• Non ci sono risultati.

Il regolamento di Borsa Italiana s.p.a e l’esperienza straniera

LA TUTELA DEI PORTATORI DI WARRANTS

2. Il regolamento di Borsa Italiana s.p.a e l’esperienza straniera

Nella parte introduttiva è già stato ricordato che in Italia la borsa dalla fine degli anni ‘90 è gestita da una società di diritto privato denominata Borsa Italiana s.p.a., la quale è priva di poteri di normazione. È già stato segnalato, inoltre, che al regolamento di borsa da essa predisposto viene generalmente riconosciuta la natura di condizioni generali di contratto, che assumono il carattere vincolante per gli operatori di borsa all’atto della loro sottoscrizione della domanda di ammissione alle negoziazioni.

Orbene, preme qui evidenziare che il secondo comma dell’art. 2.2.12 del «Regolamento dei mercati organizzati e gestiti da Borsa Italiana s.p.a.», per ammettere alla quotazione i warrants, richiede che «sia prevista a livello regolamentare l’effettuazione di rettifiche in occasione di eventi di natura straordinaria che riguardano

l’emittente le azioni derivanti dall’esercizio dei warrant. Le rettifiche devono essere informate a metodologie di generale accettazione e tendere a neutralizzare il più possibile gli effetti distorsivi dell’evento».

Il primo comma dell’art. IA.9.1.8 («Rettifica dei contratti di opzione su azioni») delle Istruzioni al Regolamento dei mercati organizzati e gestiti da Borsa Italiana s.p.a. indica una serie di operazioni, frequentemente realizzate dall’emittente dei titoli di compendio, potenzialmente idonee a ledere i diritti dei portatori dei warrants: esse vengono individuate nelle a) operazioni di raggruppamento e frazionamento delle azioni sottostanti il contratto; b) operazioni di aumento gratuito del capitale ed operazioni di aumento di capitale a pagamento con emissione di nuove azioni della stessa categoria di quelle sottostanti il contratto di opzione; c) operazioni di aumento di capitale a pagamento con emissione di azioni di categoria diversa da quelle sottostanti il contratto di opzione, di azioni con warrant, di obbligazioni convertibili e di obbligazioni convertibili con warrant; d) operazioni di fusione e di scissione di società emittenti le azioni sottostanti il contratto; e) operazioni di conversione delle azioni in altra categoria di azioni; f) distribuzione di dividendi straordinari.

La sopra ricordata indicazione del Regolamento di Borsa Italiana circa la necessità di prevedere delle rettifiche per neutralizzare il più possibile gli effetti distorsivi delle operazioni individuate nel primo comma dell’art. IA.9.1.8 delle Istruzioni al Regolamento medesimo si pone in linea con la soluzione offerta al problema nei paesi a tradizione giuridica affine alla nostra, ove i diritti dei portatori dei

warrants vengono attentamente salvaguardati in caso di operazioni sul capitale della

società emittente. Qualora dunque non si riconoscesse a tale soluzione una sostanziale natura vincolante per l’emittente dei warrants anche a favore dei portatori dei titoli (e non solo nei confronti di Borsa Italiana s.p.a.), si determinerebbe un pericoloso isolamento del nostro paese foriero di gravi conseguenze economiche. Per la stessa ragione, inoltre, appare necessario estendere detta tutela, in virtù dell’applicazione del

generale principio di buona fede, anche ai casi di emissioni di warrants che non siano stati fatti oggetto di quotazione.

Solo per fare alcuni esempi può osservarsi che in Francia la questione era disciplinata già dall’art. 194-5 della l. 24 luglio 1966, n. 537 (legge fondamentale sulle società), come novellata dalla l. 3 gennaio 1983, n. 1 (228): detta norma è stata riprodotta nell’attuale art. L. 225-154 del code de commerce del 2000, al quale l’art. L. 212-7 del

code monétaire et financier (anch’esso del 2000) fa integrale rinvio per tutta la

disciplina dei bons de souscription d’actions (229). Orbene, l’art. L. 225-154 del code de

commerce prevede che, in pendenza del termine per l’esercizio delle opzioni,

l’emissione di nuove azioni può avvenire solo a condizione di preservare i diritti dei titolari dei diritti di opzione: la società in questi casi deve pertanto permettere ai titolari dei warrants che esercitino il proprio diritto di opzione di sottoscrivere le azioni alle medesime quantità o proporzioni ed alle medesime condizioni degli azionisti e, ove i titoli diano diritto ad acquistare azioni quotate, il contratto di emissione può prevedere, in alternativa alle misure appena menzionate, un adeguamento delle condizioni per l’esercizio dell’opzione tenendo conto dell’aumento di capitale secondo modalità fissate con decreto dal Conseil d’Etat e sotto il controllo della Commission des opérations de

bourse (oggi Autorité des marchés financiers).

(228) BONNEAU-DRUMMOND, op. cit., Paris, 2005, p. 110; CAMPOBASSO,Le obbligazioni con warrants, in Trattato delle società per azioni diretto da Colombo-Portale, Torino, 1988, vol. 5, 16; GUYÉNOT-DESURVIRE-SALERNO, Le bons de souscription d’actions: un nouveau produit

financier, cit., p. 1131 ss.; CLARIZIA, Le obbligazioni di società, nel Trattato di diritto privato

diretto da Rescigno, Torino, 1985, vol. 16, p. 627 ss., nota 39. La legge del 1983, in particolare, introdusse nella legge sulle società gli artt. da 194-1 a 194-11 e, con essi, le obligations avec bons de souscription d’actions, ossia le obbligazioni con buoni di sottoscrizione di azioni da emettersi da parte della stessa società o della sua controllante.

(229) L’art. L. 212-7 del code monétaire et financier del 2000, intitolato «Obligations avec bons de souscription d’actions», prevede che «les règles concernant l’émission d’obligations avec bons de souscriptions d’actions sont fixées par les articles L. 225-150 à L. 225-158 du code de commerce».

Analoga tutela si riscontra in Belgio, dove agli artt. 496 ss del code des sociétés, entrato in vigore nel febbraio 2001, è contenuta una espressa disciplina sui «droits de

souscription d’actions, isolés ou attachés à un autre titre» (che riprende peraltro la

disciplina di cui alla l. 23 luglio 1962 e di cui, successivamente, al code de commerci) (230) e, all’art. 501, viene proibita ogni operazione idonea a danneggiare i diritti dei portatori dei titoli con la precisazione che, in caso di delibere di aumento di capitale a pagamento, potrà essere concessa una eccezione al divieto generale solo a condizione che ai portatori dei titoli venga concesso il diritto di opzione di sottoscrivere le azioni alle medesime quantità o proporzioni ed alle medesime condizioni degli azionisti.

Parimenti, in Germania, già in passato, pur mancando un’apposita norma di legge, l’elaborazione dottrinale, invocando il principio di buona fede di cui al § 242 BGB e applicando analogicamente il § 216 Abs. 3 dell’AktG che sancisce il principio dell’intangibilità dei diritti negoziali dei terzi verso la società in caso di aumenti di capitale a titolo gratuito, ha ritenuto possibile, anche in caso di aumenti di capitale a pagamento, imporre alla società emittente un dovere di adeguamento dei diritti incorporati nei titoli di investimento, pregiudicati dall’operazione sul capitale (231):

(230) COSTA, La convertibilità anticipata nel sistema delle obbligazioni convertibili in azioni, cit., p. 85.

(231) Per un’applicazione analogica del § 216 Abs. 3 dell’AktG anche nei casi di aumento di capitale a pagamento, VOLHARD, in AA.VV., Münchener Kommentar zum Aktiengesetz, Band 6, 2005, p. 879, il quale per l’ipotesi dell’aumento di capitale gratuito (la cui disciplina estende a quello a pagamento) propone un meccanismo di adeguamento che garantisce al portatore del diritto di opzione di ottenere un numero di azioni maggiore a fronte del pagamento del prezzo di esercizio dell’opzione originariamente previsto; KÖHLER, Kapitalerhöhung und

vertragliche Gewinnbeteiligung, in Aktiengesellschaft, 1984, p. 198 ss.; HEFEMEHL-

BUNGEROTH, in Geßler-Hefemehl-Eckardt-Kropff, Kommentar zum Aktiengesetz, München

1994 p. 341 ss.. Ancora per l’applicazione analogica del § 216 AktG, con riguardo ai diversi strumenti legati ai risultati della società il cui valore può essere modificato da operazioni sul capitale della società, KOPPENSTEINER, Ordentliche Kapitalerhöhungen und

dividendenabhängige Ansprüche Dritter, in Zeitschrift für das gesamte Handelsrecht und Wirtschaftsrecht, 1975, p. 197-198; VOLLMER, in Genußschein – ein Instrument für

mittelständische Unternehmen zur Eigenkapitalbeschaffung an der Börse, in Zeitschrift für Unternehmens- und Gesellschaftsrecht, 1983, p. 464-465; KALLRATH, in Die Inhaltskontrolle

un’ulteriore conferma dell’obbligo di adeguamento da parte della società emittente è recentemente derivata dalla riforma tedesca della disciplina delle obbligazioni contrattuali, entrata in vigore il 1° gennaio 2002, posto che il nuovo § 313 BGB, inserito nel sottotitolo «adeguamento e scioglimento dei contratti» e intitolato «l’alterazione del

fondamento negoziale», ha introdotto la disciplina sull’hardship, che prevede per

ciascuna delle parti la possibilità di chiedere un adeguamento del contratto qualora successivamente alla sua conclusione si verifichino gravi modifiche delle circostanze poste a fondamento del contratto medesimo (232).

der Wertpapierbedingungen, 1994, p. 164 ss. Per i riferimenti alle soluzioni offerte in Francia e Germania si veda anche GUERRERA, I warrants ecc., cit., p. 261-262, nota 88, il quale, per ciò

che concerne la Germania, ricorda che «interessanti proposte di soluzione sono giunte dalla letteratura economica tedesca: WELCKER, in Kapitalverwässerungsschutz von

Wandelobligationären bei Aktienemissionen unter Börsenkurs, Darmstadt, 1970, p. 17 ss. ha suggerito un metodo di aggiustamento delle condizioni di opzione consistente nel contemporaneo decremento del prezzo di esercizio ed aumento del numero di azioni optabili, in funzione del prezzo di negoziazione dei «diritti»; LUDWIG, Verwässerungsschutzklauseln bei

Wandelschuldverschreibungen, in Kredit und Kapital, 1977, p. 105 ss., ha proposto una tecnica combinata di riduzione del prezzo di esercizio e di attribuzione di una quota di diritti di opzione sulle nuove azioni. JANNSEN, Bedeutung und Ausstattung von Wandel und Optionsanleihen, cit.,

p. 184 ss. ha peraltro messo in luce come entrambi questi metodi, pur attingendo teoricamente un grado di protezione molto elevato, incorrono in notevoli ostacoli giuridici e difficoltà applicative e appaiono oltretutto difficilmente comprensibili alla massa degli investitori. Di qui la proposta di un radicale cambiamento di prospettiva, che consisterebbe nell’assicurare ai portatori di titoli opzionali - anziché un aggiustamento delle condizioni di esercizio fondato su un ipotetico fattore di diluizione - un puro e semplice indennizzo in denaro commisurato alla differenza fra l’ultima quotazione dei predetti titoli e la loro quotazione media, durante il periodo di negoziazione dei «diritti»».

(232) Nel senso, indicato nel testo, della riconduzione del dovere di adeguamento al § 313 BGB, anche HÜFFER, in Beck’sche Kurz-Kommentare, Band 53, Aktiengesetz, München, 2006,

pp. 1087-1088, il quale non condivide, invece, l’applicazione in via analogica del 3° comma del § 216 dell’AktG (p. 1087 e p. 1116) e ritiene preferibile pervenire ad una soluzione attraverso l’applicazione dei principi della ergänzende Vertragauslegung (l’interpretazione integrativa): quest’ultima trova i propri riferimenti normativi nei § 157 e 242 BGB, che affermano rispettivamente che i contratti devono essere interpretati ed eseguiti secondo buona fede avendo riguardo agli usi del commercio. Per l’applicazione dei principi della ergänzende Vertragauslegung già KRIEGER, in Münchener Handbuch des Gesellschaftsrechts, München,

1999, p. 753-754 e p. 859, il quale osserva che l’eventuale annacquamento conseguente ad un aumento di capitale può essere scongiurato attraverso la previsione della concessione ai titolari dei diritti di opzione di un diritto di opzione analogo a quello spettante agli azionisti sulle azioni

Analoga tutela, in assenza di una espressa disposizione normativa, viene prestata in Austria, ove, in virtù del principio della ergänzende Vertragauslegung (l’interpretazione integrativa), si ritiene che in caso di aumento di capitale a titolo oneroso il titolare del diritto di opzione debba essere tutelato mediante un adeguamento delle condizioni per l’esercizio dell’opzione (233).

In Spagna, ancora, il Real Decreto 27 marzo 1992, n. 291 sulle emisiones y

ofertas pùblicas de venta de valores, come modificato dal Real Decreto 7 dicembre

1998, n. 2590, riferendosi agli strumenti, diversi dalle obbligazioni convertibili, che conferiscono al portatore l’opzione di acquistare altri titoli, all’art. 19 dichiara applicabili a tali strumenti la disciplina dettata nella Ley de sociedades anònimas a favore degli obbligazionisti con diritto di conversione (234) e dunque riconosce che, in

di nuova emissione derivanti dall’aumento di capitale; ove questo non accada, l’emittente dovrà ridurre il prezzo di esercizio dell’opzione e, in casi eccezionali, liquidare un indennizzo ai portatori del diritto di opzione; detto A., peraltro, riferisce che la soluzione della riduzione del prezzo di esercizio dell’opzione da lui condivisa corrisponde all’opinione della dottrina dominante, citando, sul punto, tra gli altri, KORULLUS, in Kommentar zum Aktiengesetz a cura di

Geßler-Hefemehl-Eckardt-Kropff, München, 1994, Band 4, § 221, p. 83; HEFEMEHL-

BUNGEROTH, in Kommentar zum Aktiengesetz, cit., p. 344, il quale, in realtà, ritiene che la

soluzione più ovvia sia quella di concedere ai creditori un numero maggiore di azioni; ZÖLLNER, Die Anpassung dividendensatzbezogener Verpflichtungen von Kapitalgesellschaften

bei effektiver Kapitalerhöhung, in Zeitschrift für Unternehmens- und Gesellschaftsrecht, 1986, p. 288 e p. 305; HABERSACK, Genußrechte und sorgfaltswridge Geschäftsführung in Zeitschrift

füer das gesamte Handelsrecht und Wirtschaftsrecht, 1991, p. 389, che per il caso di aumento di capitale a pagamento propone un adeguamento o un indennizzo a favore dei portatori dei titoli. Per l’applicabilità del 3° comma del § 216 dell’AktG anche alle ipotesi di aumento di capitale a pagamento si veda anche LUTTER, Kölner Kommentar zum Aktiengesetz, Köln-Berlin-Bonn-

München, 1995, Band 5/1, § 216, 29, p. 499 nonché § 221, 124, p. 557, il quale registra l’importanza decisiva che oggi viene attribuita al principio espresso dal terzo comma del § 216 Aktg e propone di procedere all’adeguamento o con la concessione di un maggior numero di azioni o con una riduzione del prezzo di esercizio dell’opzione. Sulla riforma tedesca della disciplina delle obbligazioni contrattuali v. MEMMO, Il nuovo modello tedesco della

responsabilità per inadempimento delle obbligazioni, in Contratto e impresa, 2004, p. 797 ss., ove, a p. 821, si affronta la nuova disciplina del § 313 BGB.

(233) NOWOTNY, Wandel- und Optionsanleihen in Österreich, in Wandel- und Optionsanleihen in Deutschland und Europa, cit., p. 180 e p. 189.

(234) Il secondo comma dell’art. 19 del Real Decreto 27 marzo 1992, n. 291 recita infatti quanto segue: « (...) En todos los casos en que la opción dé derecho a la adquisición de

caso di aumenti di capitale a pagamento, vi è un obbligo di attribuire ai portatori dei

warrants un diritto di opzione su azioni o obbligazioni convertibili di nuova emissione

mentre in caso di aumenti di capitale a titolo gratuito deve essere prevista una clausola antidiluizione.

Anche in Portogallo, infine, il Código das Sociedades Comerciais prevede che l’aumento di capitale a pagamento in pendenza del termine per l’esercizio del diritto di opzione è legittimo solo se ai portatori dei warrants vengono garantiti diritti uguali a quelli concessi agli azionisti (artt. 368, comma 3°, richiamato dall’art. 372, comma 5°).

Tornando a volgere lo sguardo all’ordinamento italiano, appare proficuo esaminare ora partitamente le varie operazioni astrattamente idonee a pregiudicare i diritti dei portatori dei warrants per individuare quali siano, in relazione a ciascuna di esse, le tecniche più adeguate a raggiungere il giusto equilibrio tra la necessità di salvaguardare il potere di autogoverno della società emittente i titoli di compendio e l’esigenza di tutelare gli investitori da possibili abusi da parte della emittente medesima.

3. Gli aumenti di capitale a titolo oneroso e le emissioni di obbligazioni