Si è scelto di tradurre il termine catalano alberch con il sostantivo italiano Stabile.
Considerando che in passato è stato reso anche con la parola Alloggio1359, si è
deciso di spiegare con la traduzione scelta un concetto preciso: l‟edificio includeva al suo interno non solo un'unità abitativa, ma più dimore separate tra loro e anche altri locali destinati a deposito oppure alle attività professionali di chi abitava o possedeva l'alberch.
Il vocabolo catalano è usato spesso nel libre dels estimes per indicare le medesime
strutture identificate nei documenti in latino con la parola domus1360.
Nello stesso registro citato si usa anche la parola casa, ma per indicare una
singola unità abitativa generalmente ad un solo piano1361. Dunque si può
ipotizzare che alberch stia a casa come hospicium sta a domus1362, cioè come un
contenitore sta al contenuto. Maria Bonaria Urban ha rintracciato gli elementi che distinguevano le cellule abitative pisane, le domus, dall‟alberch del Trecento; infatti negli alberch si verificò un ampliamento della superficie abitabile in uno stesso piano; ciò fu possibile grazie a nuove divisioni interne; nelle precedenti 1355 Schede 24, 39. 1356 Scheda 83. 1357 Schede 10, 19, 20, 144, 162, 174, 182. 1358 Scheda 24. 1359 DI TUCCI 1925, p. 483. 1360 URBAN 2000, pp. 123-125. 1361
Talvolta nel registro si specifica che la casa aveva due "solars" (scheda 203, paragrafo 582). 1362
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soluzioni c‟era invece una “diversificazione d‟uso in senso verticale”1363
; per cui nelle domus ogni piano aveva una propria destinazione d‟uso, in particolare la funzione residenziale era riservata a quelli intermedi.
La funzione dell‟alberch di “contenitore di abitazioni” può essere compresa da un accurato studio dell‟importante documento sulle valutazioni delle case di Castel di Castro. Al paragrafo 147 del registro già menzionato la valutazione dell'“alberch
apres dels hereus de Batarino, e son dues cases..” è meglio precisata grazie
all'indicazione del numero degli appartamenti; questo è reso chiaro proprio dall‟espressione "dues cases". Al paragrafo 408 si offre la valutazione di una casa
baxa con gorgato, questo complesso edilizio era di seguito chiamato: “..lo present alberch..” 1364.
Ciò prova che l'alberch non era per forza un edificio esteso in altezza, ma una costruzione che includeva al suo interno più di un elemento edilizio.
Al paragrafo 336 si specifica che un alberch sito in Ruha Mercadanta ebbe una valutazione molto alta, dalla quale però era stata esclusa una “…cambra qi·hix en
la ruha Cominal…”1365
; si è deciso di intendere cambra come il vocabolo che indicava una partizione dell‟alberch e quindi di tradurlo con l‟italiano Appartamento. Questo esempio può essere molto illuminante perché si riferisce ad un‟abitazione ben conosciuta grazie ad altri documenti di epoca precedente; si tratta infatti della casa che nel 1298 era di Francesco Tempi, nel 1318 apparteneva a Lippo Alliata, nel 1321 a Betto Alliata e nel libre dels estimes si indica come proprietà di Colo Alliata. In tutti i documenti in latino in cui la costruzione è
menzionata1366 è sempre chiamata domus; perciò si possono formulare due ipotesi,
la prima è che nei documenti del periodo pisano si usi il vocabolo generico per indicare lo stabile di grandi dimensioni poi chiamato dai catalani alberch. La seconda è che le vicissitudini patrimoniali che hanno interessato la casa abbiano prodotto trasformazioni strutturali e suddivisioni interne in appartamenti; dunque 1363 URBAN 2000, p. 126. 1364 Scheda 203, paragrafi 147, 408. 1365
Sui tipi di ingressi vedi infra. 1366 Schede 57, 95, 107, 122, 145.
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al momento della sua stima, negli anni 1326-1331, la domus Francisci Tempi si presentava ai valutatori come un unico stabile, ma composto da più unità abitative.
Alla luce di queste considerazioni non ci sono dunque dubbi sull‟uso come
sinonimi dei termini hospicium e alberch1367; dunque anche la traduzione in
italiano deve essere la medesima, cioè l'italiano Stabile.
La corrispondenza tra il concetto espresso dal vocabolo catalano e quello della parola latina è confermata da Maria Bonaria Urban, la quale anche in base all‟analisi di alcune fonti quattrocentesche giunge alla conclusione che i due termini indicassero sempre unità edilizie di pregio; si può aggiungere anche che queste costruzioni avevano grandi dimensioni, al contrario del più generico domus
che designava strutture di qualità e misure variabili1368.
2. Le tipologie
Di seguito si esporranno tutte le informazioni raccolte su ciascun tipo di proprietà sita a Cagliari nel Medioevo destinata alla residenza.
Il Casalinum
Il termine è solo usato in due dei documenti esaminati; l‟analisi dei due casi ha permesso di approfondire alcune questioni di argomento urbanistico e legislativo. La presenza dei casalini in una città o in una strada è indizio di un‟attività urbanistica di fondazione o di ripopolamento; il casalino ha un significato molto
simile a quello moderno di unità particellare e catastale1369; era cioè un lotto
edificabile “affidato in concessione per un tempo limitato”1370. Ad esempio il
trentatreesimo capitolo del libro terzo del Breve di villa di Chiesa si intitola "Di
1367
Nei paragrafi 304 e 503 della scheda 203 una medesima struttura è indicata con entrambi i termini. 1368 URBAN 2000, pp. 125-126. 1369 CADINU 2013, p. 301. 1370 CADINU 2013, p. 317.
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dare casalini a chiunque volesse hedificare case"1371 e documenta l'invito rivolto
dalle autorità cittadine ai nuovi abitanti perché prendessero, forse in concessione,
casalini da edificare1372.
In genere i casalini venivano concessi in enfiteusi o in locazione; quest'ultima è la forma contrattuale scelta nel primo caso analizzato per questo studio. Gli assegnatari potevano trasmettere il casalinum in eredità ma non venderlo o alienarlo, perché i lotti edificabili facevano parte del patrimonio del demanio
pubblico dell‟istituzione concedente1373. Gli spazi da edificare erano spesso siti
presso le mura, le piazze e altri luoghi importanti della città dove era conveniente
mantenere immutate le proprietà e garantire una continuità di popolamento1374.
Dal Duecento in poi si è registrata la dissociazione tra la proprietà della casa e la
proprietà del suolo su cui quella insisteva1375; questa separazione giustificava la
diversa forma giuridica data alle fondamenta e all'alzato della costruzione.
Infatti il godimento del casalino comportava l'edificazione di una casa ex novo, oppure il riutilizzo di una preesistente o di alcune sue parti, ad esempio i muri perimetrali, lasciati dai precedenti conduttori. Infatti è documentato che alla fine della locazione gli affittuari uscenti prelevassero le strutture lignee o parte della
costruzione1376, cioè che allo scadere del contratto i locatari asportassero le parti
mobili delle costruzioni edificate al di sopra. Ciò giustifica la presenza dei ruderi della casa preesistente al momento di una nuova locazione o della vendita del
casalino1377; la parte in muratura o le fondamenta da un punto di vista giuridico
erano tutt‟uno con il terreno e quindi erano di proprietà demaniale. Proprio a causa di questa usanza è nata un‟interpretazione ormai datata del concetto di
casalinum che traduceva il termine con l‟espressione “terreno con rudere”1378, ma
1371
BAUDI DI VESME 2006a, col. 143. 1372 CADINU 2013, pp. 306-307. 1373 CADINU 2013, p. 305. 1374 CADINU 2013, pp. 305-306. 1375 PINNA 2008, p. 115. 1376 CADINU 2013, pp. 314-315. 1377 CADINU 2013, pp. 315-316. 1378 TOLAINI 2002, p. 76.
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in tempi recenti Marco Cadinu ha chiarito la vera natura del casalino, cioè quella
di lotto edificabile in affitto sito all'interno di lottizzazioni pubbliche1379. Anche a
Pisa nel primo periodo di vita della città comunale le case torri si alternavano a spazi vuoti non ancora costruiti, si conoscono ad esempio i casalini dei complessi
Alliata e di Vicolo Facchini1380. Spesso è documentato dai testi relativi alla città
toscana il riferimento a terre di proprietà degli enti ecclesiastici sulle quali venivano costruite umili case dagli enti stessi o dagli affittuari che per contratto avevano l‟obbligo di edificarvi l‟abitazione; si seguiva il cosiddetto sistema delle
superficies1381, queste erano edifici di proprietà costruiti su terre altrui1382.
La prima delle due testimonianze di casalini ubicati nel territorio di Cagliari risale al 1217, quando Ubaldo, potestà del Comune di Pisa, diede in locazione per ventinove anni a Lotterio “…casalinum unum positum in Castro Novo Montis de
Castro super Bagnaria hedificato”; perciò il lotto includeva una costruzione
realizzata in parte o del tutto. Il casalino menzionato era sito tra Ruga
Mercatorum, Ruga Marinariorum e la platea Communis1383; proprio la sua localizzazione prova che fu concessa a Lotterio una casa molto importante; inoltre la sua collocazione topografica coincide con quella documentata successivamente per il palazzo del podestà, la Curia e la casa dei castellani; quindi si presume che
lo stesso Lotterio fosse il primo dei magistrati cittadini1384.
Nel 1278 il rettore dell‟Ospedale Nuovo di Pisa Ranieri Nocciulello nominava sindaco e procuratore generale nell‟isola di Sardegna Giovanni, frate dell‟ospedale, con il compito di vendere i diritti di un casalino sito in Stampace
spettanti all‟istituzione per la donazione avuta da Rosso Moncone1385
. 1379 CADINU 2013, p. 311. 1380 ALBERTI et alii 2006, p. 141. 1381 REDI 1991, p. 186. 1382
Anche se talvolta è attestato che il proprietario dell‟edificio e quello della terra coincidessero con la stessa persona (REDI 1991, pp. 292-297; FEBBRARO 2007, p. 15).
1383
Scheda 2. 1384
CADINU 2013, p. 313. 1385 Scheda 42.
189
Questo esempio testimonia che con il passare del tempo i casalini divennero
proprietà definitive, diventando dunque case alienabili1386.
Nel corso dello studio sulla documentazione si è individuato un altro vocabolo usato per indicare un concetto molto simile a quello espresso da casalinum; in un documento del 1285 è contenuto il contratto di locazione a Bondo Gerbo di
“..unum eorum petium terre cum domibus et vaico…”1387
sito in Castel di Castro e
appartenente a due fratelli. Vaico è un errore per metatesi; colui che scriveva
aveva intenzione di scrivere viaco, da viacum, cioè “Locus vacuus, ut videtur,
ædificandis domibus idoneus…”1388; invece Francesco Artizzu interpreta
diversamente il termine, traducendolo con l‟italiano Corte o Porticato1389
.
Le domus
Dall‟attenta lettura della bibliografia esistente sul tema dell‟edilizia civile a scopo residenziale si può desumere che in Italia tra l‟XI e il XIV secolo esistevano due grandi categorie: le torri, che in seguito persero la loro funzione difensiva originaria diventando case torri e le domus, cioè abitazioni vere e proprie che potevano essere più o meno sviluppate in altezza. Dall‟analisi della documentazione si è dedotto che nel medioevo a Cagliari "la casa di…" era l'unico modo per identificare un'abitazione, cioè si individuavano le domus con il riferimento ad una persona; questa poteva ricoprire il ruolo di possessore o di locatario nel periodo contemporaneo o precedente rispetto alla data del documento. Forse si preferiva il cenno ai passati proprietari o affittuari qualora tali personaggi fossero noti nella città e il loro nome di conseguenza permettesse di riconoscere senza equivoci la casa in questione.
1386 CADINU 2013, p. 315. 1387 Scheda 47. 1388 http://ducange.enc.sorbonne.fr/Viacum 1389 ARTIZZU 2008, p. 98.
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Nei documenti talvolta si indica l‟abitazione con il nome di colui che vi risiedeva
preceduto dall‟espressione domus habitationis1390
; ciò significa che la dimora era solo abitata dal personaggio indicato e non era di sua proprietà. In un solo caso esaminato nella presente ricerca esiste la specificazione “domum sive
albergum”1391; così era stata chiamata la casa di proprietà di Iacobo Comanome,
in cui secondo i patti stipulati con il Comune di Genova Chiano, marchese di
Massa e giudice di Cagliari aveva diritto di residenza.
Fabio Redi ha dato un‟altra spiegazione alla specificazione habitationis, almeno in relazione a Pisa; nella città toscana nel XIII secolo era in corso un fenomeno di riuso, molte domus ormai degradate e declassate avevano acquisito nuove destinazioni d‟uso, quelle più recenti invece erano assegnate esclusivamente alla residenza. Inoltre una medesima domus spesso svolgeva contemporaneamente il ruolo di luogo di abitazione, di bottega e di magazzino, al contrario per ogni struttura destinata all'esclusiva funzione residenziale si doveva specificare la destinazione d‟uso proprio con la locuzione domus habitationis.
La documentazione analizzata testimonia che anche a Castel di Castro era tipica una consuetudine riscontrata in molti centri italiani ed europei tra il XII e il XIV secolo, cioè la fusione in uno stesso edificio di attività lavorativa e vita
domestica1392; perciò si è scelto di riportare nelle schede in appendice anche i
documenti in cui si fa riferimento ad un locale ad uso commerciale e artigianale, un‟apotheca, in quanto nelle fonti che menzionano una bottega si sottintende l'esistenza della domus in cui questa era inclusa, con il nome del relativo proprietario e spesso il nome della strada dove la casa era sita.
La consuetudine voleva che il locale o i locali destinati alle attività commerciali o artigianali occupassero il piano terra dell‟edificio; talvolta anche gli altri piani si utilizzavano per scopi non residenziali. Si conosce infatti una “..apotheca solarii
1390 Schede 85, 95. 1391 Scheda 26. 1392 GALETTI 2001, p. 121.
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platee domus..” 1393; probabilmente si trattava di una bottega ricavata in uno dei piani dell‟edificio. In un altro importante documento si descrive una “…apothecam superiorem sive superficiem constructam in solario super
suprascriptas duas apothecas supra limitatas et super suprascriptam apothecam dictam Gurgactu…”1394
; si trattava cioè di una bottega edificata al primo piano
dello stesso edificio che al piano terra era occupato da altre botteghe. Inoltre l'area della bottega superiore copriva anche la superficie di altre due botteghe, una si trovava al livello della strada, l'altra, essendo un gurgactu, si trovava sotto il livello stradale1395.
I pianterreni erano destinati anche al ricovero degli animali usati per il trasporto di persone e merci; infatti nel 1331 Alfonso concesse al camerlengo di Iglesias, il pisano Duodo Soldani, il privilegio di mantenere un hospitium sito in ruga
Comunale e " quoddam stabulum quod habetis et possidetis in via predicta"1396.
Lo stabulum era la scuderia1397; questa era molto probabilmente sita vicino alla
residenza appartenuta ad un parente di Duodo e a questo lasciata. In un altro documento analizzato si fa riferimento ad una scuderia; si tratta della concessione fatta nel maggio 1332 da Alfonso IV a Mascerone Bonaquisto per ricompensarlo della devozione mostrata dal pisano alla Corona; tra le case donate vi era un
hospitium sito in" rua sive carraria Marinariorum iuxta locum qui dicitur rua biscocti" destinato "ad opus stabili equorum et aliorum necessariorum"1398. Le partizioni interne delle domus non sono mai menzionate all'interno della documentazione; dunque non si possono avanzare ipotesi sulle planimetrie delle case medievali di Cagliari. Le scelte edilizie non sono state vincolate da preesistenze, come è avvenuto in altri centri urbani della penisola a continuità di vita, dove la costruzione degli edifici è stata condizionata dal tessuto urbano 1393 Scheda 91. 1394 Scheda 148. 1395 Vedi infra. 1396 Scheda 201. 1397
Esistono testimonianze dell'esistenza di costruzioni adibite a stalla nel XIV secolo anche a Pisa (REDI 1991, p. 309).
192
precedente al quale si sono dovuti adattare; Roma è la città dove di più si osserva
questo condizionamento1399.
La tesi della fondazione ex-novo di Castel di Castro da parte dei pisani, successiva agli eventi del 1216, consente di eliminare la possibilità che strutture più antiche abbiano influenzato le scelte edilizie medievali; tuttavia recenti studi di Marco Cadinu descrivono la realtà edilizia della parte occidentale del colle come condizionata da alcune preesistenze anteriori all'urbanizzazione dell'inizio del XIII secolo1400.
Si può affermare che in particolare a Castel di Castro le autorità incaricate della pianificazione urbana scelsero di operare una parcellizzazione a schiera e una
suddivisione in isolati di forma allungata, dovuta alla conformazione del colle1401.
Anche a Roma il tipo abitativo più diffuso nell‟edilizia urbana medievale è quello
delle cellule a forma stretta e allungata susseguenti in un unico prospetto1402. Gli
studi sugli edifici medievali a destinazione abitativa della capitale hanno evidenziato alcune caratteristiche principali: la presenza di pareti laterali in comune, il ricorrere di un preciso schema di articolazione interna con la porta d‟ingresso aperta sulla prima stanza, il cortile presente sul retro della casa; qualora
ci fosse il portico, questo era a filo della facciata oppure aggettante1403. Inoltre
riguardo alla capitale esiste la testimonianza del fatto che alcune case contigue
erano state unite per formare un‟unica unità abitativa1404; il fenomeno è tipico del
XIV secolo ed è stato riscontrato anche per Cagliari1405.
A Pisa nel XII e XIII secolo si preferirono alle case torri le più comode domus1406;
queste ultime rispetto al modello precedente avevano una minore altezza, erano disposte a schiera con i muri di confine costruiti di comune accordo a cavallo dei
1399 DE MINICIS 1988, p. 14. 1400 CADINU 2001, p. 67. 1401 CADINU 2001, p. 67. 1402 DE MINICIS 1988, p. 18. 1403 DE MINICIS 1988, p. 18. 1404 KRAUTHEIMER 1981, p. 365. 1405 Vedi infra. 1406 GARZELLA ANDREAZZOLI 2010, p. 22.
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due terreni o su una sola proprietà con diritto d‟appoggio da parte del
confinante1407. Inoltre nella città toscana prevalse l‟uso di dilatare lo spazio degli
ambienti verso l‟esterno mediante gli sporti in legno; questi erano ballatoi chiusi le cui pareti potevano essere costituite da strutture in muratura leggera oppure in legno a traliccio o a graticcio intonacato o in tavolato. Tali strutture lignee nel XIV secolo furono proibite perché ormai erano fatiscenti e antiestetiche e perché erano considerate dannose; infatti favorivano la diffusione degli incendi e degradavano le condizioni igieniche delle strade riducendo con il loro ingombro le aree aperte, fonte di aria e di luce. Degli sporti comunque rimane traccia; infatti sono ancora visibili i fori che all‟altezza dei solai alloggiavano le opere di sostegno, talvolta in associazione a mensole e a pali di legno inseriti negli stessi
fori1408. Anche a Castel di Castro il pretesto per un rinnovamento edilizio fu il
pericolo di roghi; infatti un incendio scoppiò il 7 agosto 1386 e distrusse ben
centotrenta case1409; tuttavia già nel 1336 si sapeva che costruire forni e bagni
nella strada dei mercanti era pericoloso a causa di possibili incendi1410. Nel
disastro, secondo Maria Bonaria Urban, vennero distrutte le costruzioni più
pregiate del XIII secolo1411.
Solo due anni dopo il rogo, il 15 ottobre del 1388 il re Giovanni I d‟Aragona prese
alcuni provvedimenti finalizzati a diminuire il rischio di incendi nella città1412;
poiché il fuoco si era propagato dai ballatoi in legno affissi nelle abitazioni, il re, su richiesta dei consiglieri e dei probi uomini della città, ordinò al governatore e riformatore del Regno, Ximen Perez de Arenòs, di abbattere i ballatoi ancora
1407 REDI 1991, pp. 184, 281. 1408
REDI 2000, pp. 103104. 1409
La data precisa dell'incendio è stata ricavata da Maria Bonaria Urban, la quale ha eseguito un'attenta lettura dei numerosi documenti che riguardano il tragico evento e le iniziative per la ricostruzione degli edifici colpiti; le fonti sono conservate nella Sezione Antica dell'Archivio Comunale di Cagliari e nell'Archivio della Corona d' Aragona (URBAN 2000, pp. 131-132, note 113-121).
1410
LIPPI 1897, doc. 204, p. 164; TODDE 1966, p. 260, nota 12. 1411
URBAN 2000, p. 133. 1412
Le testimonianze sui provvedimenti presi in relazione ai danni provocati dall'incendio sono contenute in: Archivio di Stato di Cagliari, Antico Archivio Regio, Prammatiche, Istituzioni e Carte reali, vol. B5, ff. 263 e 265, vol. B6, ff. 245 e 246; cfr. anche PUTZULU 1959, doc. 41, p. 21; Lettere regie alla città di Cagliari 2012, doc. 41, pp. 123-125.
194
presenti1413. Infine gli ufficiali seguirono le disposizioni reali e i ballatoi furono
sostituiti con finestre in stile gotico1414.
A Pisa si rispose all‟esigenza di ulteriori spazi residenziali oltre che con l'espansione della superficie abitabile mediante ballatoi e sporti anche con la chiusura dei vicoli, i quali spesso venivano annessi all'edificio confinante; per ampliare le superfici delle case erano realizzati sopra la viabilità preesistente i cavalcavia; ad esempio il complesso del palazzo Giuli Rosselmini Gualandi fu ottenuto dall'unione di due proprietà della stessa famiglia ad una terza casa
separata da queste da un vicolo1415.