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3. STRUMENTI, TECNICHE E STRATEGIE NEL PROCESSO DI TRANSIZIONE

3.6 Affitto e usufrutto d’azienda

L’affitto e l’usufrutto d’azienda rappresentano delle ipotesi contrattuali alle quali l’imprenditore può fare ricorso per realizzare la successione graduale di più eredi nell’impresa di famiglia. Questi istituti consentono il trasferimento del potere di comando ai successori i quali hanno la possibilità di imparare a gestire le dinamiche funzionali, relazionali ed organizzative tipiche della realtà aziendale che vivono, essendo in ciò seguiti e indirizzati dallo stesso fondatore, almeno in una fase iniziale.

In tal modo, la struttura è in grado di avviare dei meccanismi di valorizzazione delle competenze e di attribuzione delle responsabilità senza che ciò possa comportare l’estromissione degli eredi non interessati alla gestione.

Il legislatore ha provveduto a regolamentare specificamente soltanto la fattispecie dell’usufrutto d’azienda (artt. 2561 e 2562 c.c.), rinviando la disciplina dell’affitto alle norme che riguardano lo stesso, in quanto compatibili.

L’usufrutto d’azienda, così come l’affitto, coinvolge due soggetti:

il nudo proprietario e l’usufruttuario, nel caso del diritto di usufrutto, il locatore e l’affittuario nel caso del contratto d’affitto; il nudo proprietario, o il locatore nel caso di affitto, sarà rappresentato dall’impresa di famiglia a cui si riferisce l’azienda, mentre l’usufruttuario, o l’affittuario, sarà rappresentato dai membri di famiglia interessati a partecipare alla successione nell’azienda.

In particolare, attraverso la concessione dell’azienda in usufrutto o in affitto, i successori eredi (usufruttuari/affittuari) hanno il diritto di godere di questa e, dunque, di esercitare l’attività produttiva con l’obbligo di non modificare la destinazione economica dei beni aziendali e di conservare l’efficienza dell’organizzazione, degli impianti e delle normali dotazioni di scorte.

L’impresa di famiglia, dunque, concede in usufrutto, o in affitto, l’azienda, o un ramo della stessa, alla generazione emergente che ha manifestato la volontà e la capacità di gestirla, mentre ai familiari-eredi non interessati alla gestione, per mancanza di competenze o di volontà, viene attribuita una sorta di rendita che, nella fattispecie dell’affitto coinciderà con il canone periodico.

Si precisa, a tal proposito, che solo nella fattispecie dell’affitto d’azienda si può correttamente parlare di canone poiché l’usufrutto è a titolo gratuito. È tuttavia possibile, in quest’ultimo caso, che sia prevista una remunerazione predeterminata in misura fissa a favore dei familiari non coinvolti nella gestione, scaturente dai risultati gestionali.

Tale remunerazione è sufficiente a scongiurare un potenziale conflitto tra gli stessi familiari assicurando loro un trattamento economico paritario, almeno nel breve periodo, e l’attribuzione di ruoli e responsabilità su base meritocratica. A conferma di ciò il fatto che, a fronte dei rischi e delle responsabilità assunte, nonché dell’onere sopportato per assicurarsi la gestione dell’azienda (remunerazione ai non gestori/canone periodico), gli eredi-gestori partecipino ai risultati economici (positivi o negativi che siano) in relazione alla loro capacità di gestire l’azienda in usufrutto o in affitto, con la possibilità, pertanto, di conseguire maggiori surplus nel tempo rispetto ai soci percettori del canone.

Con riferimento all’usufrutto è doveroso, peraltro, considerare l’ulteriore ipotesi in cui il fondatore dell’impresa di famiglia trasferisce ai propri eredi la nuda proprietà, mantentendo la gestione dell’azienda fino al momento della successione. In tali casi,

soltanto al venir meno dell’imprenditore i successori subentrano pienamente alla guida dell’impresa.

Le motivazioni che legittimano il ricorso ora all’una ora all’altra soluzione (usufrutto in favore degli eredi interessati alla successione oppure usufrutto in favore dell’imprenditore uscente) sono, ad ogni evidenza, legate al diverso stile di leadership adottato dall’imprenditore: laddove la conduzione dell’azienda sia stata contrassegnata da un’impostazione prevalentemente accentratrice ed i successori non siano mai stati posti nelle condizioni di influire in maniera tangibile nell’assunzione delle decisioni di maggiore rilevanza strategica, la costituzione dell’usufrutto in loro favore può essere proficuamente utilizzata al fine di recuperare quegli spazi di crescita all’interno dei quali maturare le prime esperienze aziendali.

La seconda soluzione, invece, rappresentata dal trasferimento agli eredi della nuda proprietà, prospetterebbe l’esistenza di condizioni diametralmente opposte, quali, ad esempio, la presenza attiva dei successori in ambito aziendale e l’assunzione di responsabilità da parte di questi ultimi già da diversi anni e, comunque, ancor prima che la successione si sia verificata concretamente, il trasferimento anticipato da parte del fondatore del patrimonio di conoscenze ed esperienze cumulatesi nel corso degli anni e l’esistenza di rapporti collaborativi consolidati tra le due generazioni (fondatore- successori) che si trovano a gestire la fase del ricambio.

Solo la prima fattispecie (quella relativa alla costituzione dell’usufrutto in favore dei successori) rientra, pertanto, nell’ambito degli strumenti di pianificazione della successione. In mancanza, il ritardato ingresso dei successori e l’impreparazione prodotta dal differimento di processi di delega e di coinvolgimento conduce spesso a scelte traumatiche, per quanto inevitabili, quali la cessione dell’azienda stessa, piuttosto che la sua continuazione nell’ambito familiare.

La successione, dunque, dovrebbe costituire l’occasione per far emergere le sinergie esistenti tra la sfera familiare e quella aziendale e, affinché ciò possa concretamente aver luogo, tutti i soggetti coinvolti in tale processo dovrebbero farsi portatori di interessi ed ideali comuni allo scopo di garantire continuità e sviluppo all’impresa di famiglia. Il futuro delle imprese familiari è, dunque, in rapporto con la disponibilità dei propri fondatori di favorire lo sviluppo della struttura organizzativa in un’ottica sistemica, in cui i prosecutori dell’attività abbiano la possibilità di intessere una rete di relazioni con gli interlocutori sociali e siano disposti ad essere affiancati da soggetti che sostengano la crescita professionale dell’impresa affinché i risultati aziendali possano perpetuarsi negli anni a venire.