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3. STRUMENTI, TECNICHE E STRATEGIE NEL PROCESSO DI TRANSIZIONE

3.3 Il family buy out ed il leveraged management buy out

Nelle imprese familiari in cui è possibile riscontrare un numero elevato di eredi, prevedibilmente non tutti dotati delle capacità imprenditoriali o manageriali necessarie ai fini della conduzione dell’attività aziendale, vi è il rischio che l’insorgenza di conflitti e tensioni nella fase successoria possa minacciare la riuscita del ricambio generazionale.

Uno degli strumenti che, in simili scenari, si presta ad assicurare la governabilità della struttura è il family buy out (FBO); esso attribuisce la facoltà di uscita dall’impresa di famiglia a quei soci-successori che, per qualunque ragione, non intendono più farne parte, senza che ciò modifichi la struttura proprietaria o di controllo preesistente. E’ opportuno ricordare che esso nasce come variante della operazione di leveraged buyout (LBO), in cui una società industriale che intende perseguire strategie di crescita, valuta l’opportunità di acquisire una o più società già funzionanti.

Individuata la società da acquisire (società bersaglio o target company), si promuove la costituzione di una società di capitali (new company) alla quale viene erogato, da istituti di credito ovvero da società finanziarie specializzate, un prestito supportato dalla costituzione di congrue garanzie sulle azioni della società da acquisire. Tale prestito trova giustificazione nel fatto che il capitale iniziale di apporto di cui è dotata la new company, nella gran parte dei casi, risulta decisamente inferiore rispetto al prezzo di vendita delle azioni della società bersaglio e, quindi, insufficiente per poter consentire l’acquisto della partecipazione totalitaria o di controllo della stessa.

Ad acquisizione avvenuta, mediante un’operazione di fusione per incorporazione tra la new company e la società bersaglio, il credito dei finanziatori, risultando attribuito direttamente alla new company, non è più assistito dalle garanzie sulle azioni acquisite; è necessario, pertanto, costituire delle nuove garanzie (pegno o ipoteca) sui beni della società risultante dalla fusione che, in ultima istanza, risultano coincidere con quelli della società acquisita essendo l’acquirente sottocapitalizzata.

La fusione per incorporazione, pertanto, è la modalità operativa che consente il rispetto del divieto di assistenza finanziaria sancito dall’art. 2358 c.c. per il quale una società non può “accordare prestiti, né fornire garanzie per l’acquisto[…] delle azioni proprie”.

La peculiarità dello strumento oggetto d’indagine risiede nella traslazione del costo di acquisizione sul patrimonio della società bersaglio, dal momento che l’acquisto della stessa viene realizzato, a tutti gli effetti, facendo leva sulla capacità di indebitamento

della stessa; a ciò si aggiunga la circostanza per la quale il rimborso del debito contratto per l’acquisizione della società bersaglio sarà effettuato successivamente all’acquisizione, in un periodo variabile compreso tra i tre ed i cinque anni, attraverso l’utilizzo dei cash flows della società acquisita.

Il family buy out si differenzia dal leveraged buy out per il fatto che la costituzione della new company viene promossa, invece che da una società prevalentemente industriale, dal gruppo di familiari interessati alla prosecuzione dell’attività intrapresa dal fondatore.

Costituita la new company, tutti i soci, interessati e uscenti, provvedono a trasferirvi, attraverso cessione o conferimento, le quote di partecipazione al capitale dell’impresa di famiglia. La new company, attraverso il ricorso agli intermediari finanziari, si procura le risorse necessarie al fine di acquisire l’impresa di famiglia (target company) e liquidare i soci uscenti; avendo provveduto a ciò, le alternative saranno rappresentate dalla possibilità di procedere ad una fusione tra la new company e la target company ovvero mantenere giuridicamente distinte le due entità.

Il family buy out, dunque, risponde efficacemente all’esigenza di realizzare la ristrutturazione dell’assetto proprietario nelle aziende familiari che si trovano ad affrontare il delicato momento del ricambio del vertice di governo ed assicura, oltre che la continuità aziendale, anche la stabilità e l’unitarietà del controllo di questa. Accanto a questi vantaggi esistono, tuttavia, delle perplessità legate, soprattutto, alla considerevole esposizione debitoria che tale procedura comporta; secondo alcuni studiosi19, infatti, l’aumento dell’indebitamento, al di là di un certo livello,

provocherebbe un corrispondente aumento dei costi di dissesto, rappresentati da un calo delle vendite (i clienti evitano, per quanto possibile, di operare con aziende in difficoltà) e dalla perdita di opportunità (banche e fornitori, anche se disposte a concedere credito, applicheranno maggiori costi). Più in generale, i costi provenienti dell’elevato leverage includono le restrizioni che si impongono all’impresa riguardo alla flessibilità nell’adattamento delle politiche finanziarie alle finalità strategiche.

A fronte del finanziamento contratto dalla new company sorge, dunque, a carico della società che scaturisce dalla fusione, l’obbligo di corrispondere gli interessi che dall’uso dello stesso scaturiscono. I flussi reddituali che l’impresa di famiglia è in grado di generare attraverso la gestione operativa risultano, pertanto, distolti da altri impieghi alternativi per essere utilizzati nella copertura dell’indebitamento. Tale situazione, tuttavia, non dovrebbe oberare il fabbisogno di liquidità dell’impresa, dal momento che il ricorso agli strumenti di buy out richiede che la società bersaglio sia dotata di particolari caratteristiche, quali un basso grado di indebitamento, una quota di mercato difendibile, un prodotto maturo, la presenza di attività complementari la cui eventuale alienazione non ne comprometterebbe l’equilibrio, l’elevata capacità di generare flussi di cassa in grado di assicurare il pagamento degli interessi e delle quote capitale del debito dopo aver proceduto agli investimenti in capitale fisso e circolante (free cash-flow).

Con riferimento alle operazioni di leveraged buy out sono state espresse, nel corso degli anni, non poche perplessità sulla presunta liceità delle stesse. I numerosi dubbi in proposito sono stati sciolti solo di recente, a seguito di un intervento del nostro legislatore che, attraverso l’art. 2501 bis c.c., introdotto dal D.Lgs. n. 6 del gennaio 2003, ha legittimato l’utilizzo di tale tecnica di acquisizione con indebitamento, inserendo la relativa disciplina nelle disposizioni riguardanti le operazioni di cui al capo X, titolo V, libro V del Codice Civile.

Tale legittimazione trova, tuttavia, la sua ragion d’essere nell’ottemperanza di una serie di obblighi finalizzati ad illustrare e dimostrare la razionalità delle motivazioni che hanno indotto all’operazione stessa; l’art. 2501 bis c.c., infatti, annoverando i documenti da predisporre con riferimento all’operazione di fusione stabilisce che:

«Il progetto di fusione di cui all’art. 2501 ter deve indicare le risorse finanziarie previste per il soddisfacimento delle obbligazioni della società risultante dalla fusione. La relazione di cui all’art. 2501 quinquies deve indicare le ragioni che giustificano l’operazione e contenere un piano economico e finanziario con indicazione della fonte delle risorse finanziarie e la descrizione degli obiettivi che si intendono raggiungere.

La relazione degli esperti di cui all’art. 2501 sexies, attesta la ragionevolezza delle indicazioni contenute nel progetto di fusione ai sensi del precedente secondo comma.

Al progetto deve essere allegata una relazione della società di revisione incaricata della revisione contabile obbligatoria della società obiettivo o della società acquirente».

Il ricorso alla componente leva comporta la necessità di valorizzare il livello di indebitamento necessario per poter procedere all’acquisizione, rappresentato dal prezzo dell’impresa bersaglio. Delle metodologie di valutazione a tal proposito utilizzabili, si può far riferimento al metodo finanziario e al metodo dei multipli, i cui parametri esprimono le concrete potenzialità e la convenienza economica dell’impresa indagata. In particolare, il metodo finanziario analizza le potenzialità finanziarie, che giustificano e costituiscono il fondamento dell’intera operazione, attualizzando i flussi di cassa disponibili per remunerare le risorse investite, sia a titolo di capitale proprio, sia a titolo di capitale di terzi; i metodi dei multipli si prestano, invece, a stimare il valore delle aziende quotate ufficialmente e di quelle che, in quanto omogenee tra loro, possono essere comparate.

Le operazioni di buy out possono trovare proficua applicazione anche alle ipotesi di successione interna all’impresa. Risulta possibile che a fronte dell’assenza di eredi- successori, sostanziale o naturale che sia, l’imprenditore cerchi di assicurare la continuità aziendale pianificando delle operazioni di management buy out, i cui protagonisti risultano essere i medesimi managers dell’impresa familiare.

Il management, avendo una profonda conoscenza dell’azienda in cui ha operato fino a quel momento, è in grado di realizzare una transizione proprietaria meno traumatica tanto per l’impresa in questione (per la quale si prospetta il mantenimento del contributo irripetibile apportato dal proprio fondatore), quanto per gli stakeholders che con questa si relazionano.