• Non ci sono risultati.

Agenti ed istituzioni costituenti il campo letterario

Sezione 3 Domande per gli intermediari e gli agenti costituenti il campo letterario

5.2 Agenti ed istituzioni costituenti il campo letterario

Case editrici

Ogni casa editrice, ogni anno, pubblica un certo numero di esordienti italiani. Si tratta di autori su cui punta per un solo romanzo, o che spera di crescere entro la casa editrice fino a che non riescano ad arrivare ad un ampio successo culturale e commerciale. Il numero di esordienti pubblicato è normalmente esiguo: da 1 a 4 per le case editrici più grandi, fino ad una decina per la più piccole, che possono arrivare ad avere una produzione in massima parte costituita da esordi.

L’atteggiamento delle editrici può essere più o meno attendista, nella ricerca di opere da pubblicare: può cioè limitarsi all’analisi di quanto venga proposto attraverso vari canali, oppure confidare in una ricerca attiva di talenti ancora da scoprire. Ad ogni modo, la massa di aspiranti scrittori è di dimensioni tali che, ogni anno, ciascuna casa editrice riceve centinaia o migliaia di proposte di manoscritti. Le diverse case editrice sono organizzate in maniera più o meno strutturata, secondo la dimensione, per far fronte a questo flusso di proposte e per cercare attivamente manoscritti. La prima differenza è a livello di ruoli operativi e dirigenziali interni: i gruppi principali sono guidati da un consiglio di amministrazione o da un amministratore delegato, che non ha competenze e tempo da dedicare alla scelta dei libri. Di conseguenza a prendere le decisioni circa cosa pubblicare è il direttore editoriale: si tratta della figura gerarchicamente più importante della funzione che lavora sui testi. Sceglie quali opere pubblicare, svolge un lavoro di editing sui testi, coordina il lavoro di editor, junior editor e redattori. A seconda della casa editrice, il direttore editoriale viene valutato maggiormente sulla base della prestazione commerciale o sulla base del prestigio culturale: le due dimensioni, però, non si escludono reciprocamente e, anzi, vengono perseguite contemporaneamente attraverso una politica di portafoglio dei libri pubblicati. Le scelte circa la pubblicazione vengono condivise con altre funzioni aziendali, prevalentemente marketing, commerciale ed ufficio diritti, ma usualmente il direttore editoriale ha il potere di imporre un titolo. Non tutte le case editrici sono dotate di un direttore editoriale: il suo posto può essere preso da un ridottissimo numero di editor che, di fatto, svolgono le stesse funzioni. L’unica differenza è che ciascuno

segue una collana, o un tipo di pubblicazioni6. Al di là della differenza di nome, dunque, la sostanza del ruolo non cambia di molto. Il termine editor è poi bivalente: indica infatti sia la figura appena descritta, che coloro che si occupano del lavoro sui testi (scelta ed editing) ad un livello gerarchico inferiore, chiamati a volte anche redattori. Gli editor sono coadiuvati nel loro lavoro da junior editor, editor (gli altri, appunto) o redattori. C’è confusione, a volte, fra i termini redattore ed editor; la formazione di queste figure professionali nel tempo è comunque cambiata: “Io ho delle persone che lavorano qui, che sono dei redattori giovani, che hanno una formazione un po’ diversa da come era il redattore vent’anni fa. Vent’anni fa il redattore era un signore che metteva le virgole, uniformava...Correggeva, rivedeva, insomma era uno specialista tecnico del testo, e basta. Normalmente non era in grado di fare alcun tipo di valutazione qualitativa sul testo. Non glielo si chiedeva, non era il suo mestiere, non era il suo lavoro. Oggi i giovani… io cerco di avere dei giovani più aperti, che vedano il fatto editoriale nella maniera più larga possibile7”. La casa editrice di maggiori dimensioni, Mondadori, ha poi una Segreteria Letteraria, che svolge un ruolo di interfaccia rispetto agli aspiranti autori, ricevendone gli inediti e facendo una prima scrematura. Gli editor valutano le opere che arrivano loro insieme alla squadra di junior editor, mentre gli editori più grandi possono contare anche su alcuni lettori: si tratta di persone che leggono i manoscritti e restituiscono schede di lettura, in cui si valutano pregi e difetti delle opere, dando un giudizio sulla possibile pubblicazione. I lettori possono essere dipendenti della casa editrice, ma molto spesso sono esterni e ricevono un compenso per libro letto. Sono scelti nel tempo dall’editor cui fanno riferimento, che deve avere nei loro confronti un rapporto di fiducia estrema: “Sono innanzi tutto molto bravi, nel senso che sono persone che abbiamo scelto, cui abbiamo fatto fare delle prove di schede di lettura su dei libri che avevamo letto noi. Quindi abbiamo un feedback immediato. […] La cosa più difficile, per chiunque di noi, è essere neutrale. Perché ognuno hai i proprio gusti, orientamenti, passioni. Però la virtù suprema di un lettore dovrebbe essere quella di permettere a noi, gli editor, di farsi un'idea del libro attraverso i suoi occhi. Quindi, spesso, in una scheda di lettura bisogna prima di tutto raccontare la trama, ma poi proprio dare un'idea del montaggio, dello stile, e in qualche misura anche […] argomentare le proprie affermazioni. Se un lettore mi dice che in un libro c'è una retorica insopportabile, magari abbiamo un'idea diversa di retorica. Se mi mette una frase tra virgolette: “lei camminava avvolta dal suo impermeabile e dalla sua solitudine”, capisco immediatamente di cosa stiamo parlando. Allora c’è anche un modo oggettivo di parlarsi. Le schede migliori sono queste: quelle grazie alle quali io posso decidere se leggere o meno quel libro e avere già un'idea del libro. Dell'aria del libro, attraverso poche pagine8”. Solo gli editori più grandi possono contare sui lettori: ma mano che scema la dimensione della casa editrice, si riduce il numero di persone che lavorano alla selezione dei testi, e viene via via meno sia il tempo che la necessità di fare schede di lettura. Al limite vi sono le tante case editrici piccole e medie, in cui l’editore, ovvero il proprietario, svolge anche il ruolo di direttore editoriale, scegliendo in prima persona cosa pubblicare e cosa no.

Ci si potrebbe aspettare che i rapporti fra editor di case editrici concorrenti fossero improntati ad una forte rivalità. Ciò è in parte vero, e si evidenza, ad esempio, attraverso il fenomeno della migrazione di autori di successo dalle case editrici piccole a quelle grandi, che

6

ad es: narrativa italiana, narrativa straniera, saggistica

7

Intervista con Antonio Franchini, editor Mondadori

8

li sottraggono in forma più o meno elegante: “Io cerco di non strappare autori alle altre case editrici: semplicemente, se trovo un autore che mi piace, gli dico di tenermi in considerazione quando finirà il suo contratto. Pochi affronteranno con te [nelle interviste] questo tema in maniera così chiara ed esplicita.9”. “Le case editrici sono piratesche, […] il pesce grosso mangia il pesce piccolo. Se tu guardi i cataloghi delle case editrici più grandi, spesso ti accorgerai che hanno vampirizzato le più piccole10”. Ma la cosa che più sorprende è l’insorgere di rapporti di collaborazione informale fra editor, che arrivano al limite di violare i contratti di prestazione d’opera esclusiva che ciascuno ha con la propria casa editrice. Un editor, durante una importante manifestazione letteraria, mi ha raccontato di come l’aspetto più interessante del festival, per i professionisti delle case editrici, fosse il reciproco stretto contatto informale, che porta ciascuno anche a suggerire opere agli altri. In particolare, il mio informatore aveva ricevuto due suggerimenti per opere di qualità, che avrebbe poi proposto alla propria casa editrice; nel contempo aveva passato altrettanti manoscritti ad altri editor. Ma cosa muove un editor a fare gli interessi di un concorrente? Le opere che vengono suggerite sono manoscritti nei quali l’editor suggerente crede, ma che non può pubblicare personalmente per qualche motivo: magari il direttore editoriale non è altrettanto convinto dell’opera, o forse il manoscritto, per quanto di valore, non è adeguato alla linea editoriale della casa editrice. O, semplicemente, sono stati già pubblicati esordienti in numero tale da saturare la disponibilità della casa editrice per un certo anno. Ma se l’editor non lascia cadere il manoscritto nel dimenticatoio, passandolo invece ad un formale concorrente, è per due motivi: da un lato, usualmente, gli editor spiegano il loro comportamento facendo riferimento ad un idealismo per cui, se si ha per le mani un buon romanzo, si vuole che sia pubblicato e che quante più persone possano goderne. Ciò è sicuramente vero, ma non basta da solo a spiegare un fenomeno per cui la reciprocità è una caratteristica fondamentale. Se un editor passa ad un altro editor un romanzo che reputa di valore, quello si può fidare del giudizio, legittimato dalla posizione nel campo letterario. È un risparmio di tempo e fatica. E nella prossima occasione il passaggio avverrà magari a ruoli invertiti. Si tratta comunque di rapporti non pubblicizzati, dei quali pochi editor apprezzano di parlare11. Ed è un meccanismo che ha luogo fra case editrici sia di dimensioni diverse, sia confrontabili: “[…] in certi casi capita proprio che suggeriamo un manoscritto [se non è adatto per noi] ad un altro, magari piccolo, editore. Questa è una cosa che mi piacerebbe non fosse divulgata, ma mi è capitato spesso di telefonare a […]” e anche “questo l’abbiamo preso perché mi è stato segnalato da un mio amico che ha una casa editrice [molto piccola] e con capacità economiche di libri da pubblicare, limitate. […] per lui questo testo era troppo grosso e me lo ha segnalato”. Questi rapporti possono diventare vere e proprie collaborazioni: “per quanto mi riguarda, c'è un certo grado di collaborazione anche con editor... i miei concorrenti, in qualche maniera. O comunque che hanno lo stesso mio ruolo in altre case editrici […] A volte capita di dire guarda, questo non l'ho preso, però te lo raccomando. O anche, capita, fra piccoli [editori] indipendenti, di dire guarda... ma lo stai leggendo tu questo? Perché vorrei offrire. Vuoi farlo prima tu? […] lo stai vedendo anche tu? Perché, se lo vuoi tu, fallo tu. Se no, lo faccio io... […] ed è bello che esista. Che non sia una corsa, come fossimo tanti levrieri al punto di partenza, che si deve arrivare sul libro migliore o qualcosa del genere.

9

Intervista a Dalia Oggero, editor Einaudi

10

Intervista a Francesco Colombo, editor Baldini Castoldi & Dalai

11

Ma che ci siano degli scambi […] per come percepisco io il mio lavoro, è sempre in qualche modo un lavoro fatto di gruppi, di influenze, di consigli, di una nuvola di suggestioni12” Ed i rapporti informali arrivano ad essere più importanti di quelli fra editor di case editrici appartenenti allo stesso gruppo, improntati a correttezza, ma che non possono configurarsi come vere e proprie alleanze strategiche: “no, sinergie no. Ognuno di noi fa i suoi percorsi, abbiamo dei patti di non belligeranza per cui se uno di noi due si muove su un autore prima dell’altro, l’altro si ritira13”, del resto “i rapporti sono abbastanza sporadici, ognuno fa il suo lavoro14”.

Gli editor delle case editrici hanno uno stretto rapporto con i propri autori, oltre che con altri scrittori che hanno conosciuto anche in passato, durante precedenti esperienze editoriali. Tali rapporti, che nascono come frequentazioni lavorative, possono assumere caratteristiche molto più profonde: “è un lavoro da psicanalista [ride]… nel senso che riceviamo 7 milioni di telefonate al giorno da autori terrorizzati, che vogliono essere rassicurati, coccolati, parlano delle loro paure, delle loro ansie... il piano professionale è proprio un altro!15”. Di conseguenza, fra questi agenti del campo letterario, si sviluppano dinamiche molto informali, che portano a rapporti lavorativi altrettanto informali e che possono sfociare in un passaggio di proposte editoriale del tutto disinteressato dagli autori agli editor. Capita poi che, spesso, i consulenti editoriali delle più grandi case editrici siano essi stessi scrittori, e che non necessariamente pubblichino per la casa editrice per cui fanno da consulenti. È utile avere come consulente editoriale uno scrittore perché il suo giudizio sui libri da valutare ha una legittimità che, almeno in prima istanza, dipende proprio dal suo essere uno scrittore, e cioè un profondo conoscitore della materia su cui deve dare un giudizio. Ed il fatto che uno scrittore non pubblichi necessariamente solo per la casa editrice per cui lavora può forse essere spiegato attraverso la diversa reputazione che ne otterrebbe, in un ambito quale quello del campo letterario, in cui la reputazione sostituisce giudizi oggettivi di valore impossibili da darsi: “io pubblico con Einaudi anche perché è grazie al fatto di pubblicare con Einaudi evito un problema di questo paese, che è il conflitto di interessi [ride]... perché se dovessi essere l'editor di me stesso..16”

Anche per quel che concerne il rapporto fra editor ed agenti, la frequentazione nel tempo fa sì che ogni editor si affidi specialmente ad un numero limitato di agenti, con i quali ha sviluppato fiducia reciproca. Ciò avviene, quindi, non perché l’editor ritenga che gli agenti con i quali lavora siano necessariamente i migliori, ma perché la reciproca conoscenza permette di sviluppare una comprensione tacita delle necessità e delle capacità dell’interlocutore grazie alla quale, nel tempo, il tasso di accettazione delle proposte di un agente, aumenta.

Aspiranti scrittori

All’esterno del campo letterario troviamo gli aspiranti scrittori, che premono per riuscire ad entrare e pubblicare un manoscritto. Ma, se la quantità di case editrici è comunque abbastanza limitata da far sì che gli editor e le persone che vi lavorano si conoscano e

12

Intervista a Martina Testa, direttrice editoriale Minimum Fax

13

Intervista a Dalia Oggero, editor Einaudi, sui rapporti con Mondadori

14

Intervista a Paolo Repetti, editor Einaudi Stile Libero, sui rapporti con Einaudi

15

Intervista a Dalia Oggero, editor Einaudi

16

riconoscano, gli aspiranti scrittori non sono una comunità, quanto una massa di persone, al più debolmente legate fra loro. Non esistono ricerche esaustive, utili a tracciare un quadro descrittivo degli aspiranti scrittori: l’impressione che sia ha, parlando con gli editor che ne leggono i manoscritti, è comunque che si tratti di persone dai profili socioculturali più disparati. Certamente, però, sono in tanti, al punto che un motto che mi è stato ripetuto più volte, nelle interviste, è che sembra che in Italia ci siano più scrittori che lettori cosa che, per quanto controintuitiva, appare anche da uno dei pochi lavori scientifici dedicati al tema (Santoro, 2002).

Gli aspiranti scrittori sono quindi tanti, e sono mossi da un desiderio di pubblicare estremamente forte, le cui motivazioni più profonde vanno oltre l’obiettivo di questa tesi. Ciò che ci riguarda direttamente è la quantità di risorse - monetarie, di tempo ed energia – che queste persone sono disposte ad investire nel raggiungimento del loro scopo. Ne sono un evidente esempio in primo luogo la grande quantità di case editrici che pubblicano libri a pagamento: si tratta del fenomeno della letteratura di vanità, già visto in precedenza17. Molte case editrici hanno poi a catalogo libri dedicati agli aspiranti scrittori, così come è in aumento l’offerta di corsi di scrittura. Non manca infine una grande quantità di siti internet in cui gli aspiranti scrittori possono trovare informazioni e condividere le proprie esperienze. L’obiettivo di pubblicare il proprio manoscritto, quindi, una volta che si sia investito un cospicuo tempo a scriverlo, è prioritario per l’aspirante autore, che cerca di raggiungerlo con tutti i mezzi cui può accedere.

L’autocandidatura è la forma più ingenua e tradizionale attraverso la quale un aspirante scrittore propone sé o una propria opera ad una o più case editrici. Molto spesso è effettuata a”a pioggia”: l’autore invia lo stesso manoscritto, magari con la stessa lettera d’accompagnamento, ad un numero elevato di editori, senza nemmeno curarsi delle loro linee editoriali, nella speranza che qualcuno lo noti e decida di pubblicarlo. Ad inviare autocandidature non richieste sono soprattutto persone che non abbiano la minima idea del funzionamento del sistema editoriale o che, pur non essendo così sprovvedute, non siano riuscite ad attivare nessun contatto preferenziale. La conseguenza è che, spesso, questo canale si rivela il meno fertile: fra le tantissime autocandidature che le redazioni delle editrici ricevono, solo poche meritano la pubblicazione. Ed è difficile scovarle. Di conseguenza sono diversi i meccanismi messi in campo dagli editori per cercare di filtrare la quantità di proposte: alcuni manifestano sul proprio sito internet interesse per le autocandidature, ma indicano generi preferenziali, altri cercano di evitarle dichiarandosi non interessati a ricevere manoscritti non sollecitati; alcuni richiedono l’invio dell’intero manoscritto, altri di una breve sinossi, accompagnata da qualche pagina esemplificativa: solo gli autori più promettenti saranno ricontattati per avere in visione l’intero manoscritto. Quello che accomuna i racconti degli editor, circa le autocandidature, è il fastidio che si prova nel ricevere manoscritti di persone evidentemente non attente alla linea editoriale o alle indicazioni della casa editrice: “Quello che mi irrita molto è quando ti arriva un libro mandato a te, ma è palese che lo scrittore, o supposto tale, non ha idea di cosa pubblichi Rizzoli18” o anche “no, purtroppo questo è uno dei problemi. Nel senso che questa, che dovrebbe essere una delle regole dell’aspirante scrittore, e cioè selezionare gli editori giusti per

17

Come si diceva, si tratta di case editrici che accettano di pubblicare un libro a fronte dell’acquisto di un certo numero di copie, da parte dell’autore. Il contributo richiesto all’autore arriva anche a 5.000 euro.

18

il testo, non lo fanno in molti. Continuano ad arrivare romanzi di fantascienza, romanzi new age alla Paulo Coelho, cose che noi non abbiamo mai fatto né mai faremo19”. E, infine, per una piccola: “arrivano una marea di cose non inerenti la linea editoriale: tesi di laurea, biografie,

poesie […] robe di fantascienza20”. Tornando alla nostra metafora, è come se quella

dell’autocandidatura fosse la porta più grande della cittadella, visibile da lontano, alla quale si accalcano grandissime quantità di aspiranti scrittori, ognuno con tante copie del proprio manoscritto sottobraccio. E gli autori tirano queste copie oltre la porta chiusa, nella direzione degli editor che stanno lavorando lì intorno. E gli editor scorrono i testi in fretta, quando riescono. E cercano di trovare qualcosa, ma non sempre hanno il tempo e la fortuna necessari.

Strategie più efficaci richiedono una maggiore conoscenza del campo letterario, che viene spesso ritenuta un prerequisito per la pubblicazione, da parte degli editor: sapere a chi mandare la propria opera significa non essere uno sprovveduto ed avere una maggiore consapevolezza di ciò che sta facendo, che si riversa positivamente sulla qualità dell’opera. Ad esempio, sulla pubblicazione di Acciaio: “Silvia Avallone è arrivata per posta elettronica a me [...] però, per poter arrivare per posta elettronica a me, significa che tu sei interessato alla meta. Avallone […] ha lavorato per arrivare a destinazione. Per cui lei si è fatta la gavetta nella poesia, ha conosciuto, ha brigato,e quindi... a un certo punto arrivi anche a scrivere un’e-mail sapendo a chi vai a scrivere.21” Di conseguenza, per uno scrittore che voglia entrare nel campo letterario, sono disponibili anche ingressi meno facilmente visibili, ma più efficaci. Inviare la propria autocandidatura all’editor, in primo luogo, ma anche e soprattutto individuare figure che siano più avvicinabili dagli aspiranti autori, e che possano configurarsi come un efficace tramite fra loro stessi e le case editrici. Come vedremo a breve, si tratta in primo luogo di scrittori, ma anche di altre figure che costituiscono il campo letterario. Vi sono poi altri ingressi, quali scuole di scrittura, riviste letterarie, premi letterari e manifestazioni per esordienti, che vedremo a fine paragrafo.

Agenti letterari

Gli agenti letterari sono professionisti che, per mestiere, curano gli interessi degli scrittori rappresentati. Una volta acquisita la rappresentanza di uno scrittore, quindi, l’agente lo assiste