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Altre operazioni potenzialmente pregiudizievoli per i portatori di warrants

LA TUTELA DEI PORTATORI DI WARRANTS

7. Altre operazioni potenzialmente pregiudizievoli per i portatori di warrants

Oltre alle fattispecie individuate dal primo comma dell’art. IA.9.1.8 («Rettifica dei contratti di opzione su azioni») delle Istruzioni al Regolamento dei mercati organizzati e gestiti da Borsa Italiana s.p.a. esistono altre operazioni potenzialmente idonee a ledere i diritti dei portatori dei warrants. Si pensi, ad esempio, all’ipotesi della adozione di una delibera di trasformazione della società emittente i titoli di compendio o, ancora, a quella del mutamento dell’oggetto sociale, del trasferimento della sede all’estero o dello scioglimento anticipato. Anche in questo caso, come nei precedenti, la libertà di autodeterminazione della società emittente deve essere coordinata con la necessità di evitarne possibili abusi a danno degli investitori.

La dottrina, in particolare, appare sostanzialmente concorde nell’affermare che, in caso di trasformazione della società da s.p.a. a s.a.p.a., in virtù dell’applicazione del generale principio di buone fede ai portatori di warrants dovrebbe essere consentito di avvalersi analogicamente del rimedio previsto dal quarto comma dell’art. 2420 bis,

(354) Così sembra anche Guerrera, I warrants, cit., p. 279 ss., il quale osserva che questo tipo di decisioni, pur lasciando inalterata l’entità complessiva del capitale sociale, ne mutano la suddivisione interna poiché determinano una contemporanea variazione del numero e del valore nominale delle azioni con il rischio che il cambiamento così prodotto nell’unità di misura della partecipazione sociale sconvolga completamente il contenuto del diritto dei portatori di warrants, contrattualmente definito in funzione dell’originaria frazione minima di capitale. L’aggiustamento del rapporto di opzione atto a neutralizzare questo effetto opererebbe con modalità differenti rispetto a quelle previste per le obbligazioni convertibili: mentre per queste ultime – sussistendo una precisa correlazione tra il valore nominale globale delle azioni di compendio e l’importo nominale del debito da “imputare” a capitale – la rettifica consiste nella riformulazione del rapporto di cambio, nei warrants si rende necessario l’aggiustamento parallelo e contemporaneo del numero delle azioni sottoscrivibili e del loro prezzo unitario.

consentendo pertanto ai portatori dei warrants la facoltà di esercizio anticipato dell’opzione (355). La medesima soluzione, peraltro, viene proposta in relazione a tutte le altre ipotesi, che, come la trasformazione, consentono al socio di esercitare il diritto di recesso ai sensi dell’art. 2437 c.c. (356).

Parte della dottrina ha esteso tale soluzione all’ipotesi di trasformazione della società emittente, in pendenza del termine per l’esercizio dei warrants, da società per azioni in una società con una forma non azionaria (357). Secondo altra dottrina, invece, in questo caso la relativa delibera di trasformazione dovrebbe ritenersi sostanzialmente vietata alla società emittente e, se adottata, essa risulterebbe inefficace, in quanto mirante a conculcare un diritto acquisito dagli investitori sulla base della deliberazione di aumento di capitale a servizio (358).

Degna di menzione, in relazione alla problematica in esame, è la pronuncia n. 1574 emessa dalla prima sezione della Cassazione il 14 febbraio 1995 (359), relativa al

(355) MORANO, Considerazioni in tema di warrants, cit., p. 24; GUERRERA, I warrants, cit., p. 288 ss.

(356) GUERRERA, cit. p. 286 ss., il quale, tuttavia, ritiene tale soluzione applicabile in termini generali solo in caso di warrants ad esercizio continuo. Nel caso di warrants esercitabili a data fissa o in periodi determinati, invece, la configurazione di obblighi di protezione a favore dei portatori dei warrants non sarebbe sufficiente a fondare in capo alla società emittente un potere di modificazione (sia pure in melius per gli investitori) dei termini negoziali dell’opzione ma la regola generale di correttezza potrebbe in questo caso esprimersi con riferimento alla scelta del tempo dell’operazione e dell’esternazione del contenuto della prospettata delibera, sicché la società emittente potrebbe preannunciare l’operazione programmata convocando l’assemblea degli azionisti in data subito posteriore alla scadenza dei termini fissati per l’esercizio dell’opzione, salvo che le circostanze rendano questa condotta concretamente impossibile come quando l’opzione possa essere esercitata una volta sola in una data molto lontana nel tempo (p. 292-293).

(357) Così sembra esprimersi MORANO, Considerazioni in tema di warrants, cit., p. 24, che afferma l’applicabilità analogica del quarto comma dell’art. 2420 bis a tutti i casi di trasformazione.

(358) GUERRERA, I warrants, cit. p. 287, nota 156.

(359) Cass., 14 febbraio 1995, n. 1574, in Giust. civ., 1995, I, 1833, con nota di VIDIRI. Nel medesimo caso il principio è stato successivamente ribadito da Trib. Firenze, 16 agosto 1999, in Foro toscano, 2000, p. 26, con nota di Marinai: «è nulla, per violazione della norma imperativa di cui all’art. 2486, 3º comma c.c., la delibera di trasformazione di una società per azioni in una società a responsabilità limitata, in pendenza di un prestito obbligazionario, in

caso, affine a quello in esame, della trasformazione di una società per azioni in società a responsabilità limitata in pendenza del termine per il rimborso di un prestito obbligazionario o di quello per l’esercizio del diritto di conversione riconosciuto ai titolari di obbligazioni convertibili: la Corte, confermando un principio già più volte espresso dalla giurisprudenza di merito (360), ha affermato che il vecchio terzo comma dell’art. 2486 c.c., che prevedeva espressamente che alla società a responsabilità limitata non è consentita l’emissione di obbligazioni, «esprime, a difesa di interessi generali inerenti all’accesso al «mercato del risparmio», una valutazione vincolante di liceità del prestito obbligazionario solo per la società su base azionaria, e, quindi, stabilisce per la prima una situazione d’incompatibilità con il prestito stesso, tanto nel suo momento genetico, quanto nei suoi successivi sviluppi, fino al soddisfacimento dei portatori dei titoli; ne discende, in pendenza del termine per il rimborso di obbligazioni emesse da una società per azioni, incluse le obbligazioni convertibili in azioni, che la società medesima non può trasformarsi in società a responsabilità limitata, con la consequenziale nullità, per violazione di norma imperativa, della delibera di trasformazione che venga presa in detto periodo».

Secondo la Suprema Corte, in particolare, «anche quando, come nella specie, si tratti di obbligazioni convertibili in azioni, sussistono, ed anzi si accentuano, tutte le ragioni giustificative dei suddetti principi, tenendosi conto che l’atto con il quale il

quanto il divieto per la società a responsabilità limitata di emettere obbligazioni, contenuto nella suddetta norma, stabilisce per quest’ultima una situazione di incompatibilità con il detto prestito, non solo nel suo momento genetico, ma anche in tutte le successive fasi, fino al soddisfacimento dei portatori dei titoli».

(360) Cfr. Trib. Prato, 13 febbraio 1987, in Giur. comm., 1988, II, p. 807 (con nota di DE CASTELLO), che ha affermato che «l’estinzione del prestito obbligazionario deve precedere la

trasformazione da s.p.a. in s.r.l. deliberata ai sensi dell’art. 2447 c.c., poiché il debito a tale titolo pendente costituirebbe violazione dell’art. 2486 c.c. »; Trib. Treviso, 9 ottobre 1985, in Società, 1986, p. 529, secondo la quale «non è ammissibile la trasformazione di una società per azioni, che abbia emesso obbligazioni ancora in corso, in s.r.l., in quanto la s.r.l. non può emettere obbligazioni».

prestito può concludersi, vale a dire l’opzione per l’acquisto della qualità di azionista (e quindi dello «status» di socio), è configurabile esclusivamente nel rapporto con un ente che sia in atto dotato della forma organizzativa della società per azioni».

Occorre dare atto, per completezza, che la riforma del diritto societario del 2003 ha soppresso il divieto esplicito per le società a responsabilità limitata di emettere obbligazioni convertibili un tempo contenuto nel terzo comma dell’art. 2486 c.c. La nuova società a responsabilità limitata, inoltre, com’è noto, può emettere i titoli di debito, che, sotto il profilo sostanziale, ben possono essere qualificati come obbligazioni destinate (peraltro soltanto quali primi sottoscrittori) ad investitori professionali (art. 2483 c.c.). Dette novità, tuttavia, non appaiono idonee a modificare le conclusioni sopra individuate in relazione alla impossibilità per una società per azioni, in pendenza del prestito obbligazionario, di deliberare una trasformazione in una responsabilità limitata. Anche successivamente alla riforma, infatti, alla società a responsabilità limitata resta precluso adire il mercato del pubblico risparmio, ed infatti, come si è appena visto, i titoli di debito sono destinati ad investitori professionali e la loro successiva circolazione deve essere garantita da questi ultimi, ciò che non avverrebbe in caso di trasformazione di una società per azioni in società a responsabilità limitata (361).

Nell’ipotesi di trasformazione della società emittente da s.p.a. a s.r.l. in pendenza del termine sotteso ai warrants mi sembra che la proposta di considerare la delibera di trasformazione inefficace, sebbene abbia il pregio di tutelare fortemente i portatori dei

warrants, trovi un primo ostacolo nel fatto che i motivi di impugnazione delle delibere

assembleari da parte di soggetti diversi dai soci sono limitate ai (pochi) casi di nullità indicati nell’art. 2379 c.c. e che non è agevole ricondurre ad uno di essi l’ipotesi di una delibera che, come quella in esame, si pone in conflitto con gli impegni assunti dalla stessa società nei confronti di soggetti terzi con una precedente delibera. Non può

trascurarsi, inoltre (ed il rilievo è assorbente), che l’art. 2500 bis, relativo alla «invalidità della trasformazione», prevede che eseguita la pubblicità di cui all’art. 2500 c.c., «l’invalidità dell’atto di trasformazione non può essere pronunciata», fermo restando l’eventuale diritto al risarcimento del danno riservato dalla medesima norma «ai partecipanti all’ente trasformato ed ai terzi danneggiati dalla trasformazione». Mi sembra possibile concludere, pertanto, che nell’ipotesi della trasformazione della società emittente in società a responsabilità limitata la tutela dei portatori dei warrants può esplicarsi sotto il profilo risarcitorio mediante un’azione per inadempimento contrattuale conseguente al mancato rispetto del dovere di buona fede nell’esecuzione del contratto. La medesima soluzione, ovviamente, dovrà essere estesa a tutti i casi di trasformazione eterogenea da società di capitali disciplinata dal nuovo art. 2500 septies c.c. (trasformazione in consorzi, società consortili, società cooperative, comunioni di azienda, associazioni non riconosciute e fondazioni). Qualora infatti, come generalmente accade, i titoli di compendio siano rappresentati da azioni, questo tipo di trasformazione comporta l’estinzione dell’oggetto dell’opzione e lede ingiustamente i diritti dei portatori dei warrants (362): per il caso della trasformazione in società a responsabilità limitata, peraltro, deve segnalarsi che l’art. 2468 c.c. prevede espressamente che «le partecipazioni dei soci non possono essere rappresentate da azioni né costituire oggetto di sollecitazione all’investimento». Allo stesso modo, nel caso in cui i warrants attribuiscano il diritto a sottoscrivere obbligazioni, che non possono essere emesse dalle s.r.l. (363), la trasformazione in s.r.l. della società emittente

(362) Si veda, tuttavia, MORANO, cit., p. 24, il quale, pur ritenendo, come si è visto, che in caso di trasformazione ai portatori di warrants dovrebbe essere consentito di avvalersi analogicamente del rimedio previsto dal quinto comma dell’art. 2420 bis, consentendo loro la facoltà di esercitare anticipatamente l’opzione, afferma che nell’ordinamento non sarebbero rinvenibili limiti all’emissione di warrants (purché non destinati a circolare come valori mobiliari) a sottoscrivere quote di s.r.l.

(363) Anche successivamente alla riforma del diritto societario entrata in vigore nel gennaio 2004, infatti, per le società a responsabilità limitata, alle quali pure è stato concesso di

le obbligazioni medesime deve essere esclusa in quanto i diritti dei portatori dei

warrants verrebbero inevitabilmente frustrati (364).

Del pari illegittime, e quindi precluse, debbono essere considerate le altre decisioni che comportano virtualmente l’estinzione o il mutamento in senso formale dell’oggetto dell’opzione quali quella di trasferire la sede sociale all’estero con assoggettamento della società ad un ordinamento che vieta l’emissione di titoli opzionali o, ancora, di modificare il regime di circolazione delle azioni di compendio o di introdurre limiti alla loro trasferibilità, con la conseguenza che l’adozione di questo tipo di decisioni renderà la società emittente inadempiente all’obbligo di eseguire secondo buona fede il contratto concluso con i portatori di warrants e la esporrà all’obbligo di risarcire a questi ultimi il relativo danno (365).

Un caso del tutto particolare, non previsto dal legislatore nemmeno in relazione alle obbligazioni convertibili, è quello esaminato nella sopra richiamata pronuncia emessa dal Tribunale di Genova il 28 marzo 2001 (366) in relazione ad un’emissione di (obbligazioni con) warrants che attribuivano il diritto ad acquistare azioni di risparmio. In quella circostanza il socio di maggioranza della società emittente dei warrants e dei titoli di compendio aveva acquisito il 98,3% delle azioni ordinarie, il 93,3% del capitale

emettere titoli di debito sottoscrivibili esclusivamente da investitori professionali ai sensi del nuovo art. 2483 c.c., permane il divieto di emettere titoli obbligazionari stricto sensu.

(364) MORANO, cit., p. 23-24.

(365) Contra GUERRERA, I warrants, cit., p. 287, il quale afferma che dette decisioni dovrebbero reputarsi sostanzialmente vietate alla società emittente e, se adottate, risulterebbero inefficaci, in quanto miranti a conculcare un diritto acquisito dagli investitori sulla base della deliberazione di aumento di capitale a servizio. Secondo Guerrera in linea generale deve essere tutelata in massimo grado la libertà auto-organizzativa della società emittente e, pertanto, solo di fronte a decisioni di trasformazione, mutamento dell’oggetto sociale, trasferimento della sede all’estero, scioglimento anticipato assunte, in concreto, con la piena consapevolezza di ledere i possessori di titoli opzionali, cagionando la soppressione, la diminuzione di valore o l’impedimento all’esercizio dei diritti di sottoscrizione - senza che sussistano ragioni apprezzabili dal punto di vista della società o dei soci, a giustificare la deliberata modificazione – può fondatamente prospettarsi un problema di risarcibilità del danno risentito dai primi (p. 299-300).

di risparmio e il 46,8% dei warrants emessi. Poiché il flottante residuo delle azioni ordinarie era sceso sotto il 10%, inoltre, il socio di maggioranza, anziché deliberare, come pure sarebbe stato possibile, un aumento di capitale con esclusione del diritto di opzione, ripristinando un grado sufficiente di diffusione dei titoli, aveva promosso OPA residuale: la Consob, a quel punto, essendo venute meno le condizioni di diffusione tra il pubblico delle azioni ordinarie, aveva revocato dalla quotazione in borsa le azioni ordinarie, le azioni di risparmio e i warrants.

Il Tribunale di Genova, ritenendo che il socio di maggioranza di una società per azioni non può modificare discrezionalmente gli impegni presi dalla società senza che questa ne debba rispondere, ha concluso che la società emittente era responsabile dell’inadempimento del proprio impegno di consentire ai portatori dei warrants l’esercizio del loro diritto di opzione fino alla scadenza del termine originariamente pattuito e che, conseguentemente, era tenuta a risarcire il relativo danno. La revoca dalla quotazione, infatti avrebbe potuto essere evitata mediante il mantenimento di un sufficiente grado di diffusione dei titoli.

Detta soluzione appare condivisibile e conferma le conclusioni sopra esposte in merito alla possibilità per i portatori dei warrants di chiedere giudizialmente l’accertamento dell’inadempimento della società emittente che abbia adottato delle decisioni che comportano l’estinzione dell’oggetto dell’opzione e la conseguente condanna della stessa al risarcimento del relativo danno.

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