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Capitolo 2 Studio della formazione rocciosa

2.2 Definizione delle proprietà della roccia

2.2.4 Proprietà della formazione studiata

In moltissime applicazioni è possibile affidarsi all’esperienza dei geologi e alle conoscenze già confermate da lavori passati per poter definire le proprietà della roccia su cui si sta operando. In casi come questi è perciò possibile basarsi su conoscenze pregresse al fine di pianificare correttamente tutte le operazioni, in quanto spesso nei luoghi che sono frequentemente usati per un certo tipo di operazioni sono già stati effettuati in passato test di caratterizzazione degli strati di roccia presenti e delle proprietà fisiche del tipo di roccia esistente ad ogni profondità. Grazie a questo vantaggio è possibile sapere che la formazione del sito in esame sarà costituita da roccia non consolidata per i primi 1928 metri, successivamente seguirà uno strato di rocce sabbiose consolidate esistente fino a profondità superiori a circa 3100 metri. Le proprietà del suolo nell’area

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geografica di nostro interesse ed in quest’ultimo strato, il quale è il più interessante perché soggetto al processo di iniezione, sono ben note grazie ai test già effettuati in passato e possono essere descritte da un coefficiente di Poisson di 0,22 e un modulo di Young pari a 4000050 psi

2.3 Andamento della pressione nel sottosuolo

Un aspetto fondamentale da tenere in considerazione prima di progettare un pozzo di Cuttings Re-Injection è l’analisi completa della struttura della formazione su cui si sta pensando di impiegare questo sistema. Per la progettazione di un pozzo di re-iniezione dedicato, così come per un pozzo di produzione, è necessario avere preventivamente a disposizione dei dati sismici relativi al sottosuolo interpretando questi ultimi è possibile ricostruire un modello che rispecchi la geologia del sito in esame. Tali informazioni permettono di prevedere le sequenze stratigrafiche che si incontreranno durante l’esecuzione del pozzo, il cui progetto stesso è influenzato da queste caratteristiche. Una profonda conoscenza della litologia del suolo permette di evitare i problemi che altrimenti potrebbero verificarsi in fase operativa. Questi dati servono a poter definire il livello di pressione a cui è sottoposto ogni strato di roccia. A tal fine vengono redatti documenti da parte di specialisti che descrivano a fondo la stratigrafia della formazione. Essi consistono in profili geologici (detti profili 1:1000), che tengono conto di tutte le manifestazioni minerarie, della loro natura ed entità ed inoltre di esperimenti del tipo ”log”, interpretando i quali è possibile ricavare informazioni aggiuntive come la previsione dell’andamento delle pressioni nel sottosuolo e i valori di porosità e di permeabilità delle formazioni. Anche in sede di progettazione del pozzo la conoscenza di questo andamento permette di stabilire le profondità a cui far discendere le colonne, la densità ottimale del fango di perforazione ed infine le pressioni richieste dal processo per evitare fuoriuscite di fluidi dalla formazione verso il foro o d’altra parte la fratturazione della roccia circostante prima del tempo. Conoscere i valori di pressione è dunque necessario per poter determinare anche le caratteristiche dei casings utilizzati lungo le pareti del foro.

2.3.1 Definizione delle pressioni e dei relativi gradienti

L’ottenimento di una previsione attendibile dell’andamento delle pressioni è obiettivo comune in quanto essa garantirà una minore necessità di modifiche e aggiustamenti in fase di esecuzione del progetto, le quali comporterebbero

39 ingenti perdite di denaro a causa dei tempi richiesti per questo genere di operazioni. Ogni roccia è costituita da elementi solidi e spazi vuoti, denominati pori, i quali sono generalmente riempiti da liquidi o gas. Per poter indagare lo stato di sforzo presente nella formazione è necessario considerare tutti i valori di pressione insistenti su di essa. Ogni formazione è sottoposta al peso dei sedimenti sovrastanti, i quali inducono delle tensioni geostatiche influenzando il comportamento meccanico dello strato considerato. A questo effetto si aggiunge la pressione derivante dalla presenza dei pori i quali, essendo riempiti di fluidi, esercitano delle tensioni di strato sulla formazione. In fase di perforazione è necessario conoscere questi valori per poterli contrastare. Le tensioni geostatiche e le pressioni dei pori sono strettamente correlate e concorrono alla definizione della pressione di fratturazione della roccia, dunque sono di fondamentale importanza in sede di progetto di un pozzo di re-iniezione.

Ad una generica profondità H il carico verticale totale σv (pressione geostatica o overburden pressure) è dato dalla seguente relazione:

(2.16)

Dove ρ(z) è la densità della parte rocciosa sovrastante lo strato analizzato e g è l’accelerazione di gravità mentre z è ovviamente la coordinata verticale. Se è possibile conoscere un valore medio di densità ρm rappresentante tutta la roccia dal livello del suolo fino alla profondità H allora si può definire la pressione geostatica in maniera semplificata come segue:

(2.17)

O alternativamente, se sono disponibili n valori di densità per i diversi n strati litologici posizionati tra 0 e H, la definizione può essere la seguente:

(2.18)

A partire da questa equazione si può stabilire un’espressione per il relativo gradiente geostatico medio, pari a:

(2.19)

La pressione dei pori influenza molto il comportamento delle rocce nel sottosuolo in quanto è in grado di contrastare una parte degli stress applicati, riducendone così il valore che effettivamente incide sulla parte rocciosa della formazione. Nello studio del comportamento di una formazione non si può dunque prescindere dal valore della pressione dei pori esistente, un suo aumento provocherà una maggiore dilatazione della roccia e, d’altra parte, un aumento dello stato di compressione della roccia produrrà un incremento della pressione

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dei pori se i fluidi presenti nel sottosuolo non hanno modo di fuoriuscire dagli interstizi in cui sono posti. La risposta della roccia all’applicazione del carico dipende fortemente dalle modalità con cui esso viene imposto, se il carico viene applicato istantaneamente il fluido contenuto nei pori non ha il tempo per diffondere e la formazione risponde in modo rigido, come se non vi fosse una parte fluida all’interno, in caso contrario se la velocità di pressurizzazione è sufficientemente lenta da dare la possibilità alla formazione di ristabilire il proprio equilibrio man mano, il suo comportamento risulterà essere molto meno rigido. L’effetto qui descritto è molto più importante tanto più il fluido contenuto nei pori è di natura incomprimibile, in quanto in tal caso risponde con una maggiore inerzia alla variazione delle condizioni di stress ad esso applicate. Nel 1923 fu introdotta una prima relazione tra lo sforzo applicato σ, la pressione dei pori p e l’effettivo sforzo insistente sulla formazione σ’:

(2.20)

Successivamente modificata nel 1941 da Biot come segue:

(2.21)

Dove il parametro α è definito come la costante poroelastica, la quale assume valore compreso tra 0 e 1 ed esprime l’efficienza del fluido presente nei pori a contrastare lo stress totale applicato, essa dipende dalla geometria dei pori, dalle proprietà fisiche dei solidi costituenti la roccia e dal suo stato di carico. La pressione dei pori può essere semplicemente calcolata come la pressione prodotta da una colonna d’acqua alta H se lo strato a tale profondità è completamente saturato d’acqua ed è in comunicazione con la superficie:

(2.22)

In tal caso diventa semplice calcolare anche il relativo gradiente:

(2.23)

Nel caso in cui questa ipotesi non sia verificata, sarà necessario definirne il valore tramite dei test effettuati in sito.

2.3.2 Sovrappressioni

In moltissime parti del mondo si incontrano zone che presentano valori di pressione anomali, eventi di questo tipo vanno esaurientemente studiati ed analizzati, in quanto potrebbero compromettere l’affidabilità del sistema. Una formazione geologica a pressione normale può essere schematizzata come un

41 sistema aperto, nel quale i fluidi contenuti hanno possibilità di fluire. Un sistema che presenta delle sovrappressioni anomale invece, è rappresentabile come un sistema chiuso nel quale i fluidi hanno poca possibilità di allontanamento e come conseguenza il passaggio di eventuali altri liquidi iniettati viene notevolmente ostacolato e ridotto. Queste due tipologie di formazioni potranno ovviamente coesistere in un certo sito solo se separate da una barriera di permeabilità, la quale agisce contemporaneamente come ostacolo alla pressione. L’argilla è la tipologia di roccia che più frequentemente agisce come barriera in quanto nel corso delle ere geologiche può essere sottoposta a variazioni strutturali a causa di fattori di natura geologica, fisica, chimica o meccanica, i quali la rendono impervia al passaggio dei fluidi in essa contenuti. La presenza di una situazione anomala viene indicata dalla variazione repentina di alcuni parametri di perforazione come la velocità di avanzamento dello scalpello, le perdite di carico, l’influsso di fluidi di formazione nel foro o la perforabilità della roccia. Dai test effettuati sul sito in esame non risultano valori anomali di pressione, dunque per il lavoro preso in considerazione si può tralasciare questo aspetto.

2.3.3 Valori delle pressioni nel sito in esame

Nel sito in considerazione sono stati effettuati dei test per poter definire l’andamento delle pressioni nel sottosuolo. Le prove sono state ripetute a tre differenti profondità, la prima pari alla coordinata di 1928 metri in corrispondenza della quale si presenta un cambiamento nella formazione rocciosa (costituita principalmente da rocce non consolidate nella parte meno profonda e da sabbie consolidate in quella inferiore), la seconda ad una profondità di 2539 metri (a cui cambia la risposta della formazione e di conseguenza si varia il diametro del casing utilizzato) ed infine alla profondità di 3052 metri, in cui si individua il punto di re-iniezione. Il gradiente di overburden può essere calcolato a partire dalla conoscenza delle proprietà della roccia sovrastante ogni quota, valutando il peso da essa esercitato. Per determinare la pressione dei pori ci si può affidare ad uno dei metodi che hanno avuto più successo come il d-exp corretto (o dc-exp), il quale correla la velocità

di avanzamento ed altri parametri della perforazione al gradiente dei pori, oppure il sismalog che è molto simile al precedente ma ne è un miglioramento. Grazie alle tecniche di cui si è a disposizione nel sito di perforazione è stato possibile definire l’andamento dei gradienti di pressione dei pori e di overburden rappresentato in Figura 2.7, la profondità riportata sulle ordinate è espressa in metri mentre i gradienti sulle ascisse in s.g (il gradiente, che corrisponde dimensionalmente al rapporto tra una pressione ed una distanza, può essere espresso in termini di densità se a numeratore si considerano chilogrammi o

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libbre forza, successivamente è possibile rapportare questo valore a quello dell’acqua ottenendo così la specific gravity, che è un unità di misura molto utilizzata nel campo dell’industria petrolifera).

Figura 2.7 Gradienti di pressione dei pori e di overburden alle diverse profondità