante. La visione del cane potrebbe essere paragonata ad un guardare il mondo esterno attraverso una sottile garza o un pezzo di cellophane che è stato cosparso da un sottile strato di olio, i margini esterni degli oggetti sono visibili, ma non i dettagli più piccoli che vengono a fondersi tra loro.
I bastoncelli, oltre che della capacità di vedere in presenza di poca luce, sono responsabili anche della capacità di percepire oggetti in movimento.
Figura 32 Esperimento
35 Sia gli animali sia le persone sono più sensibili verso le cose che si muovono rispetto a quelle stazionarie.
In uno studio del 1936 fatto su 14 cani poliziotto il cane più sensibile poté riconoscere un oggetto in movimento da una distanza di 810 m ad una di 900 m, ma lo stesso cane non poté riconoscere lo stesso oggetto, quando stazionario, ad una distanza di meno di 585 m. Anche se l’uomo ha una capacità visiva di 10-12 m migliore rispetto a quella del gatto in condizioni di piena luce, gli animali domestici hanno una capacità visiva notevolmente maggiore per gli oggetti in movimento nella luce crepuscolare o posti in una posizione periferica.
Un’altra particolarità dei fotorecettori presenti nell’occhio è che sono anche i responsabili della visione dei colori, questa capacità è dovuta in particolare ai coni.
Nei cani e gatti sembra ci siano solo due tipi di coni sensibili rispettivamente a onde di 429nm e 555nm. Il fatto che possiedano questi coni però non garantisce che siano automaticamente in grado di vedere i rispettivi colori.
Per determinare quale sia la capacità visiva, è necessario ricorrere nuovamente a dei test comportamentali.
In uno di questi studi condotti da Neitz, Geist e Jacobs, si utilizzarono tre cartoncini quadrati di colori diversi piazzati di fronte al cane.
Addestrando il cane a scegliere il cartoncino del colore diverso tra i tre si può scoprire che genere di colori il cane vede.
La domanda che però restava era se il cane sceglieva il quadrato per il suo colore o per la sua luminosità?
Si scoprì utilizzando differenti luminosità per i riquadri che il cane sceglieva in base al colore e non base ad essa. Attraverso questi studi si suggerì che probabilmente il cane vedeva come un daltonico, ossia ad una persona a cui manca la percezione della differenza tra il verde e il rosso.