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Altre tipologie di credit derivatives

Nel documento I contratti derivati (pagine 50-53)

3. I derivati di tipo future

6.2. Altre tipologie di credit derivatives

La categoria dei derivati di credito è composta, oltre che dalle due fattispecie contrattuali appena esaminate, da una serie di modelli talmente variegati da far seriamente dubitare – come è stato posto in luce anche dalla dottrina103 - della

101 L’osservazione è di N

UCCI, Credit default option, cit., p. 824. 102 N

UCCI, Credit default option, cit., p. 824; CAPUTO NASSETTI, Profili civilistici dei contratti

“derivati” finanziari, cit., p. 431.

103

RUGGERI, I credit derivatives quali strumenti finanziari derivati, cit., p. 840 rileva, infatti, che “la

possibilità di considerare quella di cui si discorre in termini di categoria unitaria. Tali accordi, che hanno, tutti, in comune l’elemento del credit event nonché del rapporto tra un acquirente e un venditore di protezione, differiscono per i criteri adoperati ai fini della determinazione e delle modalità di esecuzione delle prestazioni contrattuali. Esaminati i contratti credit default swap e option, ecco una rapida panoramica sugli altri derivati di credito maggiormente significativi104.

Anche il credit spread swap si caratterizza in quanto l’obbligazione del venditore di protezione è costituita dal pagamento di una prestazione pecuniaria al verificarsi del

credit event. L’evento rilevante è, tuttavia, rappresentato, in questo caso, dal fatto che

il valore di una determinata obbligazione di riferimento superi una determinata soglia. Il pagamento di una prestazione pecuniaria sarà, invece, dovuto dall’acquirente di protezione qualora tale valore rimanga al di sotto di un determinato livello.

È legato a questa fattispecie il diverso contratto di credit spread option. Esso attribuisce, infatti, al beneficiario, il diritto di concludere, nel termine stabilito, proprio un contratto di credit spread swap (il che spiega il nome attribuito a questo tipo di opzione) sulla base di condizioni prestabilite in sede di stipula. Pertanto, il venditore di protezione, a fronte dell’ottenimento di un quantum in misura fissa, sarà tenuto a “subire” la scelta della controparte, a cui spetta ogni decisione in ordine alla possibilità di avvalersi o meno della facoltà acquisita mediante il pagamento del premio.

È legato all’andamento di una obbligazione di riferimento anche il complesso contratto denominato Total rate of return swap105.

Infine, merita di essere citata la c.d. credit linked note, un particolare tipo di obbligazione che costituisce la risultante della cartolarizzazione di un derivato di credito; essa si caratterizza per il fatto di essere rimborsabile a seguito del verificarsi di un credit event costituito, appunto, dal “deterioramento del merito creditizio di soggetti terzi”106.

“merce” in senso lato, non consente certo di superare le differenze tra i vari schemi contrattuali né di raggrupparli in un unico genere, salva la possibilità di utilizzare una espressione (contratti derivati di credito) meramente descrittiva a fini di semplicità comunicativa”. Tale autore conclude nel senso di non ritenere possibile parlare “unitariamente, da un punto di vista giuridico, di contratti derivati sui crediti”. 104 G

IRINO, I contratti derivati, cit., p. 137 ss; CAPUTO NASSETTI, Profili civilistici dei contratti

“derivati” finanziari, cit., p. 436 ss.; RUGGERI, I credit derivatives quali strumenti finanziari derivati, cit., p., 839 ss.

105

TAROLLI, Trasferimento del rischio di credito e trasparenza del mercato: i credit derivatives, in Giur.

comm., 2008, 6, p. 1169; CAPUTO NASSETTI, Profili civilistici dei contratti “derivati” finanziari, cit., p. 453 ss.

106 G

IRINO, I contratti derivati, cit., p. 140. Sul punto, cfr., altresì, RUGGERI, I credit derivatives quali

strumenti finanziari derivati, cit., p. 839; CAPUTO NASSETTI, Profili civilistici dei contratti “derivati”

7. Cenni sui contratti differenziali.

Non si può concludere questo excursus descrittivo sulle principali fattispecie di contratti derivati senza fare un breve cenno sui contratti differenziali. Di questi contratti non si sarebbe, probabilmente, parlato in questo studio se esso fosse stato svolto antecedentemente al recepimento della direttiva Mifid; sennonchè, il d. lgs. 17 settembre 2007, n. 164, ha modificato l’art. 1 del Tuf, il quale ora afferma espressamente che anche i contratti differenziali vanno considerati strumenti finanziari derivati. La questione merita una precisazione, anche alla luce delle considerazioni espresse, in merito, dagli interpreti. Prima di questa modifica legislativa, infatti, gli studiosi più attenti tendevano a tenere separata la categoria dei derivati da quella dei differenziali107.

Si parla, in dottrina, di differenziali semplici e complessi. I primi consistono, sostanzialmente, in una compravendita a termine, senza consegna del bene né pagamento del corrispettivo in denaro, che viene regolata attraverso la corresponsione della differenza tra il prezzo del bene compravenduto determinato nella stipula e quello di mercato al momento della scadenza108.

I differenziali complessi vengono, invece, distinti in propri e impropri. Entrambi hanno luogo mediante la conclusione di due differenti contratti a termine: nel caso dei differenziali propri, tra le medesime parti; nell’altra ipotesi, tra soggetti diversi. Si tratta sempre di contratti di segno opposto, ma con identica scadenza, aventi ad oggetto la compravendita di determinati beni. Lo scarto tra i prezzi al momento della scadenza dà luogo ad una differenza la quale viene regolata attraverso l’istituto della compensazione. Ovviamente, solamente una delle parti otterrà un profitto da tale differenziale.

In dottrina è stata esclusa l’assimilabilità dei differenziali ai derivati. Con riferimento ai differenziali complessi si è argomentato nel senso che essi, rilevata l’autonomia dei due contratti che danno luogo alla fattispecie, sarebbero, semmai, riconducibili ai titoli sintetici109; con riguardo ai differenziali semplici, invece, l’esclusione viene motivata rilevando che la corresponsione dello scarto tra i due importi, nel caso del differenziale, costituisce, semplicemente, una modalità di esecuzione delle prestazioni contrattuali che peraltro potrebbe anche non avere luogo;

107 G

IRINO, I contratti derivati, cit., p.189 ss.

108

CAPUTO NASSETTI, Profili civilistici dei contratti “derivati” finanziari, cit., p. 438.

109 G

diversamente dal caso dei derivati, nei quali l’ottenimento del differenziale rappresenta, invece, la finalità stessa del contratto110. E’ stato, così, affermato che la scelta legislativa che ha inserito i differenziali nell’ambito dei derivati sarebbe il frutto della riproduzione testuale del testo della direttiva Mifid, operata attraverso una traduzione strettamente letterale che non è riuscita a coordinare i dettami comunitari con le categorie proprie dell’ordinamento italiano111.

Il problema, comunque, permane; sarà interessante verificare quale posizione sarà assunta dalla giurisprudenza quando verranno emanate le prime pronunce su fattispecie riguardate dalla nuova classificazione legislativa.

Va detto, in ogni caso, che a questo punto la distinzione teorica perderà, probabilmente, importanza, dato che differenziali e derivati saranno assoggettati alla medesima disciplina; e forse si può pensare che l’intenzione del legislatore sia stata proprio quella di evitare le conseguenze negative potenzialmente discendenti dalla difficoltà di distinguere le due categorie: la loro assimilazione a fini normativi potrebbe generare, da questo punto di vista, una semplificazione che agevolerà l’interprete nelle decisioni in ordine alla disciplina applicabile a tali fattispecie.

8. Considerazioni di sintesi alla luce della descrizione delle principali

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