"Il telaio è certamente la macchina più complessa che sia apparsa nell’antichità, per intrecciare molti fili sottili occorre almeno un telaio a tensione. Diverse modalità di tensione hanno dato origine a diversi telai: orizzontali, verticali, a peso. Secoli di sperimentazioni e perfezionamenti hanno portato a noi il telaio sostanzialmente invariato fino all’era industriale dove l’applicazione della forza motrice ed un notevole grado di automazione ha dato luogo, alla fine del XVIII secolo alla rivoluzione industriale". [8]
Gli alunni hanno discusso in classe sulla differenza dell’artigianato e dell’industria, con particolare riferimento alla tessitura, evidenziando come l’utilizzo del telaio Jacquard (1801) abbia portato dei forti cambiamenti nella tessitura e nel modo di lavorare, di vivere delle persone e della società. Tutte questi elementi hanno fornito la possibilità all’insegnante di Storia di affrontare l’evoluzione della tessitura e del telaio con una ricerca realizzata con il metodo del Cooperative Learning per la produzione di file ppt. Una delle attività di gruppo ha coinvolto, oltre all’insegnante di Storia quelli di Tecnologia ed Italiano anche Arte ed Immagine, per approfondire l’attività laboratoriale svolta il 10 Aprile riguardante la tintura dei tessuti di lana, seta, cotone con estratti di erbe tintorie, di animali e di minerali.
Figura 6. Foto scattate durante l’attività con l’esperto di tintura naturale dei filati e dei tessuti e la locandina dell’evento
Conclusioni
Forse molti operatori della scuola e degli alti ranghi dello Stato vorrebbero relegare le attività pratiche, manuali, operative ad una scuola di serie B, ma per smentire ciò vorrei dire che lo sviluppo di attività manuali fa parte della formazione dell’individuo per sviluppare competenze in vari ambiti; esse possono infatti rappresentare il veicolo per un apprendimento significativo, pertanto non sono abilità di livello inferiore, perché se così fosse tutti dovrebbero possederle ed essere competenti: non è così, alcuni alunni, anche i nostri, trovano difficoltà nelle attività operative e pratiche, così come altri la trovano nelle materie letterarie o/e in quelle scientifiche. Vorrei inoltre citare una frase che mi ha colpito durante un aggiornamento: "Io sono ciò che attuo, non ciò che vedo, ciò che leggo, che scrivo". Non è certo una novità, questo concetto veniva affermato anche secoli fa da Confucio: "Se ascolto dimentico, se vedo ricordo, se faccio capisco".
Come l’esperienza informale insegna, se si vuole far breccia nella memoria degli studenti bisogna associare diversi tipi di stimoli: non basta infatti la voce, per quanto accattivante, del docente ma bisogna trovare il modo di associare a questa immagini o esperienze che permettano di "cementare" il ricordo trasformandolo in concetto acquisito. Di fatto, quello che è assimilato potenzialmente "per sempre", anche indipendentemente dal richiamo e dalla continua ripetizione, è la dimensione legata all’attività, al fare, cioè alla memoria procedurale; il fare è un bagaglio di sapere su cui si può contare con maggiore sicurezza. Posso dire con certezza che i nostri alunni con le attività svolte insieme con la modalità del gruppo hanno conseguito elevati obiettivi:
● la consapevolezza che il proprio lavoro contribuisce ed è necessario alla produzione dell’oggetto finito ha migliorato l’impegno ed il desiderio di fare di molti alunni, della classe;
● ha dato la possibilità ad alcune abilità, che altrimenti sarebbero rimaste nascoste forse per sempre, di emergere;
● ha migliorato il desiderio di conoscere anche perché la ricerca in rete e l’uso del computer sono senz’altro attività più congeniali a questi alunni;
● hanno favorito un apprendimento attivo, coinvolgente e significativo.
Con la divisione in gruppi, con l’assunzione dei ruoli, con la ricerca personale di notizie, con l’aiuto reciproco nel fissare le conoscenze (io ripeto, tu ascolti, poi si cambiano i ruoli) si sono riscontrati risultati positivi, anche nelle verifiche individuali di Tecnologia. Nel corso di questi anni ho scoperto insieme agli alunni la forza, i benefici e le soddisfazioni del lavoro cooperativo, dove ognuno mette un tassello che contribuisce a completare il tutto. Nel nostro caso è un prodotto che, ideato, sperimentato e realizzato ha raggiunto l’obiettivo di una didattica con un apprendimento efficace, che non solo scaturisce dai libri di scuola, dalle spiegazioni più o meno sintetiche ed esaurienti dei docenti, dalle capacità attentive e di apprendimento dei singoli alunni, ma è il frutto dell’esperienza individuale del fare, legata da un "filo" con l’altro, con il compagno accanto. Con l’attività cooperativa ogni alunno ha la possibilità di esprimere capacità che altrimenti rimarrebbero nascoste e non avrebbero, per esempio con una lezione frontale, la possibilità di affiorare; ogni alunno è inoltre libero di esprimere la propria creatività perché i campi di attività e di azione sono molteplici e ciò che nell'alunno è in embrione, viene così alla luce.
In una società in continua evoluzione, dove occorre limitare l’individualismo, recuperare nei giovani il senso del lavoro come dignità della persona e non solo come fonte di reddito e di crescita personale, sia un valore da riacquisire e trasmettere alle nuove generazioni, attuando percorsi di sviluppo sostenibile nell’insegnamento teorico e pratico con un approccio cooperativo. La scuola deve migliorare la qualità, sollevare l’apprendimento di Italiano, di Matematica e delle Scienze, ma sviluppare anche competenze di cittadinanza. Questi sono i valori che i giovani apprendono soprattutto con la cultura della cooperazione: ● Partecipazione attiva nel proprio contesto.
● Capacità di collaborare e lavorare in gruppo. ● Capacità di sostenersi ed aiutarsi reciprocamente.
● Capacità di condividere successi, insuccessi e responsabilità.
● Capacità di comunicare e di confrontarsi anche con il lontano, il diverso. ● Capacità di scegliere e di decidere.
Se le competenze delle future generazioni debbono essere competitività e flessibilità, credo che questi valori espressi e messi in atto con la didattica hands on possano essere dei validi aiuti alla formazione dei nostri giovani.
Bibliografia
1. https://www.youtube.com/watch?v=OF4G1Mlen7Y
2. Varagona, M. G., Ginesi, P. (2006). Sulle tracce della tessitura a “liccetti”. Camerino: La Nuova Stampa, p. 12.
3. Varagona, M. G. (2008). Museo della tessitura, nei luoghi del fare. Camerino: La Nuova Stampa, pp. 9- 11.
4. Focillon, H. (2002). L’elogio della mano. Torino: Piccola Biblioteca Einaudi, p. 117. 5. Rif. 2, p. 12.
6. Rif. 3, Presentazione. 7. Rif. 3, p. 21.