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Acquisizione atipica dei pronomi clitici in italiano

Capitolo 2 – I pronomi clitici

2.3 Acquisizione dei pronomi clitici

2.3.3 Acquisizione atipica dei pronomi clitici in italiano

In quanto elementi che danno origine ad una struttura frasale complessa, i pronomi clitici costituiscono un’area di debolezza nella competenza linguistica di diverse popolazioni con sviluppo atipico del linguaggio (come in caso di disturbo del linguaggio, disturbo dell’apprendimento, sordità o altre patologie) o con disturbi acquisiti (ad esempio l’afasia).

Bortolini e collaboratori (2006) hanno indagato la produzione di morfemi verbali (terza persona plurale) e clitici oggetto diretto, testando un campione di bambini in età prescolare. Tra le strutture considerate i clitici risultano i più compromessi, con una differenza statisticamente significativa tra bambini con DSL e gruppo di controllo. Gli autori non hanno la pretesa di proporre il test utilizzato come preciso strumento diagnostico per il DSL, ma è evidente come una deficitaria produzione di pronomi clitici, già in età prescolare, possa essere considerata sintomo e marcatore clinico di disturbo specifico del linguaggio.

In inglese, inoltre, gli stessi sintomi che vengono indicati come marcatori di DSL costituiscono aree di fragilità anche nella competenza linguistica di bambini con sindrome di Down e autismo. Lo stesso potrebbe accadere in italiano, occorrono ulteriori approfondimenti a riguardo.

Lo studio di Arosio e collaboratori (2010) mostra come le difficoltà nell’uso dei pronomi clitici siano da attribuire ad un deficit di natura morfosintattica, e non a scarse

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competenze pragmatico-comunicative. I bambini con DSL che hanno partecipato allo studio hanno commesso diversi errori nel test di produzione di pronomi clitici, omettendoli o sostituendoli con un sintagma nominale, in contesti in cui quest’ultima strategia risulta corretta dal punto di vista grammaticale, ma inappropriata dal punto di vista comunicativo. Gli stessi soggetti, sottoposti ad un test di comprensione di quantificatori (per la verifica delle competenze pragmatiche), non mostrano differenze rilevanti rispetto al gruppo di controllo.

La scarsa produzione di clitici accusativi viene considerata marcatore clinico di DSL anche in un lavoro successivo di Arosio e collaboratori (2014). In questo studio si insiste sulla differenza tra clitici oggetto e clitici riflessivi: i primi richiedono la padronanza di operazioni morfosintattiche complesse; i riflessivi, pur condividendo le stesse proprietà prosodiche, risultano più preservati. I soggetti che hanno preso parte allo studio sono stati sottoposti ad un test di produzione elicitata: i bambini con DSL preferiscono ricorrere all’uso del sintagma nominale completo quando la struttura target prevede un clitico oggetto, mentre i riflessivi vengono prodotti senza differenze significative rispetto ai gruppi di controllo.

Gli autori dimostrano inoltre che le difficoltà nell’uso dei clitici accusativi non vengono superate con l‘aumentare dell’età in caso di DSL: i bambini del gruppo sperimentale hanno un’età compresa tra i 6 e i 10 anni, ma non si notano performance migliori nei soggetti più grandi; cambiano solo le strategie di risposta, dall’omissione dell’oggetto all’uso del sintagma nominale.

Anche per i sordi i pronomi clitici rappresentano un ostacolo, come dimostrato dagli studi di Chesi (2006): emerge infatti una tendenza generale ad aggirare il problema in produzione ripetendo il sintagma nominale o omettendo del tutto l’oggetto; ma quando il pronome clitico viene pronunciato, sono molto rari gli errori di accordo con il referente per genere e caso.

Chesi osserva altri due interessanti fenomeni: i sordi sembrano preferire la posizione proclitica, anche in contesti con verbi complessi o a ristrutturazione; le forme corrette sono presenti più o meno in egual misura nella produzione scritta e in quella orale, mentre le omissioni sembrano più numerose nella produzione orale. Si riscontra anche in questo caso un’asimmetria tra clitici oggetto e riflessivi.

L’Ipotesi Superficiale di Leonard (1998) per spiegare la complessità di queste strutture viene confutata, poiché la produzione di determinanti risulta più preservata di quella dei pronomi clitici. Secondo tale ipotesi, sarebbero le caratteristiche acustiche dei pronomi

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clitici, privi di accento e poco salienti a livello fonologico, a facilitarne l’omissione; secondo Leonard le difficoltà dei bambini dovrebbero inoltre sparire con l’aumentare dell’età, grazie ad una maggiore esposizione all’input linguistico.

Gli elementi fonologicamente simili ai pronomi clitici dovrebbero essere trattati allo stesso modo ed omessi in egual misura. I determinanti, tuttavia, non risultano ugualmente problematici, come dimostrato da numerosi studi non solo sull’italiano (Pozzan 2007, Bottari et al. 1998, Bottari et al.2001), ma anche sulla lingua francese (Jakubovicz et al. 1998, Tuller et al. 2011).

Una spiegazione più plausibile potrebbe essere quella elaborata da Jakubowicz, Tuller e Rigaut (2000), ovvero la Computational Complexity Hypothesis, in base alla quale la complessità computazionale nell’uso di certi elementi funzionali in una data lingua è determinata dalla frequenza con cui questi elementi vengono saldati (merged) all’interno della frase. In tal modo si giustificherebbe l’asimmetria tra accusativi e riflessivi: i riflessivi sono sempre legati al soggetto della frase da una relazione di c-comando, mentre gli accusativi rimandano al topic del discorso, con il quale si trovano una relazione a più lunga distanza e più variabile.

Per l’italiano, sono stati finora analizzati studi che si concentrano prevalentemente sui pronomi clitici oggetto diretto. Pozzan (2007) osserva invece le differenze tra i clitici oggetto diretto ed indiretto. In un test di elicitazione in cui si richiede anche l’uso di pronomi dativi, questi vengono spesso omessi dai bambini con DSL. L’autrice ipotizza dunque che i casi obliqui siano più problematici rispetto ai casi diretti.

La differenza tra pronomi di caso accusativo e dativo emerge anche in Rossi (2007), in uno studio sull’agrammatismo. Sia con l’osservazione del parlato spontaneo sia attraverso la somministrazione di alcuni test, è stato dimostrato che clitici riflessivi, oggetto diretto e oggetto indiretto sono prodotti in diversa misura (anche se più preservati di partitivi, locativi e clitici impersonali). Non solo i clitici oggetto indiretto risultano più compromessi, ma anche le strategie di risposta alternativa differiscono a seconda del caso: mentre gli accusativi vengono omessi o sostituiti da un sintagma nominale, i dativi sono semplicemente omessi.

Una possibile spiegazione può essere data dall’ipotesi di Thompson (2003): secondo la Argument Structure Complexity Hypothesis (ASCH), con l’aumentare della complessità della struttura argomentale del verbo aumentano le difficoltà per il parlante agrammatico. Produrre una frase con due complementi verbali risulta dunque più complesso, questo potrebbe spiegare la grande quantità di omissioni dell’oggetto indiretto.

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Inoltre, mentre per sostituire un pronome clitico accusativo è sufficiente un sintagma nominale, per il dativo sono necessarie una preposizione ed un sintagma nominale, struttura più articolata del semplice sintagma nominale.