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L’esperienza scolastica riveste un ruolo importante per il processo di crescita della persona; nella maggior parte dei casi l’impegno scolastico accompagna il soggetto dall’infanzia alla tarda adolescenza, talvolta occupa una parte impor- tante dell’età giovanile, richiedendo un investimento emotivo e un dispendio di energie continuato nel tempo [Coleman e Hendry 1990]82.

82 Palmonari A. (a cura di) (1997), Psicologia dell'adolescenza, Bologna: Il Mulino (2

Nel tempo la scuola come istituzione si è vista affidare compiti e re- sponsabilità sempre nuovi.

Prima che la scuola divenisse un fenomeno di massa, la preparazione alla vita sociale era compito esclusivo della famiglia.

Con la progressiva industrializzazione dei Paesi occidentali, la fami- glia ha dovuto condividere questo incarico con la scuola di base.

Oggi, invece, il compito della socializzazione dei bambini e dei gio- vani è in gran parte responsabilità della scuola.

Se inizialmente la scuola aveva quasi esclusivamente il compito di as- sicurare ai bambini competenze di base quali leggere, scrivere e far di conto, con lo sviluppo industriale ad essa è stato affidato il compito di insegnare ai giovani ad affrontare mansioni lavorative via via più com- plesse. A seguito delle lotte operaie e della massificazione della scuola, si è diffusa l’esigenza di una partecipazione sociale attiva, per cui la scuola ha avuto funzioni di “socializzazione culturale” ancora più ampie.

Infine, il compito della scuola è divenuto quello di contribuire in mo- do predominante non solo alla formazione di persone sempre più quali- ficate a livello tecnico e scientifico, secondo le specifiche richieste ad o- gni nuova rivoluzione tecnologica, ma anche quello di formare «i futuri cittadini di un paese democratico» (Palmonari, 2001, pp. 82-83).

Dunque, la scuola nella vita dei bambini prima e degli adolescenti poi ha acquisito un ruolo sempre più preminente, per alcuni quasi totaliz- zante, tanto che durante l’adolescenza, i ragazzi e le ragazze ritengono che la scuola sia il luogo naturale della loro formazione e sono ben «con- sapevoli dell’importanza di concludere positivamente il proprio percor- so scolastico» (ivi, p. 84).

Allo stesso tempo, però, «essi considerano l’esperienza scolastica co- me una delle più difficili da affrontare» (ibidem).

Questo avviene probabilmente perché si è radicato nella società l’idea che l’andare bene a scuola sia sinonimo di intelligenza e connoti una persona di valore. Questa visione viene poi costantemente riproposta ai ragazzi dagli adulti di riferimento, genitori o insegnanti che siano.

Questo fa sì che l’esperienza scolastica si caratterizzi spesso per gli adolescenti come un fattore di successo o di insuccesso, incidendo for- temente sul senso di autoefficacia, sulla stima di sé e persino sul concetto di sé.

Le modalità attraverso cui l’adolescente affronta i diversi compiti di svilup- po posti dalla scuola e gli esiti dei suoi sforzi sono oggetto di valutazione da parte degli adulti, in primo luogo insegnanti e genitori. Nello stesso tempo

l’adolescente confronta i propri risultati con quelli ottenuti da altri coetanei pre- senti nello stesso ambiente. Il riconoscimento che gli viene fornito circa le capa- cità di essere all’altezza del compito e di saper trovare strategie adeguate alla risoluzione delle difficoltà incontrate incide con il processo di costruzione della propria identità da parte dell’adolescente [Malewska e Joannides 1990; Rodri- guez-Tomé e Bariaud 1990]83.

Sebbene il disagio scolastico sia una vera e propria sindrome di ma- lessere psicologico – e non costituisce l’argomento della nostra indagine – vale la pena di soffermarsi brevemente sui tanti i fattori che possono far diventare quella scolastica un’esperienza insoddisfacente, per sotto- lineare l’importanza della percezione che i ragazzi hanno del loro conte- sto educativo:

scarso rendimento scolastico, insofferenza derivante dall’incapacità di adattarsi al regolamento scolastico, una percezione negativa di sé che deriva sia dal con- fronto con gli insegnanti da vari punti di vista (abilità intellettuali, competenze sociali), sia dal confronto con i propri compagni di scuola sul piano delle pre- stazioni scolastiche, delle abilità sociali, dell’aspetto fisico, ecc..84

Ma questi aspetti non hanno solo a che vedere con l’intelligenza o con il valore di una persona: il rendimento scolastico ad esempio non dipen- de solo dalle abilità intellettive del soggetto, ma entrano in gioco fattori quali l’apprezzamento da parte dei compagni, degli insegnanti, della famiglia, il sentire di poter contare sul sostegno e la solidarietà dei com- pagni, sulla comprensione e la fiducia degli insegnanti. Incide anche il modo in cui il regolamento scolastico viene percepito dal soggetto e co- me viene interpretato e applicato dagli insegnanti e dal dirigente, i rap- porti che vengono instaurati in classe dai compagni, nel senso della competizione o della cooperazione, e i rapporti con gli insegnanti.

Il complesso delle relazioni che caratterizzano l’esperienza scolastica costituisce il clima psicologico della classe e dell’istituzione, clima che contribuisce in mo- do preponderante a connotare in termini positivi o negativi la stessa esperienza scolastica degli adolescenti85.

83 Ivi, p. 276.

84 Palmonari, 2001, p. 87. 85 Ivi, p. 88.

Alcuni studi (Wentzel, 1997), hanno rivelato che un clima di classe positivo costituisca un fattore di protezione sia per gli apprendimenti, sia per il benessere dello studente a scuola:

la classe si configura come un fondamentale spazio di crescita in cui lo studente sperimenta le proprie competenze e sviluppa la propria identità, in un continuo scambio con i pari e gli insegnanti, nel quale i processi emotivi e relazionali as- sumono un ruolo centrale.86

L’aspetto che più di tutti sembra influenzare il clima psicologico della classe è la relazione che si instaura fra insegnante e studenti (Palmonari, 2001, Chang, 2004).

L’atteggiamento che l’insegnante tiene con il gruppo classe incide sia sull’impegno e la motivazione nello studio, sia sugli aspetti emotivi e re- lazionali dei rapporti fra studenti.

Infatti, i due fondamentali compiti richiesti a un insegnante sono «quello di trasmettere informazioni significative, che accrescano il baga- glio conoscitivo e tecnico di ogni studente, e quello di stabilire con gli al- lievi una relazione che stimoli l’impegno e la collaborazione reciproca» (Palmonari, 2001, p. 89).

Nella nostra società gli adolescenti hanno poche occasioni per con- frontarsi con adulti significativi diversi dai genitori. Il rapporto con gli insegnanti costituisce in questo senso una preziosa occasione per l’adolescente di «allargare le alternative di scelta dei modelli di compor- tamento con cui identificarsi e la ricchezza degli apprendimenti sociali» (Palmonari, 2001, p. 88).

A tal proposito occorre sottolineare che il rapporto con la scuola inci- de anche sullo sviluppo di un più generale rapporto con l’autorità e le regole di convivenza sociale (Palmonari, 2001). Tralasciare gli aspetti di partecipazione attiva a scuola rischia di incentivare nei giovani la passi- vità, la tendenza a rifuggire le responsabilità e a disinteressarsi della comunità in generale. Come riportato da du Mérac (2017a, p.29), «le scuole sono organizzazioni sociali alle quali si deve prendere parte in modo democratico» (Bernstein, 1977, Grace, 1995).

Questo aspetto si ripercuote anche sugli aspetti di controllo e man- canza di fiducia che sembrano connotare spesso le scuole e le classi:

86 Renati, R., & Zanetti, M.A. (2009), Il clima positivo in classe. Uno strumento per

promuovere il cambiamento, In Psicologia e scuola, maggio-giugno 2009, Firenze:

Secondo Dewey, gli adulti hanno il dovere di guidare i bambini, ma ciò non si- gnifica che debbano «controllarli». Adulti e bambini non sono necessariamente su due lati opposti, ma anzi possono collaborare, con ruoli e responsabilità dif- ferenti all’interno del gruppo. Questo tema è stato ripreso nei dibattiti sulla col- laborazione nelle classi scolastiche e sulle relazioni familiari in cui adulti e bambini interagiscono e condividono gli stessi obiettivi, pur con responsabilità e ruoli diversi. Il problema della cooperazione e del controllo è strettamente le- gato alla questione dell’esercizio della disciplina da parte dei genitori e degli insegnanti87.

La classe può essere definita come un microsistema (Bronfenbrenner, 1979), sul cui funzionamenti possono influire una serie di fattori sia in- terni che esterni.

Tra i fattori interni che connotano il microsistema classe come coope- rativa o conflittuale è proprio la diade insegnante-studente e la perce- zione che di questo rapporto ha l’alunno stesso.

Da una parte, quando studenti tra loro e studenti e insegnanti coope- rano in vista di un obiettivo comune, ossia la crescita personale di ognu- no, la classe si caratterizza come luogo cooperativo, dall’altra quando c’è conflittualità e prevale la competizione, ognuno pensa al proprio obiet- tivo individualistico, e cioè i risultati scolastici in termini di voti e la promozione per lo studente, il completamento del programma e la valu- tazione per l’insegnante.

In questo modo però la diade insegnante- studente si caratterizza nel senso di controllore e controllato, invece che di facilitatore e costruttore di conoscenza. Affinché la cooperazione sia possibile è necessario che tra i membri della classe (l’insegnante, lo studente e il gruppo) si instauri un clima di fiducia e che le aspettative dei membri abbiano riscontri nelle proposte offerte dall’organizzazione (Bodega, 2002).

Come sottolineato da Lewin,

Soltanto in uno spazio di vita sufficientemente libero nel quale il bambino ha la possibilità di scegliere i suoi obiettivi, in armonia con i suoi bisogni, in cui nel contempo egli sperimenta le difficoltà che obiettivamente si frappongono al loro conseguimento, può formarsi un chiaro livello di realtà e svilupparsi la capacità di prendere in modo responsabile delle decisioni88.

87 Rogoff, B. (2003), p. 214, cit. in Goussot (2013), pp.39-40.

Le ricerche condotte da Rutter e altri (Rutter, 2002) hanno dimostrato che il successo scolastico del gruppo classe aumenta quando agli studen- ti vengono affidate responsabilità, quando viene promossa la partecipa- zione alla vita sociale della scuola, quando gli insegnanti dedicano tem- po alle discussioni con gli allievi.

Rispetto alle responsabilità a scuola, Rutter (2002) dice:

Anche il meccanismo – nelle sue varie forme – di assicurarsi che gli studenti adottino un ruolo attivo nella vita della scuola viene considerato molto impor- tante. Cercando di coinvolgere gli studenti in attività scolastiche, o distribuendo le responsabilità per promuovere una risposta positiva da essi, gli insegnanti si impegnano a fornire un senso di padronanza dell’ambiente scolastico e quindi anche nell’apprendimento dello studente89.

Confermando indirettamente tali risultati, la ricerca svolta da du Mé- rac (2017a) ha messo in luce la valenza educativa dell’associazionismo giovanile e in particolare del metodo scout in riferimento allo sviluppo di atteggiamenti, valori e capacità di leadership. In base ai dati raccolti, è risultato che proprio la fiducia data ai ragazzi e l’opportunità data loro di ricoprire ruoli di responsabilità costituiscono il valore aggiunto del modello educativo scout rispetto a quello proposto dalla scuola.

Dando fiducia e responsabilità ai giovani, essi sviluppano atteggia- menti collaborativi e partecipativi, valori democratici e capacità di leadership.

3.4.3. Gli adolescenti e il gruppo dei coetanei come luogo di appren-