SOMMARIO: 1. Le principali problematiche sull’altruità dell’affare. – 2. Affare ‘al- trui’ e affari ‘comuni’: la giurisprudenza sulla compatibilità delle norme sull’ammi- nistrazione della cosa comune con la gestione di affari. – 3. Segue. Cass. Sez. Un., 4 luglio 2012, n. 11135: è gestione di affari la locazione della cosa comune stipulata da parte del singolo comproprietario.
1. Le principali problematiche sull’altruità dell’affare.
Fra i requisiti essenziali della fattispecie gestoria assume un ruolo fondamentale l’altruità dell’affare oggetto della gestione, ossia l’appartenenza di esso alla sfera giuridico-patrimoniale di un soggetto diverso dall’agente, il dominus negotii358.
Diviene dunque di particolare importanza determinare il titolare dell’affare alla cui cura è finalizzato l’agire del gestore.
A questo proposito occorre precisare che il concetto di altruità non importa inevitabilmente che la sfera giuridica alla quale appartiene la cosa oggetto dell’affare sia la stessa sulla quale l’affare incide: ab- biamo già osservato359 infatti che non deve sussistere una necessaria
coincidenza tra il dominus negotii e il dominus proprietatis, cioè il pro- prietario della cosa cui la gestione si riferisce, essendo possibile che titolare dell’affare sia un qualsiasi altro soggetto che vanti una situa- zione giuridica nei riguardi della quale l’altrui cooperazione gestoria sia in grado di operare validamente e utilmente360; in base a tale
358 Così S. FERRARI, voce Gestione affari altrui, cit., 651. 359 V. supra, cap. 2, § 6.
360 Infatti – a differenza del codice del 1865, in cui il destinatario dell’intervento del
gestore era individuato con la qualifica di “proprietario” – il codice vigente usa l’espressione “interessato”, che per sua stessa natura è tale da ricomprendere il più
impostazione può dunque accadere che dominus negotii sia un manda- tario, un depositario, un creditore pignoratizio o anche un altro gestore.
Si è altresì rilevato361 che l’imputabilità dell’intervento gestorio
alla sfera giuridica altrui presuppone solo una generica coscienza dell’alienità dell’affare, non rilevando, ai fini dell’integrazione della fattispecie gestoria, la conoscenza da parte del gestore del dominus o l’errore nell’individuazione di esso.
Più problematica è invece la questione se possa ammettersi una gestione di affari a favore di un soggetto c.d. futuro, ossia persona fisica o giuridica che non sia ancora venuta ad esistenza nel momento in cui si compie l’atto gestorio.
Le argomentazioni poste a fondamento della tesi contraria si fondano essenzialmente sul requisito della intersoggettività, ossia la possibilità attuale di identificare i soggetti di un rapporto giuridico, da cui discende quindi l’impossibilità di configurare l’esistenza di un inte- resse giuridicamente protetto che sia privo di un titolare362. Si è al ri-
guardo obiettato come il nostro ordinamento riconosca e tuteli anche le situazioni giuridiche prive, sia pure temporaneamente, di un titolare363,
e come da ciò possa dedursi, da un lato, la non essenzialità del soggetto per configurare un interesse giuridicamente protetto e, da altro lato, la possibile esistenza di un rapporto giuridico nel quale una situazione soggettiva sia momentaneamente priva di titolare364.
ampio spettro dei diritti e degli obblighi che possono far capo ad un soggetto. In tal senso U. BRECCIA, La gestione di affari, cit., 870 s.
361 V. supra, cap. 3, § 1.
362 In tal senso U. BRECCIA, La gestione di affari, cit., 872.
363 Sono portate come esempi le disposizioni in materia di donazione a favore di na-
scituri e dei non concepiti, quelle in tema di scomparsa della persona e quelle che riguardano la capacità a succedere delle persone fisiche. Cfr. in particolare R. PANE,
Solidarietà sociale, cit., 86 s.
364 Come osserva R. PANE, op. ult. cit., 87 s. In relazione al problema della ammissi-
bilità della gestione di affari altrui in favore di un ente in via di costituzione si veda Cass. 27 febbraio 1971, n. 495, in Giur. it., 1971, I, 1134, che ha affrontato il problema della responsabilità per le obbligazioni contratte in vista della costituzione di una per- sona giuridica (un consorzio di bonifica), attraverso il richiamo alle regole della ge- stione di affari altrui. La Corte tuttavia precisa che, mancando originariamente la si- tuazione bilaterale entro cui si trovino un gestore e un interessato, in virtù del quale “il primo abbia modo di agire in nome dell’altro e questo sia tenuto ad adempiere le
In base a tale ultima prospettiva sembra dunque possibile ipo- tizzare il ricorso alla disciplina della gestione in tutte quelle situazioni nelle quali sono svolte attività di amministrazione e/o conservazione di patrimoni ereditari giacenti, o si sostengano le spese funebri del de- funto, fin tanto che il chiamato non abbia accettato l’eredità o non sia stato nominato un curatore.
Non sussistono particolari ostacoli ad ammettere una gestione di affari altrui in cui l’ingerenza del soggetto agente si verifichi nelle sfere giuridiche di una pluralità di soggetti geriti365: a questo proposito
il riferimento agli enti collettivi è utile non solo per chiarire che spesso la controparte dell’intervento gestorio può essere formata da una collet- tività più o meno estesa di persone, ma anche per precisare che gli inte- ressi tutelati con l’atto di gestione in determinate circostanze possono riferirsi ad un gruppo di cui fa parte lo stesso gestore366.
Il rilievo della natura collettiva dell’interesse tutelato richiama peraltro il problema della gestione di affari a vantaggio di una pubblica amministrazione, la cui analisi esula dall’oggetto di questa trattazione; basti in questa sede rilevare che sulla questione la giurisprudenza pre- valente e parte della dottrina367 si esprimono in senso positivo, anche in
considerazione del fatto che non esistono specifiche indicazioni
obbligazioni correlativamente assunte”, occorre un collegamento posteriore, che si realizza attraverso l’istituto della ratifica (ex. art. 2032 c.c.), non potendosi quindi ammettere che in mancanza di esso la persona giuridica resti vincolata, ex. art. 2031 c.c., “per il mero fatto di un’utile gestione che si esaurì prima del suo sorgere”.
365 A questo proposito P. SIRENA, La gestione di affari altrui. Ingerenze altruistiche,
cit., 295 s. osserva che gli effetti della gestione di affari altrui si produrranno nei con- fronti di tutti i soggetti geriti, indipendentemente da una valutazione di prevalenza tra le rispettive situazioni giuridiche di cui sono titolari: ciascuno, in particolare, potrà far valere, per la quota che gli spetta, la responsabilità restitutoria e risarcitoria del gestore di affare altrui.
366 In tal senso U. BRECCIA, La gestione di affari, cit., 872. Per un approfondimento
di tale aspetto del problema v. ampiamente infra, in questo capitolo, § 2.
367 Per i relativi riferimenti bibliografici si veda I. GARACI, La gestione d’affari al-
trui, cit., 116 ss., ove si affronta anche la questione relativa all’ammissibilità della
normative che consentano di applicare una disciplina speciale in ra- gione della diversa qualità giuridica dell’interessato368.
Se in dottrina è pacifico che il requisito dell’altruità dell’affare sia imprescindibile per l’integrazione della fattispecie gestoria, posto che alla sua eventuale mancanza non si potrebbe ovviare neppure me- diante la ratifica dell’interessato369, controverso è tuttavia il criterio
(soggettivo o oggettivo) con cui deve essere individuato il carattere della riferibilità dell’attività posta in essere dal gestore alla sfera giuri- dica dell’interessato.
La dottrina più risalente370 sostiene in proposito la prevalenza di
un criterio meramente soggettivo e quindi reputa sufficiente che l’alie- nità risulti dall’animus gestoris, ossia dall’intenzione soggettiva del ge- store di curare un affare altrui.
La tesi maggioritaria371 ritiene, per contro, che tale alienità
debba emergere ab extrinseco, ovvero dalla natura stessa dell’atto ge- storio e da ogni circostanza oggettiva che evidenzia il legame tra l’og- getto dell’attività gestoria e la sfera giuridico-patrimoniale del dominus, trattandosi, in altri termini, di un carattere che dovrebbe risultare in re
ipsa.
Non mancano tuttavia posizioni intermedie, essendovi chi è giunto a sostenere che l’alienità dell’affare sia deducibile da circostanze meramente obiettive oppure, in assenza di queste (ovvero nelle ipotesi
368 Si ritiene tuttavia comunemente che l’azione del gestore verso la pubblica ammi-
nistrazione sia subordinata alla ratifica o al riconoscimento anche tacito da parte della pubblica amministrazione dell’utilità della gestione. Sul punto in giurisprudenza cfr., ad es., Cass. 24 luglio 1953, n. 2500, in Foro it. Rep., 1953, voce “Gestione di affari”, 7. In senso critico riguardo a tale restrizione v., tra gli altri, M. CASELLA, 6; U. BRECCIA La gestione di affari, cit., 904 s.; C.M. BIANCA, Diritto civile, III, cit., 143.
369 Come osserva decisamente S. FERRARI, voce Gestione affari altrui, cit., 651.
Sottolinea l’importanza di tale requisito ai fini della configurabilità della fattispecie gestoria anche U. BRECCIA, op. ult. cit., 857.
370 P. COGLIOLO, Trattato teorico-pratico, cit., 253 ss.; G. PACCHIONI, Un nuovo
caso di gestione degli affari altrui, in Riv. dir. comm., 1905, II, 52.
371 In giurisprudenza cfr. Cass., 4 aprile 1971, n. 976, in Giust. civ. Mass., 1971, 523.
In dottrina v., tra i molti, G. DE SEMO, voce Gestione di affari altrui, cit., 819 s.; L. ARU, Della gestione di affari, cit., 15; M. CASELLA, voce Gestione di affari, cit., 1; R. PANE, Solidarietà sociale, cit., 78; U. BRECCIA, La gestione di affari, cit., 858.
in cui il nome del dominus non sia stato speso dal gestore), dal solo
animus aliena negotia gerendi, purché tale elemento soggettivo sia in
concreto idoneo ad imprimere il carattere dell’alienità all’attività gesto- ria372.
In merito a tale profilo problematico si è peraltro osservato che la tesi sostenuta dalla dottrina maggioritaria trova un sicuro fondamento nella formulazione dell’art. 2028 c.c. che, facendo riferimento ad “un affare altrui”, segna il netto superamento del criterio soggettivo: da ciò consegue che l’alienità dell’affare, da tenere distinta rispetto al requi- sito dell’animus aliena negotia gerendi, discende dalla concreta riferi- bilità dell’attività ad una sfera giuridica aliena373; inoltre, in quelle si-
tuazioni in cui il ricorso ad un criterio di valutazione oggettivo rende particolarmente difficile determinare la destinazione dell’attività del gestore, è necessario dimostrare non tanto l’animus aliena negotia ge-
rendi, quanto piuttosto il fatto che l’atto di gestione è diretto alla possi-
bile realizzazione di un interesse altrui374.
Alla luce di queste considerazioni, l’alienità dell’affare – pro- prio perché risulta da un giudizio che si fonda su un criterio obiettivo –
372 Questa è la posizione sostenuta da S. FERRARI, voce Gestione affari altrui, cit.,
652, il quale osserva criticamente che da un lato l’accoglimento incondizionato di un criterio soggettivo può condurre ad un’inefficace tutela delle sfere giuridiche indivi- duali; da altro lato, l’adozione dell’opposto criterio rende inevitabile l’esclusione dallo schema formale dell’istituto di una serie di atti compiuti nell’interesse del gerito ma nei quali non è rilevabile all’esterno, attraverso circostanze obiettive, l’alienità dell’affare.
373 In tal senso R. PANE, Solidarietà sociale, cit., 78 s., che sottolinea come ciò non
vale a negare il fondamento solidaristico dell’istituto gestorio, ma semplicemente “ad ancorarlo al ricorso e quindi all’effettiva rilevazione di dati oggettivi”, non potendo dipendere "dall’intenzione pur lodevole del gestore, ma dalla concreta riferibilità alla sfera giuridica dell’interessato di un’attività che in via potenziale è programmata al conseguimento di un utile risultato”.
374 Diffusamente sul punto R. PANE, Solidarietà sociale, cit., 78 ss., che richiama a
titolo esemplificativo l’ipotesi rappresentata dall’acquisto, durante un viaggio all’estero, di un macchinario non in vendita in Italia, molto utile per l’attività lavora- tiva del gerito e per di più ad un prezzo vantaggioso, laddove il contratto sia stato stipulato a nome del gestore ma per conto dell’interessato. Su tale aspetto del pro- blema v. anche U. BRECCIA, La gestione di affari, cit., 858 e nt. 6 il quale, rifacen- dosi alla distinzione, nota alla dottrina tedesca, tra negozi oggettivamente altrui e ne- gozi soggettivamente altrui, dichiara che, qualora la destinazione dell’atto non possa essere accertata in base al contenuto negoziale, l’intento del gestore sia decisivo per imputare il singolo atto di gestione alla sfera giuridica altrui.
può essere desunta, indipendentemente dalla sua riconoscibilità esterna, da circostanze di fatto e più in generale da qualsiasi mezzo di prova, purché consenta di riferire, anche in via di logiche presunzioni, tale af- fare al dominus375.
Talvolta si precisa che, affinché vi sia utile gestione, non è suf- ficiente l’alienità dell’affare, ma è altresì necessaria l’alienità dell’inte- resse in vista della cui realizzazione l’attività è compiuta376: da tale con-
siderazione discendono peraltro due ordini di conseguenze, che si veri- ficano in caso di gestione c.d. impropria (posta in essere, cioè, nell’in- teresse del gestore).
Innanzitutto chi gestisce un affare altrui nell’interesse proprio potrà esercitare non l’actio negotiorum gestio contraria, bensì even- tualmente l’azione di ingiustificato arricchimento, se la gestione ha pro- curato un vantaggio anche al dominus negotii; questi, per contro, potrà esperire l’azione di risarcimento da illecito extracontrattuale, qualora l’opera del gestore gli abbia arrecato danni377.
In secondo luogo, in caso di gestione intrapresa nell’interesse del gestore, il dominus negotii non rimane vincolato, ma può sempre ratificare il negozio ai sensi dell’art. 2032 c.c.378; tale possibilità, come
abbiamo già visto, non ha necessità di essergli riconosciuta, e la ratifica quindi non opera, nel caso in cui manchi il requisito dell’alienità dell’af- fare, non essendo possibile prescindere dalla sussistenza di tale ele- mento.
375 Come precisato da F. MESSINEO, Manuale, cit., 596; M. CASELLA, voce Ge-
stione di affari, cit., 2.
376 In tal senso L. ARU, Della gestione di affari, cit., 8. In giurisprudenza cfr., tra le
altre, Cass. 22 dicembre 2004, n. 23823, cit.
377 Così L. ARU, op. ult. cit., 9.
378 Come osserva, in particolare, G. DE SEMO, voce Gestione di affari altrui, cit.,
2. Affare ‘altrui’ e affari ‘comuni’: la giurisprudenza sulla com-
patibilità delle norme sull’amministrazione della cosa comune con la gestione di affari.
Il fatto di aver ancorato il concetto di alienità dell’affare a quello più ampio di alienità dell’interesse comporta che non sia da escludere che, ai fini della applicabilità della disciplina in tema di utile gestione, l’attività del gestore possa essere diretta a realizzare, oltre che un inte- resse altrui, anche un interesse proprio.
Trattando il requisito dell’animus aliena negotia gerendi ab- biamo visto379 infatti che la negotiorum gestio non è assolutamente in-
compatibile con le situazioni di concorrenza di interessi, a condizione però che l’interesse del dominus prevalga su quello del gestore e a patto che non sussista una contrapposizione tra i rispettivi interessi; si è al- tresì osservato che la concorrenza di interessi è ammessa in particolare rispetto alle attività doverose del dominus, in relazione alle quali l’in- tervento del gestore talvolta può essere una forma di autotutela rispetto all’inadempimento altrui.
Volendo approfondire la prospettiva sopra menzionata, può os- servarsi che l’interpretazione estensiva del requisito dell’alienità dell’affare ha portato a ritenere che l’attività del gestore, fermo restando il rispetto del criterio della prevalenza dell’interesse altrui, possa riguar- dare anche il compimento di un “affare comune”380, ossia di un affare
che sia volto ad attuare un’utilità del dominus ed al contempo del ge- store: ciò implica che il nostro istituto sia dunque compatibile con le diverse attività poste in essere dal partecipe di una comunione in vista dell’interesse degli altri comproprietari, così che, ove esistano gli estremi della fattispecie di cui agli artt. 2028 c.c. ss., si producono tra gli interessati gli effetti (diritti e doveri) derivanti dalla negotiorum ge-
stio.
379 V. supra, cap. 3, § 2.
In merito a tale profilo, una parte della dottrina381 ha ravvisato
la gestione di affari altrui nei casi in cui uno dei comproprietari, a causa dell’inerzia degli altri o dell’amministratore, provveda a compiere atti di conservazione sulla cosa comune382.
Ma è soprattutto la giurisprudenza che, in diversi ambiti, ha più volte affermato la compatibilità delle norme sull’amministrazione della cosa comune con l’istituto della gestione di affari.
In tema di condominio, in particolare, si ammette la configura- bilità di un valido atto gestorio a favore del condomino o della mino- ranza dei condomini che, nei casi di urgenza o nell’assenza degli altri partecipanti o per altre ragioni, senza autorizzazione della maggioranza, curino gli affari comuni383 (si pensi al caso del condomino che prov-
veda a riparare il tetto o un cornicione pericolante dell’edificio). Ancora in materia di condominio la giurisprudenza di legitti- mità384 ha statuito che, in caso di alienazione di un piano o di porzione
di un piano, dal momento in cui il trasferimento venga reso noto al con- dominio, lo status di condomino appartiene all'acquirente, e pertanto soltanto quest'ultimo è legittimato a partecipare alle assemblee e ad im- pugnarne le deliberazioni; il venditore, che non è più legittimato a par- tecipare direttamente alle assemblee condominiali, può dal canto suo far valere le sue ragioni connesse al pagamento dei contributi (relativi all'anno in corso e a quello precedente, ai sensi dell'art. 63 disp. att. c.c.)
381 C.M. BIANCA, op. loc. ult. cit.
382 In tal caso si ritiene peraltro che l’inerzia dei comproprietari che, consapevoli
dell’iniziativa del gestore, non l’abbiano contestata, rileva come atto di tolleranza dell’attività del gestore. Ciò comporta che secondo buona fede l’iniziativa non può essere contestata in un secondo tempo, né d’altra parte il gestore può interrompere l’attività iniziata senza avvisare preventivamente gli altri interessati e consentire loro di provvedere altrimenti. In tal senso C.M. BIANCA, op. loc. ult. cit.
383 La giurisprudenza ha avuto più volte occasione di pronunciarsi, anche di recente,
sulla gestione di affari del singolo condomino: cfr., fra le tante, Trib. Ancona, 13 ot- tobre 2014, n. 1683, in https://dejure.it; Trib. Bari, 9 febbraio 2010, n. 426, in https://dejure.it; Cass. 23 maggio 1984, n. 3143, in Rep. Foro it., 1984, voce “Gestione d’affari”, 1; Cass. 11 luglio 1978, n. 3479, cit. In dottrina condivide questo orienta- mento giurisprudenziale, in particolare, L. ARU, Della gestione di affari, cit., 8.
384 Cass. 10 gennaio 1990, n. 9, in Giust. civ., n. 1, 1990, 1098 con nota adesiva di M.
DETILLA, Se il venditore è legittimato a partecipare alle assemblee condominiali.
attraverso l'acquirente che gli è subentrato: per quest’ultimo, anche in relazione al vincolo di solidarietà, si configura una gestione di affari non rappresentativa, che importa obbligazioni analoghe a quelle deri- vanti da un mandato, e fra queste quella di partecipare alle assemblee condominiali e di far valere in merito anche le ragioni del suo dante causa.
Un’altra interessante applicazione dell’impostazione in esame – che afferma la compatibilità delle norme sull’amministrazione della cosa comune con la disciplina della gestione di affari – si trova in ma- teria successoria e, in particolare, in tema di comunione ereditaria, ove si ammette che il coerede gestore abbia diritto, ex. art. 2031 c.c., “al totale rimborso delle spese necessarie utili per la conservazione o il mi- glioramento dei beni ereditari comuni”385.
È evidente che gli indirizzi interpretativi sopra richiamati, risol- vendosi nell’ammettere le ingerenze altrui anche in occasione dell’adempimento di vincoli preesistenti386 e in collegamento con un
interesse, più o meno mediato, dello stesso gestore, hanno portato alla costruzione di un’ampia figura di intromissione lecita nella sfera giuri- dica altrui. Tuttavia l’applicabilità della disciplina della negotiorum ge-
stio è particolarmente controversa nei casi in cui il partecipante alla co-
munione abbia compiuto atti di ordinaria amministrazione sul bene
385 V., tra le tante, Cass. 16 luglio 2018, n. 18857, in Mass. Giust. civ., 2018; Cass. 9
aprile 2008, n. 9269, in Rep. Foro it., 2009, voce “Gestione d’affari”, 5; Cass. 30 gennaio 2002, n. 1222, in Riv. not., 2002, 1257, nella cui motivazione si precisa che in ogni caso il coerede gestore, non potendosi considerare rappresentante della massa ereditaria, non è tenuto a garantire l’integrità della massa e non può altresì pretendere il pagamento da parte degli altri coeredi delle somme di cui costoro sono a diverso titolo debitori verso la massa ereditaria; Cass. 18 novembre 1991, n. 12345, in Rep.
Foro it., 1991, voce “Divisione”, 19. In senso conforme v. Trib. Bari, 11 novembre