«Aiace figlio di Telamone [...] è morto a causa di un giudizio ingiusto»25 : così sentenzia Socrate nell’Apologia platonica a proposito di un eroe che nel V secolo era molto caro alla città di Atene26
. L’adikon krisin di cui Aiace fu vittima è lo stesso che dà il titolo ad una tragedia eschilea di cui possediamo solo alcuni frammenti: w{plwn krivsi", il giudizio sull’attribuzione delle armi di Achille. Si tratta dell’episodio saliente di pressoché tutte le tradizioni mitiche a noi note a proposito di questo sfortunato eroe e vale la pena di ripercorrerlo per sommi capi. Dopo la morte di Achille, sua madre Teti mette in palio la celebre armatura che Efesto aveva forgiato per lui in seguito alla vittoria di Ettore su Patroclo: di ciò fa breve cenno Omero nell’undicesimo libro dell’Odissea, ove si legge anche che giudici della gara furono i Troiani e la dea Atena27
. In merito la Piccola Iliade fornisce ulteriori dettagli: su suggerimento di Nestore, gli Achei avrebbero inviato un manipolo di uomini presso le mura di Troia al fine di scoprire chi tra Aiace e Odisseo fosse più temuto dai nemici28
. Stando a una seconda variante del mito, fu Agamennone stesso ad interrogare alcuni prigionieri per dimostrare la propria imparzialità come arbitro della competizione29
. Nella celebre rielaborazione tragica di Sofocle, infine, giudici saranno gli stessi Achei e ciò varrà ad aggravare dolorosamente la percezione di solitudine di Aiace tradito. Infatti, tutte le tradizioni che ci sono state tramandate convergono sul fatto che vincitore della gara fu Odisseo «dai molti pensieri» (politropos) e che l’eroe gigantesco (pelōrios)30
, il «grande Aiace Telamonio» (megas Telamōnios Aias)31
, decise di uccidersi, non potendo sopportare il disonore della sconfitta32
. Il riconoscimento della supremazia del Laerziade ha un significato che va ben al di là del mero contesto narrativo dell’episodio in questione, collocandosi sul piano della transizione storica e valoriale dall’epoca eroica ed epica a quella
25 Pl. Ap. 41b.
26Aiace era eroe eponimo di una delle dieci tribù istituite da Clistene e una sua statua era conservata nell’agora:
cfr. Hdt. V, 66.
27 Od. XI vv. 544-547.
28 Così lo Scoliasta ad Aristofane, Equites 1056a. 29 Eustathius 1698.49-50.
30 Il. III v. 229.
31 Il. V v. 610; XII v. 364; XIII v. 321; XIV v. 409; XV vv. 571, 560; XVII vv. 628, 715; XXIII vv. 708, 722,
811, 842.
32Omero non menziona la follia di Aiace, di cui c’è traccia invece nella Piccola Iliade (Homeri Opera, recognovit
brevique adnotatione critica instruxit T.W. Allen, Oxonii, Typographeo Clarendoniano, tomus V, p. 106), oltre che, naturalmente, nell’Aiace di Sofocle.
umana e politica della Grecia antica. È lo stesso Odisseo a sottolineare l’incredibile portata di questo cambiamento in un verso del Filottete di Sofocle. A Neottolemo, figlio di Achille, che si dichiara “geneticamente” inadatto a ricorrere all’inganno («non sono nato per architettare infamie, come non lo era, si dice, chi mi ha generato»), preferendo «fallire da eroe piuttosto che trionfare da vile», Odisseo risponde, seccamente, così: «l’esperienza mi ha insegnato che tra i mortali è la lingua, non l’azione, a governare ogni cosa»33
. Del resto, la stessa vicenda del cavallo di Troia (che, significativamente, non fa parte del tessuto cronologico e narrativo dell’Iliade) testimonia di come la vittoria conclusiva si possa ottenere con l’astuzia e non soltanto con la forza. Aiace, come Achille, appartiene invece al mondo dell’agire, quel mondo in cui gli eroi sanno sì parlare, ma dicono solo cose vere: si tratta di un’età senza retorica in cui domina un linguaggio “parresiastico”, esplicito e sincero. Non è un caso che in essa fiorisca il tempo dell’ira, ormai tramontato quando, nel ventesimo libro dell’Odissea, il re di Itaca, travestito da mendicante, domina la propria collera nei confronti dei Proci, perché così soltanto potrà avere la meglio su di loro:
come una cagna per i suoi teneri cuccioli abbaia agli sconosciuti e vuole attaccare battaglia, così dentro di lui abbaiava lo sdegno a vedere le infamie.
Ma battendosi il petto rimproverava il suo cuore: «Sopporta, cuore....»34.
Ecco dunque che il voto per l’attribuzione delle armi di Achille non solo esprime la valutazione dell’audacia di un guerriero, ma riflette anche il giudizio di un’epoca sull’altra.
Svariati indizi sull’appartenenza della figura di Aiace ad un’età del passato sono d’altra parte rintracciabili in ulteriori elementi narrativi del mito: si tratta, specificamente, di ciò che riguarda la sua armatura e, in secondo luogo, della questione degli onori funebri. Si è già avuto modo di ricordare che attributo specifico del Telamonio è «lo scudo simile a torre, lo scudo di bronzo, a sette strati di pelle di bue, quello che Tichio gli fabbricò, il migliore fra i tagliatori di cuoio, Tichio che viveva ad Ile e che gli fece lo scudo lucente con sette pelli di tori robusti, e ottava vi pose una piastra di bronzo»35
. La descrizione di questa massiccia arma difensiva si articola in contrapposizione a quella degli scudi, leggeri e rotondi, degli altri guerrieri e viene comunemente interpretata come testimonianza
33 Soph. Phil. vv. 86-99. 34 Od. XX vv. 14-18. 35 Il. VII vv. 219-223.
dell’esistenza del personaggio di Aiace già in età micenea36
. Alla medesima epoca risale anche l’inumazione dei cadaveri dei defunti come pratica predominante: se gli studi storici e archeologici dimostrano che inumazione e cremazione si sono alternate nel tempo e nello spazio e sono talvolta coesistite all’interno dei medesimi gruppi culturali, si è altresì appurato che in età micenea la sepoltura dei morti era molto più diffusa della cremazione. È noto come gli onori funebri tributati ai defunti nell’epica omerica prevedessero la cremazione del cadavere37
ed è al contempo celebre l’episodio della disputa per la sepoltura di Aiace, intorno al quale ruota la seconda metà della tragedia sofoclea38
: la sorte toccata al cadavere del Telamonio è comunemente spiegata con l’appartenenza della figura dell’eroe ad una tradizione mitica remota39
.
L’immagine di Aiace emerge dunque da tempi antichissimi ed incarna l’ideale stesso dell’arcaico. Guerriero immenso, dotato di un’armatura massiccia che nessun altro saprebbe indossare, egli è capace delle gesta più audaci; è l’uomo dell’azione, sprigiona energia, valore e coraggio. Le sue parole sono essenziali, sincere e dirette come le sue passioni. Diversamente da quella di Odisseo, l’astuto ingannatore che «trattiene il discorso»40
e nega addirittura se stesso41
, la sua realtà ha un solo strato: Odisseo sa tante cose, mentre lui ne sa
36 Cfr. in merito T.B.L. Webster, From Mycenae to Homer. A study in Early Greek Literature and Art, Methuen,
London, 1958, pp. 60 ss. e F.H. Stubbings, Arms and armour in A.J.B. Wace - F.H. Stubbings (eds.), A companion to Homer, MacMillan, London, 1962, pp. 504-522 (in particolare pp. 511 ss.).
37 Cfr. G.G.E. Mylonas, Burial customs in A.J.B. Wace - F.H. Stubbings (eds.), A companion to Homer, cit., pp.
478-488.
38 All’inumazione di Aiace come evento anomalo fa riferimento anche la Piccola Iliade; come si legge in
Eustathius 285.34-35: oJ th;n mikra;n jIliavda gravya" ijstorei‰ mhde; kauqh‰nai sunhvqw" to;n Ai[anta, teqh‰nai de; ou{tw" ejn sorw/ dia; th;n ojrgh;n tou‰ basilevw" («l’autore della piccola Iliade riferisce che Aiace non fu cremato secondo gli usi abituali, ma fu semplicemente sepolto in una bara a causa della collera del re», trad. mia).
39 Si veda, in merito, P. Holt, Ajax’s Burial in Early Greek Epic, in «The American Journal of Philology», vol.
113, n. 3 (1992), pp. 319-331, il quale sostiene che «the most reasonable explanation for Ajax’s inhumation, then, is that Ajax is an old hero in the epic tradition. The figure of Ajax and some of the stories about him went back to Mycenaean times. His death and funeral must have been important parts of the tradition about him, so firmly embedded in that tradition that epic singers felt reluctant to change them to conform to the new fashions. Generations of singers kept on burying Ajax even after they had taken to cremating everybody else» (p. 324-325).
40Od. XIII vv. 254-255: «ma non disse la verità, trettenne il suo discorso, avendo sempre nel cuore un animo
accorto».
41 Si pensi ai molti travestimenti di Odisseo (come quando, tornato alla propria reggia, si finge mendicante
nell’attesa del momento opportuno per vendicarsi sui Proci) e al falso nome - Nessuno - che comunica a Polifemo, ingannandolo.
una grande42
. È in conseguenza di questa unica, immensa grandezza, profonda come il passato, che Aiace Telamonio deve essere considerato l’ultimo degli eroi.