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Alcune ipotesi sottostanti al modello di Zodrow e Mieszkowski e il caso delle

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Al contrario, quando la funzione di produzione è di tipo Cobb-Douglas ( ) si ha che sia nel caso di rendimenti costanti nei soli fattori privati ( ) sia in quello di

rendimenti costanti in tutti i fattori ( ) (Matsumoto (2010)).

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Beck (1983) osserva come i risultati dei vari modelli di concorrenza fiscale dipendano in modo cruciale dalle ipotesi relative ai pesi che i governi assegnano ai due possibili obiettivi della massimizzazione del gettito e della massimizzazione del reddito dei fattori immobili, nonché dal vincolo esogeno che impone che le risorse necessarie a finanziare i beni pubblici debbano essere rinvenute mediante la tassazione del capitale. Beck parte dalla teorizzazione di Oates per poi focalizzare la propria attenzione sui beni pubblici destinati alle imprese. Si può affermare che le decisioni di allocazione delle stesse sono efficienti solo nel momento in cui queste siano tenute a pagare un ammontare di imposte pari al costo dei servizi pubblici di cui beneficiano. Se l’unico obiettivo del governo fosse quello della massimizzazione del gettito, sicuramente le imposte non verrebbero portate a un livello inferiore rispetto a quello che garantisce un gettito societario tale da coprire il costo dei servizi pubblici destinati alle imprese. Tuttavia, nel caso in cui tali servizi non andassero a esclusivo beneficio delle imprese, producendo utilità anche per le famiglie residenti – sempre sotto l’ipotesi che tali servizi debbano essere tassativamente finanziati tramite imposte sul capitale – il livello impositivo sarebbe più basso rispetto a una situazione di first-best e il beneficio marginale dei servizi pubblici si manterrebbe a un livello superiore rispetto al corrispondente costo marginale.

Infine, Beck osserva come, nel caso in cui il governo fosse interessato alla massimizzazione del reddito del fattore immobile lavoro, per valutare l’effetto complessivo sul benessere della concorrenza fiscale si dovrà tenere conto anche delle specifiche condizioni di regolamentazione salariale presenti all’interno della giurisdizione. Difatti, se esistesse una regolamentazione salariale rigida, si avrebbe una situazione di disoccupazione involontaria in cui il prodotto marginale del lavoro – corrispondente al salario fissato autoritativamente – è più alto del costo opportunità dello stesso lavoro – dato dal salario a cui sarebbe disposto a lavorare il lavoratore marginale. Grazie alla concorrenza tra governi per attirare investimenti, le aliquote sul capitale sarebbero ridotte e ciò provocherebbe un aumento dello stock di capitale e a cascata del prodotto marginale del lavoro, riducendo la disoccupazione involontaria. Come rilevato da Wilson (1991), la situazione si complica ulteriormente nel caso di giurisdizioni grandi. Nel momento in cui si considera la possibilità di giurisdizioni di

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grandi dimensioni si introduce difatti un nuovo elemento nell’analisi: il potere, da parte dei governi di tali giurisdizioni, di influenzare il tasso di rendimento del capitale post- imposte. Se una grande giurisdizione, , aumenta unitariamente l’aliquota della propria imposta sul capitale, , si produce un aumento interno del costo del capitale minore di 1, precisamente pari a . Il tasso di interesse sarà ora influenzato dall’aumento dell’aliquota , e in particolare sarà negativo onde garantire il clearing del mercato dei capitali. La domanda di capitale sarà ora meno sensibile all’aumento impositivo, non essendo più la giurisdizione un semplice price-taker nei confronti di . Adesso la condizione marginale di equilibrio nella fornitura dell’input pubblico sarà data da:

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Risulta pertanto che la presenza di un potere di mercato da parte delle giurisdizioni grandi porta con sé un aumento dell’efficienza economica. Abbassando il costo marginale della fornitura di un input pubblico si produce un aumento della corrispondente offerta.

Sempre Wilson (1991) individua nella diversità delle dimensioni delle giurisdizioni un’altra fonte di inefficienza. Come si vede dalla condizione di equilibrio nella fornitura del bene pubblico per giurisdizioni che esercitino un potere di mercato sul tasso di rendimento post-imposte del capitale, le aliquote di equilibrio varieranno da giurisdizione a giurisdizione a seconda del fatto che il costo del capitale, , sia o più o meno sensibile a una variazione dell’aliquota . Difatti quanto più le dimensioni di una giurisdizione sono grandi tanto più piccola è l’elasticità del capitale rispetto all’aliquota e tanto maggiore sarà la variazione di che segue alla variazione dell’aliquota . Di conseguenza sarà meno intensa la concorrenza fiscale cui è sottoposta la giurisdizione, ciò che si traduce in una minore riduzione dell’aliquota e, in definitiva, in una più alta aliquota d’equilibrio. Il risultato finale sarà un puzzle di diverse giurisdizioni con diverse aliquote di equilibrio e quindi un’allocazione sub- ottimale dei fattori produttivi.

Giurisdizioni più piccole presentano minori aliquote di equilibrio, quindi un più basso costo del capitale e pertanto un rapporto maggiore. Disponendo di una maggiore

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quantità di capitale per unità di lavoro, il prodotto marginale del lavoro sarà maggiore e di conseguenza lo sarà anche il saggio salariale.

Oates (2001a) individua le condizioni che devono essere rispettate affinché la concorrenza fiscale conduca a risultati Pareto-efficienti (in presenza di governi benevolenti): i governi devono essere sufficientemente piccoli da non avere un potere di mercato sul prezzo del capitale; debbono altresì disporre di un set completo di strumenti fiscali e, per quanto riguarda specificamente la tassazione dei fattori mobili, devono disporre di quegli strumenti fiscali che gli permettano di applicare un’imposizione basata sul principio del beneficio; le politiche pubbliche non devono produrre esternalità sulle altre giurisdizioni. Date queste condizioni, i governi si faranno concorrenza per attirare il capitale mobile ricorrendo a politiche che ricorrono all’addebitamento del costo marginale: in ogni giurisdizione le imprese si troveranno di fronte a delle imposte che riflettono il costo marginale della fornitura dei servizi pubblici. In questo modo le decisioni di localizzazione produttiva delle imprese saranno efficienti e le giurisdizioni saranno spinte a offrire livelli efficienti di servizi pubblici. Va da sé che, in presenza di governi Leviatani, ossia di governi che non massimizzano esclusivamente il benessere dei propri elettori bensì anche il perimetro del bilancio pubblico, la concorrenza fiscale è in grado di produrre ulteriori benefici vincolando la voracità degli stessi governi e pertanto imponendo una disciplina fiscale vantaggiosa per i contribuenti.

10. La concorrenza tra giurisdizioni e la fornitura di beni e servizi pubblici