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Capítulo 3 Un'esperienza di facilitazione linguistica: laboratorio di Italstudio con alunn

3.3 Alcune osservazioni linguistiche e cognitive

Durante tutta la durata del tirocinio formativo, incluso il primo periodo organizzativo e di somministrazione dei test, si è tenuto un diario in cui si annotavano tutte le informazioni logistiche, linguistiche e cognitive di ogni giornata. Si riportano quindi le più significative, a partire dalla somministrazione del test, fino al laboratorio di Italstudio.

Si precisa che ho scelto di prendere in considerazione i dati di soli 3 alunni (cinese A, marocchino, russo) perchè, avendo frequentato tutti o quasi tutti gli incontri, disponevo di maggiori dati.

Annotazioni durante lo svolgimento del test

Durante la somministrazione del test, molti alunni hanno chiesto cosa significasse “educazione civica”, termine che compare nell'ultima sezione del test, nella consegna per l'attività di scrittura; di fatto, essa è una disciplina che raramente si affronta a scuola, quindi è comprensibile che il termine sia sconosciuto, soprattutto agli alunni non italiani. Inoltre, questi hanno trovato difficoltà nel comprendere ed interpretare i grafici che l'attività stessa

di questo tipo.

Infine, un alunno incontrava delle difficoltà a livello di genere testuale nella quarta sezione del test (scrittura); ha affermato che spontaneamente avrebbe scritto una lettera al suo professore di educazione civica, mentre la consegna diceva “scrivi una breve relazione per il tuo professore di educazione civica”, precisando quindi che si tratta di un testo del genere: relazione. Da qui, si può già intravedere una necessità di guidare gli alunni, certamente non solo gli stranieri, nella comprensione delle consegne, nel linguaggio e nelle strategie dello studio.

Annotazioni durante il laboratorio di Italstudio

In generale, gli alunni hanno presentato difficoltà linguistiche comuni, indipendentemente dalla loro provenienza, così come sono emerse differenze cognitive.

Per esempio, durante il primo incontro in cui si proponeva un'attività per lo sviluppo di strategie nel prendere appunti, l'alunno cinese A tendeva a memorizzare mentalmente le informazioni. Si pensa che ciò sia avvenuto perchè, nonostante l'alunno abbia frequentato soltanto per tre anni la scuola nel paese d'origine, l'apprendimento mnemonico è un valore culturale in Cina molto importante (si pensi anche all'apprendimento dei caratteri del proprio alfabeto). Al contrario, si è osservato che lo studente marocchino tendeva a prendere nota durante la maggior parte del tempo della lezione, ma si ritiene che questo dato possa riferirsi al suo personale stile di apprendimento più che ad un valore culturale.

Dal punto di vista linguistico, tutti gli alunni possedevano buone competenze di comprensione e scarsa produzione scritta e orale; in particolare i maggiori aspetti su cui si è intervenuto sono stati:

– la concordanza in genere e numero di sostantivi e aggettivi; – gli accenti grafici di parola;

– gli apostrofi.

In particolare, con l'alunno cinese A si è lavorato sulla concordanza (*gli mari); con lo studente moldavo si è lavorato sulle consonanti doppie e sulla distinzione tra l'italiano regionale e il dialetto: egli, infatti, lavora come pizzaiolo e ha affermato che molte espressioni le ha apprese in quel contesto; con l'alunno marocchino si è cercato di lavorare sulla realizzazione delle forme plurali nei sostantivi e sulla distinzione tra le vocali e-i, che nel sistema linguistico arabo di fatto non esistono.

Dal punto di vista cognitivo e delle strategie di studio, sulle quali si è incentrato maggiormente il laboratorio, si sono incontrate svariate difficoltà, principalmente dovute ai valori e obiettivi scolastici e alle modalità di studio di ogni cultura.

Si è notata, per esempio, la differenza nell'approcciarsi alla scuola e allo studio tra l'alunno cinese A e l'alunno russo: il primo, anche per motivi di timidezza personale, mostrava una certa sottomissione, a significare una forte gerarchia che pone su livelli diversi un insegnante e un allievo, senza sconti per figure più “vicine” come quella della facilitatrice; il secondo, mostrava un forte senso della disciplina, non dovuta alla percezione di una relazione gerarchica anche nel contesto del laboratorio ma probabilmente ad un valore culturale trasmesso nell'educazione russa. Inoltre l'alunno russo, pur non essendo studioso, era particolarmente curioso, poneva domande per saperne di più, era molto veloce nello svolgere le diverse attività, e ha affermato che in Russia la scuola è più dura: si resta lì anche nel pomeriggio, non ci si può alzare dal banco durante l'ora per nessuna ragione, e non ci si può vestire con abbigliamento sportivo.

Dal punto di vista motivazionale (ci si basa sul modello motivazionale del Prof. Balboni, si veda Balboni 2008, p. 34), si è notato che sia l'alunno cinese A che l'alunno cinese B erano particolarmente demotivati a scuola, dato confermato da alcuni dei loro docenti. Il primo per motivi probabilmente di mancata integrazione e addirittura derisione nella classe, il secondo perchè, come si è appreso nel mese di maggio, in sede di colloquio con l'orientatrice scolastica, aveva capito che si trattava della scuola non adatta a sè. L'alunno cinese A, tuttavia, nel contesto del laboratorio si è rivelato più a suo agio, seppur restasse chiuso alle relazioni, e ha trovato motivanti le attività in cui si è lavorato con il pc; ciò si è notato dalla maggiore partecipazione e velocità nel comprendere e nello svolgere le attività che si proponevano. Successivamente l'alunno ha spiegato che usare il computer è una sua passione e lo fa tutti i pomeriggi nel bar della famiglia.

L'alunno marocchino e l'alunno russo erano più motivati, ma dal senso del dovere, secondo le nostre osservazioni; ognuno con i propri tempi, ma portavano a compimento le attività, partecipavano, senza però andare oltre i compiti assegnati. Nell'ultima parte del laboratorio, forse grazie all'instaurarsi di un certo legame di fiducia anche con la facilitatrice, si è vista una loro maggiore apertura e motivazione nel creare il libretto di laboratorio e nell'esposizione degli argomenti da loro scelti.

L'alunno romeno, invece, è risultato poco motivato e ha frequentato solamente due incontri del laboratorio; ha dimostrato una poca volontà di integrazione e una forte criticità verso il sistema scolastico italiano, dicendo per esempio che assegnare dei compiti per le vacanze in Romania è illegale, come è illegale non avere nemmeno 5 minuti di pausa tra una lezione e l'altra, come lo è fare verifiche a sorpresa in classe. Probabilmente in questo caso si è verificato un vero e proprio shock culturale6, che forse si sarebbe potuto arginare nella fase di 6 Per shock culturale si intende il forte disagio che il contatto con una cultura straniera può provocare; può

essere associato a sentimenti di estraniamento, irritabilità, ostilità, indecisione, frustrazione, tristezza per la lontananza da casa, imputabili alle differenze tra la cultura ospitante e la propria cultura.

accoglienza spiegando le regole, gli usi e i valori della scuola in Italia. Si è poi venuti a conoscenza di una sua difficile situazione familiare.

L'alunno moldavo è parso molto motivato allo studio in generale e alle attività del laboratorio; si ritiene che la sua possa essere una motivazione basata sul bisogno della lingua per integrarsi, in quanto già inserito anche nel mondo del lavoro, e probabilmente anche sul piacere in quanto spesso chiedeva informazioni sulla cultura italiana.

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