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Agonisti dei recettori attivati dal proliferatore dei perossisom

Terapie immunomodulanti per il diabete di tipo

6.4 Agonisti dei recettori attivati dal proliferatore dei perossisom

I recettori della proliferazione perossisomiale ( PPAR) sono recettori intracellulari attivati da elevate concentrazioni di lipidi coinvolti nel metabolismo, nell‟immagazzinamento o nel movimento dei lipidi stessi verso organelli intracellulari o ancora implicati nella loro eliminazione.

Dei PPAR esistono tre differenti isoforme: alfa, gamma e delta. Questi recettori hanno anche dimostrato di avere un ampio spettro di azioni nel trattamento di patologie metaboliche. 54

Gamma agonisti

I PPAR gamma regolano l‟adipogenesi e il metabolismo lipidico, sono coinvolti nel controllo della glicemia e nei processi dell‟infiammazione vascolare . Gli agonisti di questa classe recettoriale, i tiazolidindioni, sono impiegati in terapia nel trattamento del diabete mellito di tipo 2 andando ad aumentare la sensibilità periferica all‟insulina. Il loro impiego è tuttavia associato ad effetti collaterali, quali ritenzione idrica, con conseguente aumento di peso, edema periferico, insufficienza cardiaca congestia e riduzione dei livelli di emoglobina.

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Recentemente l‟incidenza cumulativa di fallimento di monoterapie a 5 anni è dimostrata essere più bassa nei pazienti fenotipici T2D trattati con rosiglitazone, un agonista PPAR gamma, rispetto ai pazienti trattati con metformina o gliburide, in parte a causa di un declino più lento nella funzione delle cellule beta in pazienti trattati con rosiglitazone. Gli effetti benefici degli agonisti PPAR gamma erano dovuti originariamente ad un aumento della sensibilità all‟insulina e hanno proprietà che risultano nella soppressione dell‟infiammazione e autoimmunità.

Recentemente alcuni studi hanno identificato il PPAR gamma come un regolatore molecolare delle cellule T regolatorie nel grasso viscerale di topi e hanno suggerito che la capacità del pioglitazone di ristabilire la sensibilità all‟insulina, fosse dovuta agli effetti diretti del pioglitazone su queste cellule T regolatorie.

Il pioglitazone è impiegato nei pazienti diabetici in associazione ad altri ipoglicemizzanti orali come la metformina. Al fine di valutare gli effetti di questo farmaco sull‟apparato cardiovascolare, sono stati condotti diversi trials clinici che dimostrarono la riduzione del rischio di ictus e le recidive di infarto nei pazienti. Rosiglitazone è stato anche segnalato essere efficace nel ridurre lo sviluppo di infiammazione e autoimmunità aumentando i livelli di citochine regolatorie come IL- 4 e IL-10, aumentando l‟adiponectina e inibendo le risposte proliferative delle cellule T-helper. Questi risultati ci indicano che il miglioramento della malattia del diabete di tipo 2, può essere ottenuto prendendo come bersaglio le risposte immunitarie e diminuendo le risposte delle cellule T specifiche del tessuto delle isole.

Questi studi sostengono l‟importanza di stratificare i pazienti secondo lo stato immunitario e auto-immunitario prima dell‟inizio del trattamento. 55

Secondo uno studio, si è visto che quando i pazienti con livelli medi di emoglobina glicata vengono trattati con rosiglitazone, hanno un aumento significativo del rischio di infarto del miocardio. Il meccanismo responsabile di tale aumento rimane incerto sebbene sia stato ipotizzato che possa essere legato all‟aumento del colesterolo LDL. Nel 2010 l‟ EMA ha terminato la revisione del profilo benefici-rischi del farmaco per il diabete e ha concluso che non vi è più sufficiente evidenza a sostenere una prevalenza dei benefici sui rischi, pertanto ha raccomandato la sospensione dell‟autorizzazione all‟immissione in commercio di tutte le specialità mediche contenenti rosiglitazone. Nel 2011 FDA americana ha ritirato dal commercio il

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farmaco. Quindi poiché l‟uso di rosiglitazone è stato severamente limitato a causa dell‟aumento di rischio di infarto del miocardio e l‟uso di pioglitazone è associato con un aumento del rischio di cancro della vescica, nella scoperta e nello sviluppo dei modulatori PPAR-δ selettivi della prossima generazione e/o dei sensibilizzanti all‟insulina non tiazolidindioni, saranno necessarie garanzie maggiori per la sicurezza.

6.5 Le statine

Le statine hanno effetti anti-infiammatori pleiotropici e forniscono un intervento efficace per diminuire l‟infiammazione in individui obesi, che può essere utile prima dello sviluppo del diabete di tipo 2.

Generalmente per effetti pleiotropici delle statine indichiamo una serie di azioni vascolari che includono effetti sul metabolismo delle lipoproteine plasmatiche ma anche effetti anti-infiammatori e anti-trombotici. Sfortunatamente ci sono delle evidenze che suggeriscono che le statine potrebbero peggiorare la tolleranza al glucosio, causando diabete di tipo 2 in individui obesi. Sono necessarie più ricerche per studiare le capacità antiinfiammatorie delle statine insieme ai potenziali effetti avversi che possono verificarsi in diverse popolazioni di pazienti.

6.6 Salicilati

I salicilati sono farmaci anti-infiammatori non stereoidei (FANS). Si dividono in forme di salicilati non acetilati (sodio salicilato e salsalato) e forme acetilate (aspirina). L‟aspirina è il farmaco noto per inibire gli enzimi della ciclo-ossigenasi Cox-1 e Cox-2, parte delle vie metaboliche della sintesi delle prostaglandine.

Dosi più elevate di salicilati si pensa che blocchino le vie dell‟ NFkB e aumentino i livelli di adiponectina anti-infiammatoria invece di inibire gli enzimi COX.

La potenzialità dei salicilati nel ridurre il glucosio nel plasma è stata ampiamente studiata. Il primo studio clinico condotto ha dimostrato che alte dosi di aspirina, circa

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7g al giorno, miglioravano sia l‟iperglicemia a digiuno che post prandiale in pazienti con diabete di tipo 2, un effetto che è stato attribuito ad una maggiore sensibilità periferica all‟insulina e diminuita clearance all‟insulina.

Studi clinici con dosi più elevate di aspirina, hanno mostrato un aumento del rischio di sanguinamento e possibile tossicità gastrointestinale.

Nonostante i rischi di sanguinamento, la possibilità che i salsalati possano inibire la resistenza all‟insulina, sopprimere l‟infiammazione sistemica e migliorare i livelli di glucosio ha incoraggiato prove future all‟uso di forme più sicure di salicilati, come il salsalato. Il salsalato è una forma di pro farmaco del salicilato che non inibisce la via metabolica degli enzimi della COX e quindi non allunga i tempi di sanguinamento, è insolubile nell‟ambiente acido dello stomaco e ciò determina una diminuita possibilità di ulcere gastriche e sanguinamento gastrointestinale. 56

E‟ stato utilizzato per il trattamento del diabete di tipo 2 e secondo uno studio si è visto che il salsalato riduceva nei pazienti l‟emoglobina glicata e aumentava i livelli di adiponectina . Si è anche dimostrato che questo farmaco aumenta l‟espressione di un inibitore NF-kB e ne riduce l‟espressione totale in cellule endoteliali in pazienti in sovrappeso, obesi e diabetici.

Sfortunatamente i livelli di albumina nelle urine aumentavano anche queste il dosaggio di pari passo al dosaggio del farmaco, in modo che i risultati a lungo termine dell‟uso del salsalato rimangono poco chiari. Attualmente periodi più lunghi di somministrazione del salsalato sono in fase di studio al fine di consigliane l‟uso nei pazienti con il diabete di tipo2.

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CAPITOLO VII :

Nuove immunoterapie per il trattamento del diabete