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Alternanza e apprendistato: focus su transizione scuola-lavoro

2. Policy europee e ruolo dell’integrazione scuola-lavoro

2.4. Alternanza e apprendistato: focus su transizione scuola-lavoro

sociali – Nel quadro europeo l’alternanza scuola-lavoro, intesa come

meto-dologia didattica di formazione sul lavoro, e l’apprendistato, inteso come strumento contrattuale di primo ingresso nel mondo del lavoro, sono temi ritenuti sempre più strategici per lo sviluppo della knowledge-based economy eu-ropea e dei processi di formazione, transizione e perfezionamento del capi-tale umano. Il punto d’arrivo di questo processo è riassunto nell’Alleanza europea per gli apprendistati (European Alliance of Apprenticeships). L’Alleanza è importante almeno per due motivi: il primo è che si tratta di un documen-to che riassume gli indirizzi europei sulla transizione e rappresenta l’apprendistato come strumento contrattuale tipico per l’integrazione scuola-lavoro; l’altro motivo è che anche a livello procedurale il testo riconosce, e dunque legittima, il ruolo delle parti sociali (e delle imprese in particolare) nell’accompagnamento dei giovani verso la vita attiva: un aspetto non tra-scurabile di originalità.

L’Alleanza europea per gli apprendistati è pertanto sia un documento di sin-tesi delle policy europee sull’istituto dell’apprendistato e più in generale sugli strumenti di collegamento tra education ed employment, sia l’iniziale risultato di un processo di accordi e di dialogo sociale che mira alla promozione della formazione on the job quale strumento di lotta alla disoccupazione giovanile e di miglioramento dei percorsi di transizione scuola-lavoro. L’Alleanza apre in maniera rilevante alla collaborazione con imprese, sindacati, istituzioni pubbliche, ma anche singoli cittadini, e attribuisce particolare rilievo alla ter-ritorialità.

L’Alleanza, frutto di un lungo percorso di gestazione, è stata lanciata il 2 lu-glio 2013 in occasione delle World Skills International, i campionati interna-zionali dei mestieri, tenutisi a Lipsia, in Germania. La novità procedurale, che sottolinea l’importanza attribuita all’apprendistato, è che per la prima volta si adopera un documento legislativo comunitario con la forma di “di-chiarazione comune” che coinvolge direttamente le parti sociali europee. La dichiarazione è stata infatti firmata dalla Commissione europea, dalla Presi-denza del Consiglio dei Ministri dell’Unione europea e dalle seguenti parti sociali: Business Europe, UEAPME e CEEP (per le imprese), ETUC (per i sindacati).

Il Consiglio europeo ha adottato la dichiarazione il 15 ottobre 2013, intitola-ta European Alliance of Apprenticeships, esprimendo il suo sostegno e manife-stando il proprio impegno a diffondere l’apprendistato in Europa. Il Consi-glio ha precisato come gli apprendistati di alta qualità e tutti gli altri percorsi educativi work-based siano degli strumenti efficaci per promuovere una tran-sizione scuola-lavoro sustainable, in particolare grazie alla formazione di competenze che sono richieste e rilevanti nel mercato del lavoro.

Con il termine “sustainable” si possono indicare essenzialmente due fattori che riguardano la transizione scuola-lavoro. Da una parte il fattore “tempo”: una transizione scuola-lavoro sostenibile è una transizione che si compie en-tro i 3 mesi dal titolo di studio acquisito. Dall’altra parte il fattore “coeren-za”: una transizione scuola-lavoro sostenibile è un passaggio in cui c’è coe-renza tra le competenze acquisite dallo studente durante il percorso di studi e la domanda del mercato del lavoro. Quando una transizione scuola-lavoro è veloce e coerente i tassi di occupazione giovanile si incrementano e nel frattempo si garantisce alle imprese un capitale umano che risponde ai fab-bisogni produttivi.

Sulla forma plurale “apprendistati” è la stessa Alleanza che precisa: «Gli ap-prendistati sono quelle forme di VET che formalmente combinano e alter-nano una formazione in azienda (periodo di esperienza pratica su un luogo di lavoro) con un percorso di formazione scolastica (periodo di studio e

formazione pratica che avviene in una scuola o in un centro di formazione). Completare con successo un percorso di apprendistato comporta il ricono-scimento di una qualifica o di un titolo di studio. Spesso c’è un contratto di lavoro tra il datore di lavoro e l’apprendista» (7). Il testo non fa dunque rife-rimento ad un preciso modello di apprendistato che possa in qualche modo essere “importato” da uno Stato membro all’altro (ad esempio il modello tedesco), ma resta aperto all’integrazione di caratteristiche virtuose che si possono rintracciare in prassi e norme di tutti gli Stati. Va tuttavia rilevato che nella definizione proposta dal documento comunitario è previsto un ne-cessario collegamento tra apprendistato e qualifica professionale/titolo di studio, rafforzando dunque, anche sul piano definitorio, questa tipologia contrattuale nell’ambito dei sistemi scolastici, universitari e di formazione professionale.

In generale dal testo emerge l’obiettivo di riscattare l’apprendistato in Euro-pa intanto sotto il profilo culturale, promuovendolo come strumento prin-cipale di lotta alla disoccupazione giovanile, e poi sotto il profilo sostanziale, andando a premiare i migliori programmi di apprendistato europei. Con l’Alleanza inoltre, l’Unione europea esprime nuovamente il proprio favor nei confronti dei percorsi VET e si elogia esplicitamente l’esperienza di quei Paesi (Germania, Austria, Danimarca, Paesi Bassi) in cui il sistema di istru-zione e formaistru-zione professionale è più strutturato e performante.

Chiariti gli impegni condivisi, le parti firmatarie esprimono in maniera più specifica i propri obiettivi. Tra gli impegni delle parti sociali, oltre all’attenzione alla informazione e alla diffusione dell’apprendistato tra i da-tori di lavoro c’è quello di «promuovere l’utilizzo dei fondi europei al fine di introdurre o migliorare i sistemi di dual learning degli Stati membri». Si ritrova dunque nel testo, anche per quanto riguarda le parti sociali, un riferimento diretto al valore dei sistemi duali al punto da chiederne l’introduzione nei Paesi (ad esempio l’Italia) in cui questo sistema non è presente. Anche gli impegni della Commissione europea, orientati alla promozione di politiche educative virtuose e nella garanzia del buon uso dei fondi comunitari, mo-strano la preferenza nei confronti dei percorsi VET. Tra gli obiettivi della Commissione è infatti esplicitato quello di «sostenere le riforme politiche negli Stati membri, in particolare quelle che prevedono raccomandazioni specifiche per Paese connesse con la VET». Obiettivo realizzato grazie all’adesione di diversi Stati membri all’Alleanza con progetti di riforma e impegni programmatici precisi.

L’Italia è stata uno degli ultimi Paesi europei a firmare un documento di

commitment all’Alleanza (il 22 giugno 2015, assieme alla Repubblica Ceca). Il

primo aspetto saliente è la doppia firma dei rappresentanti di Ministero del lavoro e delle politiche sociali (d’ora in avanti MPLS) e del MIUR: a sancire la necessaria (e per certi versi tardiva) stretta collaborazione tra i due dica-steri. La fase in cui avviene la firma dell’impegno italiano è intermedia tra l’uscita del decreto legislativo n. 81/2015, che riforma le tipologie contrat-tuali nell’ambito del Jobs Act, tra cui l’apprendistato, e l’approvazione della riforma della scuola con legge n. 107/2015. Nel testo, dopo la presentazione delle rappresentanze firmatarie, si descrive in breve il sistema di apprendi-stato italiano alla luce delle modifiche già introdotte dal decreto legislativo n. 81/2015 (ad esempio si considera l’apprendistato di terzo livello riferito sol-tanto all’istruzione terziaria e non, come in precedenza, anche al diploma di scuola secondaria superiore così come è nel TU n. 167/2011).

Più in generale nel commitment italiano si rende manifesta la volontà dell’Italia di creare un sistema duale che permetta di conseguire, lavorando, anche i più alti titoli di studio. Per raggiungere questo obiettivo, particolare atten-zione è rivolta all’introduatten-zione di incentivi ed elementi di flessibilità per le imprese: il fine è aumentare il numero di contratti di apprendistato di primo e terzo livello. In sostanza il documento cerca di spiegare il valore aggiunto delle riforme in Italia facendo preciso riferimento al miglioramento della transizione scuola-lavoro. Si tratta comunque di un testo in cui non è possi-bile identificare precisi modelli e prassi per l’evoluzione di alternanza e ap-prendistato in Italia ma che, tuttavia, valorizza in chiave complessiva il valo-re del lavoro nel sistema educativo.

Il commitment dell’Italia e di altri Paesi in cui non è finora presente il sistema duale, ma soprattutto l’esplicito collegamento delle riforme al documento europeo, mostra l’impatto effettivo dell’Alleanza sui processi di integrazione dei sistemi di istruzione europei che va ben al di là del dato formale.