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La spesa sanitaria oggi: cosa è stato fatto E cosa resta da fare.

salvaguardando i livelli essenziali delle prestazioni: una sfida (ancora) possibile?

7. La spesa sanitaria oggi: cosa è stato fatto E cosa resta da fare.

208 Atto di segnalazione di ANAC al Governo ed al Parlamento, 10 giugno 2015, n. 4, pubblicato su “www.anticorruzione.it/portal/rest/jcr/repository/collaboration/Digital%20Assets/anacdocs/Attivita/Atti/atti DiSegnalazione/AttoSegnalazione.n.4_10.06.2015.pdf”.

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I dati di spesa del SSN attestano che, a partire dal 2009 (uno dei primi anni in cui la crisi economico-finanziaria ha investito in maniera più pesante il nostro Paese), la spesa sanitaria pubblica è aumentata ogni anno, mediamente, dello 0,7% (209). Si tratta di una percentuale di

crescita estremamente bassa; basti pensare che nel quinquennio precedente (2003-2008) il trend di crescita era più di sei volte superiore, attestandosi intorno al 6% annuo.

Il dato sopra riportato, se letto unitamente alla circostanza che nel 2012 il SSN è comunque riuscito a raggiungere l’equilibrio di bilancio (che mancava dal 1990), e che tale equilibrio sia stato poi mantenuto anche nel 2013 e nel 2014 (210), dimostra altresì un deciso

miglioramento della governance della spesa sanitaria e della capacità di contrastare, della medesima, tutti gli aumenti incontrollati e non coperti dai finanziamenti programmati annualmente. Ciò sta permettendo peraltro, alle Regioni in deficit, di gestire i propri Servizi Sanitari Regionali con maggiore equilibrio e stabilità rispetto al passato, oltreché di tentare di ricucire, progressivamente, i debiti pregressi accumulati nel tempo.

Il 2015 ha pienamente confermato il trend: il SSN infatti, con un avanzo di 346 milioni di Euro, ha raggiunto come nei tre anni precedenti un equilibrio di bilancio che, ormai, alla luce di tale continuità di risultati, è stato ritenuto dai più autorevoli osservatori nazionali “strutturale

e non più occasionale” (211): solo tre, nel 2015, sono rimaste le Regioni (Sardegna, Liguria e Molise)

con disavanzi rilevanti (212).

Indubbiamente si tratta di aspetti tutti positivi e denotanti, complessivamente, un migliore e più responsabile approccio da parte delle Regioni alla gestione dei propri sistemi sanitari nel rispetto delle quote di Fondo sanitario nazionale programmate e loro assegnate per garantire i livelli essenziali di assistenza in favore degli utenti. Più in particolare, i superiori risultati in termini di equilibrio di bilancio possono far concludere che, senza dubbio, l’insieme di misure, sin qui analizzate, e costituite da un lato dalla concertazione Stato-Regioni e dalla

209 CERGAS UNIVERSITÀ BOCCONI (ARMENI P., CANTÙ E., CARBONE C., LONGO F., PETRACCA F., SOMMARIVA S.,RICCI A.)(a cura di),Rapporto OASI 2015: Osservatorio sulle Aziende e sul sistema sanitario italiano – Executive Summary, Egea Editore, Milano, 2015.

210Idem, p. 2.

211 CERGASUNIVERSITÀ BOCCONI (ARMENI P.,FENECH L.,FURNARI A.,LONGO F.,PETRACCA F.,RICCI A.) (a cura di),Rapporto OASI 2016: Osservatorio sulle Aziende e sul sistema sanitario italiano – Executive Summary, Egea

Editore, Milano, 2016, p. 5.

212Ibidem. In particolare, la Sardegna ha registrato un disavanzo di 340 milioni di Euro, la Liguria 110 milioni di Euro ed il Molise 23 milioni di Euro.

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responsabilizzazione di queste ultime nella gestione dei propri SS.SS.RR. e dei propri disavanzi mediante piani di rientro e commissariamento ad acta, e, dall’altro, dal ri-accentramento statale al fine di imporre comuni misure di contenimento dei costi “inefficienti” e di gestione di determinati capitoli di spesa, hanno effettivamente prodotto risultati positivi e, ancor più nel dettaglio, quella razionalizzazione della spesa imprescindibile per mantenere sia i bilanci in equilibrio sia i livelli essenziali di assistenza in favore degli utenti.

Dunque se la risposta al quesito con cui è stato aperto il presente capitolo (è ancora possibile razionalizzare la spesa salvaguardando i livelli essenziali di assistenza?) dovesse essere data oggi, essa sarebbe positiva.

Ma nell’immediato futuro potrebbe cambiare, anche repentinamente. Il punto, infatti, è che le misure sinora adottate sono destinate a non bastare in un contesto come quello attuale, di progressiva riduzione delle risorse dedicate a finanziare il SSN e, dunque, la tutela (pubblica) della salute. A livello europeo, nel 2014, solamente la Spagna ha fatto registrare un livello di spesa sanitaria totale inferiore a quello dell’Italia (213), il cui tasso complessivo di crescita della

spesa del SSN, tra il 2010 ed il 2014, è stato addirittura negativo (–1,4%), tanto da portare a concludere che – quantomeno apparentemente – “la sanità non sembra essere considerata né un

volano di potenziale sviluppo sociale né di crescita economica” (214).

Questi sono i dati di fatto alla luce dei quali guardare all’immediato futuro. Ed ecco, allora, che l’unico pensiero realistico da fare oggi è che anche negli anni a venire, quantomeno i prossimi, con ogni probabilità l’approccio non sarà (o forse meglio, non potrà essere) quello più auspicabile, di incremento dei finanziamenti e delle risorse dedicate al SSN, ma, così come negli anni appena trascorsi, esattamente l’opposto.

Ebbene, se così (verosimilmente) sarà, il percorso di razionalizzazione della spesa sanitaria pubblica sin qui affrontato dovrà – necessariamente – proseguire, poiché è questa l’unica via per tentare di scongiurare un abbassamento dei livelli essenziali delle prestazioni in

213 Alla luce di altri studi, estesi a livello internazionale, l’Italia è ultima, tra i Paesi del G7, per spesa pubblica, ma seconda solo agli USA per spesa out-of-pocket (vale a dire spesa direttamente sostenuta dagli utenti) (si v. FONDAZIONE GIMBE, Rapporto sulla sostenibilità del Servizio sanitario nazionale 2016-2025, 7 giugno 2016, pubblicato su “www.rapportogimbe.it”, p. 13).

214 CERGASUNIVERSITÀ BOCCONI (ARMENI P.,FENECH L.,FURNARI A.,LONGO F.,PETRACCA F.,RICCI A.) (a cura di),Rapporto OASI 2016: Osservatorio sulle Aziende e sul sistema sanitario italiano – Executive Summary, Op. cit.,

p. 5. Il Rapporto evidenzia inoltre come, alla luce dei dati ISTAT, tra il 2010 ed il 2014 il livello di incidenza della spesa sanitaria sulla complessiva spesa pubblica sia sceso dal 14,9% al 14%.

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favore degli utenti, che, a livello europeo, proprio alla luce dei sopra riportati dati di (decremento di) spesa nazionale, ci viene invece prospettato come inevitabile (215). Già oggi,

infatti, la situazione di sostenibilità dei livelli essenziali è critica in molte Regioni, soprattutto in quelle sottoposte a Piani di rientro: di recente, il Ministro della Salute, anticipando i risultati della c.d. “Griglia LEA 2015” (216), ha evidenziato che in ben cinque Regioni (217), pur essendo

migliorati i conti delle casse regionali e le gravi situazioni di disavanzo in cui le stesse versavano, i livelli essenziali di assistenza sono a rischio perché non vengono garantiti a dovere, in favore degli utenti del SSN (218).

Pertanto, continuare a cercare i costi inefficienti del SSN per reciderli selettivamente resta, a tutt’oggi, l’imperativo categorico per salvaguardare i livelli essenziali delle prestazioni e, con essi, gli stessi principi di equità, uguaglianza ed universalità su cui si fonda il SSN. A tal proposito occorrerà, anzitutto, implementare le misure di razionalizzazione della spesa sanitaria fin qui esaminate, nelle parti in cui presentino difetti o anche solo margini di miglioramento applicativo.

Il primo caso è quello del contrasto alla corruzione, che da ricerche recentemente condotte comporta, ogni anno, esborsi illeciti di risorse pubbliche – che meglio potrebbero e dovrebbero essere destinate e spese – per oltre 6 miliardi di Euro. L’Italia, in Europa, risulta ancora oggi tra i primi Paesi (ci superano solo Bulgaria e Grecia) per presenza ed incidenza di fenomeni corruttivi all’interno della Pubblica Amministrazione (219). Come già supra rilevato

(220), molto ancora si può fare per modificare ed integrare la normativa anticorruzione, che,

con specifico riferimento al settore sanitario, manca di una serie di previsioni minime (prevenzione dei conflitti d’interessi non solo per i vertici aziendali ma anche per figure

215 Tra le raccomandazioni all’Italia da parte della Organisation for Economic Co-operation and Development (OECD), figurava già nel 2015 quella di “garantire che gli sforzi in atto per contenere le spesa sanitaria non vadano a intaccare la qualità

dell’assistenza” (OECD, Reviews of Health Care Quality – Italy Raising Standards, 2014, 15 gennaio 2015, pubblicata su

“www.oecd.org/health/health-systems/Review-of-Health-Care-Quality-ITALY-ExecutiveSummary.pdf”). 216 Fa parte di uno specifico Rapporto (denominato “Mantenimento nell’erogazione dei LEA”) con cui il Ministero della Salute, di anno in anno, verifica attraverso 32 indicatori di qualità e di appropriatezza, che le Regioni garantiscano l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza riconosciuti in favore di tutti gli utenti.

217 Si tratta, in particolare, di Sicilia, Calabria, Campania, Molise e Puglia.

218 Si v.: Lorenzin, cure sotto la soglia minima in 5 Regioni, 30 marzo 2017, articolo di stampa pubblicato su “www. repubblica.it”.

219 TRANSPARENCY INTERNATIONAL ITALIA, Indice di percezione della corruzione 2016, presentato presso la sede dell’ANAC il 25 gennaio 2017.

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dirigenziali di rilievo all’interno delle Aziende sanitarie) per poter rappresentare un quadro complessivamente credibile di contrasto ai fenomeni corruttivi. Ed ancora, alla luce del pesante radicamento di tali fenomeni nelle Amministrazioni sanitarie, si ritiene fondamentale ampliare e rafforzare, rispetto a quanto oggi previsto, i meccanismi di formazione e di aggiornamento dei funzionari pubblici, in particolar modo di quelli occupanti ruoli “sensibili” e più esposti a condotte illecite, giacché si crede – e ciò ha trovato conferma in molteplici dichiarazioni dell’attuale Presidente di ANAC – che essendo ormai la corruzione una patologia endemica, la lotta a quest’ultima debba necessariamente passare anche da una progressiva, per quanto inevitabilmente lenta, ri-educazione e ri-formazione dei pubblici dipendenti che, ogni giorno, con essa rischiano di avere a che fare. Accanto a ciò occorre prevedere, da un lato, misure concrete di maggior tutela in favore di tutti i whistleblowers (pensando anche a meccanismi premiali per incentivare la segnalazione di fatti corruttivi a cui si è assistito durante il servizio), e dall’altro severe e rigide sanzioni nei confronti dei rei di corruzione.

Per quanto riguarda le restanti misure di razionalizzazione della spesa finora esaminate, ciò che ad esse è mancato e su cui, dunque, si può lavorare, è stata la volontà di adottare misure volte non tanto a contenere semplicemente una determinata spesa, quanto a migliorarne la qualità (logica, questa, che guarda al lungo periodo, ottenendo effetti durevoli nel tempo). Tradotto in termini concreti: imporre uno sconto sul rimborso di un farmaco o di una categoria di farmaci è una misura positiva oggi, perché permette di ottenere un risparmio

hic et nunc, ma perderà effetto nel futuro, quando quei farmaci saranno superati e ne saranno

immessi in commercio altri.

Ebbene, si crede che la sfida più importante del prossimo futuro, per il SSN, sia di superare la suddetta logica e di adottare misure finalizzate a migliorare strutturalmente la qualità della spesa sanitaria, o di specifici settori al suo interno, incentivando, dal momento della loro adozione e per il futuro, comportamenti, azioni e condotte tali da garantire – sempre ed automaticamente – al Servizio Sanitario Nazionale, i livelli di spesa (più) efficienti per quel determinato settore (221). Tale ultima tipologia di misure può trovare una delle sue espressioni

221 La circostanza che “[l]e esigenze di contenimento dei costi impongono cambiamenti profondi”, e che “[s]enza cambiamenti, il

processo sarà regolato da una progressiva riduzione della spesa che si tradurrà in una riduzione della qualità del servizio” sanitario,

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più evidenti, in ambito sanitario, nella regolamentazione della concorrenza, in modo tale da rendere quest’ultima e, più in particolare, le condotte competitive dei soggetti privati attivi nel sistema sanitario – sia tra di loro sia rispetto agli erogatori pubblici – sempre più funzionale alla tutela della salute degli utenti razionalizzando le risorse economico-finanziarie necessarie per garantirla.

Creando così, nel senso sopra prospettato, un circolo virtuoso per cui sia la tenuta di condotte concorrenziali sul mercato a garantire, continuativamente, i livelli di spesa più efficienti per il SSN.

(CHIEPPA R., Tutela della salute e concorrenza – Concorrenza, sostenibilità e qualità per il welfare sanitario, in “Sanità pubblica e privata”, 2017, fasc. 1, p. 5).

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Capitolo 3

Tutela, promozione ed “amministrazione” della concorrenza