CAPITOLO I Il dialogo tra giudici nello spazio costituzionale europeo
6. Il dialogo nello spazio costituzionale europeo come oggetto di indagine
Dopo aver constatato la moltiplicazione di riferimenti, impieghi o vere e proprie teorie
giuridiche a vario titolo incentrate sull’idea del dialogo e averne portato esempi -
dall’impiego in funzione meramente retorica a raffinati modelli di democrazia
deliberativa e rappresentativa - è emerso come il dialogo si sia progressivamente
emancipato e specializzato nell’ambito giudiziario [§ 1].
In questa sede, più che il successo del dialogo tout court interessa, in realtà, il successo
del dialogo tra giudici, fenomeno ascrivibile a pieno titolo alla progressiva centralità
assunta dal potere giudiziario rispetto agli altri poteri, in contesti globali, regionali e
nazionali. Disgraziatamente, però, la nozione di dialogo tra giudici, nonostante il
tripudio di apparizioni nei contributi della giurisprudenza teorica e pratica - e nelle
stesse sentenze dei giudici - è di incerta definizione. A valle, anzi, è dubbio - ed è stato
messo in dubbio - che il dialogo tra giudici sia un concetto unitario, talmente sono
promiscui gli usi che ne sono stati fatti [§2].
Come che sia, volendo volontariamente evitare di compromettersi circa la unitarietà o
meno del concetto, si è deciso, più in generale, di effettuare una ricognizione degli
ambiti in cui si è parlato di dialogo tra giudici [§§ 3-5]. E così, dunque, si è reso conto
di una stratificazione nell’impiego della formula: utilizzata nell’ambito del singolo
ordinamento, in funzione di metafora descrittiva della composizione dei rapporti tra
differenti giurisdizioni [§3]; utilizzata nell’ambito degli studi di diritto comparato per
mettere in evidenza il (contestato) fenomeno della citazione di precedenti di
giurisdizioni aliene [§4]; utilizzata nell’ambito del diritto costituzionale europeo per
C. Van de Heyning, “The European Perspective: from lingua franca to a common language”
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in M. Claes, M. de Visser, P. Popelier, C. Van de Heyning (eds), Constitutional Conversations in
Europe, op. cit., pagg. 181 e ss.: “Communication between courts is intended to achieve a
certain objective, e.g. to convince the other court to accept its position regarding a certain topic, or to show restraint towards this position. For example, a domestic court might propose a given interpretation of the right to equal treatment, either to convince the CJEU to adopt the same approach, or to convince the CJEU to allow the national court a margin of discretion on the application of the right to equal treatment”.
designare l’insieme di complesse interazioni intercorrenti tra Corti, carte ed ordinamenti
[§5].
La disamina in questione è funzionale a precisare ciò di cui ci si occuperà nella presente
indagine, che ha, infatti, ad oggetto, non il dialogo tra giudici tout court ma quello che è
stato (ri)definito come dialogo giudiziale nello spazio costituzionale europeo [§5].
L’indagine, dunque, fa riferimento al discorso dei giuristi sul dialogo delle corti nello
spazio costituzionale europeo: dialogo che annovera tra le proprie precondizioni di
pensabilità, da una parte, la “tendenza novecentesca” alla positivizzazione dei diritti
fondamentali sul piano nazionale e internazionale ; dall’altra, il progressivo abbandono
91della dogmatica del positivismo giuridico .
92È, del resto, proprio in riferimento a quest’ambito che possono rinvenirsi molteplici
affermazioni degli stessi giudici, i quali frequentemente e scopertamente dichiarano di
far parte di un processo dialogico in continua evoluzione. La Corte costituzionale
italiana, ad esempio, parla di “dialogo e cooperazione” per descrivere i propri rapporti
In merito alla positivizzazione dei diritti come “tendenza novecentesca”, occorre ricordare
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che già nel corso dell’Ottocento, le aspirazioni e le rivendicazioni in materia di diritti “mettono radici nella realtà”, trovando una prima realizzazione mediante la loro incorporazione negli Stati di legislazione europei continentali (Così, M Barberis, Una filosofia del diritto per lo stato
costituzionale, Giappichelli, Torino 2017). La ‘giuridificazione’ propria del secolo successivo,
tuttavia, è una grandezza incommensurabile rispetto alla sua diretta antenata. Se è, infatti, vero che anche nel Novecento siamo di fronte a diritti fondamentali ‘positivi’, poiché ‘posti’ dall’esercizio del potere costituente, ben diverse sono consistenza e conformazione di tali diritti: ora essi costituiscono un prius, un dato originario, opponibile al sovrano, e da cui il resto discende a mo’ di corollario. Dai diritti dello e nello Stato, ai diritti prima dello Stato ed, eventualmente, anche contro di esso. Nel momento in cui il giudice è chiamato a giudicare il rispetto della Costituzione, i diritti fondamentali divengono criterio di giudizio dell’azione statale: in una parola, essi sono limiti giuridici al potere, cioè azionabili giudizialmente.
G. Itzcovich, “Dialogo tra giudici e cultura giuridica”, paper presentato al workshop “Dialogo
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e riconoscimento fra corti nazionali e internazionali”, Università degli Studi di Parma, 7 marzo 2018: “La nascita di un dialogo tra i giudici implicava l’abbandono del principio di esclusività dell’ordinamento giuridico, cioè della nozione, diffusa nella dottrina di orientamento normativistico, secondo cui ogni ordinamento esclude la rilevanza delle norme che non gli appartengono: una norma può essere obbligatoria solo se prodotta dalle autorità competenti dell’ordinamento oppure, se prodotta da autorità esterne, solo se l’ordinamento le include e le recepisce mediante rinvio (renvoi) e delega di autorità (Ermächtigung). È questo, secondo il civilista Guido Tedeschi, ‘il carattere fondamentale – che si può dire solipsistico – della sovranità o esclusività di ogni sistema giuridico’”.
con la Corte europea dei diritti dell’uomo e di “un quadro di costruttiva e leale
93cooperazione” relativamente al rapporto con l’istituzione giudiziaria comunitaria,
affermando altresì che “le Corti costituzionali sono chiamate a valorizzare il dialogo
con la Corte di Giustizia” . La Corte di Giustizia dell’Unione europea, per contro, ha
94costantemente individuato nel procedimento del rinvio pregiudiziale “un dialogo da
giudice a giudice tra la Corte e i giudici degli Stati membri” . Anche nelle sentenze
95della Corte europea dei diritti dell’uomo non mancano i riferimenti al dialogo: ad
esempio, la riforma del controverso istituto delle misure di sicurezza tedesche
(nachträgliche Sicherungsverwahrung) è avvenuta “against the background of a
dialogue between this Court and the Federal Constitutional Court” oppure, ancora più
96significativamente, il giudice rumeno Iulia Antoanella Motoc fonda la propria
Sentenza della Corte costituzionale italiana n. 49/2015, considerato in diritto par. 7 (“Del
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resto, tale asserzione non solo si accorda con i principi costituzionali, aprendo la via al
confronto costruttivo tra giudici nazionali e Corte EDU sul senso da attribuire ai diritti dell’uomo […]”; e di “incentiva[re] il dialogo fino a quando la forza degli argomenti non abbia
condotto definitivamente ad imboccare una strada, anziché un’altra. Né tale prospettiva si esaurisce nel rapporto dialettico tra i componenti della Corte di Strasburgo, venendo invece a coinvolgere idealmente tutti i giudici che devono applicare la CEDU, ivi compresa la Corte costituzionale”). Similmente, la House of Lords inglese ha menzionato un “valuable dialogue between this court and the Strasbourg Court” in R v Horncastle [2009] UKSC 14. Su tale giudizio concorda anche il giudice di nomina inglese della Corte europea dei diritti dell’uomo, Sir Nicolas Dušan Bratza che, nella concurrent opinion della sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo Case of Al-Khawaja and Tahery v. the United Kingdom, app. nn. 26766/05 e 22228/06 del 15 dicembre 2011, nota come “the present cases afford, to my mind, a good example of the judicial dialogue between national courts and the European Court on the application of the Convention”.
Sentenza della Corte costituzionale italiana n. 269/2017, considerato in diritto par. 5.2. Si
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tratta di un giudizio condiviso anche dalle Corti costituzionali o supreme di altri paesi europei: si veda, ad esempio, la sentenza della Corte costituzionale della Repubblica Ceca, 2008/11/26 - Pl. ÚS 19/08: Treaty of Lisbon I, par. 197 (“the relationship between the European Court of Justice and the Constitutional courts of Member States […] should continue to be a dialogue of equal partners”), la Declaración del Pleno del Tribunal Constitucional spagnolo n. 1/2004, de 13 dicembre 2004 (“en diálogo constante con las instancias jurisdiccionales autorizadas, en su caso, para la interpretación auténtica de los convenios internacionales que contiene enunciados de derechos coincidentes con los proclamados por la Constitución española”), la pronuncia del
Conseil d’Etat, 6 décembre 1978, Ministére de l’Intérieur c. Cohn-Bendit (“ni pour le
gouvernement des juges, ni pour la guerre des juges, mais pour le dialogue des juges”).
Sentenza della Corte di Giustizia del 5 dicembre 2017, M.A.S., EU:C:2017:936, C-42/17 par.
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22; Sentenza della Corte di Giustizia del 12 febbraio 2008, Willy Kempter KG, EU:C:2008:78, C-2/06 par. 42; Sentenza della Corte di Giustizia del 16 dicembre 2008, Cartesio Oktató és
Szolgáltató bt, EU:C:2008:723, C-210/06, par. 91.
Sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, Grand Chambre, Case of Ilnseher v.
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Germany, app. nn. 10211/12 - 27505/14, 4 December 2018, par. 224. Vedi anche la dissenting opinion del giudice portoghese Paulo Pinto de Albuquerque, cap. IV (“The context of the
concurring opinion, allegata ad una decisione in un controverso caso che coinvolge lo
Stato italiano, su esigenze di “coherence of the judicial dialogue between our Court and
the Italian domestic courts” .
97In ogni caso, la selezione è, evidentemente, già di per sé esplicativa dell’obiettivo del
presente scritto: non una definizione avente portata teorica o la costruzione di un
concetto generale di dialogo tra giudici - nel qual caso, infatti, l’oggetto sarebbe esteso
a tutte le ipotesi di dialogo -, bensì una mappatura e ricostruzione dell’emersione in
giurisprudenza dell’idea di un dialogo nello spazio costituzionale europeo. Tale
98operazione risulta funzionale a precisare i contorni della nozione di dialogo nello spazio
costituzionale europeo - in primo luogo, se questa rispecchi o meno una nozione
unitaria -, nonché a chiarificare perché - per descrivere quali fenomeni, per offrire
soluzioni a quali problemi - la cultura giuridica sia ricorsa all’idea di un dialogo tra
giurisdizioni nazionali, internazionali e sovranazionali.
In merito alle modalità di conduzione della ricerca sull’emersione dell’idea di un
dialogo tra le corti d’Europa, occorre precisare che questa sarà svolta sulla base di
un’analisi metagiurisprudenziale, senza fare esclusivo affidamento ad un preciso
concetto dogmatico di dialogo - ipostatizzato e cristallizzato in dottrina -, per quanto
questo possa risultare condiviso (o condivisibile).
Il dialogo nello spazio costituzionale europeo, dunque, verrà ricostruito guardando
direttamente al discorso e all’attività dei giuristi e, soprattutto, delle Corti, alle
affermazioni esplicite ed implicite sul dialogo, all’atteggiamento tenuto nei confronti
degli ordinamenti (o sistemi o livelli) concorrenti.
A tale fine, l’analisi sarà suddivisa in tre distinti segmenti: il primo, dedicato ai rapporti
tra giurisdizione nazionale italiana - in particolare costituzionale - e Corte di Giustizia
Grand Chambre, Case of G.I.E.M. S.r.l. and Others v. Italy, app. n. 1828/06, 28 Giugno 2018,
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Concurring Opinion of Judge Motoc. Nella stessa “introduction” di tale opinion, è, tra l’altro, possibile leggere, significativamente: “As European judges, we look at the dialogue between judges from our own perspective, that of the application of the European Convention on Human Rights. But to avoid reverting to a monologue, we need to understand the national authorities and sometimes, as Churchill supposedly once said, ‘courage is what it takes to stand up and speak; courage is also what it takes to sit down and listen’”.
Giurisprudenza da intendersi qui “nel suo significato risalente di sapienza giuridica
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(prudentia juris)” e dunque identificandosi qui “nel discorso dei giuristi accademici e dei
giudici”. R. Guastini, “Manifesto di una filosofia analitica del diritto”, in Rivista di filosofia del diritto" 1/2012, pag. 57.
dell’Unione europea; un secondo, dedicato ai rapporti tra giurisdizione nazionale
italiana - in particolare costituzionale - e Corte europea di Strasburgo e, infine, un
ultimo segmento dedicato ai rapporti reciproci tra il giudice dell’Unione e il giudice
della Convenzione.
Chiaramente, fare riferimento all’ordinamento giuridico italiano e alla Corte
costituzionale italiana (nonché alla cultura giuridica italiana) significa far riferimento ad
una esperienza singolare, tanto nel senso di peculiare quanto, e precipuamente, nel
senso di individuale. Tuttavia, l’esperienza così selezionata è, da una parte,
sufficientemente peculiare da costituire un campo di indagine e un ‘laboratorio
giuridico’ particolarmente interessante - tradizione giuridica ‘continentale’, forte
costituzionalizzazione dell’ordinamento giuridico , robusta tendenza alla apertura nei
99confronti del diritto internazionale -; dall’altra, è un’esperienza non singolare al punto
da costituire un unicum, potendo, invece, fornire chiavi di lettura e schemi interpretativi
utilizzabili anche in riferimento a frammenti di altre esperienze europee.
R. Guastini, “La costituzionalizzazione dell’ordinamento giuridico italiano”, in Ragion
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