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Accordo anticoncorrenziale o pratica concordata dell’intesa 71

Generalmente si potrebbe ipotizzare che ogni forma di intesa possa limitare la libertà di comportamento dei partecipanti, sostituendo ad una pluralità di volontà un unico cen- tro decisionale. Ciò nonostante, tale restrizione non genera sempre conseguenze nega- tive in termini concorrenziali, anzi potrebbe generare effetti positivi e benefici per i con- sumatori. Il carattere restrittivo dell’intesa è dovuto ad una serie di caratteristiche che vanno analizzati per ogni singolo caso125. Per esempio, si prenda in considerazione l’ipo-

tesi di due o più imprese, anche in diretta concorrenza, che si uniscono in una joint ven- ture per costruire una forma di collaborazione con il fine di produrre un bene che cia- scuna di esse non avrebbe potuto realizzare autonomamente. Si fa quindi riferimento a possibilità di intese che pur limitando l’autonomia contrattuale delle parti, generano delle prospettive pro-competitive, in virtù dei benefici che riescono a generare a van- taggio dei consumatori e della collettività in generale126.

Invece la realizzazione di un’intesa con l’obiettivo di limitare la concorrenza costituisce una grave violazione del diritto europeo. Come già detto è compito della Commissione Europea o delle Autorità antitrust nazionali, nell’adempimento delle loro attività nel di- ritto della concorrenza, andare ad individuare e a sanzionare le pratiche e gli accordi anticoncorrenziali.

In ambito comunitario le delibere attraverso cui la Commissione Europea individua le violazioni dell’art. 101 TFUE e sanziona le imprese responsabili, sono soggette alla revi- sione e valutazione giudiziale del Tribunale e della Corte di Giustizia dell’Unione Euro- pea, mentre a livello nazionale le decisioni dell’Autorità sono soggette alla valutazione da parte dei giudici dei singoli Paesi membri. In particolare, la Commissione deve essere

125G. GHIDINI, (nt. 104), 13 ss. 126A. PAPPALARDO, (nt. 118), 18.

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in grado di fornire la dimostrazione delle infrazioni e produrre gli elementi di testimo- nianza idonei a dimostrare, da un punto di vista giuridico valido, l’esistenza dell’infra- zione127. L’obbligo della prova delineato dalla Corte di Giustizia è confermato dall’art. 2

del Regolamento n. 1/2003, in merito all’applicazione degli articoli 101 e 102 TFUE. Tale accertamento deve essere condotto in maniera rigorosa in quanto il Tribunale e la Corte devono compiere un controllo completo in riferimento all’esistenza dei presupposti ap- plicativi del divieto. Se il giudice in sede di valutazione conserva un dubbio relativo all’ef- fettiva esistenza della violazione, tale dubbio deve essere risolto nei confronti dell’im- presa destinataria della sanzione. In questo caso, in virtù del principio di presunzione d’innocenza, non si potrà concludere che la Commissione abbia sufficientemente dimo- strato l’esistenza dell’infrazione se sono presenti delle controversie a riguardo, dovendo così annullare la decisione che ha portato l’imposizione dell’ammenda. Il principio di presunzione trova piena applicabilità nel quadro generale delle indagini antitrust, richia- mato anche all’interno della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU)128 e ri-

preso dalla Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea (CDFUE)129, riguardo le

sanzioni di natura amministrativa di forte gravità che fanno seguito all’accertamento di una violazione delle norme in materia di concorrenza.

Nel corso del nostro caso è stato possibile osservare come la giurisprudenza europea, in ambito dell’attività di indagine, interpretazione e applicazione dell’art. 101 del TFUE, abbia gradualmente esteso l’onere probatorio in capo alla Commissione e alle Autorità nazionali. L’intesa in esame è stata dimostrata attraverso prove dirette che nel loro com- plesso si sono determinate gravi, precise e concordanti. La giurisprudenza nel corso del tempo ha elaborato una serie di criteri che hanno consentito all’AGCM di avvalersi di alcune presunzioni utili ad individuare importanti elementi dell’intesa.

La disciplina delle principali categorie o tipologie di intese individuabili riguarda l’ac- cordo anticoncorrenziale o la pratica concordata. In riferimento all’accordo

127 S. LAMARCA, (nt. 64), 76.

128 Vedi art. 6, Convenzione europea dei diritti dell’uomo: ogni persona accusata di un reato è

presunta innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente accertata.

129 Vedi art. 48, Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea: ogni imputato è considerato

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anticoncorrenziale, esso fa riferimento alla comune volontà di tenere un determinato comportamento illecito (collusivo) sul mercato in forma scritta o tacita130. La pratica

concordata, invece, è una condotta collusiva adottata dalle imprese all’interno del mer- cato, definita dalla Commissione nel caso Imperial Chemical Industries Ltd come ”una forma di coordinamento dell’attività delle imprese che, senza esser stata spinta fino all’attuazione di un vero e proprio accordo, costituisce in pratica una consapevole colla- borazione fra le imprese stesse a danno della concorrenza. Per la sua stessa natura, la pratica concordata non racchiude gli elementi di un contratto, ma può scaturire da un

coordinamento che diventa evidente dal comportamento dei partecipanti131”. Attra-

verso questa definizione, la Corte ha individuato tre elementi costitutivi e necessari che caratterizzano la pratica concordata: il comportamento sul mercato inseguito alla con- centrazione, la concentrazione delle imprese interessate e il nesso causale tra questi due elementi. All’interno dell’art. 101 del TFUE prevale l’elemento soggettivo della ma- nifestazione della volontà in riferimento all’accordo, rispetto a quello oggettivo della condotta riguardo la pratica concordata: in entrambe è possibile individuare l’elemento della messa in atto di un comportamento collusivo dei singoli partecipanti. È importante però sottolineare come la giurisprudenza odierna consideri ormai irrilevante delineare esattamente se l’intesa all’interno di una specifica fattispecie consista in una pratica concordata o in un accordo, andando progressivamente a ridurre l’importanza pratica di tale distinzione concettuale. Come è stato possibile individuare all’interno del proce- dimento in questione, i vari contatti, anche indiretti tra le Parti concorrenti, sotto forma di comunicazioni e scambio di informazioni reciproche, possono essere considerati ido- nei e sufficienti a dar vita ad un comportamento anticoncorrenziale132: più precisamente

”i criteri del coordinamento e della collaborazione, messi in evidenza nella giurispru- denza della Corte, non richiedono l’elaborazione di un vero pe proprio piano, ma vanno intesi alla luce della concezione inerente alle norme del trattato in materia di concor- renza, secondo la quale ogni operatore economico deve autonomamente determinare la condotta che egli intende seguire sul mercato. Se è vero che non esclude il diritto degli

130A. PAPPALARDO, (nt. 118), 78.

131Vedi Corte di Giustizia CE, sentenza 14 luglio 1972, causa C-48/69, Imperial Chemical Indu-

stries Ltd (ICI) c. par. 64. Reperibile in internet al seguente indirizzo: https://eur-lex.eu-

ropa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=CELEX:61969CJ0048&from=IT.

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operatori economici di reagire intelligentemente al comportamento noto o presunto dei concorrenti, la suddetta esigenza di autonomia vieta però rigorosamente che fra gli ope- ratori stessi abbiano luogo contatti diretti o indiretti aventi lo scopo o l’effetto d’influire sul comportamento tenuto sul mercato da un concorrente attuale o potenziale, ovvero di rilevare ad un concorrente il comportamento che l’interessato ha deciso, o prevede, di tenere egli stesso sul mercato”133.

5. Gravità dell’intesa restrittiva della concorrenza con riferimento al caso “Finanzia-