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CAPITOLO 2:OTTICA FISIOLOGICA

2.1 Anatomia oculare

Uomini ed animali hanno strutture visive simili, ma vedono la realtà in modi differenti!

L’occhio è un organo complesso e delicato, deputato al meccanismo della visione per mezzo di alcune strutture che lo rendono otticamente equivalente ad una macchina fotografica. Esso é simile ad una sfera imperfetta del diametro di circa 24,5 mm, ha la funzione di raccogliere gli stimoli luminosi che provengono dal mondo esterno; questi sono percepiti dalle cellule nervose della retina e trasformati in impulsi elettrici inviati attraverso le vie ottiche al cervello dove avviene l’elaborazione e la percezione dell’immagine visiva.

Per comprendere meglio il funzionamento dell’occhio umano dal punto di vista della sua rifrangenza è opportuno conoscere alcuni elementi della sua anatomia.

- L’occhio è posto nella cavità orbitale e le sue pareti sferiche sono costituite da tre membrane sovrapposte * la sclera * l’uvea (iride, corpo ciliare e coroide) * la retina

- L’occhio possiede quattro strutture trasparenti: * la cornea * l’umor acqueo * il cristallino * il corpo vitreo

- L’occhio è composto da due "camere" * la camera anteriore * la camera posteriore *

Le strutture dell’occhio sono disposte essenzialmente in piani frontali per cui troviamo in sequenza: la cornea, l’umor acqueo, il cristallino, l’iride, il corpo vitreo ed infine la retina. Un raggio luminoso attraversa le strutture trasparenti dell’occhio e viene focalizzato sulla retina, grazie alla cornea ed al cristallino che sono le principali lenti convergenti del sistema ottico oculare. Vengono di seguito descritti i principali elementi che costituiscono l’occhio:

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Figura 10 Struttura oculare

2.2 La cornea

Nella parte anteriore, l’occhio presenta una calotta trasparente detta Cornea che rappresenta il più

importante mezzo refrattivo di tutto il sistema visivo.

Trasparente ed avascolare, questa struttura rappresenta la prima "lente" che la luce incontra nel suo percorso verso il cervello. La cornea è, infatti, un elemento essenziale del sistema diottrico oculare: permette il passaggio dei raggi luminosi verso le strutture interne dell'occhio e concorre a mettere a fuoco le immagini sulla retina.

Dal punto di vista strutturale, la cornea è costituita da strati sovrapposti e se ne distinguono cinque strati (dall'esterno verso l'interno):

Figura 12 Struttura della cornea Figura 11 La cornea

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Epitelio corneale: di tipo pavimentoso pluristratificato, è spesso 50-60 µm (circa un decimo dello spessore totale della cornea) .

Lamina di Bowman (o membrana limitante anteriore): posta sotto l'epitelio corneale, è una membrana priva di cellule costituita da un intreccio di fibre collagene di spessore 10-12 µm.

Stroma corneale: costituisce la maggior parte dello spessore totale della cornea (400-500 µm);

La precisa disposizione tridimensionale delle fibre e delle cellule corneali, insieme all'identico indice di rifrazione della matrice interposta tra le lamelle stromali, sono responsabili della perfetta trasparenza della cornea.

Membrana di Descemet (o membrana limitante posteriore): come la lamina di Bowman, questo strato è acellulare e formato da un reticolo sottile di fibre collagene, a disposizione raggiata;

presenta uno spessore variabile di 4-12 µm (tende ad ispessirsi proporzionalmente all'età).

Endotelio: è lo strato più profondo della cornea e svolge un ruolo importante nel regolare gli scambi tra l'umore acqueo e gli strati superiori della cornea; inoltre, mantiene il trofismo4 e la trasparenza corneale.

La cornea dev' essere totalmente trasparente per consentire il corretto passaggio della luce verso le strutture interne dell'occhio. Per questo motivo, è priva di vasi sanguigni.

Le cellule superficiali dell'epitelio traggono ossigeno e nutrimento dal film lacrimale e dalle anse vascolari del limbus sclerocorneale.

Per quanto riguarda le cellule dello stroma e dell'endotelio, situate più profondamente, invece, i gas e le sostanze nutritizie pervengono dall'umor acqueo5 , dai vasi limbari e dai rami delle arterie ciliari anteriori.

Inoltre a livello corneale, vi sono numerose terminazioni nervose, che rendono questa superficie una delle porzioni con maggiore sensibilità di tutto il bulbo oculare. Tale aspetto è particolarmente

significativo, poiché una lesione corneale può provocare cecità, anche se le altre parti dell'occhio sono perfettamente normali.

La cornea ha tre funzioni importanti:

Protezione e sostegno delle strutture oculari;

Filtrazione di alcune lunghezze d'onda ultraviolette: la cornea permette ai raggi luminosi di passare attraverso il tessuto senza essere assorbiti o riflessi sulla sua superficie;

Rifrazione della luce: la cornea è responsabile del 65-75% della capacità dell'occhio di far convergere i raggi luminosi provenienti da un oggetto esterno sulla fovea6 .

4Processo nutrizionale di una cellula

5Liquido trasparente che riempie la camera anteriore

6regione centrale della retina

18 Nel processo di visione, la cornea costituisce uno dei più importanti mezzi diottrici dell'occhio. La superficie corneale si comporta come una lente convergente di circa 43 diottrie ed è in grado, assieme al cristallino7 , di convogliare i raggi luminosi verso la retina, in modo tale che l'immagine percepita sia nitida.

La funzione ottica della cornea viene svolta grazie alla sua perfetta trasparenza e alla regolarità della superficie di contatto con l'aria.

Altre caratteristiche fisiologiche della cornea sono la specularità, legata all'integrità epiteliale, e la permeabilità, funzione essenziale per il ricambio idrico e la penetrazione dei farmaci.

La cornea costituisce la porzione anteriore della tonaca fibrosa del bulbo oculare, in periferia si congiunge con una membrana opaca, la sclera, la quale, estendendosi all’indietro, forma un guscio sferico che chiude completamente l’occhio. La sclera il cosiddetto “bianco dell’occhio”, è la

membrana più esterna e robusta composta da tessuto fibroso connettivale e differisce dalla corneaper curvatura, struttura e funzioni. La superficie esterna della cornea è convessa e presenta una forma leggermente ellittica, con il diametro orizzontale maggiore rispetto a quello verticale. La faccia interna è, invece, concava e presenta all'incirca lo stesso raggio di curvatura della parte anteriore8 . La cornea è più sottile nella zona centrale (circa 520-540µm) rispetto alla periferia (circa 0,7-0,8 mm).

2.3 L’iride

Procedendo verso l’interno, oltre la cornea, si trova uno spazio vuoto, riempito da un fluido detto umor acqueo, delimitato posteriormente da una sottile membrana, mobile e pigmentata che prende il nome di iride, al cui centro si apre, con diametro variabile da 2 a 8 mm, un foro: la pupilla. L’iride è la parte più anteriore dell’uvea e determina il colore dei nostri occhi, il quale è trasmesso geneticamente. La parola “iride” deriva dal Latino iris, che significa “arcobaleno”.

Figura 13 L'iride

7il cui potere diottrico medio è di circa 18-20 diottrie

8il raggio di curvatura anteriore è pari a 7,2 mm, mentre quello posteriore è di 6,8 mm

19 E’ composto da uno stroma, un foglietto pigmentato posteriore, da vasi e da 2 muscoli: il muscolo radiale (dilatatore) ed il muscolo sfintere (costrittore). Può essere chiara (dal blu al verde) o bruna (dal marrone al nero) ma in realtà la sua colorazione dipende sia dalla quantità di pigmento sia da fenomeni ottici di riflessione e di diffrazione della luce nello stroma irideo. Nelle iridi chiare poco pigmentate la luce passa fino agli strati profondi dove viene riflessa assumendo un colore chiaro. Al contrario nelle iridi brune, ricche di pigmento, la luce non penetra fino agli strati profondi e non viene riflessa né diffratta9. L’iride si comporta esattamente come il diaframma di una macchina fotografica; non ha solo una funzione estetica, ma ha lo specifico compito di dosare la quantità di luce che penetra all’interno dei nostri occhi, regolando l’ampiezza della pupilla in base alla luminosità dell’ambiente circostante.

2.4 Il cristallino e il suo invecchiamento Dietro l’iride c’è il cristallino.

Figura 14 Il cristallino

Subito dietro la pupilla è posto il cristallino; un corpo, anch’esso perfettamente trasparente, a forma di lente biconvessa, che per effetto di un meccanismo chiamato accomodazione è in grado di mutare la curva delle proprie superfici e quindi il suo potere refrattivo. Il cristallino è tenuto sospeso in perfetta posizione da una serie di filamenti detti zonula di Zinn che s’inseriscono nelle pliche (processi ciliari) del muscolo ciliare.

Il cristallino è privo di vasi sanguigni e di fibre nervose, ed estrae l’ossigeno e le sostanze nutritive esclusivamente dall’umor acqueo, che scorre sulla sua superficie. Il cristallino è una lente naturale dell'occhio, biconvessa, flessibile, con un diametro medio nell’adulto di circa 10 mm ed uno spessore assiale di circa 4,5 mm, inoltre focalizza i raggi luminosi sulla retina. Mentre in una macchina

fotografica il fotografo mette a fuoco l’immagine variando la distanza focale fra lente e pellicola,

9la diffrazione è un fenomeno associato alla deviazione della traiettoria di propagazione delle onde (come anche la riflessione, la rifrazione o la diffusione ) quando queste incontrano un ostacolo sul loro cammino.

20 nell’occhio la distanza tra il cristallino e la retina rimane fissa. L’occhio mette a fuoco a distanze variabili con una strategia diversa: il cristallino ha la capacità di modificare continuamente la sua forma e di variare la sua curvatura in modo da aumentare o diminuire il suo potere di convergenza.

Questo processo dinamico così particolare, meglio conosciuto come accomodazione è regolato da un anello di fibre muscolari disposte intorno al cristallino, contenute nel corpo ciliare. Così quando l’occhio guarda un oggetto in lontananza il cristallino si appiattisce e diminuisce la sua curvatura. Al contrario quando guarda un oggetto vicino diventa più convesso ed aumenta la sua curvatura.

L’invecchiamento fa perdere sia al cristallino sia al corpo ciliare il potere di accomodazione cosicché si diventa presbiti e non si è più capaci di leggere a 30 cm o a distanze minori. In questo caso si ricorre alla correzione con lenti per vicino. Talvolta è possibile la comparsa di opacità del cristallino: la cataratta, che s’è centrale, disturba la visione.

2.4.1 La cataratta

Figura 15 Fasi di opacizzazione del cristallino.

Figura 16 Confronto tra buona visione e presenza di cataratta

La cataratta consiste in un’opacizzazione, totale o parziale, del cristallino. Quest’alterazione della trasparenza può avere varie cause, tra le quali vi sono l’invecchiamento, i traumi, malattie oculari e sistemiche (quali il diabete), difetti ereditari o congeniti, l’assunzione di farmaci, l’esposizione a

21 radiazioni, ecc… Il meccanismo comune con cui tutti questi fattori eziologici concorrono a determinare una riduzione della trasparenza del cristallino risiede in modificazioni nella composizione chimica della lente, e principalmente nell'ossidazione delle sue proteine. La classificazione della cataratta, secondo il criterio eziologico, prevede una distinzione in forme congenite e forme acquisite.

Fra queste ultime la cataratta senile è la forma in assoluto più frequente, rappresentando circa il 90% di tutte le cataratte. Nelle forme acquisite, il processo di sclerosi del cristallino inizia all’età di circa 40 anni e progredisce con il passare del tempo, con andamento più o meno veloce, fino a determinare un grado di opacizzazione tale della lente da causare un calo del visus che non può essere più corretto con gli occhiali (cataratta vera e propria).

Secondo il criterio morfologico tra le più comuni abbiamo: la cataratta nucleare, cataratta corticale, cataratta posteriore capsulare.

Figura 17 La cataratta nucleare nelle fasi iniziali, può determinare la comparsa di una refrazione miopica a causa dell'aumento dell'indice di refrazione del nucleo stesso. Capita in tal caso che il paziente presbite noti un effettivo miglioramento nella visione da vicino, al punto da riuscire, a volte, ad abbandonare l'uso di occhiali nella visione per vicino. La cataratta corticale è l’opacizzazione della parte esterna del cristallino. A distanza di tempo dall’intervento chirurgico può comparire la cosiddetta cataratta secondaria, cioè l’opacizzazione della capsula posteriore su cui poggia il cristallino artificiale.

Fra i sintomi, che più comunemente sono riportati dai pazienti, vi è una sensazione di annebbiamento e di progressiva perdita della capacità visiva in completa assenza di dolore oculare, una difficoltà crescente nella visione notturna ed una percezione dei colori meno vivida. Possono inoltre comparire ipersensibilità alla luce (fotofobia) ed abbagliamento. A tutt’oggi non esiste una terapia medica efficace per la cura di questa patologia, pertanto, quando la visione diventa insufficiente, l'unico trattamento valido al momento attuale è rappresentato dall’intervento chirurgico.

L’evoluzione della tecnica e dei materiali ha reso questo intervento sempre meno invasivo.

La procedura di prima scelta è rappresentata oggi dalla facoemulsificazione che, sfruttando gli ultrasuoni, prevede la frammentazione e l’aspirazione del cristallino.

Il cristallino rimosso viene sostituito dall’impianto di una lente intraoculare artificiale (IOL), questa procedura richiede l’esecuzione di un’incisione di 2,5-3,0 mm di lunghezza.

22 L’introduzione in commercio di ottiche in silicone ed in poly HEMA (poliidrossimetilmetracrilato), ha permesso, infatti, di ottenere lenti pieghevoli che possono essere impiantate attraverso incisioni chirurgiche di dimensioni molto ridotte, garantendo un astigmatismo corneale postchirurgico estremamente ridotto ed un recupero visivo molto più rapido.

Le lenti intraoculari che vengono oggi comunemente utilizzate sono di tipo monofocale, ovvero sono lenti che, possedendo un solo piano focale, permettono la formazione d’immagini nitide soltanto di oggetti posti ad una determinata distanza.

Queste lenti non sono pertanto in grado di ripristinare la capacità accomodativa fornita dal cristallino naturale che viene quindi inevitabilmente persa dopo l’intervento.

Figura 18 Intervento di cataratta.

2.5 La retina

Prima della retina è presente il corpo vitreo. Il corpo vitreo è una sostanza limpida e gelatinosa contenuta nella cavità vitreale che, riempiendo lo spazio compreso fra il cristallino e la retina, mantiene la forma sferica del bulbo oculare. La sua trasparenza è importante per una visione nitida a tutte le distanze. Una torbidità del vitreo come conseguenza di processi infiammatori o emorragici può compromettere seriamente la capacità visiva. Con l’invecchiamento il vitreo perde la sua consistenza, si distacca e fluttua nella cavità vitreale. I sintomi del distacco acuto del vitreo sono la comparsa di corpi mobili spesso associati a lampi di luce. In questi casi è imperativo un esame del fondo oculare mirato alla ricerca di eventuali rotture retiniche che, in certi casi, possono condurre al distacco di retina.

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Figura 19 Distacco di vitreo

La retina riveste la superficie interna del globo oculare. Essa appare come una sottile membrana trasparente suddivisa in due aree: un’area centrale chiamata macula che contiene la fovea centrale, ricca di coni; un’area media e periferica, dove prevalgono le cellule dei bastoncelli, che serve a mediare la visione crepuscolare e notturna. Quando i raggi luminosi penetrano nell’occhio, vengono fatti convergere sulla retina ed in particolare in una piccolissima area chiamata fovea centrale: una struttura altamente specializzata che presiede, in condizioni di alta luminosità, alla massima acuità visiva per lontano e per vicino, alla percezione dei colori e alla sensibilità al contrasto. Man mano che ci si allontana dalla fovea la retina perde in raffinatezza.

Nella retina avvengono i meccanismi più complessi della visione.

La luce passa l’intero spessore della retina10 e colpisce immediatamente i fotorecettori, coni e bastoncelli, che costituiscono la parte più esterna della retina nervosa a contatto con lo strato delle cellule dell’epitelio pigmentato retinico (EPR).

L’integrità dell’EPR è essenziale per la funzione di mediare gli scambi metabolici tra fotorecettori e coroide sottostante.

Figura 20 Struttura della retina

10vedi figura strati della retina

24 I processi fotochimici della visione possono essere schematizzati in 2 fasi:

1. Reazione fotochimica: la luce viene assorbita dai pigmenti fotosensibili11 che scomponendosi danno origine ad una reazione chimica che converte un segnale luminoso in un impulso nervoso elettrico.

2. Trasmissione dell’impulso: l’impulso elettrico viene trasmesso alle cellule bipolari e alle cellule gangliari che, attraverso le loro fibre costituenti, il nervo ottico, lascia l’occhio ed arriva al centro visivo del cervello. Inoltre vi è l'incrocio delle fibre nervose visive, in altre parole la parte sinistra del cervello "vede" la metà destra del campo visivo, e la parte destra "vede" la metà sinistra.

La retina di ogni occhio riceve l'immagine intera di un oggetto, gli impulsi generati sulle retine dalle immagini sono portati dagli occhi lungo i nervi ottici. Tuttavia, al chiasma, le fibre di ogni nervo ottico si dividono in due fasci. La diramazione interna che viene dall'occhio destro, passa oltre e si congiunge alla diramazione esterna che viene dall'occhio sinistro prima di continuare verso il corpo genicolato laterale sinistro. Le altre diramazioni si avviano verso il corpo genicolato laterale destro. Entrambi i fasci continuano poi fino all'area visiva della corteccia, quindi nel cervello le due immagini si sovrappongono e si fondono in una sola: è questa la visione binoculare.

2.6 La schiascopia statica: cos’è e a cosa serve?

La schiascopia è una tecnica oggettiva che si usa per determinare la refrazione dell’occhio, cioè il suo potere. Parliamo di quella statica, cioè senza l’accomodazione del soggetto esaminato, in cui si misura la gradazione per lontano. Si esegue con lo schiascopio, uno strumento che emette un fascio di luce.

Questa tecnica serve per avere una base di partenza oggettiva su cui svolgere la refrazione soggettiva, inoltre, osservando il riflesso luminoso, si può valutare la “trasparenza” dell’occhio. Durante la schiascopia il soggetto esaminato non deve accomodare, poiché l’accomodazione dà un risultato falsato. Per questo il soggetto esaminato deve guardare un punto lontano.

11iodopsina nei coni, rodopsina nei bastoncelli

Figura 21 Percorso visivo

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Figura 22 Lo schiascopio. E’ composto da tre parti: il corpo ovvero l’impugnatura, il manicotto dispone di un dispositivo che regola lo spessore e la posizione del fascio luminoso e la testina dove si trova sia il corpo illuminante sia lo specchio.

Svolgimento:

Figura 23 Postazione per l'esame visivo

Gli occhi del soggetto da esaminare, entrambi aperti, devono essere all’altezza di quelli di chi svolge l’esame. La persona esaminata deve guardare una lettera che corrisponde a 2/10 di acuità visiva, in condizioni di luce bassa. Ci si posiziona a circa 66 cm dal soggetto e si pone davanti ad esso una lente di +1,50 diottrie, chiamata lente di neutralizzazione.

Si esegue un occhio alla volta e con lo schiascopio si proietta un fascio di luce all’interno dell’occhio esaminato, quindi osserviamo il movimento del riflesso.

Se il riflesso segue il fascio di luce, quindi il movimento è concorde, si è in presenza d’ipermetropia.

Se il riflesso si muove all’opposto del fascio di luce, quindi il movimento è discorde, si è in presenza di miopia. Nel caso di movimento concorde, quindi ipermetropia, si aggiungono lenti sferiche positive mentre nel caso di movimento discorde, quindi miopia, quelle negative.

Si procede così fino ad ottenere il punto neutro, cioè la condizione di emmetropia. Il punto neutro si riconosce perché il riflesso è molto luminoso, e stabile e non si muove più, spostando il fascio di luce il riflesso sparisce. Ottenuto il punto neutro, si toglie la lente di +1,50 messa a inizio esame e la correzione rimasta rappresenta il risultato della schiascopia, cioè la refrazione oggettiva del soggetto, in visione da lontano. In caso di astigmatismo si dovranno esaminare i meridiani principali muovendo il fascio di luce su di essi e correggerli con lenti cilindriche, prima uno e poi l’altro.

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Figura 24 Movimento del riflesso negativo o positivo.

Per verificare se il punto neutro è stato trovato con precisione, ci sono due procedure. La prima consiste nell’avvicinare e allontanare lo schiascopio dal soggetto, trovando un movimento concorde nel primo caso e uno discorde nel secondo. Nella seconda procedura si pone davanti all’occhio una lente +0,25 e il movimento sarà discorde, poi una lente di -0,25 e il movimento sarà concorde.

CAPITOLO 3

3.1 La vista attraverso gli occhi di cani e gatti

Spesso ci si pone questa domanda: gli animali vedono il mondo come lo vediamo noi? Se no, che cosa vedono?

In effetti, gli studi sull’anatomia dell’occhio, così come le scoperte sul senso della vista degli animali, hanno dimostrato che cani e gatti vedono il mondo in modo diverso da noi umani. In

27 generale si può dire che cani e gatti vedono meno colori dell’uomo. In particolare i cani riescono a vedere bene il blu e il giallo, ma non riescono a percepire il rosso e il verde.

Anche i gatti percepiscono all’incirca la stessa gamma di colori, e una buona spiegazione di questo fenomeno potrebbe essere il fatto di avere abitudini di vita diverse.

Cani e gatti compensano un minor riconoscimento dei colori con una visione migliore.

Vediamo alcuni dei fattori caratteristici della vista dei cani e gatti

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3.1.1 Campo visivo: capacità di valutare le distanze

3.1.1 Campo visivo: capacità di valutare le distanze