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Un approccio induttivo è particolarmente adatto per studiare fenomeni emergenti o poco compresi (Strauss e Corbin, 1990): permette di non escludere risultati imprevisti ed è più adatto allo sviluppo di una grounded theory (Edmonson e Mc Manus, 2007). In particolare, il campo letterario condivide una caratteristica di diversi ambiti di produzione culturale: l’aggregazione di dati non è un buon modo per analizzare la complessità dei mondi dell’arte (De Nooy, 1999 e 2001). La conseguenza è che la ricerca è sempre più spesso costretta a fare uso di strategie induttive, anziché partire dalle teorie e poi testarle (Flick 1998): i metodi interpretativi sono adatti alla descrizione, interpretazione e spiegazione di un fenomeno (Lee 1999). Il modello input-output, proprio della ricerca quantitativa non è poi particolarmente adatto a studiare questioni di processo (Ferlie, Fitzgerald et al. 2005)

La ricerca è quindi affrontata sulla base di alcune domande di ricerca guida, volte ad orientare la ricerca sul campo, senza però vincolarla totalmente ed in maniera immutabile (Eisenhardt 1989). Siccome per l’ambito di nostro interesse mancano tecniche e misure predefinite di analisi, le domande di ricerca sono orientative, rivolte a guidare l’analisi (Silverman 2002). A differenza di quanto avviene nella ricerca quantitativa, basata sulla deduzione, domande eccessivamente rigide possono infatti bloccare l’introduzione di nuova comprensione (Denzin and Lincoln 2005). Si cerca quindi di trovare un bilanciamento fra la pura induzione e la prematura strutturazione (Langley 1999): il rischio sarebbe infatti da un lato quello di essere assorbiti dai dati, perdendo di vista l’obiettivo di ricerca. Dall’altro lato, invece, un eccessivo ancoraggio alla teoria potrebbe non portare a contributi di interesse: ipotesi e prospettive teoretiche preimposte possono distorcere il risultato della ricerca ed impedire di vedere alcuni risultati nuovi e fenomeni emergenti (Eisenhardt 1989; Denzin and Lincoln 2005). Allo stesso tempo, è necessario avvicinarsi al lavoro di ricerca con una struttura in mente, per evitare che possa essere prodotto un insieme di osservazioni incoerente, voluminoso e irrilevante, da cui sarebbe impossibile trarre qualsiasi considerazione utile. Coerentemente con la letteratura esaminata e citata, la struttura della ricerca, pur concepita prima dello studio, è ovviamente rivista e migliorata durante le fasi di raccolta ed analisi dei dati, rivedendo lo schema con continuità durante il lavoro (Miles 1979).

Il più consueto approccio quantitativo non è infine adatto, dal momento che l’oggetto di studio è multidimensionale e complesso. In questo caso anche “metodi di ricerca eretici sono utili, se permettono di apprendere qualcosa sulle organizzazioni” (Daft and Lewin 1990) 1.

Il campo letterario di Bourdieu (Bourdieu 1977; Bourdieu 1983a), il campo organizzativo sviluppato dagli istituzionalisti (Di Maggio and Powell 1983; Anheier, Gerhards et al. 1995) e

l’industry system di Hirsch (Hirsch 1972; Hirsch 2000) sono tre concetti che ci possono

permettere di indagare ed analizzare la produzione editoriale2. Come abbiamo visto, il campo

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Un esempio di disegno della ricerca inconsueto, ma calibrato sull’oggetto di studio, e non per questo meno efficace, è ad esempio Ferlie (2005). Ferlie studia il ruolo dei professionals nella diffusione dell’innovazione. Il suo metodo è ricostruire, attraverso interviste e documenti, otto casi di studio, riguardanti sviluppo e diffusione di altrettante innovazioni di carattere medico. Le storie di ogni innovazione sono poi considerate come narrazioni, e studiate attraverso metodi di analisi testuale. Si tratta di un esempio che è stato di grande interesse per il disegno della ricerca.

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letterario è il più completo, considerando la produzione sia materiale che simbolica: partiamo dunque dalla struttura sviluppata da Bourdieu per la nostra analisi empirica. Bourdieu ha dedicato una grande attenzione allo studio degli agenti che costituiscono il campo letterario nelle fasi di distribuzione e ricezione della produzione materiale e simbolica. In particolare, sia il sociologo francese che gli studiosi che, successivamente, sono partiti dalla sua opera, hanno studiato gli intermediari che agiscono fra le case editrici e i lettori. La fase di produzione, all’interno del campo letterario, ha ricevuto un’attenzione decisamente minore: non c’è nemmeno chiarezza circa quali siano gli agenti che costituiscono il campo stesso. Da più parti, poi, è stato richiesto un maggiore e migliore studio degli intermediari culturali (Hirsch 1985; Negus 2002). Dal nostro punto di vista, quindi, il campo letterario di Bourdieu è sia accettato come modello di riferimento, utile alla comprensione della realtà della produzione editoriale, che messo in discussione riguardo la sua completezza. A maggior ragione se si considera la situazione italiana, riguardo la quale pochi sono stati i tentativi di descrizione. La prima domanda guida di ricerca è dunque:

1. Quali agenti costituiscono il campo letterario italiano nella fase di produzione materiale e simbolica di libri?

Una volta che sia chiaro quali agenti costituiscono il campo letterario, attraverso la loro azione ed il coinvolgimento nella fase di produzione culturale, possiamo avvicinarci al cuore del nostro problema di ricerca, che è capire quali processi permettono la produzione di narrativa, ed in particolar modo l’accesso di autori esordienti al campo letterario. La seconda domanda di ricerca guida è dunque:

2. Qual è il processo – o quali sono i processi – che iniziano con un aspirante autore con un dattiloscritto, fuori dal campo letterario, e permettono il suo accesso al campo letterario stesso, terminando con la pubblicazione del manoscritto? In particolare quali sono i criteri di selezione dei manoscritti? E quali i canali di accesso al campo

letterario?

Vogliamo cioè capire quale sia il processo che permette ad un aspirante esordiente di pubblicare il proprio manoscritto presso una casa editrice. O, dal punto di vista speculare, qual è il processo che permette ad una casa editrice di individuare un aspirante autore, fuori dal campo letterario, per pubblicare la sua opera. Per raggiungere questo scopo bisogna in primo luogo aver individuato e descritto gli agenti che costituiscono il campo letterario. Si può quindi cercare di capire come questi agiscano: come cioè si attivino nel processo che permette l’ingresso di aspiranti autori nel campo letterario. Due sono le chiavi attraverso cui cercheremo di capirlo: da un lato, infatti, è interessante comprendere cosa cercano le case editrici, e cioè cosa vogliono pubblicare. Detto in altro modo: quali sono i criteri di selezione dei manoscritti, adottati ed accettati entro le case editrici? È evidente che questi criteri siano fondamentali per la ricerca di nuovi autori e nuove opere. Il secondo punto di vista è quello dei canali di accesso: in che maniera è fisicamente possibile per aspiranti autori e manoscritti inediti entrare in contatto con le case editrici ed i decisori all’interno delle stesse? Vogliamo capire quali sono le strade e

le condotte che permettono il flusso di manoscritti ed autori da fuori a dentro il campo letterario.

Ci interessa in particolar modo il processo di intermediazione, che può avere luogo fra aspiranti autori e case editrici, anche alla luce delle teorie sull’intermediazione che abbiamo visto in precedenza. Pur non essendo praticamente previsti intermediari, nel campo letterario di Bourdieu, nella fase di produzione del campo letterario, diversi temi trattati nei due capitoli precedenti possono infatti farci supporre la presenza di intermediari – o quantomeno di un’opera di intermediazione portata avanti da agenti del campo letterario. Pensiamo che questa intermediazione possa essere molto importante per la vita del campo letterario stesso e per gli aspetti sia materiali che simbolici della produzione: in primo luogo, infatti (fig.1), abbiamo visto come l’interfaccia fra autori e case editrici sia caratterizzato da incertezza estetica crescente circa i manoscritti prodotti da questi ultimi (e circa i romanzi in generale); il prezzo dei manoscritti è incapace di essere un indicatore di qualità affidabile e, addirittura, le stesse nozioni di qualità sono contestabili3. In queste condizioni, l’economia della qualità (Karpik 1989; Callon, Méadel et al. 2002) sostiene che la valutazione dei beni – i manoscritti – possa essere demandata ad intermediari esperti, in grado di sopperire col loro giudizio alla situazione di incertezza. Ma non sappiamo se tali intermediari esistano e chi siano, nel campo letterario italiano.

In secondo luogo, abbiamo visto (fig. 14 ) come, in Italia, siano cambiate nel tempo la struttura produttiva ed industriale del settore editoriale4. Sono mutati numero, forza e quantità degli editori, allo stesso tempo sono cambiati i profili occupazionali in editoria: si sono di conseguenza modificati anche il campo letterario e gli agenti che lo costituiscono. Negli ultimi anni si è arrivati ad una complessità mai riscontrata in precedenza: è aumentato a dismisura il numero di case editrici. Si pubblicano molti più libri, in particolare prime edizioni. La ricerca di autori esordienti non è mai stata così forte ed il grande successo di alcune opere d’esordio, specie negli ultimi cinque anni, ha dimostrato che il mercato è ricettivo, riguardo a questi libri. L’aumentata complessità all’interfaccia fra aspiranti autori e case editrici rende lecito chiedersi se le scarne descrizioni che abbiamo del campo letterario siano ancora valide. E, soprattutto, rende ragionevole chiederci in che maniera avvenga l’intermediazione fra questi agenti che popolano un ambito a complessità elevata e crescente. Lo stesso confronto con altri ambiti della produzione culturale, poi, e soprattutto con l’industria discografica, ci fanno ritenere che esistano intermediari che facilitino l’accesso al campo letterario e la selezione di manoscritti da parte delle case editrici5. La terza domanda è dunque:

3. Come avviene il processo di intermediazione nel campo letterario? Esistono

intermediari, più o meno istituzionali, che facilitano l’accesso al campo letterario? Chi sono? Cosa fanno? Perché?

Rispondere a questa domanda significa identificare in cosa consiste l’intermediazione nel campo letterario e se esistano agenti che svolgano questo compito come ruolo principale o come aspetto secondario del proprio agire. Vogliamo descrivere chi sono e cosa fanno questi 3 Vedi paragrafo 2.3 4 Vedi capitolo 3 5 Vedi paragrafo 2.4

eventuali intermediari, oltre a capire se siano legati contrattualmente ad una o più case editrici o se entrino in contatto con esse solo transitoriamente. Inoltre ci interessano i loro criteri di giudizio e le motivazioni che li inducono a svolgere il loro ruolo di intermediazione.

Figura 14

È quindi possibile tornare alla teoria, ed alle diverse teorizzazioni circa intermediazioni ed intermediari che abbiamo analizzato nel capitolo 26. Abbiamo visto intermediari come garanti del valore di un prodotto (Bourdieu 1983b; Bourdieu 1991), intermediari come attori in grado di garantire l’accesso alla produzione culturale attraverso la selezione (gate-keeper, Hirsch 1972, 1985, 2000), intermediari in grado di garantire un flusso di conoscenza fra ambiti diversi (knowledge broker, Hargadon 1998, 2002) ed intermediari in grado di influenzare le decisioni di scelta altrui (Karpik 1989; Callon, Méadel et al. 2002; Odorici and Corrado 2004) pur senza fare personalmente scelte di consumo. La quarta domanda è quindi:

4. Le teorie sull’intermediazione ci permettono di capire e spiegare l’intermediazione che avviene nella fase di produzione del campo letterario? Oppure possiamo osservare fenomeni in contrasto con le teorizzazioni, che ci spingano a metterle in discussione?

Ci troviamo infatti con diverse teorizzazioni circa l’intermediazione, ma non sappiamo se e quanto ciascuna di queste ci permetta di comprendere cosa avviene nel campo letterario. Può emergere dall’analisi dei dati e delle interviste qualche elemento che sia in contraddizione con quanto visto nella analisi della letteratura, che ci permetta di mettere in discussione e completare le teorie analizzate.

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4.2 Disegno della ricerca

L’industria editoriale italiana copre un insieme di settori molto ampio: ogni ambito è ovviamente sottoposto a logiche differenti e non è possibile studiarli tutti insieme. Come detto, limitiamo quindi la nostra attenzione alla produzione di narrativa: non si tratta di una suddivisione forzata, ma di una segmentazione propria della produzione editoriale; non consideriamo quindi saggistica, scolastica e letteratura morbida, ovvero pubblicazioni quali guide e manuali. All’interno della narrativa, poi, escludiamo dall’analisi la cosiddetta

letteratura di vanità: si tratta della produzione di tutte quelle case editrici che richiedono un

contributo per pubblicare manoscritti. È evidente che, in questi casi, la selezione avviene in maniera del tutto peculiare. “Non consideriamo gli editori a pagamento, che non sono editoria, sono imbroglioni. Fuggite a gambe levate, dico sempre. Si fanno comprare 300 copie di ogni libro che pubblicano. È una editoria che non vive di scrittori autentici, ma di tutti quelli che hanno voglia di scrivere7”.

Un disegno in due fasi

Coerentemente con la natura in primo luogo esplorativa dello studio e la prospettiva d’analisi adottata, la ricerca è sviluppata secondo un disegno qualitativo ed induttivo, attraverso interviste semistrutturate, effettuate in due fasi, a più categorie di informatori. La prima fase ha luogo all’interno di 13 case editrici di diversa dimensione e vede come informatori editor, editori e direttori editoriali delle case editrici. Qui si ricostruiscono, per ogni casa editrice, i criteri di selezione dei manoscritti, l’attenzione agli esordienti, la natura dei romanzi ricercati ed i canali utilizzati per procacciarsi nuovi manoscritti, con specifico riferimento ad intermediari che possano intervenire nel processo. Nella seconda fase si procede a ritroso, andando ad intervistare gli agenti del campo letterario che sono stati indicati dagli editori nella prima fase, in quanto attivi lungo i canali utilizzati per procacciare romanzi. Agenti letterari ed altri intermediari sono intervistati per chiarire il loro ruolo nei processi di pubblicazione e, più in generale, nel campo letterario. Vengono fatte domande anche circa i criteri di selezione utilizzati dagli stessi agenti del campo letterario; ad ogni intervistato vengono inoltre chieste indicazioni per effettuare eventuali aggiunte a palla di neve di nuovi intervistandi. Le interviste sono considerate, come fonte di dati, sia come accesso ad una realtà esterna, che come narrazione: sono quindi analizzate sia per descrivere le caratteristiche oggettive del lavoro degli intermediari, che il senso soggettivo che ogni intermediario ha del proprio ruolo.

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Prima fase

La prima fase ha luogo entro 13 case editrici di dimensione diversa: grande, media e piccola. La classificazione dimensionale è fatta da noi, partendo da quella Istat8 ma correggendola alla luce delle considerazioni raccolte nelle interviste. Nella sua ricerca sulla produzione culturale in Italia, infatti, Istat mantiene ancora una classificazione adottata da diversi anni, in base alla quale si considera piccola una casa editrice che pubblichi meno di dieci libri l’anno, media una che ne pubblichi da dieci a cinquanta, grande una che ne pubblichi oltre cinquanta: si tratta evidentemente di una classificazione anacronistica. Le case editrici differiscono poi anche per localizzazione geografica: la maggior parte ha sede a Milano, principale città dell’editoria italiana, ma sono rappresentate anche Roma, Torino e Venezia, le altre città che hanno qualche importanza per la produzione editoriale. Vedremo i dettagli delle interviste nel prossimo paragrafo, ma anticipiamo qui l’elenco delle case editrici considerate:

 Grandi: Mondadori, Einaudi, Rizzoli, Feltrinelli

 Medie: Marsilio, Guanda, Baldini Castoldi & Dalai, e/o, Minimum Fax  Piccole: Marcos y Marcos, Fernandel, Zandegù, Terre di Mezzo

Alcune di queste case editrici non sono indipendenti dal punto di vista della struttura proprietaria: Mondadori ed Einaudi, ad esempio, fanno parte dello stesso gruppo editoriale. Allo stesso modo, sia Rizzoli che Marsilio appartengono al gruppo RCS. Ai fini della nostra ricerca, comunque, ciò che è importante è l’indipendenza della funzione di selezione dei testi, cosa che abbiamo verificato nelle interviste. Per l’analisi della fase di produzione, dunque, abbiamo considerato come distinte case editrici che abbiano editor o direttori editoriali distinti, ciascuno autonomo nelle sue scelte. Ogni casa editrice selezionata è un caso di studio, riguardo al quale ricostruire le informazioni di nostro interesse. L’utilizzo di casi di studio è particolarmente indicato in quelle ricerche in cui si abbia a che fare con un nuovo tema (Eisenhardt 1989): permette intuizioni in grado di ridefinire schemi precedentemente accettati; l’intima connessione con la realtà empirica favorisce lo sviluppo di argomenti teorici validi, testabili e rilevanti (Glaser and Strauss 1967). Questo approccio è specialmente adeguato nei casi in cui si conosca poco riguardo a un fenomeno e le prospettive correntemente accettate sembrino inadeguate perché hanno poca verifica empirica (Eisenhardt 1989) e, inoltre, quando si vogliano studiare processi che abbiano avuto un cambiamento nel tempo (Van de Ven and Poole 1990). Si tratta del nostro caso.

La scelta degli editori entro cui effettuare la ricostruzione dei casi non è casuale: Yin (1984) mette in guardia rispetto all’uso di una strategia di campionamento analoga a quella che si utilizzerebbe in una survey. Le case editrici sono scelte su base teoretica, non casualmente (Eisenhardt 1989): non ha senso andare a prendere una casa editrice “media” non solo perché, per definizione, non può esistere, ma perché è più interessante andare ad osservare il fenomeno in situazioni in cui sia più chiaramente osservabile (Pettigrew 1988, in Eisenhardt 1989). È opportuno esaminare gli outlier, perché sono una fonte potente di nuove idee (Lewin 1989),

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scegliendo con attenzione i casi da cui si può imparare maggiormente (Stake 2005). Le analisi basate solamente su interviste sono forse infrequenti, ma non per questo meno valide9.

Scegliamo quindi tutte le case editrici grandi, che si occupano di narrativa. Fra le medie ne scegliamo due particolarmente attente alla ricerca letteraria, e/o e Minimum Fax, una più popolare, ma caratterizzata comunque da una produzione eterogenea, Baldini Castoldi & Dalai. Guanda pubblica un ridotto numero di opere italiane, molto selezionate, mentre Marsilio, casa editrice molto dinamica, ha una collana dedicata a giovani autori italiani. Fra i piccoli, Fernandel ha scoperto in passato diversi autori che sarebbero diventati di successo, Zandegù nasce in contiguità alla Scuola Holden, Terre di Mezzo si è caratterizzata recentemente per alcuni successi di autori esordienti, mentre Marcos y Marcos è una casa editrice con un’alta reputazione di qualità.

Dal punto di vista operativo, le domande vertono sui canali attraverso cui ci le case editrici si procurano manoscritti, sui criteri di selezione e sull’atteggiamento verso gli esordienti10. Ad essere intervistati sono editor, editori, direttori editoriali e, laddove sia necessario, altri dipendenti della casa editrice, coinvolti nel processo di selezione dei manoscritti. Le informazioni raccolte attraverso le interviste sono triangolate e completate attraverso l’analisi di schede di lettura (quando possibile), di altre interviste reperibili attraverso ricerca documentale, di siti web personali e di altri documenti operativi. La triangolazione è positiva perché impedisce al ricercatore di essere distratto da impressioni vivide ma false (Eisenhardt 1989). Va però utilizzata con attenzione e solo con l’obiettivo di chiarire un concetto o evento, dal momento che ogni persona o documento dà solamente una visione parziale dei fatti e non è possibile pensare di raggiungere l’oggettività (Flick 1998; Silverman 2002). Facciamo comunque prevalente affidamento sulle interviste: sono l’unico mezzo efficace per indagare un processo che, nella maggioranza dei casi, non produce testi scritti. Solamente le case editrici più grandi, infatti, usano schede di lettura, che sono lo strumento di coordinamento del lavoro di più editor e lettori. Le case editrici più piccole hanno un’organizzazione più informale dei rapporti fra le persone preposte a leggere i testi.

Analizzando queste prime interviste si hanno 13 descrizioni, una per ogni casa editrice. Tali descrizioni sono studiate sia in sé, che comparativamente. L’analisi di ogni editore è in primo luogo propedeutica alla successiva comparazione: familiarizzare con ogni caso, pensandolo come storia, come se fosse una ricerca a sé, è un’ attività necessaria prima di condurre una comparazione (Miles 1979; Eisenhardt 1989). Inoltre questa prima analisi serve ad individuare le persone fisiche, le organizzazioni e gli agenti del campo letterario che siano coinvolti, per ogni casa editrice, nel processo di reperimento e scelta di nuovi manoscritti. La successiva comparazione è volta ad individuare categorie, dimensioni e comportamenti ricorrenti degli agenti individuati attraverso le varie storie (Eisenhardt 1989), al fine di poter raggiungere una descrizione completa degli agenti costituenti il campo letterario. Le fasi di raccolta, codifica ed analisi dei dati sono comunque non rigidamente separate ma, anzi, interagiscono fra di loro, con un serie di continui rimandi: seguendo Glaser e Strauss (Glaser

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Soprattutto se l’alternativa è rinunciare tout-court alla ricerca. Per chi volesse approfondire questo aspetto è interessante un articolo di Van Maanen (1988), che analizza 40 anni di pubblicazioni di Administrative Science Quarterly, mettendo in luce come 23 articoli della rivista – circa il 15% - fossero basati solo o prevalentemente su interviste, Fra questi “alcuni dei migliori e più citati”.

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and Strauss 1967), ciò permette di non perdere nessuno spunto importante, che possa nascere da