di Pjero Stanojevic*
Il Trade in Services Agreement (Tisa) è l’accordo commerciale in fase di trattativa (18° round) tra 23 membri dell’Omc (50 nazioni) per rinegoziare le regole sugli scambi internazionali di servizi. Questi costituiscono un quinto circa del commercio mondiale, nonostante rappresentino più del 70 per cento del Pil globale. L’intento è di aprire maggiormente i mercati abbassando o rimuo- vendo del tutto le barriere legislative e regolamentari che attualmente ne ostacolano l’accesso. Secondo il Services Trade Restrictiveness Index1(Stri), un indice sintetico elaborato dall’Ocse che varia da 0, nel caso di assenza di limitazioni, a 1, nel caso di restrizione totale alle importazioni di servizi, il mercato italiano si colloca in una posizione intermedia, con 14 dei 22 settori di servizi per i quali viene computato l’indice che presentano un valore inferiore alla media dei 42 paesi osservati. I servizi finanziari risultano tra i più liberalizzati, mentre tra i più chiusi figurano i tra- sporti marittimi.
Una particolare prospettiva per valutare la portata di questo negoziato, stimata complessiva- mente in 400 miliardi di euro2, al livello dei singoli partecipanti è quella di descrivere l’impatto per ciascuno di essi in termini di differenziale rispetto al livello più basso dello Stri riscontrabile in ciascuna categoria di servizio. I paesi con un basso Stri vedrebbero cambiamenti minimi sul versante delle importazioni, dato che i loro mercati sono già aperti agli operatori esteri, ma po- trebbero avvantaggiarsi dall’apertura di nuovi mercati per le loro esportazioni. Le implicazioni di una generalizzata liberalizzazione nel commercio di servizi si farebbero tuttavia più complesse e rilevanti, in funzione di valori di Stri crescenti. È quanto emerge da uno studio di Prometeia3 circa gli effetti per l’economia italiana, caratterizzata dalla presenza di imprese con dimensioni mediamente più contenute rispetto a quelle dei maggiori concorrenti esteri, ma con una margi- nalità più elevata, dovuta forse proprio alla presenza di barriere regolamentari protettive. Metodologicamente è stata indagata la relazione econometrica tra Stri e importazioni, identifi- candone il livello potenziale, in rapporto al Pil, in corrispondenza del valore assunto dall’indice nel mercato più liberalizzato. In altre parole, se le barriere regolamentari vengono portate a livello del paese dove per quel settore di servizi lo Stri è più basso, le importazioni di servizi per ciascun settore degli altri paesi aderenti all’accordo saranno equivalenti, in rapporto al valore aggiunto di quel settore, a quelle del paese con il più basso valore di Stri, nello stesso settore. Le variazioni delle importazioni vengono stimate a livello di branca utilizzatrice, attraverso l’utilizzo delle tavole input-output.
La ricerca ha consentito di distinguere un primo effetto diretto, conseguente alla variazione di importazioni ed esportazioni a livello dei singoli settori, ma anche le retroazioni generate dai nuovi livelli di domanda e di costo scaturiti dall’impatto primario. Nel dettaglio, la rimozione degli ostacoli all’importazione di servizi, genererebbe un saldo commerciale negativo, poiché i fornitori di servizi nazionali verrebbero in parte sostituiti dai concorrenti esteri più competitivi. * Ice.
1 http://www.oecd.org/tad/services-trade/services-trade-restrictiveness-index.htm.
2 Brandoli E., Colacurcio C., Dal Ferro S., Della Rocca G., Di Terlizzi C., Dossena A., Lanza A., Rossi C., L’accor- do Tisa: le implicazioni per gli scambi internazionali di servizi e per l’economia italiana, Prometeia-ICE, 2014.
Alcune imprese non direttamente esposte al commercio estero avrebbero un calo di ordinativi a seguito della riduzione di domanda generata dalle imprese di servizi clienti spiazzate dalla libe- ralizzazione. Le imprese manifatturiere si avvantaggerebbero nel disporre di servizi meno cari e di qualità presumibilmente migliore, dal momento che le loro produzioni incorporano come
input intermedi quote consistenti di servizi (più del 38 per cento). L’effetto netto è stimato in una
perdita in termini di partite correnti di 6 miliardi di euro con poche eccezioni a livello settoriale, dove si segnala per saldo positivo il settore alberghi e ristoranti, con effetti di traino su agricol- tura, alimentari e bevande e sistema moda.
Tuttavia sarebbe riduttivo limitare il bilancio ai soli effetti primari su domanda e produzione. Dal lato delle imprese manifatturiere, i risparmi sui beni intermedi importati potrebbero trasfor- marsi in guadagni di competitività per i loro prodotti, oppure si potrebbero tradurre in aumenti di redditività. I maggiori margini così realizzati concorrerebbero alla patrimonializzazione delle imprese, riducendo il leverage, oppure, mantenendo inalterato il rapporto tra investimenti e ri- sultato di gestione, potrebbero nuovamente esercitare effetti benefici, con l’acquisizione di nuo- ve dotazioni di capitale produttivo e retroazioni sulla produzione di beni durevoli e strumentali, conferendo alle imprese maggiore produttività, competitività e qualità dei loro prodotti. Grazie alle nuove importazioni di servizi le famiglie avrebbero a disposizione una offerta più ampia, conveniente e di maggiore qualità. I risparmi realizzati per questa via, aumenterebbero il reddi- to disponibile e sosterrebbero la domanda di una quota pari alla propensione media al consu- mo. Le imprese di servizi, reagendo all’impatto iniziale negativo, potrebbero intraprendere un processo virtuoso di imitazione delle best practices riducendo il divario con le concorrenti estere. Letto in questi termini, il Tisa può costituire un’opportunità importante per il settore terziario dell’economia italiana e anche per le produzioni manifatturiere.
4.3 L’internazionalizzazione produttiva
Il fatturato delle imprese estere a partecipazione italiana si concentra nel comparto manifattu- riero, che nel 2015 ne ha prodotto quasi la metà, impiegando più del 60 per cento degli addetti. Tra i settori più attivi su questo fronte prevalgono quelli caratterizzati da forti economie di scala, e nello specifico la metallurgia, gli autoveicoli e la meccanica. In particolare il comparto auto- veicoli, rimorchi e semi-rimorchi occupa da solo l’11,4 per cento degli addetti e ha prodotto il 22,3 per cento del fatturato delle partecipate estere di imprese italiane (tavola 4.6).
Alcuni settori hanno fatto registrare nell'ultimo anno cadute molto forti in termini di numero di addetti e fatturato, a seguito di importanti cessioni intervenute nell'ultimo periodo. è il caso per esempio dei prodotti petroliferi raffinati, il cui fatturato all'estero si è ridotto addirittura del 90 per cento, oltre che per il calo del prezzo del petrolio, a seguito della cessione da parte di Eni di alcune partecipazioni di minoranza in raffinerie operanti all’estero. Anche il fatturato del comparto gomma e materie plastiche si è ridotto in misura sostanziale (-37 per cento) in conseguenza dell’acquisizione di Pirelli (e conseguentemente delle sue partecipate all'estero) da parte del gruppo cinese Chem-China. Infine il settore dei minerali non metalliferi ha registrato una riduzione di fatturato del 33 per cento, che è in buona parte riconducibile alla cessione di Italcementi (e delle sue partecipate estere) alla tedesca HeidelbergCement.
All'interno dei settori tradizionali del made in Italy il comparto moda si mostra dinamico all'este- ro sia a monte che a valle della filiera, soprattutto in termini di addetti. Il fatturato delle parte- cipate estere negli alimentari è cresciuto nel 2015, anche grazie all’acquisizione da parte della Ferrero dell’industria cioccolatiera britannica Thorntons.
Tav. 4.6 - Imprese estere a partecipazione italiana Pesi percentuali Dipendenti Fatturato 2005 2010 2014 2015 (1) 2005 2010 2014 2015 (1) Industria estrattiva 2,1 2,9 3,1 3,1 10,1 6,9 6,1 6,2 Industria manifatturiera 67,9 60,4 62,1 62,1 49,1 43,8 46,6 48,9
Industrie alimentari, delle bevande e del tabacco 6,6 3,8 3,5 3,5 3,8 3,2 2,1 2,4
Industrie tessili 2,8 2,1 2,0 2,0 0,7 0,4 0,4 0,4
Confezione di articoli di abbigliamento; confezione di articoli in
pelle e pellicccia 4,9 4,2 4,3 4,3 1,0 0,4 0,4 0,4
Fabbricazione di articoli in pelle e simili 2,5 1,6 1,6 1,6 0,3 0,2 0,2 0,2
Industria del legno e dei prodotti in legno e sughero (esclusi i
mobili); fabbricazione di articoli in paglia e materiali da intreccio 1,1 0,6 0,7 0,7 0,3 0,1 0,1 0,1
Fabbricazione di carta e di prodotti di carta; stampa e
riproduzione di supporti registrati 2,9 1,9 1,9 1,9 3,3 1,8 1,6 1,8
Fabbricazione di coke e prodotti derivanti dalla raffinazione del
petrolio 1,0 0,8 0,8 0,8 3,6 3,1 3,5 0,3
Fabbricazione di prodotti chimici 1,7 1,7 1,8 1,8 2,0 1,7 1,4 1,5
Fabbricazione di prodotti farmaceutici di base e di preparati
farmaceutici 1,2 1,2 1,5 1,5 0,8 1,0 1,0 1,1
Fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche 4,0 3,3 3,7 3,7 2,1 1,6 1,7 1,1
Fabbricazione di altri prodotti della lavorazione di minerali non
metalliferi 5,0 3,8 3,1 3,1 3,6 2,2 1,7 1,2
Metallurgia; fabbricazione di prodotti in metallo (esclusi
macchinari e attrezzature) 5,9 6,4 6,5 6,5 4,4 4,5 4,2 4,6
Fabbricazione di computer e prodotti di elettronica e ottica;
apparecchi elettromedicali, apparecchi di misurazione e di orologi 6,2 6,0 5,4 5,4 4,5 3,2 2,4 2,7
Fabbricazione di apparecchiature elettriche ed apparecchiature
per uso domestico non elettriche 4,1 4,4 3,9 3,9 1,8 2,3 2,0 2,1
Fabbricazione di macchinari ed apparecchiature n.c.a. 6,0 6,6 6,7 6,7 5,5 4,9 4,5 4,9
Fabbricazione di autoveicoli, rimorchi e semirimorchi 8,7 8,9 11,4 11,4 8,1 11,3 17,7 22,3
Fabbricazione di altri mezzi di trasporto 1,8 1,7 1,7 1,7 2,6 1,4 1,3 1,4
Fabbricazione di mobili 0,9 0,8 0,8 0,8 0,3 0,2 0,2 0,2
Altre industrie manifatturiere 0,5 0,9 0,9 0,9 0,3 0,2 0,2 0,2
Energia elettrica, gas e acqua 1,7 3,8 3,4 3,4 2,5 14,2 12,3 13,4
Costruzioni 3,9 4,5 4,3 4,3 2,2 2,2 2,0 2,2
Commercio all'ingrosso 12,8 13,9 15,2 15,2 28,3 21,0 23,0 21,4
Logistica e trasporti 2,3 3,0 3,3 3,3 2,7 3,1 2,6 2,7
Servizi di telecomunicazione e di informatica 4,6 3,2 2,1 2,1 2,7 3,3 2,1 2,3
Altri servizi professionali 4,7 8,1 6,4 6,4 2,3 5,5 5,3 2,9
Totale 100 100 100 100 100 100 100 100
Valore (unità e milioni di euro) 1.323.327 1.581.601 1.530.175 1.459.580 379.091 514.996 565.037 512.633
Variazioni percentuali - 0,8 -0,5 -4,6 - 10,4 -0,1 -9,3
(1) Dati preliminari.
Considerando l'internazionalizzazione passiva del sistema produttivo, il settore manifatturiero raccoglie nel 2015 poco più di un quarto delle imprese italiane a partecipazione estera, più delle metà dei loro addetti (52,9 per cento) e ha generato il 44,8 percento del fatturato. Tra gli altri comparti spicca il commercio all’ingrosso, che raccoglie le partecipazioni finalizzate ad attività distributive sul mercato italiano; ad esso è associato il 26,3 per cento del fatturato e l’impiego del 12,3 per cento degli addetti delle partecipazioni estere in Italia. È invece estremamente esiguo il peso delle imprese operanti nell’industria estrattiva, data la penuria di materie prime, e appare piuttosto ridotto anche quello delle partecipazioni nel ramo delle utilities e delle costruzioni. Risulta più consistente, sia in termini di addetti che di fatturato, la presenza estera nei comparti della logistica e trasporti, dei servizi di telecomunicazione e degli altri servizi professionali. Nel complesso, la distribuzione settoriale dell'internazionalizzazione passiva in Italia vede le partecipazioni estere prevalere nei settori, sia manifatturieri che dei servizi, a elevata attività di ricerca e innovazione.3
Al contrario la loro presenza è più limitata nei settori tradizionali, e più in generale dove la di- mensione media d'impresa è più contenuta. In termini dinamici, la maggior parte dei settori ha visto crescere nell'ultimo anno occupazione e fatturato delle partecipate dall'estero, a eccezione dei settori fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati, fabbricazione di prodotti minerali non metalliferi, altre industrie manifatturiere, industria tessile e abbigliamento. All'interno del comparto moda, il settore pelle e calzature è stato più dinamico, incrementando sia gli addetti che il fatturato e confermando un trend di medio periodo di spiccata attrattività agli occhi degli investitori stranieri. In crescita anche la rilevanza di imprese estere nel settore mobili, in cui le partecipazioni estere hanno triplicato il fatturato e aumentato del 50 per cento il numero di addetti impiegati.
Nel complesso, il quadro d'insieme dell'internazionalizzazione attiva e passiva dell'economia italiana mostra come, anche in presenza di una situazione non certo favorevole per il paese, le imprese italiane sono riuscite ad attrarre maggiori investimenti esteri, che guardano alla competitività delle singole produzioni anche al netto di un mercato interno debole e condizioni operative meno favorevoli che altrove. Non si tratta peraltro di una strada a senso unico, dal momento che attraverso le partecipazioni all'estero, anche le imprese italiane rinforzano la loro competitività, ottenendo un migliore accesso ai mercati esteri attraverso un'internazionalizza- zione sempre più articolata e complementare ai flussi di esportazioni.
Tav. 4.7 - Imprese italiane a partecipazione estera Pesi percentuali Dipendenti Fatturato 2005 2010 2014 2015 (1) 2005 2010 2014 2015 (1) Industria estrattiva 2,1 2,9 3,1 3,1 10,1 6,9 6,1 6,2 Industria manifatturiera 67,9 60,4 62,1 62,1 49,1 43,8 46,6 48,9
Industrie alimentari, delle bevande e del tabacco 6,6 3,8 3,5 3,5 3,8 3,2 2,1 2,4
Industrie tessili 2,8 2,1 2,0 2,0 0,7 0,4 0,4 0,4
Confezione di articoli di abbigliamento; confezione di articoli in
pelle e pellicccia 4,9 4,2 4,3 4,3 1,0 0,4 0,4 0,4
Fabbricazione di articoli in pelle e simili 2,5 1,6 1,6 1,6 0,3 0,2 0,2 0,2
Industria del legno e dei prodotti in legno e sughero (esclusi i
mobili); fabbricazione di articoli in paglia e materiali da intreccio 1,1 0,6 0,7 0,7 0,3 0,1 0,1 0,1
Fabbricazione di carta e di prodotti di carta; stampa e
riproduzione di supporti registrati 2,9 1,9 1,9 1,9 3,3 1,8 1,6 1,8
Fabbricazione di coke e prodotti derivanti dalla raffinazione del
petrolio 1,0 0,8 0,8 0,8 3,6 3,1 3,5 0,3
Fabbricazione di prodotti chimici 1,7 1,7 1,8 1,8 2,0 1,7 1,4 1,5
Fabbricazione di prodotti farmaceutici di base e di preparati
farmaceutici 1,2 1,2 1,5 1,5 0,8 1,0 1,0 1,1
Fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche 4,0 3,3 3,7 3,7 2,1 1,6 1,7 1,1
Fabbricazione di altri prodotti della lavorazione di minerali non
metalliferi 5,0 3,8 3,1 3,1 3,6 2,2 1,7 1,2
Metallurgia; fabbricazione di prodotti in metallo (esclusi
macchinari e attrezzature) 5,9 6,4 6,5 6,5 4,4 4,5 4,2 4,6
Fabbricazione di computer e prodotti di elettronica e ottica;
apparecchi elettromedicali, apparecchi di misurazione e di orologi 6,2 6,0 5,4 5,4 4,5 3,2 2,4 2,7
Fabbricazione di apparecchiature elettriche ed apparecchiature
per uso domestico non elettriche 4,1 4,4 3,9 3,9 1,8 2,3 2,0 2,1
Fabbricazione di macchinari ed apparecchiature n.c.a. 6,0 6,6 6,7 6,7 5,5 4,9 4,5 4,9
Fabbricazione di autoveicoli, rimorchi e semirimorchi 8,7 8,9 11,4 11,4 8,1 11,3 17,7 22,3
Fabbricazione di altri mezzi di trasporto 1,8 1,7 1,7 1,7 2,6 1,4 1,3 1,4
Fabbricazione di mobili 0,9 0,8 0,8 0,8 0,3 0,2 0,2 0,2
Altre industrie manifatturiere 0,5 0,9 0,9 0,9 0,3 0,2 0,2 0,2
Energia elettrica, gas e acqua 1,7 3,8 3,4 3,4 2,5 14,2 12,3 13,4
Costruzioni 3,9 4,5 4,3 4,3 2,2 2,2 2,0 2,2
Commercio all'ingrosso 12,8 13,9 15,2 15,2 28,3 21,0 23,0 21,4
Logistica e trasporti 2,3 3,0 3,3 3,3 2,7 3,1 2,6 2,7
Servizi di telecomunicazione e di informatica 4,6 3,2 2,1 2,1 2,7 3,3 2,1 2,3
Altri servizi professionali 4,7 8,1 6,4 6,4 2,3 5,5 5,3 2,9
Totale 100 100 100 100 100 100 100 100
Valore (unità e milioni di euro) 1.323.327 1.581.601 1.530.175 1.459.580 379.091 514.996 565.037 512.633
Variazioni percentuali - 0,8 -0,5 -4,6 - 10,4 -0,1 -9,3
(1) Dati preliminari.