2. Policy europee e ruolo dell’integrazione scuola-lavoro
2.1. Gli strumenti europei per la transizione scuola-lavoro
delle reti come strumento di partnership tra scuole e imprese, si può passare in rapida rassegna la legislazione comunitaria europea che negli anni è stata costruita: si tratta, se non di un sistema omogeneo, quantomeno di principi su cui si sono fondate le politiche degli Stati membri in modo più o meno coerente. La difficoltà di progettare e strutturare un sistema educativo effet-tivamente europeo sono nell’esclusività della competenza sulle politiche sco-lastiche a capo degli Stati membri. L’Unione europea fissa comunque obiet-tivi comuni e promuove la diffusione e lo scambio di buone pratiche che permettono la reciproca contaminazione tra sistemi educativi nazionali. Il riferimento all’Europa si giustifica inoltre per gli strumenti statistici forniti da Eurostat che permettono di fare un raffronto tra i diversi Paesi europei partendo da criteri tendenzialmente equivalenti. Va peraltro ricordato che l’Europa, a livello aggregato, Regno Unito compreso, rappresenta il più va-sto spazio di conoscenza al mondo, nonché la sua prima potenza industria-le. Essa tuttavia si caratterizza per la varietà di modelli normativi e culturali che può offrire e che si possono, all’occorrenza, trasferire da uno Stato membro all’altro. Questo ragionamento vale anche nel campo della transi-zione scuola-lavoro.
Prima della nascita dell’Unione europea, la Comunità europea si è occupata di istruzione specialmente in chiave di employability: il collegamento con il mercato del lavoro è stato uno dei cardini su cui si sono sviluppati gli orien-tamenti europei. La Comunità europea si è occupata per la prima volta di istruzione con una apposita risoluzione del 1976. Il documento chiarisce subito che il tema dell’occupabilità è uno degli obiettivi che i sistemi scola-stici europei devono poter realizzare andando a facilitare un rapido passag-gio dei passag-giovani alla vita attiva dopo il titolo di studio. Nella parte conclusiva del documento si chiarisce che priorità degli Stati membri in tema di istru-zione sia progettare: «le misure che nel settore dell’istruistru-zione si devono adottare per preparare i giovani alla vita di lavoro, per facilitarne il passaggio dalla scuola alla vita attiva, per migliorare le loro possibilità di trovare un’occupazione e così ridurre il rischio di disoccupazione» (3).
Questo approccio resterà costantemente presente in tutte le norme di diritto comunitario in tema di istruzione che seguiranno, così come si vedrà poc’anzi.
Nel documento la fase di transizione si rivela importante anche per altri mo-tivi: innanzitutto i sistemi formativi e quelli socio-economici sono organiz-zati in modo tale che molte delle scelte professionali fatte dai giovani si rive-lano praticamente irreversibili. È poi già evidente che l’avvenire della società
(3) Résolution du Conseil et des Ministres de l’éducation, réunis au sein du Conseil
europea dipenda sempre più da industrie e servizi basati sulla conoscenza che chiedono nuove conoscenze ed esperienze formative. La risoluzione non manca di sottolineare inoltre che, nel passaggio alla vita attiva, la vulne-rabilità dei gruppi sfavoriti diventa più evidente e va affrontata con un’azione formativa a tutto tondo.
Il tema della transizione scuola-lavoro compare per la prima volta in manie-ra esplicita e mimanie-rata nel 1988, in calce alla risoluzione sul manie-rapporto finale del-la Commissione sul Programma operativo deldel-la Comunità europea riguar-dante la transizione dei giovani dalla scuola alla vita adulta e di lavoro (1982-1987). La risoluzione riprende alcuni temi evidenziati dal rapporto e ricono-sce due fattori generici di miglioramento dei processi di transizione: il colle-gamento tra mondo della scuola e mondo del lavoro e l’orientamento scola-stico. Per quanto riguarda il collegamento tra mondo della scuola e mondo del lavoro il documento specifica alcuni strumenti. Tra questi:
– modelli di collaborazione dinamica tra organizzazioni economiche e pro-fessionali, inclusi i partner sociali, da un lato, e le autorità e le istituzioni scolastiche e accademiche dall’altro, in particolare tra gli istituti di istru-zione e le aziende in ambito locale;
– esperienze professionali per gli studenti e di partecipare a progetti basati sul principio della formazione finalizzata allo sviluppo delle capacità im-prenditoriali;
– la promozione di un ruolo più attivo delle strutture scolastiche, segnata-mente a livello di scuola secondaria superiore, nello sviluppo economico locale e regionale.
Va sottolineato in questo quadro il rilievo che si dà alle organizzazioni eco-nomiche e professionali ritenute attori significativi in ambito locale per i processi di transizione scuola-lavoro. Ma anche il ruolo attivo delle istitu-zioni scolastiche nello sviluppo economico di un territorio, richiamato spes-so come paradigma spaziale di riferimento.
Per quanto riguarda invece l’orientamento scolastico la risoluzione chiede agli Stati membri di incoraggiare tutti gli istituti di istruzione secondaria a rispondere alle necessità occupazionali degli studenti e a cooperare con le istituzioni del territorio. Dunque il primo documento europeo che già nel titolo si riferisce alla transizione scuola-lavoro individua nel collegamento scuola-lavoro e nell’orientamento gli strumenti più efficaci di transizione. Dal tenore del testo si evince inoltre che il concetto di transizione scuola-lavoro è riferito soltanto all’istruzione secondaria, con particolare riferimen-to all’istruzione secondaria superiore. Manca ancora un espliciriferimen-to riferimenriferimen-to a percorsi di alternanza o apprendistato, ma già si delinea l’attenzione al te-ma dell’imprenditorialità giovanile, della forte-mazione degli insegnanti e
dell’orientamento continuo degli ex allievi. Tutti strumenti che si ritroveran-no nel corso degli anni successivi in tutti i documenti comunitari che faran-no riferimento alla transizione scuola-lavoro.
Con la Strategia di Lisbona del 2000 l’Unione europea chiarisce definitiva-mente il collegamento tra politiche scolastiche e formative con il tema dell’occupabilità e del mercato del lavoro: obiettivo della Strategia quello di fare dell’Europa la prima economia della conoscenza al mondo (4). Dall’inizio degli anni Duemila la Commissione europea ha disposto indagini
ad hoc sulla transizione scuola-lavoro nell’ambito delle indagini a campione
sulla forza lavoro dell’Unione, tra cui nel 2000 la relazione della Commis-sione al Parlamento e al Consiglio intitolata Attuazione del regolamento del
Con-siglio (CE) n. 577/98 relativo all’organizzazione di un’indagine per campione sulle for-ze di lavoro nella Comunità.
Il riferimento esplicito alla transizione scuola-lavoro, con specifiche doman-de e quesiti, si è poi diffuso dal livello comunitario al livello nazionale nella maggior parte delle pratiche degli istituti di statistica. Così in Italia l’Istat, dall’Indagine sulla forza lavoro del secondo trimestre 2009, ha inserito ap-positi quesiti sulla transizione i cui risultati sono stati resi noti in quella che finora resta l’unica e più recente ricerca dell’Istat sull’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro.
I risultati Istat e quelli degli altri istituti statistici europei sono rientrati nell’ad
hoc module di Eurostat del 2009, dedicato in modo specifico alla transizione
scuola-lavoro: si tratta della più vasta banca dati sul tema mai prodotta. Gli strumenti di transizione individuati dall’Europa sono stati recepiti, ana-lizzati e implementati anche in Italia grazie soprattutto alle pubblicazioni di Isfol e Italia Lavoro tra il 2012 e il 2014, nonché al position paper dei Servizi della Commissione europea sulla preparazione dell’accordo di partenariato e dei programmi in Italia per il periodo 2014-2020. Nel testo la transizione scuola-lavoro compare come una delle priorità da risolvere per il Paese: in particolare si chiede all’Italia di sostenere «investimenti in misure individua-lizzate di politiche attive del mercato del lavoro, quali apprendistato e tiroci-ni di qualità, praticantati in azienda, orientamento professionale e promo-zione dell’imprenditorialità giovanile» (5). In sintesi nel panorama europeo sono quattro gli strumenti considerati più efficaci per la transizione scuola-lavoro:
– orientamento scolastico;
– istruzione e formazione professionale (IFP, acronimo inglese: VET);
(4) Conclusioni Consiglio europeo di Lisbona 23 e 24 marzo 2000.
(5) “Position Paper” dei Servizi della Commissione sulla preparazione dell’Accordo di Partenariato e dei
– alternanza scuola-lavoro e apprendistato (inteso come strumento con-trattuale della metodologia alternanza scuola-lavoro);
– imprenditorialità e cultura di impresa.
Saranno questi i quattro parametri su cui si andranno ad analizzare e confi-gurare i modelli studiati e proposti nel corso della nostra ricerca: reti territo-riali, con reti digitali a supporto, in cui tutti questi quattro elementi si posso-no combinare grazie all’interazione tra sistema imprenditoriale ed istituzioni scolastiche.