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Alcune considerazioni finali: innovare per migliorare la qualità del servizio e della spesa, o mantenere lo status quo, “aspettando Godot”?

Tutela, promozione ed “amministrazione” della concorrenza per migliorare la qualità della spesa del SSN

2. L’erogazione di assistenza sanitaria da parte delle strutture private ed il “quasi mercato” delle prestazioni accreditate.

2.4. Alcune considerazioni finali: innovare per migliorare la qualità del servizio e della spesa, o mantenere lo status quo, “aspettando Godot”?

L’analisi condotta ha messo in luce, in relazione all’erogazione di prestazioni sanitarie in

98 Ibidem. In particolare, ha statuito il Consiglio di Stato che “i precedenti giurisprudenziali di questo giudice di appello

invocati dalla sentenza TAR appellata (vedi CdS, sez. III, n.3487/2015 e n.550/2013 ex multis), in realtà, hanno affermato che la realizzazione di strutture sanitarie resta condizionata alla verifica di compatibilità da parte della Regione in un quadro pianificatorio qualitativo e quantitativo, limitandosi a precisare che, tuttavia, ove mancasse lo strumento pianificatorio generale, la valutazione della compatibilità della nuova struttura con la programmazione regionale va fatta, comunque, sulla base di una verifica attuale del fabbisogno e della distribuzione territoriale delle strutture nel caso specifico, non potendosi condizionare l’attività economica privata al mancato tempestivo esercizio del potere pianificatorio”.

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favore degli utenti del SSN, un contesto normativo ed applicativo fortemente improntato dalla centralità e preminenza di parte pubblica, non solo – come evidente – in qualità di regolatrice del sistema, ma anche come principale erogatrice di prestazioni all’interno di esso, attraverso le Aziende UU.SS.LL. ed i propri presidi. Gli operatori privati, in tale contesto, rivestono un ruolo subalterno e succedaneo (100), ed agiscono nell’alveo di una concorrenza amministrata e

regolata dalle PP.AA., Regioni o Aziende UU.SS.LL. che siano.

La domanda che ci si è posti all’inizio del presente capitolo è: trattandosi di un settore in cui la presenza (anche) di operatori privati è fisiologica e necessaria, esistono margini per ottimizzare la suddetta presenza e per valorizzare la concorrenzialità e le dinamiche di mercato al fine di ottenere non solo un miglior servizio per gli utenti, ma anche una riduzione strutturale della spesa ad esso correlata? Alla luce del quadro studiato, si ritiene che la risposta possa essere positiva.

Più in particolare, a fronte di un finanziamento al SSN che, nel corso degli ultimi anni, ha avuto un trend di decrescita costante (101), di livelli di spesa tra i più bassi a livello europeo e,

per l’effetto, di un servizio sanitario in cui la garanzia di mantenimento degli attuali livelli essenziali di assistenza è sempre meno sostenibile, le soluzioni sono due: la prima è quella di attendere “immobili” che i livelli di finanziamento e di possibilità di spesa del SSN ricomincino ad aumentare, mantenendo nel frattempo inalterato un sistema organizzativo e regolatorio, com’è quello attuale, volto pressoché unicamente alla programmazione annuale di spesa da parte delle Regioni, al suo controllo ed al suo rispetto. Oppure – questa è la seconda soluzione – re-indirizzare parzialmente il detto sistema modificandone gli aspetti che più ingiustificatamente sacrificano, sull’altare di ragioni di controllo e contenimento dell’offerta di prestazioni, il potenziale miglioramento strutturale del servizio e della relativa spesa mediante

100 Il Consiglio di Stato, in alcune pronunce rese a seguito della riforma ter del SSN, ha coniato la nozione di “servizio pubblico integrato”, riferendosi all’assistenza, “complementare” a quella degli erogatori pubblici, resa dalle strutture private accreditate (Cons. Stato, Sez. IV, 26 gennaio 2004, n. 241, pubblicata su “www.giustizia- amministrativa.it”).

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l’apertura del mercato e l’incentivazione del gioco competitivo.

Primo di tali aspetti è senza dubbio quello delle autorizzazioni all’esercizio di attività sanitaria: proprio perché tale fase, antecedente a quella di accreditamento delle strutture private ad erogare prestazioni a carico del SSN, attiene esclusivamente allo svolgimento di attività sanitaria in regime privatistico e non comporta, dunque, alcuna spesa pubblica, non vi sono valide giustificazioni per non liberalizzare il mercato, continuando invece a subordinare alla programmazione regionale l’ingresso di nuovi erogatori nel medesimo. Specificamente, si crede che l’unica barriera all’avvio di nuova attività sanitaria debba restare soltanto – ad essenziale presidio della sicurezza degli utenti – il possesso dei requisiti minimi strutturali ed organizzativi prescritti ex lege. Aggiungere a ciò, come fa l’art. 8-ter comma 3 d.lgs. n. 502/1992, un’ulteriore barriera di carattere programmatorio (e dunque pienamente discrezionale per la P.A.), rappresentato dalla rispondenza della nuova struttura al “fabbisogno” regionale di prestazioni da essa offerte, finisce semplicemente per rafforzare la posizione degli operatori già presenti sul mercato impedendo la concorrenza a questi ultimi di nuovi erogatori, in grado anche – magari – di offrire prestazioni di maggiore qualità e/o a prezzi inferiori. Il che, lungi evidentemente dal rappresentare un detrimento di tutela della salute per gli utenti, costituirebbe semmai, per questi ultimi, un incremento di libertà nella scelta del luogo di cura ed una possibilità di risparmio nell’affrontare i costi ad essa correlati. A ciò si aggiunga che, quanto più i costi per l’assistenza in regime privatistico si riducono, tanto più lo spostamento su tale forma di assistenza diviene per gli utenti conveniente, con conseguente risparmio di prestazioni, e quindi di spesa, a carico del servizio sanitario pubblico. Alla luce di ciò non può che auspicarsi, a fortiori dopo le ripetute segnalazioni dell’A.G.C.M. in tal senso, che venga portato a termine il percorso di liberalizzazione di tale “fetta” di mercato avviato dall’art. 1 d.l. n. 1/2012 convertito in l. n. 27/2012, mediante l’abrogazione dell’art. 8-ter comma 3 d.lgs. n. 502/1992 con conseguente superamento di ogni forma di barriera di ordine pianificatorio pubblico, all’ingresso di nuovi erogatori privati nel mercato.

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Ulteriori aspetti su cui si ritiene sia possibile agire, in ottica di implementazione e razionalizzazione del servizio pubblico di assistenza sanitaria, attengono alle successive fasi di accreditamento degli operatori privati e di acquisto da questi ultimi di prestazioni da erogare agli utenti, a carico del SSR. Ciò che, in più occasioni, l’A.G.C.M. nell’esercizio della sua funzione di advocacy (102) e da ultimo anche il Segretario Generale della stessa Autorità (103)(104),

hanno posto in evidenza, è stato l’effetto distorsivo della concorrenza rappresentato dall’uso della “spesa storica” come criterio di calcolo per la suddivisione tra le strutture accreditate del

budget individuato a livello regionale. Tale criterio, infatti, favorisce esclusivamente gli operatori

già attivi sul mercato, la cui posizione può consolidarsi, nel corso degli anni, grazie al periodico riconoscimento del medesimo volume di prestazioni e, di conseguenza, del medesimo tetto di spesa (salvo decurtazioni di cui si dirà infra), indipendentemente dalla qualità dell’assistenza prestata; indipendentemente anche – ciò che più rileva da un punto di vista concorrenziale – dal fatto che vi siano strutture più efficienti e qualitativamente superiori, le quali, tuttavia, “non

si trovano nella condizione di poter far valere, ai fini della copertura della spesa, i migliori risultati raggiunti sia in termini di contenimento dei costi che di soddisfacimento della domanda” (105). La questione, dunque, in

questo caso non è tanto di limitazione d’apertura del mercato in sé e per sé considerata, quanto di implementazione di una concorrenzialità effettiva tra gli erogatori all’interno dello stesso: l’approccio al budget come ad un “diritto acquisito” non garantisce effetti

102 A.G.C.M., Regione Calabria – Determinazione dei tetti di spesa per le prestazioni di assistenza specialistica da privato. Anno

2014 (Segnalazione AS1181 in data 24 dicembre 2014, p. 1), pubblicata sul “Bollettino dell’Autorità Garante della

Concorrenza e del Mercato”, n. 12/2015; A.G.C.M., Sistema di ripartizione dei fondi del sistema sanitario nazionale tra i

laboratori di analisi e strutture di specialistica ambulatoriale accreditati (Segnalazione AS1021 in data 28 dicembre 2013).

103 CHIEPPA R.,Tutela della salute e concorrenza – Concorrenza, sostenibilità e qualità per il welfare sanitario, Op. cit., p. 16.

104 Si v. altresì LOTTINI M.,Il concorso dei privati al servizio sanitario nazionale: alternativi al pubblico o succedanei al

pubblico?”, in “il Foro Amministrativo T.A.R.”, 2008, fasc. 9, p. 2558. L’Autrice si riferisce, in particolare, ad

un’ulteriore segnalazione dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (A.G.C.M., Sistema di ripartizione

dei fondi pubblici tra i laboratori di analisi convenzionati con il sistema sanitario nazionale nella regione Puglia (Segnalazione

AS451 in data 24 aprile 2008)).

105 A.G.C.M., Regione Calabria – Determinazione dei tetti di spesa per le prestazioni di assistenza specialistica da privato. Anno

2014, cit.. Sulla base delle riportate considerazioni l’Autorità ha concluso che “l’utilizzo del criterio della spesa storica integra una violazione dei principi a tutela della concorrenza nella misura in cui elimina qualsiasi incentivo a competere tra le strutture accreditate e convenzionate con il SNN e attribuisce ad imprese già titolari di diritti speciali - per il solo fatto di essere accreditate e convenzionate con l’SNN - un indebito vantaggio concorrenziale, in violazione dell’articolo 106 del Trattato sul Funzionamento dell’UE”.

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concorrenziali, ed anzi li impedisce. A tal proposito sarebbe auspicabile pensare ad un meccanismo di attribuzione dei budget diverso, funzionale a valorizzare l’efficienza della singola struttura nonché l’effettivo soddisfacimento della domanda di prestazioni da parte degli utenti (106).

Né può sostenersi, in senso contrario a tale ipotesi, che il criterio di attribuzione dei

budget in base alla “spesa storica” sia imprescindibile perché funzionale alla programmazione

ed al contenimento della spesa sanitaria pubblica, tenuto conto che utilizzare criteri qualitativi, produttivi e di risposta alla domanda del mercato – come quelli poc’anzi elencati – non significa di certo, per ogni SSR, spendere di più, ma semplicemente spendere meglio. Ciò che, in altri termini, esprime il concetto di razionalizzazione mediante innalzamento della qualità della spesa, oltreché del servizio pubblico. Ed effettivamente è opportuno evidenziare che i suddetti criteri di ripartizione del budget, ove utilizzati, sono stati pienamente legittimati dal Giudice Amministrativo così come l’obiettivo, ad essi sotteso, “di ripartire la spesa sanitaria

secondo altri criteri, dettati dall'esigenza di consentire - con pari opportunità – l’accesso ai fondi ai nuovi soggetti accreditati, dal bisogno di elevare la misura delle prestazioni rese nei distinti ambiti territoriali, superando la concentrazione verso le strutture allocate nei grossi centri, tenendo conto della reale capacità erogativa delle strutture nonché degli obiettivi di appropriatezza e di governo della domanda” (107).

La superiore ipotesi di applicazione della distribuzione dei tetti di spesa al fine di premiare la qualità e la competitività del servizio reso anziché le posizioni acquisite nel corso del tempo, non collide con l’attenta posizione, a più riprese espressa dalla dottrina (108)(109),

106 Criteri esemplificativi che ha proposto l’A.G.C.M. sono “la dislocazione territoriale, le potenzialità di erogazione con

riferimento alla dotazione tecnologica, le unità di personale qualificato, le modalità di prenotazione e di accesso alle prestazioni sanitarie, la correttezza dei rapporti con l’utenza - ispirati al principio di non discriminazione” (A.G.C.M., Segnalazione

AS1181 in data 24 dicembre 2014, cit. p. 1).

107 Cons. Stato, 21 febbraio 2012, n. 921, pubblicata su “www.giustizia-amministrativa.it”.

108 TARULLO S., Concorrenza ed evidenza pubblica nel sistema degli accreditamenti sanitari tra regole nazionali e assetti

comunitari, in “Munus”, 2012, fasc. I, pp. 35 e ss.. In particolare, l’Autore rimarca come l’evidenza pubblica per

l’assegnazione dei contratti ex art. 8-quinquies non solo si porrebbe in contraddizione con il previo meccanismo di accreditamento (che non avrebbe senso di esistere, se la selezione avvenisse in seguito, mediante procedura di gara ex d.lgs. n. 163/2006), ma rappresenterebbe un’evidente compressione della concorrenza e della libertà di scelta del luogo di cura da parte dell’utente, dal momento che a quest’ultimo sarebbero imposte le sole strutture private preselezionale dall’Amministrazione sanitaria, le quali peraltro sarebbero poste al riparo della concorrenza di tutte le altre, soltanto perché sconfitte in sede di gara.

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secondo cui non è pensabile, né in relazione all’accreditamento né ai successivi contratti tra Azienda USL e privati, l’applicazione di vere e proprie procedure di gara ad evidenza pubblica per la selezione e la limitazione degli erogatori da cui acquistare le prestazioni necessarie. L’ipotesi qui prospettata, infatti, non limita né preseleziona il novero degli erogatori, ma, semplicemente, è volta a premiare chi, tra loro, offra il servizio migliore e, dunque, soddisfi maggiormente la domanda del mercato. Si tratta, insomma, non di una limitazione, ma di un incentivo del gioco competitivo al fine di migliorare, a parità di spesa, la qualità ed il livello dell’assistenza in favore degli utenti del SSN.

Sempre in ottica di razionalizzazione del servizio mediante una più stringente tutela delle dinamiche competitive, sono favorevolmente apprezzabili misure come quella inserita all’art. 15 comma 13 lett. b) d.l. n. 95/2012 convertito in l. n. 135/2012, volte alla riconduzione delle remunerazioni dei contratti in essere – mediante rinegoziazione “coatta” degli stessi – a prezzi di riferimento individuati a livello statale, per tutto il territorio nazionale (110). Se, in àmbito di

prestazioni sanitarie accreditate, l’individuazione di prezzi di riferimento nazionali può essere superflua per quelle in relazione alle quali esista già un tariffario nazionale (111) (a patto che

quest’ultimo sia oggetto di aggiornamenti periodici), così non è per le prestazioni di “assistenza

ospedaliera e ambulatoriale” di cui ai commi 1 e 2 del d.lgs. n. 502/1992: tale forma di assistenza,

infatti, è remunerata “in base al costo standard di produzione del programma di assistenza”, che viene definito a livello regionale e, quindi, in maniera potenzialmente molto eterogenea in àmbito

109 Nel senso di sostenere la sussistenza di un diritto ad accedere alla contrattazione per tutte le strutture che abbiano ottenuto l’accreditamento, per il solo fatto di avere ottenuto l’accreditamento, si v. AICARDI N.,La sanità, in CASSESE S.,(a cura di), Trattato di diritto amministrativo, Diritto amministrativo speciale, Giuffrè Editore, Milano, 2003, p. 675. Un altro Autore aggiunge, come presupposto del suddetto diritto di stipulare un contratto ex art. 8-

quinquies d.lgs. n. 502/1992, la previa accettazione delle tariffe di cui all’art. 8-sexies d.lgs. n. 502/1992 (GALLO C.E.,Pubblico e privato nel servizio sanitario nazionale: i presidi sanitari privati, in “Sanità Pubblica”, 1997, pp. 384 e ss.).

110 In particolare, l’art. 15 comma 13 lett. b) d.l. n. 95/2012 – già in precedenza esaminato (si v. supra, pp. 88 e ss.) – impone la rinegoziazione dei contratti di fornitura di beni e servizi di valore superiore al 20% rispetto ai “prezzi

di riferimento” individuati a livello nazionale, ai sensi dell’art. 17 comma 1 lett. a) d.l. n. 98/2011 convertito in l. n.

111/2011.

111 Si tratta, in particolare, delle prestazioni di “assistenza ospedaliera per acuti […] in regime di degenza ordinaria e di day

hospital” e delle “prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale”, in relazione alle quali l’art. 8-sexies comma 1 ultimo

periodo e comma 4 d.lgs. n. 502/1992 prevedono che la remunerazione sia determinata in base a tariffe predefinite per prestazione.

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nazionale. Ebbene, rispetto a tale tipologia di assistenza è auspicabile intraprendere un percorso che – in linea con misure come quelle contenute nel richiamato d.l. n. 95/2012 e, ancor prima, nel d.lgs. n. 68/2011 in tema di definizione di costi e fabbisogni standard a livello nazionale (112) – miri a raggiungere un livellamento, o quantomeno una convergenza (113), su

tariffe “di riferimento”, che garantiscano la remunerabilità della prestazione permettendo, al contempo, di evidenziare ed eliminare le inefficienze organizzative e/o gestionali da cui scaturiscono, a livello locale, remunerazioni ingiustificatamente più elevate, tali da (altrettanto ingiustificatamente) avvantaggiare gli erogatori che le percepiscano. Ciò rappresenterebbe quella “uniformazione verso l’alto” della tutela della salute in termini di efficienza, efficacia e, appunto, economicità, che la dottrina, osservando le potenzialità concorrenziali tra erogatori di assistenza sanitaria, ha iniziato ad auspicare sin da quando sono stati individuati per la prima volta i LEA (114).

Paiono insomma emergere, dall’analisi, molteplici aspetti su cui l’organizzazione dell’assistenza sanitaria a carico (e non) del SSN potrebbe essere innovata e riformata in ottica maggiormente pro-concorrenziale (nel senso “dinamico” ben noto al diritto eurocentrico e più volte richiamato dalla giurisprudenza costituzionale (115)), al fine di lucrare i benefici che

proprio la concorrenza – ancorché necessariamente “amministrata” – può garantire in termini di incremento di qualità della spesa, ossia, come già più volte evidenziato, di strutturare un

112 Per un’analisi più approfondita della normativa contenuta nel d.lgs. n. 68/2011 e delle sue ripercussioni applicative in termini di contenimento della spesa sanitaria, si v. supra, Cap. 2, § 5.1..

113Rispetto alla rinegoziazione dei soli contratti di valore superiore del 20% ai “prezzi di riferimento” nazionali, l’A.G.C.M. propone una rinegoziazione di tutti i contratti superiori ai detti prezzi, “ancorché in misura minore del

20%” (in tal senso il Segretario Generale dell’A.G.C.M., si v. CHIEPPA R., Tutela della salute e concorrenza –

Concorrenza, sostenibilità e qualità per il welfare sanitario, Op. cit., p. 17).

114 CIARDO C., Concorrenza amministrata e federalismo sanitario. Confronto tra NHS e SSN, in “Diritto pubblico comparato ed europeo”, 2008, fasc. 1, pp. 390-391.

115 Nella nota sentenza n. 14/2004 la Consulta, riferendosi alla riforma del Titolo V della Costituzione ed all’inserimento, tra le materia di competenza esclusiva statale, anche la concorrenza, ha statuito che “proprio l'aver

accorpato, nel medesimo titolo di competenza, la moneta, la tutela del risparmio e dei mercati finanziari, il sistema valutario, i sistemi tributario e contabile dello Stato, la perequazione delle risorse finanziarie e, appunto, la tutela della concorrenza, rende palese che quest’ultima costituisce una delle leve della politica economica statale e pertanto non può essere intesa soltanto in senso statico, come garanzia di interventi di regolazione e ripristino di un equilibrio perduto, ma anche in quell’accezione dinamica, ben nota al diritto comunitario, che giustifica misure pubbliche volte a ridurre squilibri, a favorire le condizioni di un sufficiente sviluppo del mercato o ad instaurare assetti concorrenziali”

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sistema in cui siano le condotte (competitive) degli operatori a perseguire continuativamente (ed indipendentemente dall’imposizione normativa o amministrativa di tagli lineari e “spot” dei costi), il migliore e più efficiente livello di spesa perseguibile. Si ritiene che tale soluzione sia valida (ed una delle principali) per continuare a garantire la sostenibilità dei livelli essenziali di assistenza in favore degli utenti, soprattutto in casi – come quello attuale – di progressivo de- finanziamento del SSN. A meno che, questa è la seconda ipotesi, non si decida di mantenere il sistema attuale, restando in attesa della possibilità di incrementare nuovamente le risorse da destinare all’assistenza sanitaria pubblica: possibilità che in questo momento, come confermato dai dati di spesa degli ultimi anni in precedenza riportati (116), pare ancora ben

lontana dal potersi concretizzare.