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Alcune considerazioni sul dialogo tra Corte costituzionale e Corte di Giustizia

CAPITOLO II Il dialogo tra Corte costituzionale e Corte di Giustizia dell’Unione

5. Alcune considerazioni sul dialogo tra Corte costituzionale e Corte di Giustizia

Dalla ricognizione, sistematizzazione e organizzazione del materiale giurisprudenziale

sui rapporti tra ordinamenti e tra corti preso in esame, vi sono alcuni punti essenziali da

mettere a fuoco nell’ambito dell’indagine sull’emersione e la sedimentazione dell’idea

del dialogo tra giudici in Europa.

In generale, in relazione ai rapporti tra il giudice nazionale e la Corte di Giustizia,

sembra possibile evidenziare un duplice atteggiarsi del discorso sul dialogo.

In primo luogo, in termini di dialogo viene ricostruito quel discorso giurisprudenziale

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che, a partire dagli anni Sessanta, porta all’apertura dell’ordinamento giuridico italiano

alle ragioni comunitarie, quali la dottrina della preminenza del diritto comunitario, la

Ordinanza n. 24 del 2017 par. 6.

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M. Dani, “Giurisdizione e ruolo delle corti costituzionali nel processo di integrazione

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europea: un’introduzione” in Diritto pubblico comparato ed europeo 3/2019, pag. 730: “ la dottrina dei controlimiti pare assicurare alle corti costituzionali la possibilità di rientrare in scena per rimarcare l’esigenza di garantire principi costituzionali nazionali a torto o a ragione ritenuti indefettibili. Il caso Taricco può assurgere qui ad esempio da manuale delle potenzialità insite e largamente inespresse nel sistema vigente”.

Vedi già: G. Itzcovich, “I diritti fondamentali come ‘libertà dello Stato’. Sovranità dello Stato

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e sovranità dei diritti nel caso Federfarma”, in Diritti umani e diritto internazionale 2/2008, pagg. 267 e ss.

In relazione al processo di integrazione europeo non è ovviamente estranea l’invocazione e

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la prescrizione del dialogo come modalità che deve guidare - o, comunque, è opportuno che guidi - le relazioni tra giudici interni e comunitari.

sua diretta applicabilità da parte delle autorità nazionali, il ruolo della Corte di Giustizia,

la dottrina dei diritti fondamentali come principi generali del diritto.

Si tratta di un dialogo tra giudici che emerge non solo (e non tanto) in relazione

all’utilizzazione del meccanismo del rinvio pregiudiziale , ma anche (e soprattutto) in

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relazione alla sistematizzazione dei rapporti tra diritto comunitario e diritto interno

tramite l’attività sinergica del giudice costituzionale e del giudice europeo .

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È evidente che questo reciproco confrontarsi dialettico, lungi dal rappresentare un fatto

compiuto o essersi esaurito nell’approdo alla formula degli “ordinamenti autonomi e

J.H.H. Weiler, A-M. Slaughter, A. Stone Sweet, The European Court and National Courts—

Doctrine and Jurisprudence. Legal Change in Its Social Context, Hart, Oxford, 1998 (“The title

of this Preface—The European Courts of Justice—may seem to contain a typological error. After all there is, surely, only one European Court of Justice? The premise and defining approach of the entire volume is that the construction of the Community legal order is a tale in which national Courts - as well as other national and transnational actors - have played as important a role as the European Court of Justice itself; that constitutionalization is above all a ‘conversation’ with a uniquely interesting grammar and syntax; that this conversation has taken place over time at differing levels of intensity and outcome; that this on-going conversation occurs in a context broader than a narrow discourse of legal rules and, finally, that this relational and process-oriented perspective has both doctrinal and extra-doctrinal manifestations”. Si veda anche: G. Itzcovich, “Dialogo tra giudici e cultura giuridica”, cit., in cui: “Potrei sbagliare, ma credo che parte della fortuna del concetto di dialogo nella prassi giudiziale dipenda dalla pubblicazione, nel 1998, di un libro importante curato da Anne-Marie Slaughter, Alec Stone Sweet e Joseph Weiler: The European Courts and National Courts. Doctrine and

Jurisprudence. Legal Change in Its Social Context. In quel volume, attraverso una serie di country reports e alcuni saggi di sintesi teorica, era esposta la tesi, ormai generalmente accolta,

per cui lo sviluppo e la graduale accettazione da parte dei giudici nazionali delle dottrine dell’effetto diretto e della prevalenza del diritto comunitario sviluppate dalla Corte di giustizia è stata il prodotto di un dialogo tra i giudici nazionali e la Corte medesima: una serie di confronti, posizionamenti reciproci, mediazioni, resistenze e conciliazioni. La tesi era già stata in qualche modo formulata dai curatori del volume in scritti precedenti, ma è dopo la pubblicazione di questo volume che il concetto di dialogo tra giudici assume una visibilità senza precedenti”.

Conclusioni dell'Avvocato generale Dutheillet de Lamothe del 22 settembre 1971,

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Rheinmühlen Düsseldorf contro Einfuhr- und Vorratsstelle für Getreide und Futtermittel,

C-6/71, EU:C:1971:91 (par. b): “[il] ‘dialogo tra giudici’ [che] costituisce uno dei fondamenti, una delle originalità ed uno dei punti salienti del sistema introdotto dall'art. 177 del trattato”). Si veda anche: G. Itzcovich, “The European Court of Justice” in A. Jakab, A. Dyevre, G. Itzcovich (eds), Comparative constitutional reasoning, Cambridge University Press, Cambridge 2017, in cui: “Thanks to this kind of proceedings [i.e. rinvio pregiudiziale interpretativo], the ECJ has been able to develop a constructive and mutual relationship (a ‘dialogue’, as it has become customary to say) with the national courts, which means that the European and the national courts have collaborated in shaping the content of Community law ‘in action’ without establishing a formal hierarchical relationship between themselves; the ECJ has initiated a process of ‘constitutionalisation’ of the European Treaties making it acceptable to the national courts”). In senso conforme: L. Antoniolli, “Corte di giustizia - Diritto comunitario” in

Enciclopedia del diritto - Annali, Milano, Giuffrè, 2007, pagg. 419 e ss. (“rinvio pregiudiziale:

dialogo fra la Corte di giustizia e i giudici nazionali).

Vedi, del resto, i primi riferimenti ad un simile “dialogo” tra giudici di ultima istanza o,

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comunque, costituzionali e la Corte di Giustizia delle Comunità europee, rinvenibili già alla fine degli anni Settanta (paragrafo. 2.2.).

separati, coordinati e comunicanti”, si approfondisce in coincidenza dell’intensificarsi di

un processo di integrazione in continuo divenire, attualmente (e temporaneamente)

assestato nella formula degli ordinamenti “autonomi, ma comunicanti e integrati” .

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Del resto, è stato evidenziato come tale idea ben possa essere impiegata per leggere i

recenti sviluppi del processo di integrazione, come il nuovo corso della giurisprudenza

comunitaria costituente sulla prevalenza del diritto comunitario anche su quella parte

del diritto costituzionale che, (reputato) assiologicamente connotato, si vuole intangibile

(pronunce Melloni e Åkerberg Fransson), a cui la Corte costituzione risponde - e, in un

certo qual senso, resiste - affermando la propria competenza a sindacare disposizioni

legislative che contrastino (anche) con i principi contenuti nella Carta dei diritti

fondamentali dell’Unione .

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Tali considerazioni confermano e avvalorano l’idea di un legame tra dialogo e quel

laborioso processo di apertura alle ragioni comunitarie dell’ordinamento italiano,

Lo ‘scivolamento’ lessicale è rinvenibile nel quaderno del servizio studi della Corte

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costituzionale “I diritti fondamentali nell’ordinamento giuridico comunitario e negli ordinamenti giuridici nazionali”, predisposto per un incontro quadrilaterale con le Corti costituzionali europee a Siviglia il 27 ottobre 2017. Reperibile sul sito istituzionale della corte: h t t p s : / / w w w . c o r t e c o s t i t u z i o n a l e . i t / d o c u m e n t i / c o n v e g n i _ s e m i n a r i / STU_306_Diritti_fondamentali_2017.pdf.

Relazione del presidente della Corte costituzionale Giorgio Lattanzi, pag. 20: “Ci muoviamo in un cantiere con lavori perennemente in corso, i cui esiti sono soggetti a una continua rimodulazione per trovare il miglior punto di incontro tra i mutamenti di prospettiva che provengono dalle fonti europee e le esigenze proprie del controllo di costituzionalità”.

Affermazioni costituzionali cui, in modo tendenzialmente inesauribile, risponde la Corte di

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Giustizia: sentenza della Corte del 20 dicembre 2017, Global Starnet Ltd, C-322/16, EU:C: 2017:985, par. 25 e 26: “Il fatto che la Corte costituzionale italiana si sia pronunciata sulla conformità delle disposizioni del diritto nazionale […] alle disposizioni della Costituzione italiana che il giudice del rinvio considera, in sostanza, come le norme di riferimento corrispondenti e identiche agli articoli 26, 49, 56 e 63 TFUE e all’articolo 16 della Carta dei diritti fondamentali, non ha alcuna incidenza sull’obbligo, previsto dall’articolo 267 TFUE, di sottoporre alla Corte eventuali questioni riguardanti l’interpretazione del diritto dell’Unione. Alla luce dell’insieme delle considerazioni sopra esposte, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 267, paragrafo 3, TFUE deve essere interpretato nel senso che il giudice nazionale le cui decisioni non sono impugnabili con un ricorso giurisdizionale è tenuto, in linea di principio, a procedere al rinvio pregiudiziale di una questione di interpretazione del diritto dell’Unione anche nel caso in cui, nell’ambito del medesimo procedimento nazionale, la Corte costituzionale dello Stato membro di cui trattasi abbia valutato la costituzionalità delle norme nazionali alla luce delle norme di riferimento aventi un contenuto analogo a quello delle norme del diritto dell’Unione”. In riferimento al diritto francese e alla

question prioritaire de constitutionnalité si veda: sentenza della Corte (Grande Sezione) del 22

coincidente con uno scivolamento concettuale verso l’idea di uno spazio non (più)

esclusivo, in cui occorre fare conto attivamente con le prospettive altrui .

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Questo conduce alla seconda evenienza del dialogo in relazione ai rapporti tra giudice

comunitario e giudice nazionale - per la verità l’unica di cui si trovi menzione espressa

nelle sentenze della Corte costituzionale - la quale si contraddistingue per il suo

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oggetto “tipicamente costituzionale” : si fa riferimento, infatti, ad un dialogo sulla

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tutela dei diritti fondamentali, prototipo di spazio conteso tra i due ordinamenti e

terreno d’elezione in cui le distinte autorità giudiziarie sono chiamate a misurarsi .

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In relazione a questo aspetto, da più parti è stato messo in evidenza il passaggio ad un

dialogo diretto delle due giurisdizioni, grazie alla revisione della dottrina della doppia

pregiudizialità in materia di diritti e, soprattutto, mercé la revisione della dottrina sul

rinvio pregiudiziale, meccanismo cui da tempo partecipa anche il giudice

costituzionale .

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Più in generale, ciò che vale a connotare questo dialogo - e a cui tutte le dottrine sopra

ricordate sono funzionali - è l’attiva partecipazione del giudice costituzionale - il suo

“contributo”, secondo quanto affermato nelle sentenze precedentemente esaminate -

all’attività di interpretazione e di applicazione di quei diritti da garantire

G. Itzcovich, Teorie e ideologie, cit., pag. 196-197: “Dalla sovranità che si auto-limita si

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passò all’ordinamento giuridico che si apre e dall’apertura dell’ordinamento giuridico si passò al bilanciamento fra principi costituzionali e comunitari; si passò alla ricerca di un dialogo, una negoziazione aperta e sempre rivedibile, un “ragionevole contemperamento”, su base casistica e topica, fra le ragioni dell’integrazione europea e le ragioni del diritto costituzionale statale”.

Oltre alle pronunce citate nel paragrafo 4.2 “Concorrenza di Carte, concorrenza di Corti”, si

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veda da ultimo: ordinanza della Corte costituzionale italiana n. 182 del 2020, considerato in diritto paragrafi 3.1. e 3.2. (“In un campo segnato dall’incidenza crescente del diritto dell’Unione, non si può non privilegiare il dialogo con la Corte di giustizia, in quanto depositaria del ‘rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’applicazione dei trattati’”).

M. Nisticò, “Limiti e prospettive del circuito di tutela su più livelli dei diritti fondamentali”,

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in costituzionalismo.it 1/2018, pagg. 253 e ss. (pag. 264: “Il ripiegamento della Costituzione sul solo ambito della protezione dei diritti fondamentali, poi, non implica, ma certamente può favorire l’assimilazione alla Costituzione stessa di altri documenti giuridici contenenti dichiarazioni di diritti, che vengono in questo modo ad assumere, in taluni ragionamenti dei giuristi, natura quasi-costituzionale o pseudo-costituzionale”).

N. Walker, “Late Sovereignty in the European Union” in N. Walker Sovereignty in

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Transition, Hart, Oxford 2003.

Ex multis: P. Mengozzi, “A European Partnership of Courts. Judicial Dialogue between the

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EU Court of Justice and National Constitutional Courts”, in Il diritto dell’Unione europea 3/2015; G. Martinico, “Conflitti interpretativi e concorrenza fra corti nel diritto costituzionale europee” in Diritto e Società 4/2019, pag. 699.

nell’ordinamento europeo. Chiaramente, questo discorso è legato alla progressiva

attribuzione del ruolo di giurisdizione delle libertà della percezione che la Corte

costituzionale ha del proprio ruolo - al progressivo passaggio da giudice della legge a

giurisdizione delle libertà - e della tendenza a valorizzare quella parte della Costituzione

fatta di principi e diritti fondamentali.

Il giudice costituzionale, prendendo atto di essere uno dei giudici dello spazio

costituzionale europeo, rivendica un diritto di prima parola su quelle questioni che, pur

coinvolgendo il diritto dell’Unione europea, sono attratte nel campo applicativo dei

principi costituzionali , al fine di poter far conoscere la propria prospettiva su una

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certa questione giuridica, influenzando o tentando di influenzare previamente gli

sviluppi del diritto comunitario sul punto.

La Corte costituzionale, poi, interpella e coinvolge la Corte di Giustizia dell’Unione,

ogni volta che sia reputato necessario o altrimenti opportuno “chiarire il significato o gli

effetti di una disposizione della Carta”: quando vi sia una “connessione inscindibile” tra

diritti e principi costituzionali e quelli riconosciuti dalla Carta in un ambito segnato

dalla forte incidenza del diritto comunitario , permettendo, dunque, alla Corte di

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Giustizia di pronunciarsi sull’interpretazione della Carta quando essa risulti applicabile

ai sensi dell’art. 51 CDFUE; quando si dubiti della compatibilità di una disposizione di

diritto derivato con una o più norme della Carta, anche in riferimento alla regola di

(stretta) interpretazione conforme alla CEDU ; quando si vuole indurre il

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In un ordinamento “costituzionalizzato” come quello italiano, tale affermazione si risolve

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nell’attribuzione di una competenza particolarmente ampia. Si veda: R. Guastini, Interpretare e

argomentare, cit., pag. 362: “La sovra-interpretazione della costituzione è un atteggiamento

interpretativo che tende ad escludere che il diritto costituzionale sia lacunoso, e pertanto evita (previene) le lacune costituzionali, o comunque elabora norme inespresse atte a colmarle. […] Quando la costituzione è sovra-interpretata non residuano spazi vuoti di - ossia ‘liberi’ dal - diritto costituzionale…”; G. Pino, Interpretazione costituzionale e teorie della Costituzione, cit., pag. 43-44 (“L’idea che le norme costituzionali siano essenzialmente principi è strettamente associata, dunque, all’idea che la costituzione non sia un universo normativo strettamente e chiaramente delimitato, ma sia piuttosto un ambito dinamico, che si evolve nel tempo […]. Questo modello determina così la possibilità di fare appello ai principi costituzionali pressoché in ogni possibile contesto della vita sociale, in ogni possibile contesto della vita sociale, in ogni possibile conflitto di interessi, e di ridurre o forse eliminare gli spazi costituzionalmente “vuoti”.

Da ultimo, ordinanza della Corte costituzionale n. 182 del 2020 (estensore S. Sciarra).

266

È il caso dell’ordinanza della Corte costituzionale n. 117 del 2019 (estensore F. Viganò). Il

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riferimento è all’art. 52(3) CDFUE, sul quale vedi Capitolo IV, paragrafi 4 (“L’art. 6 del Trattato sull’Unione europea: adesione alla CEDU e Carta dei diritti fondamentali dell’UE”) e 5

ripensamento di una linea giurisprudenziale non condivisa , eventualmente

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evidenziandone i profili di contrasto con i principi fondamentali dell’ordinamento

costituzionale . Del resto, i controlimiti, ora da assumere nella loro funzione di

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“strumento di dialogo” da “minacciare sempre, attivare mai” , continuano ad essere

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individuati in maniera flessibile tramite giudizi di valore (contingenti) degli interpreti,

permettendo di distaccarsi, all’occorrenza, dalle scelte della giurisdizione comunitaria.

È con queste modalità, dunque, che la Corte costituzionale trasmette o veicola la propria

interpretazione dei diritti nello spazio costituzionale europeo poiché, se “l’apertura del

disegno costituzionale all’integrazione […] nel segno dei diritti”, fa sì che non si possa

Nell’ordinanza 24 del 2017, la Corte costituzionale, nel prendere atto del fatto che la legalità

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penale si atteggia diversamente nell’ordinamento dell’Unione e nell’ordinamento costituzionale, afferma che risolvendosi il principio nell’ordinamento interno in un rafforzamento delle garanzie e dei diritti dell’individuo, essa costituisce un “livello di protezione più elevato di quello concesso agli imputati dall’art. 49 della Carta di Nizza” e deve, perciò, ritenersi, “salvaguardato dallo stesso diritto dell’Unione, ai sensi dell’art. 53 della Carta”. La Corte italiana suggerisce al giudice europeo di cogliere l’occasione che le viene offerta per correggere la giurisprudenza Melloni - evidentemente reputata non condivisibile- su tale clausola: “altrimenti, il processo di integrazione europea, avrebbe l’effetto di degradare le conquiste nazionali in tema di libertà fondamentali e si allontanerebbe dal suo percorso di unificazione del rispetto dei diritti umani”.

È il caso della nota vicenda Taricco, considerata dalla dottrina italiana alla stregua di una

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vera e propria ‘saga dialogica’ dato il susseguirsi di una molteplicità di pronunce giurisdizionali avente oggetto il principio di ‘stretta’ legalità penale. Si veda: G. Piccirilli, “The ‘Taricco Saga’: the Italian Constitutional Court continues its European Journey” in European Constitutional

Law Review, 2018 pagg. 814 e ss “Between 2015 and 2018, a chain of judicial decisions by the

European Court of Justice and the Italian Constitutional Court drew significant attention in academic and judicial circles. […] The interest and suspense induced by every new decision along this chain made it seem, in terms of form and rhetoric, more and more like a real ‘saga’ – with plot twists, new protagonists and an uncertain ending that still left room for further evolution. The main passages of the ‘saga’ consisted of (at least) four judicial decisions, two issued by the Court of Justice and two by the Italian Constitutional Court: (1) a first preliminary ruling decision by the Court of Justice, whose application in the Italian legal order triggered (via a twofold question of constitutionality) (2) a preliminary reference by the Corte Costituzionale; (3) the subsequent decision in Luxembourg: and (4) the ‘last’ word of the Italian Court on the aforementioned questions of constitutionality”.

R. Bin, “Taricco, una sentenza sbagliata. Come venirne fuori?” in Diritto penale

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contemporaneo 4 luglio 2016. Vedi anche: S. Panunzio (a cura di) I diritti fondamentali e le Corti in Europa, Editoriale Scientifica Italiana, Napoli, 2005, (“controlimiti” come “arma” da

minacciare: “In tal modo, la stessa dottrina italiana dei controlimiti - e delle corrispondenti ‘riserve di sovranità’ di altri Paesi - potrebbe acquistare una valenza più effettiva, perché nei `giochi di potere' l'equilibrio tra le parti non si fonda sull'impiego concreto delle armi di cui esse dispongono, ma piuttosto - e tanto più quanto l'arma è ‘potente’- sul timore che l'arma possa essere impiegata”);

restare “insensibili” alle posizioni delle Corti europee , essa deve accompagnarsi ad

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una apertura uguale e contraria dell’ordinamento comunitario.

Il dialogo assume, dunque, la veste di soluzione al problema attuale dello spazio non

esclusivo, in cui si intersecano più carte dei diritti (Costituzione e Carta dei diritti

fondamentali dell’Unione), dal campo applicativo percepito come sovrapponibile, in cui

sono chiamati a confrontarsi più interpreti (Corte costituzionale e Corte di Giustizia), in

cui si moltiplicano “le occasioni di conflitto costituzionale, da prevenire o altrimenti

gestire mediante argomentazione giuridica” .

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Relazione 21 marzo 2019 del presidente della Corte costituzionale Giorgio Lattanzi sulla

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giurisprudenza costituzionale del 2018, pag. 20.

G. Itzcovich, “Nobili sogni e incubi. Teorie dell’interpretazione costituzionale e contesto

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CAPITOLO III - Il dialogo tra Corte costituzionale e Corte