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L’analisi di frontiera applicata al confronto tra agricoltura biologica e convenzionale

UN ’ APPLICAZIONE DELL ’ ANALISI DI FRONTIERA

5.2 L’analisi di frontiera applicata al confronto tra agricoltura biologica e convenzionale

Il lavoro è così articolato. Il paragrafo 5.2 mostrerà brevemente i principali risultati emersi in letteratura in merito al confronto tra imprese biologiche e convenzionali quando si è proceduto a valutare l’efficienza tecnica. In particolare, si darà risalto all’approccio utilizzato nel considerare l’omogeneità tecnologica tra i due metodi di produzione. Nel paragrafo 5.3 verrà illustrata la metodologia impiegata in questo studio - la Data Envelopment Analysis - e le sue possibilità di utilizzo negli studi comparativi tra imprese biologiche e convenzionali. Il paragrafo 5.4 verterà sull’illustrazione dei dati che si sono analizzati, mentre il paragrafo 5.5 conterrà la discussione degli esiti dello studio. Il paragrafo 5.6 focalizzerà l’attenzione su alcuni aspetti analitici del lavoro e proporrà alcune research questions da sviluppare in futuro. Alcune considerazioni conclusive troveranno infine spazio nel paragrafo 5.7.

5.2 L’analisi di frontiera applicata al confronto tra agricoltura

5.2.1 Un’unica frontiera di produzione per le imprese biologiche e convenzionali

In questo caso, il quadro entro cui opera l’analista è quello della omogeneità tecnologica tra i due metodi colturali. L’ipotesi di base è che l’agricoltura biologica rappresenti una tecnica ben specifica all’interno di una costellazione di possibili metodi colturali e che, quindi, non possa collocarsi al di fuori di quello che è l’orizzonte tecnologico per una determinata pratica in un determinato contesto (Offermann e Nieberg, 2000). In altri termini, non può essere corretto contrapporre in modo netto, come se si trattasse di due sistemi agricoli totalmente distinti e dissimili, l’agricoltura biologica e quella convenzionale quando si vuole misurare l’efficienza (Santucci, 2002). Se si opta per questo approccio discendono almeno due implicazioni:

a) le misure ottenute sono direttamente confrontabili. Se, per esempio, l’efficienza tecnica stimata è pari all’80% nelle imprese biologiche ed al 90% nelle imprese convenzionali, significa che le imprese convenzionali si rivelano “in assoluto” più capaci di utilizzare i fattori produttivi rispetto a quelle biologiche.

b) L’eventuale distanza che separa l’agricoltura biologica da quella convenzionale è da interpretare non sul piano tecnologico, ma semmai su quello strutturale e su quello delle capacità imprenditoriali. Ritornando all’esempio precedente, le imprese convenzionali risultano più capaci perché potrebbero essere più organizzate, potrebbero operare su scale produttive più adeguate, o per altri fattori comunque tecnici ed economici, ma non perché dispongono di una diversa tecnologia (diversa produttività dei fattori, rapporti differenti input-output, ecc.). O meglio, tale ragione non può essere colta in sede analitica. L’ipotesi di base è, infatti, che le possibilità offerte dalla tecnologia siano le stesse per i due sistemi: è da verificare quale tecnica le sappia utilizzare al meglio.

Uno studio che ha utilizzato questo approccio è quello compiuto da Idda et al. (2004) sull’olivicoltura della Sardegna. La DEA è stata applicata ad un gruppo di aziende olivicole biologiche e convenzionali e si è scelto di adottare un’unica frontiera di produzione. In questo caso si è rilevata una maggiore efficienza delle imprese biologiche, sia dal punto di vista tecnico, che da quello allocativo. Si è altresì constatato come le stesse mostrassero, comunque, più problemi rispetto a quelle convenzionali nel raggiungimento di un’adeguata scala produttiva.

5.2.2 Frontiere di produzione distinte per le imprese biologiche e convenzionali

Come già riferito, talune correnti di pensiero sostengono che l’agricoltura biologica sia una tecnica del tutto differente da quella convenzionale (Stopes, 1993;

Lampkin e Padel, 1994; De Buck et al., 2001). Partendo da questi presupposti - più o meno espressamente - alcuni autori ritengono che si debbano adottare due distinte frontiere per l’agricoltura biologica e per quella convenzionale. Pertanto, optano per condurre due diverse analisi nei confronti dei due sotto-gruppi (biologico e convenzionale). Ne discende che:

a) le misure ottenute non sono direttamente confrontabili. Supponendo che si rilevi una maggiore efficienza nelle imprese convenzionali, ciò non vorrà dire che queste sono “in assoluto” più efficienti di quelle biologiche, ma che sono efficienti rispetto alla loro frontiera in misura maggiore di quanto lo siano le altre nei confronti della loro specifica frontiera di produzione.

b) Senza ulteriori analisi non si è in grado di valutare la distanza tra le due tecniche. L’ipotesi di partenza è, in genere, che l’agricoltura biologica sia meno produttiva di quella convenzionale e che quindi la specifica frontiera di produzione si collochi su un livello inferiore a quella delle aziende convenzionali. Anche se non sempre ciò è illustrato in modo adeguato - pur se si suppone che vi sia il conforto dei dati a supportare tale ipotesi - lo si deduce dal tipo di considerazioni che vengono effettuate nello studio. Pertanto, si presuppone o si rileva una distanza tecnologica tra i due sistemi (a vantaggio del convenzionale), ma non si procede a valutarne l’entità.

Tzouvelekas et al. (2001a, 2001b, 2002a, 2002b) hanno condotto una serie di studi su alcuni comparti agricoli della Grecia. In tutte le analisi hanno adottato un approccio parametrico (Stochastic Frontier Analysis) separatamente per i due sottogruppi. Gli studi hanno dato risultati controversi. Nella produzione del cotone, Tzouvelekas et al. (2001b) hanno stimato una efficienza tecnica relativamente maggiore nelle aziende convenzionali, mentre un risultato opposto l’hanno ottenuto analizzando il comparto olivicolo (Tzouvelekas et al., 2001a) e quello del grano duro (Tzouvelekas et al., 2002a)74. Inoltre, l’impiego di un modello parametrico ha permesso agli autori di stimare l’effetto di talune variabili sull’efficienza.

74 Altre indicazioni sono fornite in Tzouvelekas et al. (2002b) dove sono riportati alcuni risultati sui comparti oleicolo-oleario, vitivinicolo, della produzione del cottone e dell’uva passa. In tutti e quattro i comparti, gli autori rilevano una maggiore efficienza del metodo biologico rispetto al tradizionale.

Sebbene non si sia proceduto a valutare la distanza tecnologica, Tzouvelekas et al. (2001a) forniscono un’informazione importante attraverso la stima del parametro *. Tale parametro associato alla funzione di produzione indica l’incidenza dell’efficienza tecnica nella determinazione della produttività. In tal senso, si può stimare in che misura la capacità dell’imprenditore nell’utilizzo dei fattori contribuisca a determinare un certo livello produttivo e, viceversa, quale sarebbe l’aumento di produttività massimo nel caso in cui i fattori venissero utilizzati in maniera ottimale.

5.2.3 Applicazione congiunta di una frontiera unica e di frontiere distinte

In altri studi si è applicata l’analisi di frontiera prendendo a riferimento sia un’unica frontiera che due distinte per le imprese biologiche e convenzionali.

L’obiettivo è quello di disporre di un ambiente più completo entro cui riferire i risultati. In questo caso vi è la possibilità di misurare l’efficienza, altre grandezze ed altri effetti sia in termini “assoluti” (un’unica frontiera) che “relativi” (due frontiere), così che le misure stimate si prestino ad un’interpretazione più completa rispetto a quanto possa avvenire nei casi precedentemente esaminati.

Questa procedura è stata utilizzata da Oude Lansink et al. (2002), Ricci Maccarini e Zanoli (2004), Sipiläinen e Oude Lansink (2005), Zhengfei et al.

(2005). Per il primo e l’ultimo studio si rimanda al paragrafo successivo. Il lavoro di Sipiläinen e Oude Lansink (2005) è incentrato a verificare il ruolo dell’apprendimento (learning-by-doing) nella capacità degli imprenditori biologici di utilizzare le risorse a loro disposizione. Per quanto attiene al lavoro di Ricci Maccarini e Zanoli (2004), si tratta di una comparazione - con approccio parametrico - tra aziende zootecniche biologiche e convenzionali. Dall’analisi scaturisce che le imprese biologiche sono più efficienti rispetto alla loro specifica frontiera di quanto non lo siano quelle convenzionali rispetto alla loro frontiera, ma esse sono meno efficienti in termini assoluti. Sebbene gli autori non procedano a valutarne l’entità, ciò significa che vi è un divario in termini di produttività tra i due metodi a favore della zootecnia convenzionale. Ciò, d’altro canto, suggerisce che vi sia una distanza tecnologica tra metodo biologico e convenzionale, anche se non se ne rileva espressamente l’entità.

5.2.4 La valutazione della distanza tra imprese biologiche e convenzionali

Gli studi finora illustrati, benché forniscano altre importanti informazioni, non giungono a valutare compiutamente se vi sia una distanza in termini tecnologici tra aziende biologiche e convenzionali. A nostro avviso, è opportuno che tale valutazione venga effettuata, soprattutto quando si dà per assodato che si tratta di due tecnologie differenti e quindi tra loro non direttamente confrontabili.

Allo stesso tempo, quando si conduce congiuntamente l’analisi rispetto ad un’unica frontiera e rispetto a frontiere separate occorre verificare se vi sia una reale distanza cosi da poter “calibrare” al meglio il modello e/o interpretare più adeguatamente e realisticamente i risultati.

Diverse sono le modalità per verificare se vi sia un’effettiva disomogeneità tecnologica tra i due metodi agronomici. La letteratura ne offre almeno tre che esamineremo di seguito. Si voglia sottolineare che tutti i tre gli studi hanno fatto ricorso alle informazioni contenute nelle specifiche banche nazionali del FADN. Si tratta, quindi, di approcci analitici già testati sulla FADN e che possono essere impiegati nella banca dati italiana, cioè la RICA.

1) Nel lavoro sopra citato, Oude Lansink et al. (2002) impiegano la Data Envelopment Analysis per stimare differenze di efficienza e produttività tra le due tecniche in un campione di aziende agricole e zootecniche estrapolato dalla banca dati FADN olandese. Come detto le misure sono riferite sia ad un’unica frontiera che alle specifiche frontiere descritte dai due sotto-gruppi. Rispetto ai lavori precedenti, comunque, gli autori procedono a stimare un indice di produttività che riflette la distanza di ciascun metodo rispetto alla frontiera generale. Per ciascun metodo colturale, tale misura si ottiene dal rapporto tra l’efficienza tecnica misurata sulla relativa frontiera rispetto a quella misurata sulla frontiera generale (vedasi il paragrafo successivo). L’eventuale discordanza, statisticamente significativa, tra le due specifiche misure di produttività può essere interpretata come un divario nella tecnologia tra le due tecniche. Sia per quanto concerne le imprese agricole che quelle zootecniche, nello studio si è rilevato che le imprese convenzionali utilizzano una tecnologia significativamente più produttiva rispetto a quelle biologiche. L’indice di produttività per le imprese convenzionali è prossimo o pari ad uno (a seconda che si ipotizzino rendimenti di scala costanti o variabili) e ciò significa che la tecnologia di riferimento (di frontiera) per il complesso delle osservazioni è data dall’agricoltura convenzionale. Nelle imprese biologiche, invece, tale indice varia da 0,72 a 0,77 a seconda del tipo di aziende e del tipo di modello applicato. Tale divario suggerisce come le imprese biologiche operino su

una tecnologia meno produttiva e che, quindi, vi è una distanza significativa tra i due metodi75.

2) Attingendo dalla banca dati RICA per l’Italia, Madau (2007) valuta l’efficienza tecnica nelle imprese cerealicole biologiche e convenzionali della Sardegna. L’approccio è parametrico ed il modello impiegato è quello proposto da Battese e Coelli (1995). Rispetto alle analisi effettuate da Tzouvelekas et al., l’autore dapprima riferisce le osservazioni su una frontiera di produzione comune e, successivamente, testa l’adeguatezza del modello proposto. A tal fine inserisce nel modello iniziale una variabile dummy che acquista valore pari a 1 nel caso di imprese convenzionali e pari a 0 nel caso di aziende biologiche. L’ipotesi di partenza è che vi sia disomogeneità tecnologica tra la cerealicoltura convenzionale e quella biologica (a vantaggio della prima) e che quindi tale variabile sia significativa nel descrivere la frontiera. Questa ipotesi è stata testata attraverso il test del Rapporto di massima verosimiglianza, escludendo la variabile dummy e verificando se quest’ultimo modello si adattava meglio ai dati. Il risultato del test ha suggerito che la prima ipotesi fosse preferibile e quindi si è scelto di condurre l’analisi riferendola a due frontiere distinte (biologico e convenzionale). Inoltre, il valore stimato del parametro associato alla variabile dummy ha indicato che il divario tecnologico fosse, come atteso, a favore dell’agricoltura convenzionale.

Anche in questo studio si è stimato l’effetto di talune variabili sull’efficienza e l’incidenza dell’efficienza tecnica sul livello di produzione raggiunto.

3) Un’analisi parametrica è stata condotta da Zhengfei et al. (2005) per valutare il ruolo dei pesticidi e degli altri input tecnici volti a limitare i danni alla produzione in seno al processo produttivo delle aziende biologiche e convenzionali in Olanda. Tra le altre valutazioni effettuate, gli autori testano l’ipotesi di omogeneità tecnologica tra i due metodi. Rispetto a Madau (2007), essi testano l’ipotesi che i due metodi agronomici utilizzino tecnologie differenti sia partendo da un’unica frontiera che da frontiere separate. Nel primo caso, anch’essi inseriscono una variabile dummy e testano l’ipotesi di partenza attraverso il test di Wald. Nel secondo caso, procedono a testare l’eguaglianza dei parametri scaturiti dall’applicazione del modello ai due sub-campioni attraverso il test di Chow.

Ambedue i test suggeriscono di rigettare l’ipotesi di omogeneità tecnologica tra i due sistemi.

75 Oude Lansink et al. (2002) giungono anche a stimare l’indice di produttività per ogni singolo fattore selezionato per l’analisi.

5.3 Alcuni cenni sulla frontiera di produzione ed il modello analitico