• Non ci sono risultati.

In questo capitolo andremo in un primo momento ad analizzare la disciplina antitrust all’interno dell’ordinamento italiano, indicandone le principali funzioni e le differenze sostanziali riscontrabili nei confronti della normativa europea. Si proseguirà ripren- dendo la fattispecie che ha portato all’illecito, introducendo le tipologie di intese, da un punto di vista teorico, per andare a comprendere meglio il particolare caso trattato. La legge 10 ottobre 1990, n.287, conosciuta anche come legge antitrust, rappresenta la prima disciplina organica della concorrenza dell’ordinamento italiano che, sino dalla sua entrata in vigore, conosceva unicamente la disciplina del codice civile in materia di con- correnza sleale89. L’attuale legge antitrust è stata introdotta con sostanziale ritardo in

confronto alle corrispondenti normative dei principali paesi industrializzati. La norma- tiva antitrust fonda il proprio principio cardine sul fatto che una concorrenza effettiva tra i vari operatori presenti sul mercato comporti la fornitura di beni e servizi tecnologi- camente avanzati, a prezzi competitivi, a vantaggio dei consumatori finali. Bisogna te- nere in considerazione che gli Stati Uniti adottarono la disciplina della concorrenza 89P.FATTORI,M.TODINO, (nt. 47), 13.

- 55 -

grazie allo Sherman Act nel 1890, e che altri paesi come Germania, Francia e il Regno Unito introdussero per la prima volta le legislazioni antitrust verso la fine degli anni ’40, mentre le regole riguardanti la concorrenza delle Comunità europee già risultavano nel Trattato di Parigi del 1952 (CECA) e di Roma del 1957 (CEED).

Le motivazioni di questo ritardo nell’ordinamento italiano possono essere ricondotte al fatto che, a partire dal regime fascista e sino alla fine degli anni ’80, l’Italia aveva perse- guito un modello di sviluppo economico che si basava su un intervento pubblico massic- cio e pervasivo, all’interno di un contesto contraddistinto da una debole struttura del sistema produttivo nazionale. Verso la fine degli anni ’80 si è assistito nel territorio na- zionale ad una sostanziale modifica del quadro politico e culturale complessivo, a se- guito sia di numerose iniziative liberalizzatrici delle Comunità europee, sia grazie alla spinta del processo di integrazione europea. Questa situazione si è evoluta a favore di un riassetto della funzione dello Stato rispetto alle attività economiche, che ha progres- sivamente portato alla valorizzazione del ruolo del mercato come meccanismo ordina- tore dei particolari comportamenti degli operatori economici. In questo contesto ha ri- preso con enfasi il dibattito sull’introduzione di una specifica disciplina antitrust, conclu- sosi dopo un lungo e complicato iter parlamentare nella formulazione della legge n. 287/9090.

La recente introduzione all’interno del nostro ordinamento della legge n. 287/90, deno- minata “Norme per la tutela della concorrenza e del mercato”, si è inserita in maniera forte e stabile all’interno delle moderne discipline antitrust, concentrandosi su numerosi aspetti come la tutela della struttura decisionale del mercato, l’efficienza economica e, in maniera indiretta sul benessere sociale. All’interno di un sistema di libero mercato, alla base della legge antitrust vi è la convinzione che la libera concorrenza ha il compito essenziale di invitare i protagonisti del processo produttivo (identificabili come produt- tori) a compiere tutti gli sforzi possibili per introdurre innovazioni idonee a rendere fat- tibile la riduzione dei costi e il progressivo miglioramento della qualità dei prodotti e dei servizi offerti. Essa ha anche la funzione di escludere dal mercato le unità produttive

90G. CASSANO, A. CATRICALA, Concorrenza e diritto dei consumatori, Milano, Utet Giuridica, 2018,

- 56 -

inefficienti e marginali, di promuovere la continua differenziazione dei prodotti, am- pliando l’offerta con numerose alternative disponibili per il consumatore, e infine di evi- tare l’accentramento permanente di potere economico, promuovendo l’accesso e l’af- fermazione all’interno del mercato degli operatori più capaci ed efficienti91.

La legge n. 287/90 ha istituito all’interno dell’ordinamento italiano un’autorità ammini- strativa indipendente, con le specifiche funzioni di applicazione delle regole di concor- renza, di attività consultiva e di segnalazione al parlamento in merito all’adozione di leggi e provvedimenti amministrativi suscettibili di generare situazioni concorrenziali: l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), generalmente indicata semplicemente come Autorità antitrust. Ad essa sono stati affidati una serie di impor- tanti compiti al fine di intervenire tempestivamente con l’obiettivo di accertare, inibire, e sanzionare tutte quelle condotte anticoncorrenziali che vengono poste in essere dalle imprese all’interno del mercato. In particolare, essa da le disposizioni che vengono ap- plicate alle intese restrittive della concorrenza, agli abusi di posizione dominante e alle operazioni di concentrazione92.

Proseguiamo analizzando le differenze fondamentali tra la normativa antitrust europea e quella italiana. Storicamente all’interno del continente europeo si è attribuito un peso minore rispetto agli Stati Uniti in materia di tutela della concorrenza. L’introduzione della legge antitrust italiana, si inserisce nel c.d. processo di “modernizzazione” del di- ritto europeo sulla concorrenza, dovuto tra l’altro alla necessità di controllare un mag- gior numero di Stati poiché tra il 1995 e il 2004 la Comunità Europea è passata da 12 a 27 stati membri. Questa modernizzazione è culminata nel Regolamento 1/200393 en-

trato in vigore il 1° maggio 2004 che ha sostituito il precedente Regolamento n.17/1962. Il nuovo Regolamento europeo ha messo in moto un processo di assimilazione sempre più marcato delle norme nazionali a quelle comunitarie. Le norme sostanziali e proce- durali della legge italiana n. 287/90 devono quindi essere prese in considerazione 91G. OLIVIERI, V. MANGINI, Diritto antitrust, Torino, Giappichelli, 2012, 16.

92 Vedi art. 1, comma 1, legge n.287/90: l’Autorità compie un importante attività consultiva e di

segnalazione al governo, al parlamento e alle amministrazioni in generale in materia di norme di legge e di provvedimenti amministrativi, suscettibili di generare distorsioni concorrenziali.

93 Vedi regolamento 1/2003 del Consiglio: riguardo l’applicazione delle regole di concorrenza di

- 57 -

coordinatamente con le analoghe norme comunitarie e le relative funzioni applicative delle regole di concorrenza dettate dalla Commissione europea.

A livello europeo, la Commissione applica un complesso e articolato apparato di norme in materia di concorrenza; nello specifico, alcune norme sono di propria competenza, come il Regolamento sul controllo delle concentrazioni, e altre, come le prescrizioni fon- damentali del TFUE in materia di intese restrittive della concorrenza ed abusi di posi- zione dominante, rispettivamente agli art. 10194 e 10295 TFUE (ex artt. 81 e 82 del TCE),

vengono condivise con autorità nazionali e giudici.

Generalmente possiamo individuare una sostanziale differenza nel fatto che, mentre le regole di concorrenza europee sono specificatamente dirette a disciplinare particolari condotte di rilevanza transfrontaliera, ovvero dirette a determinare un pregiudizio al commercio fra Stati membri, le norme nazionali si riferiscono a condotte il cui impatto è limitato al territorio nazionale. Tuttavia, possono esserci casi in cui è possibile rilevare delle sovrapposizioni, in quanto una determinata fattispecie con un rapporto limitato al territorio nazionale, può essere idonea a produrre, almeno potenzialmente, dell’im- patto sul commercio intracomunitario e ricadere pertanto all’interno dell’ambito di ap- plicazione delle disposizioni europee. In riferimento a questa particolare casistica, è fre- quente che le autorità nazionali siano chiamate ad esercitare funzioni concorrenti a quelle della Commissione, applicando così in maniera parallela e diretta le norme comu- nitarie.

Va precisato che l’introduzione degli artt. 101 e 102 TFUE, entrambi dotati di efficacia diretta, è stata auspicata dalla Commissione, dai giudici di diritto comune e dalle autorità

94 Art.101 TFUE (Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea): dispone al comma 1 che

“Sono incompatibili con il mercato interno e vietati tutti gli accordi tra imprese, tutte le deci-

sioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il com- mercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o fal- sare il gioco della concorrenza all'interno del mercato interno”.

95Art. 102 TFUE (Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea): dispone al comma 1 che "È

incompatibile con il mercato interno e vietato, nella misura in cui possa essere pregiudizievole al commercio tra Stati membri, lo sfruttamento abusivo da parte di una o di più imprese di una posizione dominante sul mercato interno o su una parte sostanziale di questo".

- 58 -

nazionali. Questi due articoli sono stati recepiti dalle Autorità competenti degli Stati membri all’interno dei vari ordinamenti nazionali.

La “modernizzazione” del processo del diritto europeo sulla concorrenza ha promosso l’applicazione dell’art. 101 TFUE (e a seguire anche dell’art. 102 TFUE), portando al re- cepimento del suddetto articolo da parte delle autorità e dei giudici nazionali e al suo inserimento nelle norme antitrust nazionali, determinando così una consistente modi- fica del sistema di enforcement. Con il Regolamento 1/2003 si è passati da un sistema di notifica ed esenzione ex ante delle singole intese, che in precedenza era di competenza esclusiva della Commissione, ad un sistema di controllo ex post, ancora attuale, basato sull’applicazione diretta dell’art. 101, imponendo alle imprese stesse di effettuare un’autovalutazione di natura lecita o illecita dell’intesa a cui aderiscono.

In particolare, nel contesto italiano, l’AGCM si occupa di reprimere gli illeciti più gravi, come la formazione di cartelli segreti posti in essere in alcuni settori giudicati strategici per lo sviluppo di un mercato unico. Il caso trattato, riguardante le finanziarie delle case automobilistiche96, rientra in questa fattispecie.

2. AGCM: Autorità Garante della Concorrenza del Mercato, istituzione e compiti