Costi dell'assegno di cura
7.9 Gli strumenti di programmazione “integrata”
7.9.7 Alcuni obiettivi per la sostenibilità del Sistema
L’aumento e il diversificarsi dei bisogni (non-autosufficienza/disabilità, disagio minorile/familiare, dipendenze, ecc.), nonché il concomitante contenimento delle risorse pubbliche richiedono l’individuazione di alcune azioni di Sistema atte a garantire e potenziare gli attuali livelli di assistenza ai cittadini.
In questo senso, la nuova programmazione regionale individua alcuni obiettivi strategici:
- la promozione della delega delle funzioni sociali ovvero della gestione associata dei servizi per i Comuni con eventuale esclusione dei Capoluoghi di provincia, anche al fine di razionalizzare le risorse e garantire uniformità di trattamento su tutto il territorio regionale;
- la sostenibilità dei servizi socio-sanitari per ciascuna Azienda ULSS dovrà essere garantita da un sistema di finanziamento del Fondo Sociale Regionale, dal Fondo regionale della non autosufficienza, dalle quote capitarie dei Comuni, dal Fondo Sanitario in quote capitarie e da un Fondo Sociale di Solidarietà tra Comuni. Quest’ultimo assume un significato di particolare rilievo rispetto all’assunzione di corresponsabilità di tutti i Comuni in relazione alle esigenze dei propri territori e alla sostenibilità di oneri, a volte particolarmente gravosi, soprattutto da parte dei Comuni di piccole dimensioni;
- il miglioramento della appropriatezza dell’assistenza socio-sanitaria attraverso sistemi di valutazione della domanda e dell’offerta, supportato dall’attivazione di un sistema informativo regionale, organico e integrato, sui servizi territoriali.
BOX I – Elementi fondamentali per realizzare un modello organizzativo integrato di cura e assistenza.
• Riconoscere il “Sistema delle Cure Primarie” quale punto unico di riferimento e di coordinamento dell’intera rete dei servizi, strutturato su un sistema di responsabilità che rendano espliciti ruoli, regole e feed back. I nodi della rete dovranno necessariamente comprendere: la Medicina di famiglia, la Continuità assistenziale, le Strutture residenziali e semiresidenziali, il Comune. La famiglia stessa deve essere considerata come un nodo fondamentale.
• Costruire Team multiprofessionali (nella fattispecie “Medicine di gruppo integrate”) che comprendano medici di famiglia, specialisti, assistenti sociali, operatori socio-sanitari, amministrativi, ecc. La multiprofessionalità favorisce la presa in carico della persona nella sua globalità e, soprattutto, il superamento della logica della prestazione a favore di una prospettiva di percorso di presa in carico.
• Promuovere la definizione di Percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali, declinati a livello locale, quale supporto all’agire. I percorsi assistenziali devono intendersi come modalità organizzate di svolgimento dell’assistenza, frutto di una metodologia e di un processo condiviso, perseguendo obiettivi di miglioramento della qualità assistenziale, degli esiti, di sicurezza e soddisfazione dei pazienti, nonché di ottimizzazione dell’uso delle risorse.
• Promuovere il ruolo del case manager come figura di collegamento e facilitatore organizzativo.
• Prevedere una Centrale operativa (“o di continuità”), attiva 24h su 24 e 7 giorni su 7, quale punto di accoglienza delle istanze e di coordinamento delle risposte, attivando i soggetti della rete assistenziale, tutelando le transizioni da un luogo di cura all’altro o da un livello clinico/assistenziale all’altro.
• Coinvolgere i Comuni (eventualmente se di piccole dimensioni anche attraverso forme di aggregazione) per garantire un Servizio assistenziale domiciliare 7 giorni su 7 e, quindi, offrire una continuità di risposta.
• Attivare un Sistema informativo integrato e realizzare il Fascicolo socio-sanitario
elettronico (unico), finalizzato allo scambio efficace di informazioni, alla tracciabilità
8.0 CONSIDERAZIONI FINALI E ULTERIORI PROPOSTE DI LAVORO PER IL CNEL
Se si guarda al welfare nella fase della crisi non si sfugge dalla considerazione che questo settore più di altri abbia pagato la politica di un risanamento della finanza pubblica realizzato agendo sul solo “numeratore”, attraverso tagli lineari di spesa e aumenti della pressione fiscale, prevalentemente locale e, conseguentemente, grazie all’addizionale IRPEF, gravanti, prevalentemente sui redditi da lavoro e da pensione (cresciuti nel periodo 2008-2012 del 7,62%, contro una riduzione del 10,21% del prelievo sugli altri redditi).
Sul versante della spesa non contraddice una simile affermazione il fatto che le risorse complessive destinate al Welfare (previdenza, sanità, assistenza) nel periodo siano cresciute del 9,42% (da 385,8 a 422,1 miliardi di €) contro una crescita complessiva della spesa pubblica corrente del 5,29%. L’incremento della spesa per interventi di “protezione sociale” è stato, infatti, determinato, prevalentemente, dall’andamento della spesa pensionistica (ivi compresa quella assistenziale) che è cresciuta del 13,12%. La dinamica della spesa sanitaria, la seconda componente per valore della spesa sociale, è stata solo dell’1,67% e quella delle spese assistenziali (al netto delle pensioni) è in riduzione dell’1,45%.
Ma anche la dinamica della spesa previdenziale, rivela un impoverimento dei beneficiari a seguito del perdurante blocco, nel periodo, delle indicizzazioni (rimosso, solo parzialmente, a partire dal 2014).
Al fenomeno di contenimento della spesa sociale pubblica si è aggiunto un fenomeno di sofferenza determinato dalla minore disponibilità di risorse disponibili dei cittadini per l’aggravarsi della pressione fiscale, in particolare a carico lavoratori dipendenti e pensionati.
In realtà la logica che ha guidato in questi ultimi anni l’impostazione delle politiche di bilancio ha avuto come unico punto di riferimento quello del miglioramento dei saldi in funzione della riduzione dell’indebitamento e, in prospettiva del debito.
Naturalmente la riduzione del debito non dovrebbe intervenire in questi campi con tagli lineari e incrementi dell’imposizione sui redditi (prevalentemente da lavoro e da pensione). Si tratta di evitare che vengano penalizzati persone, imprese, e lavoro.
Tali scelte sarebbero con ogni evidenza, contraddittorie rispetto agli indirizzi della Commissione Europea (CUE) che ipotizza un “risanamento funzionale alla crescita” e interventi sul sistema sociale per renderlo più efficiente, partendo da misure di incremento in quei settori di spesa suscettibili di determinare una crescita del denominatore (il PIL): in particolare nei settori suscettibili di una più immediata espansione delle occasioni di lavoro (ad esempio sulle moderne tecnologie in campo sanitario con conseguenze positive anche in tema di qualità dei servizi), o nel campo della scuola, della formazione, della ricerca, che contribuiscono alla crescita del capitale umano.
Proprio dall’esigenza di mobilitare tutte le risorse finanziarie, produttive ed umane del paese in funzione dello sviluppo la “Commissione continua a raccomandare che i programmi nazionali di riforma (PNR) e i programmi di stabilità e di convergenza (PSC) siano dibattuti in ambito nazionale nel parlamento e con tutti i portatori d’interesse, in particolare le parti sociali e gli attori sub nazionali; (da ultimo: COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE - Analisi annuale della crescita 2014, pag. 6, Bruxelles, 13.11.2013).
Nel quadro di una procedura coerente con la Costituzione e con le raccomandazioni della Commissione UE, la proposta CNEL dovrebbe partire da un approccio diverso e realizzarsi con procedure assai diverse.
In primo luogo, avendo chiaro che disavanzo e dimensione complessiva del debito non sono “variabili indipendenti”, dovrebbe prevedere un confronto reale, con le “istituzioni sub nazionali” e con le parti sociali sui pesi dei diversi comparti di spesa e delle diverse componenti del prelievo, a partire proprio dai cruciali temi del Welfare che sono tutelati, oltre che da specifici articoli della Costituzione, da quella disposizione
dell’articolo 117/2/m sui “livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale” che rappresenta una sorta di norma di chiusura e che richiede un attento bilanciamento delle risorse. Tra i “diritti essenziali” andrebbero forse considerati anche livello e struttura del prelievo fiscale che, penalizzando determinati cespiti e determinati livelli di reddito, contribuiscono a rendere precaria l'effettiva fruizione di fondamentali servizi.
Sembra questo il terreno da cui partire per una modifica dei criteri di costruzione del DEF, anche al fine di evitare che le istituzioni sub nazionali e le parti sociali si assegnino il solo ruolo di rappresentare specifiche esigenze territoriali e/o settoriali e siano coinvolte nella individuazione delle compatibilità essenziali per la costruzione di politiche funzionali allo sviluppo complessivo della società nazionale.
La Commissione V del CNEL - alla luce della documentazione acquisita e delle audizioni fatte nel corso
del 2012 e del 2013 e del recente Seminario 2014 dedicato al tema - formula le seguenti proposte
operative:
1. creazione di un Gruppo di studio che valuti i rapporti esistenti tra il lavoro femminile e l’esistenza o meno di supporti all’infanzia;
2. valutazione del Workfare, ossia delle implicazioni e delle possibilità legate all’invecchiamento attivo e al ruolo diretto (tutoriale o meno) degli over 66 pensionati, sulla formazione delle nuove generazioni e sulla riduzione dei costi sociali. Auspica per questo la collaborazione con la Quarta Università di Roma per l’elaborazione di “buone pratiche e percorso motorio per la terza età”;
3. Valutazione degli effetti del Federalismo incompleto sullo stato sociale, con individuazione delle criticità e con proposte concrete di modifiche legislative volte a ridurre i contenziosi sulle competenze: welfare welfare associativo, nuovi LEAS, ruolo del volontariato e del terzo settore, livelli (centrali e periferici) di “governance sociale”;
4) Attivazione di convenzioni tra CNEL ed AGENAS (Agenzia Nazionale per i servizi sanitari regionali) per: valutazione dell’efficacia dei LEA; analisi dei costi e della qualità dell’assistenza; sicurezza delle cure; monitoraggio dei tempi di attesa; innovazione; malattie rare;
5) Attivazione di rapporti con il Ministero dell’Economia e con Farmindustria per la spesa farmaceutica e per le implicazioni conseguenti (nuove confezioni dei farmaci; nuove modalità di distribuzione; controlli sulla validità/assunzione dei farmaci…);
6) Attivazione di convenzioni tra CNEL e CAREGIVER (Organizzatori/propositori/decisori) per esplorare soluzioni concrete relative a: problemi abitativi della terza età( esperto: Dr. Beltrametti; Fondazione Cariplo etc.); progetti di ADI socio-sanitaria; attività socio-sanitarie varie..;
7) Creazione di un ARCHIVIO CNEL delle Istituzioni Nazionali/regionali/locali per la terza età (mondo del volontariato no-profit e profit) e di un ARCHIVIO CNEL-AGENAS sulla non autosufficienza e sulle istituzioni “professionali e non “ che garantiscono un “ welfare misto” (es. ONAOSI);
8) Elaborazione di un DDL su: riorganizzazione del SSN (testo base= documento Agenas) e revisione delle esenzioni;
9) Collaborazione CNEL-SIMM (Soc. Italiana di Medicina delle Migrazioni) per definire il problema del controverso accesso alle cure, da parte dei migranti (in attesa di una nuova legge sulla cittadinanza).
In conclusione, ancora una volta, il CNEL si propone come “autonomo suggeritore” alla politica, per affrontare e risolvere alcune criticità del Paese in modo concreto e fattibile.