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Alcuni cenni sulla frontiera di produzione ed il modello analitico utilizzato

UN ’ APPLICAZIONE DELL ’ ANALISI DI FRONTIERA

5.3 Alcuni cenni sulla frontiera di produzione ed il modello analitico utilizzato

5.3 Alcuni cenni sulla frontiera di produzione ed il modello analitico

1994)76. La misura input-oriented - sulla quale concentreremo la nostra indagine - fornisce un’indicazione ben precisa sul livello di “sprechi” registrati in termini di costo nell’uso dei fattori della produzione a disposizione dell’imprenditore e, di complemento, sul possibile grado di riduzione dei costi legati all’uso di tali fattori al fine di ottenere lo stesso livello di output rispetto a quello osservato.

5.3.1 La Data Envelopment Analysis (DEA)

La Data Envelopment Analysis (DEA) è una tecnica non parametrica per l’analisi dell’efficienza proposta alla fine degli anni ’70 da Charnes et al. (1978) e che si basa sul noto modello di Farrell (1957) per la definizione della frontiera di produzione77. Sotto il profilo procedurale, la DEA è un metodo di programmazione lineare che consente di stimare l’efficienza di una singola osservazione attraverso la comparazione di tale osservazione con ciascuna delle altre di un dato campione (Coelli, 1996). Così procedendo, la frontiera stimata si identifica con l’inviluppo dei dati (di output e di input) delle singole osservazioni, le quali si collocheranno o sulla frontiera (imprese efficienti) od al di sotto di essa. In tal senso, il grosso vantaggio che presenta la DEA rispetto alle tecniche parametriche è la capacità di prescindere dall’assunzione a priori di una forma funzionale per la frontiera di produzione (Roland e Vassdal, 2000). Inoltre, il metodo ben si presta alla soluzione di problemi connessi a processi produttivi multi-output (Sharma et al., 1999;

Brummer, 2001; Coelli et al., 2002)78.

Più che un modello in senso stretto, la DEA si configura per l’appunto come un metodo con il quale indagare sui processi produttivi. La letteratura offre diverse soluzioni analitiche riconducibili alla DEA con le quali è possibile stimare la misura di efficienza (Charnes et al., 1994). In questa sede si intende focalizzare l’attenzione sui modelli proposti da Charnes et al. (1978) e da Banker et al. (1984).

76 Quando l’impresa opera su rendimenti di scala costanti, le misure input ed output-oriented coincidono (Fare and Lovell, 1978)

77 Sul modello di Farrell (1957) – che a sua volta riprende i concetti formulati da Debreu (1951) e Koopmans (1951) - non pare occorra fornire ulteriori dettagli in questa sede, rimandando a qualsiasi manuale in cui sia trattata l’economia della produzione.

78 Viceversa, rispetto alle tecniche parametriche, la DEA non consente di pervenire alla stima degli effetti aleatori che influiscono sull’efficienza stimata, risulta sensibile agli errori di misurazione e non presenta un’interpretazione statistica dei risultati.

a) CRS (Constant Return of Scale) DEA. Nel modello originario proposto da Charnes et al. (1978), si ipotizza un processo produttivo caratterizzato da rendimenti di scala costanti. Il relativo problema di programmazione matematica è rappresentato da:

(1) min

,

 

i

soggetto a yi  Y ,

i xi  X ,

  0

dove i è uno scalare che riflette la misura di ET,  è un vettore N1 di pesi associato a ciascuna N impresa selezionata, Y è la matrice (MN) degli M output prodotti da ciascuna impresa, X rappresenta la matrice (NK) dei K input utilizzati nel processo produttivo in esame e yi ed xi rappresentano rispettivamente i valori di output ed input della i-esima impresa.

Dalla risoluzione della (1) si ottiene la misura di ET calibrata in base alla

“distanza” tra il costo osservato per l’impiego dei fattori della produzione (Cp) e quello potenziale “di frontiera” (C1p)79:

(2) ET =

p p

C C1

(0 < ET < 1)

b) VRS (Variable Return of Scale) DEA. Banker et al. (1984) suggerirono di imporre al modello di Charnes et al. (1978) il vincolo di convessità N1’ = 1, così da ovviare all’assunto della costanza dei rendimenti di scala. In tal modo il modello analitico è in grado di poter trattare in maniera corretta i casi in cui vi siano difficoltà da parte delle imprese al raggiungimento di una scala ottimale. L’ipotesi di base diviene, quindi, la presenza di variabilità nei rendimenti

79 Il complemento all’unità di ET (1 – θ) fornisce, come detto, la misura del livello di riduzione dei costi cui andrebbe incontro l’imprenditore se utilizzasse al meglio le risorse tecniche a sua disposizione.

5.3.2 L’efficienza di scala (ES)

L’applicazione congiunta della CRS e della VRS DEA permette di ottenere la cosiddetta Efficienza di Scala (ES), che misura l’effetto di un’eventuale scala produttiva non ottimale sull’efficienza tecnica riscontrata. La figura 5.1 - nella quale è rappresentato un processo produttivo con un solo input ed un solo output - fornisce una rappresentazione grafica dell’ES.

Le curve CCI e VVI descrivono la frontiera di produzione rispettivamente sotto l’ipotesi di rendimenti di scala costanti (CRS) e variabili (VRS). La prima presenta ovviamente una pendenza costante, mentre la seconda è crescente nel primo tratto (rendimenti crescenti) e decrescente nel secondo tratto (rendimenti decrescenti). Il punto P rappresenta l’osservazione di riferimento mentre i punti PC e PV descrivono il relativo posizionamento dell’osservazione sulla frontiera, nel caso in cui l’impresa si fosse rivelata efficiente rispettivamente sotto l’ipotesi di costanza e variabilità dei rendimenti. L’osservazione P - dato che non è collocata sulla frontiera - mostra un certo grado di inefficienza tecnica. Per la precisione, il livello di efficienza riflette la distanza tra il segmento HP e quello HPC, se parametrato alla frontiera CRS, e a quello HPV, se riferito alla frontiera VRS80.

Ovviamente la misura ETCRS è inferiore a quella ETVRS, in quanto - concordemente alle ipotesi formulate - la seconda misura non presuppone che l’impresa debba operare su scala ottimale81. Ne consegue che la distanza tra i punti PV e PC può essere attribuibile ad un “effetto scala”. Ciò significa che l’ETCRS può essere descritta come:

(3) ETCRS = ETVRS * ES

dove ES (efficienza di scala) fornisce la misura di tale effetto e che quindi:

(4) ES = ETCRS / ETVRS

Anche l’ES varia da zero (rendimento di scala costante) ad 1 a seconda di quanto è distante la scala osservata da quella ottimale.

80 Viceversa, la distanza che separa il punto P da quelli PC e PV riflette il grado di inefficienza dell’osservazione.

81 Tranne, è logico, nei casi in cui vi siano imprese che operino su rendimenti costanti come nel caso dell’osservazione B.

La misura di ES indica esclusivamente a quanto ammonta questa distanza, ma non fornisce alcuna informazione circa il tipo di rendimento di scala nel quale opera l’impresa. La sostituzione del vincolo di convessità N1’ = 1 nel modello VRS con il vincolo N1’ ≤ 1 (NIRS, Non-Increasing Return of Scale) consente di verificare se l’impresa osservata sia in una fase di rendimenti crescenti o decrescenti (se TENIRS = TEVRS vorrà dire che vi è presenza di rendimenti decrescenti; se al contrario TENIRS ≠ TEVRS vorrà significare che la produzione avviene su rendimenti crescenti) (Coelli, 1996).

Figura 5.1 - Frontiere CRS e VRS ed Efficienza di Scala (ES)

5.3.3 Produttività ed efficienza

Quando vi sono dei presupposti per considerare il campione osservato non omogeneo sotto il profilo tecnologico - come nel nostro caso riferendosi alla co-presenza di aziende biologiche e convenzionali - la DEA consente di valutare se ed in quale misura vi sia effettivamente un gap tecnologico tra i gruppi. Si tratta di verificare quanto dell’efficienza stimata sia riconducibile alla maggiore (o minore) produttività del gruppo piuttosto che ad un effettivo migliore (peggiore) uso delle risorse disponibili.

V C

H

Frontiera CRS

Frontiera VRS

P A

B

C

PC

a) ETVRS = PPV = HPV / HP b) ETCRS = PPC = HPC / HP c) ES = HPC / HPV

Input

Output

A

B

C

P PV

PC

VI

In figura 5.2 è illustrato un processo produttivo con due fattori produttivi (X1

e X2) ed un solo prodotto. Sulla base del modello originale di Farrell (1957), si sono costruiti due isoquanti unitari rispettivamente per il gruppo di aziende biologiche e per quello delle convenzionali. L’isoquanto per le imprese biologiche (BBI) è costruito attraverso le combinazioni efficienti di x1 e x2 per le imprese biologiche. I punti B1 e B2 che giacciono sull’isoquanto corrispondono ad aziende efficienti. Allo stesso tempo, l’isoquanto per le aziende convenzionali (CCI) è il risultato dell’interpolazione delle osservazioni efficienti (in questo caso C1 e C2) rilevate in questo gruppo.

Si è altresì ipotizzato che le imprese convenzionali adottino una tecnologia più produttiva per quel che concerne l’input x1 e meno produttiva relativamente all’input x2. D’altro canto è possibile costruire una frontiera complessiva relativa a tutto il campione (imprese biologiche e convenzionali) come inviluppo delle osservazioni che si collocano sulle due frontiere (C1C2B2). Questo isoquanto costituisce la frontiera entro la quale operano tutte le imprese del campione.

L’impresa A è un impresa biologica che utilizza una quantità di ambedue i fattori produttivi superiore a quella necessaria per realizzare la quantità di prodotto ottenuta. Se riferita alla frontiera specifica delle aziende biologiche, l’efficienza tecnica dell’impresa A riflette, in accordo con il modello di Farrell (1957), il rapporto82:

(5) ETbio = θ = OA0 / OA

Se, al contrario, si intende calcolare l’ET rispetto alla frontiera generale, essa sarà pari a:

(6) ETgenerale = θ0 = OC0 / OA

con θ0 che sarà necessariamente minore rispetto a θ. Tale divario dipende dal fatto che - a parità di uno stesso rapporto tra i livelli di utilizzo di x1 e x2 - le imprese biologiche si rivelano meno produttive rispetto alle convenzionali.

82 Questa misura comporta che ambedue i fattori possano essere ridotti radialmente, cioè della medesima proporzione (1 – θ).

Figura 5.2 - Efficienza tecnica input-oriented per diverse tecnologie.

L’ETbio è, pertanto, relazionata all’ETgenerale da un “fattore produttività” φ (Färe et al., 1995):

(7) θ0 = θ * φ

Graficamente il fattore φ corrisponde al rapporto OC0 / OA0, dal quale si evince che, in questo caso, più “distante” si colloca la frontiera delle imprese biologiche rispetto a quella totale e più aumenta il divario in termini di produttività rispetto alla situazione generale. Con riferimento alla (7) la produttività tecnica per i due gruppi può essere determinata dal rapporto tra l’efficienza stimata sulla frontiera generale e quella rilevata rispetto al gruppo di appartenenza. Nel caso delle imprese biologiche:

(8)

φ =

0 =

bio generale

ET ET

X

2

A'' A'

A0

O’’

O'

O

C''

B2

C1

B1

C'

C0

C2

A

X

1

C

CI B

BI

In tal senso, si è in grado di stimare in quale misura la differenza di ET riscontrata tra i due gruppi con la (1) sia attribuibile alla capacità di utilizzo dei fattori produttivi da parte degli imprenditori o, d’altra parte, all’adozione di una diversa tecnologia (Oude Lansink et al., 2002).

5.3.4 La stima dell’efficienza per singolo fattore produttivo

La misura dell’efficienza che finora abbiamo illustrato è riferita all’intera impresa o unità decisionale, in quanto ci fornisce un’indicazione sulla capacità imprenditoriale di utilizzare al meglio l’insieme dei fattori della produzione.

E’altresì possibile stimare l’efficienza relativa a ciascun fattore produttivo (single-input efficiency, ETxi).

Come si può notare in figura 5.2, l’impresa biologica A, se fosse efficiente, potrebbe ridurre l’impiego del fattore x1 fino al punto A', tenendo costante la quantità impiegata del fattore x2 e senza compromettere il proprio livello di produzione (Färe et al., 1994). Pertanto, per quel che attiene il solo fattore x1, la relativa efficienza tecnica si può calcolare come:

(9) ETx1 = θ1 = O'A'/ O'A

e l’impresa A può ridurre l’impiego di x1 di una quantità pari a 1 - θ1.

Parimenti a quanto si è visto per il modello generale, anche per il singolo input x1 è quindi possibile calcolare il “fattore produttività” come:

(10)

φ

1

=

011

dove

01 riflette la misura stimata sulla frontiera generale ed è pari al rapporto O'C'/ O'A'.

Aggiungendo una serie di vincoli alla (1), la DEA permette di calcolare l’ETxi. Il problema di programmazione lineare è volto a trovare la frontiera di produzione che minimizzi la quantità del fattore k:

(11) min θ , k θ ik

soggetto a -yi + Y  ≥ 0

xiNk - X Nk  0 θik x - ik X k   0

i xi - X   0

  0

dove θk è il sub-vettore di efficienza tecnica del fattore produttivo k che riflette la misura di ETk.. Rispetto alla VRS DEA, la (11) presenta due vincoli ulteriori, nell’ordine il secondo ed il terzo. Nel secondo vincolo, i termini xiNk e

k

X N si riferiscono rispettivamente ai termini xi e X con l’esclusione del fattore k, mentre nel terzo vincolo i termini xik e X k includono solamente il fattore k (Oude Lansink et al., 2002).

Dalla risoluzione della (11) si ottiene una misura di ETxi che riflette il rapporto tra il costo ottimale C1xi e quello osservato Cxiper l’impiego del fattore x1:

(12) ETx1 =

1 1

1 x x

C

C (0 < ETx1 < 1)