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Natura aleatoria o commutativa dei contratti derivati

Nel documento I contratti derivati (pagine 114-119)

CAPITOLO III – IL DIBATTITO SULLA NATURA GIURIDICA

4. Natura aleatoria o commutativa dei contratti derivati

Stabilire se i contratti derivati possano essere considerati aleatori o commutativi non costituisce un problema di matrice meramente teorica. Esso, infatti, dà luogo a considerevoli interrogativi di stampo pratico, tra i quali spicca il dubbio sull’applicabilità a tali rapporti del rimedio risolutorio ex art. 1467 c.c. in caso di sopravvenuta eccessiva onerosità della prestazione.

Come si è riferito in precedenza, l’esecuzione dei contratti derivati non può che avvenire in un momento successivo rispetto a quello della stipula. Si è anche messo in luce come tale fattore comporti che, medio tempore, il valore del parametro di riferimento cui è connesso il contratto possa subire oscillazioni notevoli. In questi casi può, dunque, accadere che la parte sfavorita da fluttuazioni dell’indicatore

293

Sul collegamento negoziale, v. LENER, Profili del collegamento negoziale, Milano, 1999; MESSINEO,

Contratto collegato, in Enc. dir., X, Milano, 1962, ad vocem; FERRANDO, I contratti collegati: principi

della tradizione e tendenze innovative, in Contr. impr., 2000, 127.

294 D

E NOVA, I contratti derivati come contratti alieni, cit., p. 17. Concorda GILOTTA, In tema di interest rate swap, cit., p. 138, sostiene che spesso le parti scelgono di conferire autonomia al contratto di swap innanzitutto per evitare “il contagio da eventuali patologie, genetiche o funzionali, che affliggano il negozio di finanziamento sottostante” e, in secondo luogo, per garantire l’esigenza di “non sommare rischi ulteriori all’ineliminabile rischio di insolvenza”. Secondo COSSU, Domestic currency swap, cit., p. 174, “non è dato di articolare la stipulazione in tanti sottotipi quante sono le finalità perseguite dal contratto”.

295 B

OCHICCHIO, Gli strumenti derivati, cit., p. 308. Tale osservazione si rivela ancora più fondata se si

tengono presenti le osservazioni di DE NOVA, I contratti derivati come contratti alieni, cit., p. 18, quale osserva che “qualche volta succede che il c.d. contratto di copertura è già stato stipulato dall’intermediario finanziario e viene invece venduto all’investitore finanziario un contratto di segno eguale e contrario. In questo caso, “otc”, forse più che “over the counter” significa “ora ti colloco”, perché in questo caso l’intermediario finanziario non tanto si copre dopo aver stipulato un contratto derivato, ma, appunto, cerca di collocare sul mercato dei contratti derivati dopo averli prima sottoscritti, di segno eguale e contrario”.

notevolmente più ampie rispetto alle stime previsionali – si pensi, ad esempio, al caso di un rialzo imprevisto del tasso di interesse preso in considerazione - possa essere tenuta all’effettuazione di prestazioni ben più gravose, sotto il profilo economico, di quanto si potesse immaginare in sede di perfezionamento dell’accordo.

Se si esclude la posizione del beneficiario di una option, tenuto al pagamento di un premio la cui entità viene stabilita al momento dell’accordo e rimane immutata296, accade spesso che entrambe le parti di determinate tipologie di derivato siano esposte al rischio di perdite elevate o comunque non preventivabili a priori297.

Queste osservazioni suscitano un interrogativo non irrilevante: c’è da domandarsi, infatti, se un andamento particolarmente anomalo del valore di riferimento renda applicabili a tali fattispecie le norme dettate in tema di risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta; e poiché tali disposizioni non sono applicabili ai contratti aleatori, si intuisce l’importanza della domanda di partenza sulla riconducibilità dei derivati all’una o all’altra categoria.

L’attribuzione agli investitori di un rimedio di questo tipo costituirebbe una forma di tutela assai vantaggiosa nell’ambito di rapporti spesso caratterizzati, successivamente alla stipula, da uno squilibrio, che cresce col passare del tempo, tra il valore delle prestazioni, spesso a scapito dei risparmiatori.

Per poter affrontare al meglio una questione così complessa, può giovare un breve

excursus sulla nozione di contratto aleatorio in generale nonché sulla disciplina dettata

in tema di eccessiva onerosità sopravvenuta delle prestazioni negoziali.

L’art. 1467 c.c. prevede che nei contratti a esecuzione continuata o periodica

ovvero a esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto.

Peraltro, il secondo comma esclude la possibilità di risoluzione del contratto qualora la sopravvenuta onerosità rientri nell’alea normale del contratto. Queste disposizioni vanno, infine, raccordate con l’art. 1469 c.c., il quale ne prevede la disapplicazione in ipotesi di contratti aleatori per loro natura o per volontà delle parti.

Ai fini di una corretta interpretazione di tali norme, diviene, dunque, necessario chiarire i concetti che esse introducono.

296 Sul punto, C

APUTO NASSETTI, Profili civilistici dei contratti “derivati” finanziari, cit., p.258.

297 I

NZITARI, Strumentalità e malizia, cit., p. 1, rileva, in proposito, che “l’insuccesso della operazione in

derivati comporta (...) il sorgere di una posizione debitoria del cliente verso l’intermediario il più delle volte in misura assai rilevante, al punto da mettere a seria prova la stessa stabilità del cliente sul mercato”.

Il contratto aleatorio è caratterizzato dal fatto che per la natura stessa del negozio o per le specifiche pattuizioni previste dai contraenti298 “diviene radicalmente incerto per una o per tutte le parti il vantaggio economico in relazione al quale esse si espongono”299. L’alea costituisce, dunque, il rischio del contratto aleatorio300; essa deve “essere obiettiva e dipendere dal verificarsi o meno di un evento futuro dedotto quale fonte dell’alea”301.

Se il contratto non è aleatorio e l’esecuzione delle sue prestazioni avviene in via continuata o periodica302, l’ordinamento appresta, dunque, l’importante rimedio della risoluzione qualora abbia luogo una sopravvenienza contrattuale riconducibile alla fattispecie normativa di cui all’art. 1467 c.c.. Essa, secondo la giurisprudenza, si deve caratterizzare sia per creare uno squilibrio tra le prestazioni negoziali, non preventivato al momento della stipula; sia per essere causata da eventi straordinari e imprevedibili303.

Si ritiene che lo squilibrio delle prestazioni sia ravvisabile nei casi in cui l’evento imponga al debitore un sacrificio tale da snaturare l’economia del contratto; che provochi, cioè, uno sbilanciamento del sinallagma. Da esso deriva, in altre parole, lo “svilimento della controprestazione”, in rapporto a quanto dovuto dal contraente penalizzato dalla sopravvenienza304.

Quanto, poi, agli altri due requisiti, va detto che la straordinarietà attiene al profilo oggettivo, assumendo importanza, a tal fine, fattori quali la frequenza, le dimensioni e l’intensità dell’accadimento305; l’imprevedibilità di quest’ultimo rileva, invece, sotto l’aspetto soggettivo e, va valutata tenendo conto della normale capacità e diligenza

298 Si parla, in questo caso, di contratto aleatorio per volontà delle parti. La giurisprudenza afferma che nei contratti di questo tipo, “l’alea è estranea allo schema legale ed è introdotta con una specifica pattuizione”: così Cass., 4 gennaio 1993, n. 10. In altre parole, secondo Cass., 25 novembre 2002, n. 16568, “le parti possono convenire l’unilaterale o reciproca assunzione di un prefigurato possibile rischio futuro, estraneo al tipo contrattuale prescelto, a tale stregua modificandolo e rendendolo per tale aspetto aleatorio, con l’effetto di escludere, nel caso che tale rischio si verifichi, l’applicabilità dei meccanismi di riequilibrio previsti nell’ordinaria disciplina del contratto”.

299

Cass., 7 giugno 1991, n. 6452. 300 Cass., 4 gennaio 1993, n. 10.

301 Cass., 4 gennaio 1993, n. 10. Sul concetto di alea, S

CALFI, voce Alea, in Dig. priv., sez. civ., 1987, I,

253; DI GIANDOMENICO, La nozione di alea nei contratti, in Nuova giur. civ. comm., 1989, II, 280. 302

Nei contratti ad esecuzione continuata “la prestazione si attua nel tempo, senza soluzione di continuità”, mentre nei contratti ad esecuzione periodica “la prestazione si attua con erogazioni di beni o attività ripetute a intervalli di tempo”. Così ROPPO, Il contratto, Milano, 2001, p. 544.

303 Cass., 25 maggio 2007, n. 12235. 304

V. MARTINO, La risoluzione per eccessiva onerosità, in Contratti Cendon, XIII, Torino, 2000, 543. 305 Cass., 19 ottobre 2006, n. 22396.

media del soggetto con riferimento, ovviamente, al momento della stipula del contratto e considerando il contesto e le peculiarità del caso concreto306.

La valutazione dell’idoneità di tale sopravvenienza a rendere esperibile il rimedio della risoluzione spetta al giudice di merito, ed è insindacabile in sede di legittimità307.

La risoluzione non può operare se l’eccessiva onerosità rientra nell’alea normale del contratto. Per chiarire questo concetto, si può fare riferimento alle osservazioni di alcuni interpreti, secondo i quali se l’eccessiva onerosità costituisce un criterio quantitativo, l’alea normale rappresenta un criterio qualitativo308. In altre parole, l’alea normale del contratto è costituita dalle oscillazioni del valore delle prestazioni che vengono causate dalle ordinarie e regolari fluttuazioni del mercato309.

Queste considerazioni di carattere generale si rivelano utili per affrontare il problema con specifico riferimento ai contratti derivati.

La giurisprudenza è stata chiamata ad occuparsi della questione con riguardo ad accordi di tipo swap310. Nel solco di quanto affermato da autorevole dottrina, che non

ha avuto remore nel definire aleatori gli swap per via del legame tra la determinazione (e la distribuzione tra i contraenti) delle prestazioni e un “evento incerto e non influenzabile dalle parti”311, anche i giudici hanno respinto in radice ogni dubbio in proposito: talvolta ritenendo quasi scontata la soluzione del quesito312; in altre

306

Cass., 25 maggio 2007, n. 12235. 307 Cass., 9 aprile 1994, n. 3342.

308 Sul concetto di alea normale, in dottrina, B

ALESTRA, Il contratto aleatorio e l’alea normale, cit., p. 1

ss.; GAMBINO, Eccessiva onerosità della prestazione e superamento dell’alea normale del contratto, in

Riv. dir. comm., 1960, I, 415.

309 Cass, 17 luglio 2003, n. 11200.

310 Sul problema dell’aleatorietà dei future v., invece, B

ALESTRA, Il contratto aleatorio e l’alea normale,

cit., p. 231, il quale afferma che “il particolare oggetto di questi contratti, la circostanza che si tratta di contratti per loro stessa natura proiettati verso il futuro, consente di inferire una inequivoca volontà delle parti di considerare l’evento incerto – la quotazione che i titoli, o, comunque, i beni sottostanti avranno nel giorno fissato per la scadenza – come aspetto essenziale del contenuto dell’accordo e non come semplice momento esterno”.

311

INZITARI, Swap (contratto di), cit., p. 614. L’autore ritiene, altresì, che gli swap siano caratterizzati

dalla bilateralità dell’alea, in virtù del “complessivo disporsi degli oneri, dei sacrifici e dei vantaggi su entrambe le parti”. Qualificano lo swap come contratto aleatorio anche CAPRIGLIONE, Gli swaps come

valori mobiliari, cit., p. 793; AGOSTINELLI, Le operazioni di swap, cit., p. 124; LEMBO, La

rinegoziazione dei contratti derivati, cit., p. 355; SQUILLACE, La legge 2 gennaio 1991, n. 1, e i contratti

di swap, cit., p. 88. ANTONUCCI, Considerazioni sparse in tema di strumenti finanziari derivati creati da

banche, in Banca, borsa, tit. cred., 2004, p. 208, definisce, addirittura, gli strumenti finanziari derivati

come “aleatori per antonomasia”. Nello stesso senso anche BALESTRA, Il contratto aleatorio e l’alea

normale, cit., p. 245, il quale rileva, peraltro, come gli swap mettano in crisi “i criteri su cui viene

fondata la tradizionale distinzione tra alea economica e alea giuridica”.

312 Trib. Lanciano, 6 dicembre 2005, cit., 132 parla di contratto “tipicamente aleatorio”; Trib. Napoli, 22 marzo 2005, n. 3257, in Contratti, 2006, 2, p. 115, con nota di GAETA, afferma che i contratti derivati “per la loro aleatorietà presentano un rischio economico elevato”; individua la caratteristica dell’aleatorietà anche Coll. Arb., 19 luglio 1996, cit., p. 572.

circostanze, motivando la “evidente natura aleatoria”313 dell’accordo sulla base di due argomentazioni. Innanzitutto, le parti non saprebbero, al momento della stipula, in capo a quale dei contraenti sorgerà l’obbligazione di corrispondere all’altro una determinata somma; in secondo luogo, l’unica prestazione commutativa nell’ambito di tali contratti sarebbe costituita dalla corresponsione della commissione in favore dell’intermediario, se intervenuto314.

Non si registrano voci dissenzienti in giurisprudenza. In dottrina, invece, più di un autore ha fatto propria la tesi contraria e ha ricondotto i modelli in esame al novero dei contratti commutativi315. È stato detto, sempre con riferimento agli swap, che il rischio, esterno alla struttura contrattuale, non assurgerebbe a incertezza giuridica in quanto rimarrebbe confinato nell’ambito di una valutazione economica: le parti, infatti, sarebbero in grado di “valutare i sacrifici” cui vanno incontro316. Nel tentativo di attribuire tutela a una parte pregiudicata da abnormi oscillazioni del parametro di riferimento, è stato osservato come anche ad un contratto aleatorio sia applicabile l’istituto della eccessiva onerosità sopravvenuta “laddove essa derivi da fattori estranei all’alea dedotta in contratto”317: è stato proposto, così, di adoperare quali termini di raffronto oggettivo, con riferimento agli swap, i prezzi di equilibrio a livello aggregato rinvenibili nell’ambito di un mercato318.

Le tesi esposte sembrano, peraltro, prestare il fianco ad una critica. Va rimarcato, infatti, come molti dei ragionamenti sul tema dell’aleatorietà dei derivati non tengano conto delle peculiarità di ciascuna fattispecie; si affronta il problema considerando la categoria degli swap (ma il discorso vale anche per le altre tipologie di derivato) come omogenea; ed invece, si trascura di prendere in considerazione le singole fattispecie in via autonoma. Discorsi generici rischiano, infatti, di essere fuorvianti per le ragioni che seguono.

Si prenda il caso di un contratto di currency swap319. Un Autore ha giustamente

fatto notare che la causa di tale negozio è costituita dallo scambio dei pagamenti,

313

Trib. Torino, 27 gennaio 2000, cit., p. 549.

314 Trib. Torino, 27 gennaio 2000, cit., p. 549 ss. Di recente, Trib. Vicenza, 29 gennaio 2009, in

www.ilcaso.it, ha accolto l’indirizzo favorevole a riconoscere la natura aleatoria degli swap.

315 G

IOIA, Il contratto di swap, cit., p. 2211 ss.; CAPALDO, Profili civilistici del rischio finanziario e

contratto di swap, cit., p. 190 ss. e, con particolare riferimento al currency swap, CHIOMENTI, Cambi di

divise a termine, in Riv. dir. comm., 1987, I, p. 49.

316 G

IOIA, Il contratto di swap, cit., p. 2211 ss. 317 G

ILOTTA, In tema di interest rate swap, cit., p. 148.

318

La tesi è stata suggerita da GILOTTA, In tema di interest rate swap, cit., p. 148. 319 V. supra, Cap. I, § 5.1.

mentre il rischio costituito dalla variazione dei tassi di cambio rientra nell’alea normale del negozio320. Si tratta di un’osservazione che persuade.

Sebbene possa mutare la convenienza dell’operazione – e fatte salve variazioni eccezionali del tasso di cambio – le prestazioni sono esattamente determinate fin dal momento della stipula, dato che, come si ricorderà, le parti si impegnano a effettuare pagamenti incrociati in valuta diversa ma di ammontare ben preciso. Alla scadenza, può venire meno la convenienza dell’operazione per uno dei contraenti; tuttavia, in nessun momento vi saranno dubbi sull’entità delle prestazioni, a differenza di quanto accade in altre ipotesi di swap321. Diviene difficile, in ipotesi come queste, parlare di

contratto aleatorio; ricordando, ancora una volta, che le oscillazioni di valore delle prestazioni che siano originate dalle normali fluttuazioni del mercato rientrano nell’area dell’alea normale322. Se è vero che tale fenomeno conduce ad escludere la possibilità di risolvere il contratto ex art. 1467 c.c., non trattandosi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, è possibile ipotizzare, in casi di questo tipo, che tale contratto abbia natura commutativa323.

Una riflessione di questo genere rende confutabile l’impostazione secondo la quale l’aleatorietà costituirebbe uno dei tratti distintivi dei contratti derivati.

In realtà, si tratta di un discorso che non può essere condotto in via generale, come se la gamma di contratti che compongono la famiglia dei derivati potessero essere accomunate indistintamente. La natura aleatoria o commutativa del contratto va verificata caso per caso, in base alle peculiarità del singolo tipo; ma appare già evidente che non tutti i modelli di derivato possano essere qualificati come aleatori. Ciò conduce, una volta di più, a dubitare sulla possibilità di discorrere dei derivati come di una categoria unitaria.

Nel documento I contratti derivati (pagine 114-119)