• Non ci sono risultati.

Capitolo 1 Cuttings Re-Injection

1.3 Alternative al processo di Cuttings Re-Injection

In molti casi le operazioni di Cuttings Re-Injection sono preferite rispetto ad altre tecniche ma non si può in generale stabilire una tecnologia in assoluto più conveniente rispetto alle altre, in quanto sono molteplici i fattori che ne influenzano la scelta. Innanzitutto la decisione si basa sulla quantità di materiale da trattare, il processo di Cuttings Re-Injection risulta sempre più attrattivo all’aumentare dei volumi da smaltire a causa dell’alto costo che il loro trasporto comporterebbe. Un secondo fattore riguarda l’attività regolatoria del posto e le restrizioni conseguenti che vengono imposte alle aziende che si occupano di questo smaltimento. Infine la distanza del sito dalla terraferma o la mancanza di infrastrutture in zona possono determinare automaticamente una scelta nei confronti della tecnologia di Cuttings Re-Injection, grazie alla possibilità di trattare i detriti direttamente in sito. In generale esiste una gamma di processi alternativi che si basano sul concetto di recupero dei materiali e non su quello di smaltimento, essi potrebbero essere scelti, dove possibile, in sostituzione alla tecnologia analizzata nel presente lavoro dunque in seguito se ne fornisce una panoramica generale. Inoltre si ricorda l’esistenza di un’alternativa di cui non si danno particolari dettagli nel seguito la quale consiste nello stoccaggio dei detriti in caverne di sale o in miniere di carbone, si tratta di una soluzione

22

adottata da alcuni stati in passato grazie ai suoi vantaggi economici e ai limitati rischi umani che essa comporta.

1.3.1 Processi di Thermal Desorption

Le tecnologie appartenenti a questa categoria consistono in processi termici in cui si fornisce calore dando la possibilità agli idrocarburi volatili di abbandonare l’acqua e la parte solida, il tutto viene effettuato con un monitoraggio continuo della temperatura in modo da assicurarsi che essa non ecceda il valore a cui si avrebbe un frazionamento dell’olio. In seguito i vapori vengono condensati e la parte rimanente viene trattata con un processo di separazione acqua-olio. L’acqua così ricavata viene riutilizzata, l’olio può essere riciclato e utilizzato come combustibile oppure aggiunto al fango di perforazione ed infine gli scarti rocciosi, ormai puliti, possono essere riutilizzati in vario modo. Il grosso vantaggio di questa famiglia di tecnologie è la grande riduzione dei volumi da trattare e la possibilità di riutilizzare la parte rocciosa in vari campi quali la preparazione di asfalti o simili.

Il Thermal Phase Separation è un processo che prevede semplicemente il riscaldamento dei detriti in una camera da cui si prelevano la parte solida sul fondo e quella successivamente separata in acqua ed olio dall’alto. La miscela viene trattata in un sistema in cui si ottiene la separazione dei due componenti grazie all’imposizione della temperatura a cui uno di essi evapora mentre il secondo precipita sul fondo.

Il secondo tra i processi qui descritti è il Rotary Kiln, si tratta di un cilindro leggermente inclinato in cui vengono inseriti tramite un sistema di coclee i cuttings intrisi di fango, essi vengono portati in temperatura solitamente grazie ad una fiamma situata nella parte esterna, e discendono lentamente lungo la sua estensione riscaldandosi. Il cilindro ruota lentamente accompagnando i cutting verso il basso, nella parte terminale del sistema la fase solida viene trasportata con altre coclee verso il basso mentre quella rimanente viene mandata in una camera di separazione acqua-olio dove si raccolgono i due componenti separatamente.

Infine la tecnologia Hammermill è una delle più diffuse essendo impiegata in siti sia onshore sia offshore grazie alla sua compattezza e praticità. In essa i rifiuti di perforazione vengono inviati tramite sistemi di trasporto e pompe idrauliche ad un sistema detto Thermomechanical Cuttings Cleaner (TCC), nel quale la separazione avviene grazie all’attrito provocato dal movimento meccanico della parte rotorica in esso presente e non più grazie all’ignizione come nelle tecnologie precedenti. Il TCC è infatti costituito da una cassa statorica e da una

23 serie di martelletti che ruotano grazie all’alimentazione di un motore elettrico ed impattano sulle parti solide, l’energia cinetica così convertita consente di raggiungere il livello termico necessario per far evaporare l’olio e l’acqua dai rifiuti solidi di perforazione. A valle di questo componente i solidi rigenerati vengono trasportati con delle coclee mentre la fase vapore viene inviata ad una serie di camere in cui passa attraverso dei cicloni, al fine di recuperare eventuali residui solidi rimasti e successivamente attraverso delle camere di separazione acqua-olio. Il grande vantaggio di questa soluzione è il fatto che elimina i problemi connessi con il riscaldamento diretto dei rifiuti, non richiedendo ampie aree di scambio e soprattutto sistemi di alimentazione che potrebbero risultare poco pratici in siti offshore. L’unità può essere utilizzata anche in siti remoti ed installata in sostituzione ai sistemi di stoccaggio e trasporto dei cuttings fino alla terra ferma. Ovviamente è bene ricordare che, nonostante si tratti di una tecnologia molto interessante considerando che dà la possibilità di trattare i detriti direttamente in sito, potrebbe non essere la scelta più opportuna soprattutto se i volumi da trattare sono molto ampi.

1.3.2 Trattamento con anidride carbonica

Negli ultimi tempi l’interesse verso una nuova tecnologia di depurazione dei rifiuti da industria petrolifera è aumentato fortemente, al giorno d’oggi sono in corso diversi progetti basati su un processo di trattamento con anidride carbonica. Esso prevede l’impiego di una sostanza che funge da solvente a pressione e temperatura superiori a quelle che ne individuano il punto critico, a differenza delle tecnologie precedentemente presentate perciò non si basa sull’incremento di temperatura nella camera in cui sono presenti i rifiuti. Il grande vantaggio derivante dal fatto che si opera con un solvente in condizioni supercritiche è che esso presenta delle caratteristiche tipiche della fase liquida e allo stesso tempo di quella gassosa, esso avrà la bassa viscosità e l’alta diffusività tipiche di quest’ultima e allo stesso tempo l’elevata densità di quella liquida. L’anidride carbonica è stata preferita ad altre tipologie di solvente come l’acqua, il propano o il butano grazie ai suoi bassi costi, alla sua alta disponibilità, al fatto che non rilascia residui dannosi, non è tossica né infiammabile ed infine grazie al fatto che presenta un punto critico facilmente raggiungibile (7.4 MPa e 304.1 K). Il processo consiste nell’inserimento dei rifiuti da trattare in un vessel, nel quale viene successivamente aggiunta l’anidride carbonica in condizioni supercritiche, dopo un certo intervallo di tempo viene aperta una valvola di sfogo da cui fuoriesce il solvente arricchito degli idrocarburi. Espandendo questo composto e portandolo fino a pressione ambiente si otterrà una separazione degli idrocarburi estratti che non risulteranno più solubili nell’anidride carbonica. Al termine del processo gli

24

idrocarburi precipitati vengono raccolti ed il vessel riaperto per sottoporre i cuttings ad analisi. In realtà non si tratta di un’idea del tutto nuova ma non è mai stata particolarmente studiata a causa dei grandi investimenti richiesti i quali hanno portato ad abbandonare diversi progetti prima che diventassero operativi a tutti gli effetti. Gli esperimenti recentemente effettuati hanno portato però al raggiungimento di efficienze di rimozione degli idrocarburi fino al 98% dunque si tratta di un’alternativa in fase di studio che potrebbe risultare particolarmente conveniente in futuro, soprattutto se si osserva che i livelli di temperatura e dunque di energia richiesti dal processo sono nettamente inferiori se confrontati con quelli dei processi di Thermal Desorption ed i volumi di installazione risultano particolarmente compatti.