• Non ci sono risultati.

Alcune considerazioni conclusive

Nel documento John Locke, Due trattati sul governo (pagine 52-57)

In The Human Condition la Arendt scrive:

Nella sua forma più elementare, la condizione umana dell’azione è implicita anche nella Genesi (“Egli li creò ma- schio e femmina”), se accettiamo questa versione della creazione del genere umano e non quella secondo cui Dio originariamente creò solo l’Uomo (Adam, “lo” e non “li”), così che la moltitudine degli esseri umani è il risultato di una moltiplicazione. L’azione sarebbe un lusso superfluo, una capricciosa interferenza con le leggi generali del com- portamento, se gli uomini fossero semplicemente illimitate ripetizioni riproducibili dello stesso modello, la cui natura o essenza fosse la stessa per tutti e prevedibile come quelle di qualsiasi altra cosa. La pluralità è il presupposto dell’azione umana perché noi siamo tutti uguali, cioè uma- ni, ma in modo tale che nessuno è mai identico ad alcun altro che visse, vive o vivrà108.

L’opzione lockeiana, nel First Treatise, per un’interpretazione della Genesi che nega il carattere rappresentativo di Adamo e ri- corda che Dio creò e diede la terra agli uomini e non all’Uomo – –––––––

107 Cfr. P. Costa, Civitas, cit., pp. 300-309.

108 H. Arendt, The Human Condition (1958); tr. it. Vita activa. La condizione umana, Milano, Bompiani, 1991 (I 1964), p. 8. La stessa Arendt richiama

l’attenzione sull’importanza dell’interpretazione della Genesi nell’analisi del pensiero politico postclassico, cfr. ivi, nota 1, p. 243.

come sottolinea il passo appena citato - ha rilevanti conseguenze sul piano politico: negando che i singoli uomini non siano altro che infinite ripetizioni dello stesso modello adamitico, Locke non solo esclude l’esistenza di un fondamento sacro del potere politi- co, così come qualsiasi forma di gerarchia naturale tra gli uomini, ma afferma la piena responsabilità morale di ogni singolo essere umano. Il modello contrattualista lockeiano assume il dato della pluralità umana, il fatto della pluralità quale condizione originaria dell’umanità, che indica – ancora con le parole della Arendt – il suo essere costituita da “esseri tutti uguali, cioè umani, ma in mo- do tale che nessuno è mai identico ad alcun altro che visse, vive o vivrà”. Il compact 109 istituisce la comunità politica nel rispetto della

pluralità di individui morali indipendenti: in esso, infatti, ognuno singolarmente consente alla costituzione di una volontà pubblica, che – diversamente dal modello hobbesiano – protegge, e non aliena, la “proprietà di sé” dell’individuo, l’esistenza e la perma- nenza dei diritti individuali110. È l’unità del corpo politico, è la vo-

lontà di uguali di unirsi in una comunità morale indipendente, attorno a qualcosa di più che non il mero interesse egoistico o la mera protezione, a garantire l’esistenza dello stato; non solo l’unità del rappresentante, secondo la logica hobbesiana della so- vranità111. È l’autonomia etica della comunità così istituita che

–––––––

109 Locke usa il termine compact, e non contract. Contract implicava un accordo

che comportava reciproche responsabilità tra i contraenti, ma limitatamente ad uno specifico oggetto, come in un affare tra privati. Il compact era un accordo che coinvolgeva in qualche modo un’intera comunità nel suo complesso o i rapporti tra più comunità. Un inglese del diciassettesimo secolo non avrebbe definito Locke un contract theorist ma un compact theorist (cfr. D. Lutz, The Origins

of American Constitutionalism, Baton Rouge-London, Louisiana State University,

1988, pp. 16-18). La radice etimologica della parola compact, dal latino compactus, participio passato di compingo, rimanda all’idea di mettere insieme in modo stretto le parti al fine di costituire un’unità o comunità.

110 Per l’idea del contratto come soluzione che, nella tradizione che va da

Locke a Kant, consente di rispondere al rispetto della pluralità e della separa- tezza delle persone, cfr. J. Rawls, A Theory of Justice (1971); tr. it. Una teoria della

giustizia, Milano, Feltrinelli, 1984 (I 1982), p. 41.

111 Il testo lockeiano su questo, come su molti altri punti, presenta delle

ambiguità e delle tensioni, che lasciano spazio a diverse interpretazioni. Alcune delle maggiori difficoltà che esso presenta riguardano il rapporto tra società e governo: una volta che il governo è dissolto la società può continuare a sussi-

dovrebbe suggerire al legislatore la virtù dell’astensione in tutti quegli spazi in cui i comportamenti individuali dimostrano una interna normatività, spazi in cui la legge di natura non ha bisogno del soccorso e del sostegno della legge positiva. È la stessa auto- nomia etica della comunità politica a consentirle di disporre delle risorse per giudicare coloro a cui, attraverso un trust, viene affida- to il governo, e di resistere ad un potere che dimentichi il manda- to per cui è stato istituito112.

Se è vero che le premesse teologiche113 dei Two Treatises sono

ingombranti e scomode per il lettore contemporaneo; ciò non significa che l’eredità lockeiana – come sostiene John Dunn114

sia oggi totalmente inutilizzabile; non solo perché le stesse pre- messe teologiche continuano ad essere alla base delle teorie dei diritti dell’uomo tra Settecento e Ottocento, ma anche in conside- razione del fatto chemolta filosofia politica contemporanea, che fa riferimento al valore dell’eguale dignità e libertà degli uomini, ha acquisito indipendenza da quelle radici teologiche per lo più con una mera operazione di messa tra parentesi della questione dei fondamenti115. L’ipoteca teologica che grava sul pensiero poli-

tico lockeiano non è tale da inficiare l’importanza e l’interesse del- –––––––

stere, o si configura un ritorno allo stato di natura? Il popolo che giudica e può esercitare il diritto di resistenza è una realtà istituzionale o esclusivamente mo- rale, costituita dall’insieme delle coscienze individuali che agiscono in virtù della legge di natura? Per un’analisi di queste difficoltà del testo lockiano, cfr. J.-F. Spitz, John Locke et les fondements de la liberté moderne, cit., cap. IV.

112 Sul modello contrattualista lockeiano e l’alternativa che esso rappresenta

rispetto al modello hobbesiano, cfr., soprattutto, J.-F. Spitz, John Locke et les

fondaments de la liberté moderne, cit.

113 Simmons ritiene che, in realtà, gli scritti politici lockiani non facciano

mai appello ad un unico fondamento: Locke era un filosofo e non un teologo e i suoi argomenti sono spesso diversi, sicché la sua filosofia morale potrebbe definirsi pluralista; nel senso che poggia non solo su premesse teologiche, ma anche secolari. Non di rado – osserva Simmons – Locke si richiama semplice- mente al senso comune (cfr. J. A. Simmons, The Lockean Theory of Rights, cit., pp. 10-11).

114 Cfr. J. Dunn, Il pensiero politico di Locke, cit., pp. 8-9.

115 Le teorie politiche contemporanee – sottolinea Waldron – assumono

spesso l’uguaglianza quale obiettivo politico e sociale; di rado, però, esse si pronunciano sui fondamenti dell’uguaglianza degli uomini quale premessa dei loro discorsi (cfr. J. Waldron, God, Locke and Equality, cit., p. 2).

le conclusioni teoretiche radicali che l’autore riesce a ricavare dall’affermazione dell’uguale libertà naturale degli esseri umani e quindi dall’esistenza di diritti naturali. Come si è cercato di argo- mentare nelle pagine precedenti, infatti, è un intero mondo di re- lazioni sociali – prima ancora che politiche - che viene a ridefinirsi e a mutare in virtù del riconoscimento dell’uguale capacità di giu- dizio morale di ogni uomo. La direzione del mutamento che Lo- cke indica, e che verrà ripresa dal radicalismo settecentesco, non è dettata – come abbiamo visto nelle pagine precedenti – da un in- dividualismo atomistico, mosso dai soli criteri prudenziali di una ragione strumentale, ovvero da un individualismo possessivo, nel senso in cui originariamente Macpherson aveva utilizzato questo concetto, assurto in tanta letteratura contemporanea a sintesi dei mali della modernità. L’individualismo lockeiano è un “individua- lismo morale”116 che consente agli individui, anche nello stato di

natura, di avere rapporti, scambi e relazioni stabili. Il principio secondo il quale ogni individuo “has a property in his own person” ha in Locke un significato progressista ed emancipativo nella misura in cui viene impiegato per contrastare la logica non contrattuale del sistema feudale e ribadire l’importanza della libertà di scelta individuale e del diritto dell’individuo al controllo della propria vita117. In virtù soprattutto del riferimento ad un contesto che è

ancora chiaramente segnato dalle obbligazioni sociali derivanti dalla legge di natura118 e, quindi, dalla necessità che i processi di

appropriazione rispondano al dovere di conservare il genere u- mano119, il principio della proprietà di sé in Locke è assai distante

dalle implicazioni che nell’ambito della filosofia politica contem- poranea ne ha tratto la destra libertaria (basti pensare ad autori come Rorthbard, Kizner e Nozick), con la trasformazione di tutti –––––––

116 Sul carattere morale dell’individualismo lockeiano, cfr. J-F. Spitz, John Locke et les fondements de la liberté moderne, cit. e A. E. Galeotti, Locke e la teoria politica contemporanea: individualismo e eguaglianza morale, in G. M. Chiodi e R. Gatti

(a c. di), La filosofia politica di Locke, cit., p. 169.

117 Sulle diverse declinazioni storiche del principio di selfownership, cfr. A. E.

Galeotti, Locke e la teoria politica contemporanea: individualismo e eguaglianza morale, cit., p. 165.

118 Per un’efficace sottolineatura di questo punto, cfr. ibidem,, p. 168. 119 Cfr. R. Tuck, Natural Rights Theories. Their origin and development, Cam-

bridge-London-New York-New Rochelle-Melbourne-Sidney, Cambridge Uni- versity Press, 1981 (Ia 1979), p. 172.

i rapporti sociali in rapporti di tipo mercantile. Come hanno intui- to gli autori della sinistra libertaria, il modello di self-ownership lo- ckeiano è suscettibile di un’interpretazione non incompatibile con una qualche forma di “egualitarismo liberale”120, ovvero con una

giustizia redistributiva rispettosa di una sfera inviolabile di libertà individuale.

–––––––

120 Cfr., per esempio, M. Otsuka, Libertarianism without Inequality, Oxford,

Nel documento John Locke, Due trattati sul governo (pagine 52-57)