La prima presenza significativa di Picasso in Italia
2.5. Altre mostre nel
Nello stesso anno, in Italia, si poterono vedere opere di Picasso in altre due mostre collettive, entrambe a Firenze. La prima esposizione si tenne dal 27 maggio al 15 giugno, presso la Galleria d’arte Moderna Il Fiore, fondata nel 1942 da Corrado del Conte e Ottone Rosai. Picasso era presente con due opere: Le couple, un olio del 1940 e La signora in poltrona, un quadro a tempera del 1917. Insieme al pittore spagnolo si potevano ammirare altri artisti contemporanei come gli italiani Boccioni, De Chirico, Severini, Ragghianti e Del Conte, e gli stranieri Chagall, Archipenko, Klee e Kandinski.
231
Attilio Podestà, “Il Cubismo, il Futurismo, il Cavaliere Azzurro”, in Emporium, n.668, Agosto 1950 p. 61-62
232
77
La seconda mostra, “Pittori europei in collezioni Fiorentine” si tenne a Palazzo Strozzi e di Picasso erano esposte due opere: Le repas frugal, un’acquaforte del 1904 di proprietà del Dott. Sandro Volta, e una litografia del 1926, appartenuta al pittore Heinz Battke.
Anche a Torino, nell’ottobre del 1950, alla Maison des Artistes, si tenne una mostra dedicata all’artista, in cui vennero esposte 33 incisioni su rame. Le opere erano state eseguite tra il 1931 e il 1933 al fine di illustrare un’edizione parigina sul tema del Minotauro. Pur appartenendo tutte ad una stessa serie le opere mostrano una diversità di tecniche, di motivi generatori, di trattazione sulla lastra, straordinaria. E vi si possono anche riscontrare gli influssi dell’arte classica, come si può leggere in un articolo apparso ne La Stampa: «Nettamente vi appare l’influsso dell’arte greca, richiamata dal tema mitologico, specie di quella vasale, che più evidentemente ispira certe figure femminili linearmente evocate a rapidi tratti della punta, con impeccabile equilibrio formale. Per controverso, il senso della arcaicità, e della immaginosa ferinità del mito, è dato dal misterioso viluppo dei segni, espressionisticamente arruffati, là dove entrano in campo le fattezze taurine delle varie incarnazioni del dio».233
Anche ne L’Unità si può leggere un articolo dedicato alla mostra, nel quale, però, l’autore tende a concentrarsi più sull’impegno politico dell’artista, che sulle opere.234
Nel novembre 1950, poi, alla già citata Galleria del Naviglio a Milano si tenne la mostra “Pittori cubisti italiani e francesi”, nella quale erano esposte opere di Picasso, Léger, Braque, Survage, Valmier, Hayden, Metzinger, Soffici, Severini, Rosai.
2.6. Il 1951: Le Ceramiche
Nel 1951 vennero organizzate diverse mostre dedicate all’ultima produzione dell’artista, ovvero alle Ceramiche, sulle quali vorrei soffermarmi brevemente. Nell’immediato dopoguerra Picasso, ritiratosi a Vallauris, si dedica a questa forma
233
A.R., “Incisioni di Picasso”, ne La Stampa, Torino, 7 ottobre 1950
78
creativa, «attirato alla ceramica, oltre alla novità di questa particolare tecnica, anche dal largo margine di intervento manuale che essa gli offriva, e da tutte quelle sorprese, quei giuochi inattesi che gli offrivano le diverse materie impiegate, i colori, le reazioni solo in uno stretto margine prevedibili operate dal fuoco; e c’è da crederlo, da quella punta di magia che sta nel gesto del vasaio che rapidamente, a colpo di piede e con una carezza lunga di mano, sforma la terra molle e l’alza, la torce, l’incava […] La magia cioè di quella forma che cresce nell’aria con l’obbedienza docile alla mano e ai capricci della mente».235
Picasso, quindi, si dedica a questa nuova attività in modo totale e vorace, riuscendo a produrre una quantità di opere straordinaria. Nel tentativo di catalogare, seppur in modo sommario, questa fase artistica, si possono distinguere alcuni grandi “capitoli”. Nella prima fase, alle forme tradizionali (piatti, scodelle, formelle) Picasso unisce una decorazione pittorica inedita e fantasiosa. Nella seconda l’artista affronta il volume, dedicandosi a forme classiche, ma più impegnative come vasi, anfore, bottiglie, che decora lasciandosi guidare dalle linee dell’oggetto. Nella terza fase, è lui stesso ad inventare le forme, creando opere strane e fantastiche, in equilibri precari. Alla fine, dopo la larga esplorazione, l’artista ritorna alle superfici piane, alle quali applica materie diverse (vetri, smalti).236
Ma torniamo alle mostre: a Venezia si tenne un’esposizione di Ceramiche di Picasso, organizzata dal Gallerista Carlo Cardazzo. Egli a partire dagli anni cinquanta comincia ad organizzare importanti mostre personali nell’Ala Napoleonica del Museo Correr, spazio che gli veniva concesso dal Comune per realizzare grandi eventi, in particolare negli anni di Stasi tra una Biennale e l’altra, ed è proprio in questa importante cornice che viene realizzata la mostra.
Questa esposizione è da mettere in relazione con il naufragio del progetto di Ponti di dare vita ad una presentazione dell’opera ceramica del Maestro spagnolo in concomitanza con la Biennale di Venezia dell’anno precedente. È infatti conservata presso l’Archivio Storico delle Arti Contemporanee di Venezia una corrispondenza tra Gio Ponti, Commissario Straordinario della Biennale, e i due
235
Marco Valsecchi, “Le ceramiche di Picasso”, in La Biennale, Venezia, 1953, p. 31
236
79
segretari Rodolfo Pallucchini e Giuseppe dell’Oro, che ha per oggetto l’organizzazione di una sezione particolare, proposta dall’architetto, dedicata alla ceramica d’arte italiana, in un dialogo con il grande e centrale esempio di Picasso. Un primo invito agli artisti parte nell’aprile del 1950, con la proposta di esporre in una sala del Padiglione Venezia237 le opere selezionate, mentre il mese successivo, lo sconsolato Ponti, scrive a Pallucchini, lamentandosi per la scarsa considerazione rivolta all’iniziativa, a suo avviso davvero meritevole. Scrive il Commissario: «Io avevo messo al centro di questa esposizione Picasso perché in tal modo Venezia avrebbe fatta la prima grande mostra internazionale di Picasso. Attorno a lui avrei voluto vedere pezzi giganteschi di Fontana, e di Cascella […] e pezzi raffinatissimi e grandi di Leoncillo, e pezzi speciali di Brogini, Santomaso, Sassu, Fabbri, Melandri e Gambone […] Avremmo mostrato […] che la ceramica non è un’arte applicata, ma una espressione della pittura e della scultura unita che deve essere accolta nella sala delle arti pure».238
Sfumato, quindi, il sogno di Ponti di presentare le ceramiche di Picasso alla XXV Biennale di Venezia, spetta a Carlo Cardazzo aver fatto conoscere al pubblico italiano questa importante parte della produzione del Maestro spagnolo, con una mostra «comprendente cento opere e cioè servizi da pesce, servizi da dolce, servizi da frutta, piatti decorativi rettangolari, ovali, tondi , e grandi vasi riprodotti nelle forme e nelle decorazioni più impensate».239
Le ceramiche di Picasso, poi, arrivano anche a Milano, dove vengono esposte per breve tempo alla Triennale a cura di Vittorio Emanuele Barbaroux. Ad esse è dedicato un articolo, in cui l’autore scrive: «Le Ceramiche […] sono indiscutibilmente belle. Siamo tutti d’accordo a considerarle tali; e non si potrebbe altrimenti, tanto vivaci, tanto sincere e, vorremmo dire, generosamente rusticane sono quelle terraglie policrome, che rappresentano oggi la maggiore attività del maestro catalano».240 Le ceramiche, quindi, oltre ad essere esteticamente belle, rappresentano la vera essenza dell’artista, lo definiscono meglio dei saggi a lui dedicati. Continua, infatti, l’articolo: «Ce lo spiegano per quello che è, e per come
237 elenco artisti selezionati in Luca Massimo Barbero, “Carlo Cardazzo, una nuova visione
dell’arte”, op. cit.
238 Luca Massimo Barbero, op. cit.. 239
“Ceramiche di Picasso nell’Ala Napoleonica”, ne Il Gazzettino, Venezia, 22 settembre 1951
240
80
lo si deve guardare: un popolano di Catalogna […] un paesano di quella terra screpolata dal sole, battuta dal mare, fiorita dagli aranci e insanguinata dalle rivoluzioni».241 E Picasso, nelle sue opere, e in particola modo nelle ceramiche, inserisce tutte queste suggestioni che rendono la sua arte viva, vibrante, coinvolgente.
Alla fine dell’anno, più precisamente dal 22 dicembre al 4 gennaio 1952, Cardazzo esporrà le ceramiche di Picasso anche nella sua galleria milanese, il Naviglio, presentate nel catalogo da uno scritto di Lucio Fontana
.
(fig.
24)
L’artista racconta un suo incontro, insieme ad altri ceramisti italiani, con Pablo Picasso e le emozioni che ne scaturirono: «Fare la ceramica è per lui riscoprire il mondo […] Egli libera l’opera ceramistica dalla sua particolare materia, dal particolare peso che questa materia può fatalmente assumere. Non fu l’uomo impastato con la creta? E non fu da questa creta che si diffuse lo spirito dell’uomo? Questo senso di religioso appunto si sprigiona dalle ceramiche di Picasso, in quella sua creta sublimata».242 Picasso ceramista, quindi, è come un Dio, creatore di nuove forme, che plasma la materia dandole nuova vita.Alcune di queste ceramiche, poi, verranno esposte anche alla Galleria del Calibano a Vicenza, accompagnata da alcuni arazzi di Matisse e Moore. La mostra, realizzata subito dopo quella milanese, si apre il 12 gennaio 1952 e, anche questa volta, è Lucio Fontana a presentare le opere.
241
ibidem
242
Lucio Fontana, “Ceramiche di Picasso”, catalogo della mostra (Milano 22 dicembre 1951- 4 gennaio 1952), Milano 1951
81