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SOMMARIO: 1. L’essenzialità dell’animus aliena negotia gerendi nella ricostru- zione dottrinale e giurisprudenziale tradizionale. – 2. Il superamento dell’esclusivo fondamento solidaristico dell’istituto e le sue ricadute pratiche: la concorrenza di in- teressi e il rilievo giuridico dell’attività gestoria. – 3. Segue. La gestione animo de-

praedandi e la funzione rimediale dell’istituto.

1. L’essenzialità dell’animus aliena negotia gerendi nella ricostruzione

dottrinale e giurisprudenziale tradizionale.

L’elemento soggettivo della gestione di affari altrui, rappresen- tato dall’animus aliena negotia gerendi, ossia dall’intenzione di porre in essere un’attività che riguarda la sfera altrui, costituisce, secondo l’opinione tradizionale, non solo un requisito essenziale della fattispe- cie gestoria315, ma anche il tratto caratterizzante della negotiorum ge- stio, in quanto, oltre a distinguere la gestione dagli istituti che con essa

possono presentare qualche affinità316, è espressione, più di ogni altro

elemento (il riferimento va in particolare alla spontaneità dell’inter- vento gestorio), del fondamento solidaristico dell’istituto317.

Per meglio comprendere l’importanza di tale presupposto nella configurazione generalmente condivisa della negotiorum gestio, quale forma di ingerenza altruistica nella sfera giuridica altrui, occorre

315 In dottrina, tra gli autori che insistono particolarmente sull’essenzialità dell’animus

aliena negotia gerendi, v., tra i molti, G. SCADUTO - S. ORLANDO CASCIO, voce Gestione d’affari altrui, cit., 241; F. MESSINEO, Manuale, cit., 496; S. FERRARI,

voce Gestione affari altrui, cit., 651; L. ARU, Della gestione di affari, cit., 13, 40; P. GALLO, voce Gestione d’affari altrui, cit., 701.

316 Come precisato, tra gli altri, da L. ARU, op. loc. ult. cit. Sul punto Cass. 19 gennaio

1956, n. 146, in Foro it. Mass., 1956, 28 statuisce che ”l’animus aliena negotia ge-

rendi vale a caratterizzare in modo saliente il rapporto di gestione di affari e a diffe-

renziarlo, nella struttura e negli effetti, da altre e diverse configurazioni giuridiche”.

richiamare brevemente quanto è già emerso in varie parti della tratta- zione a proposito dell’animus aliena negotia gerendi.

Come già rilevato318, sull’essenzialità di tale requisito erano

sorte vivaci dispute nella dottrina romanistica, che aveva elaborato due diverse concezioni della negotiorum gestio: l’una, che esige nel gestore la presenza dell’animus aliena negotia gerendi (concezione soggettiva) e l’altra che ne prescinde, richiedendo il solo fatto della gestione (con- cezione oggettiva). Si è poi precisato come tali ricostruzioni della ge- stione di affari corrispondano a due diverse fasi storiche dell’istituto, in quanto si ritiene comunemente che la concezione soggettiva sia ricon- ducibile al periodo classico del diritto romano, mentre quella oggettiva sia riferibile al periodo giustinianeo.

Abbiamo altresì visto319 che anche sotto la vigenza del codice

abrogato gli interpreti hanno ampiamente discusso circa la rilevanza del presupposto in esame per l’integrazione della fattispecie gestoria, non essendo espressamente previsto l’elemento intenzionale dell’animus

aliena negotia gerendi: tuttavia, soprattutto il riferimento ai requisiti

della “liceità” e della “volontarietà” dell’atto per il sorgere della ge- stione320 aveva portato la dottrina prevalente a ritenere accolta nel no-

stro ordinamento la concezione soggettiva della negotiorum gestio. La formulazione del vigente art. 2028 c.c., che ha sostituito l’av- verbio “volontariamente” con l’avverbio “scientemente”, permette di superare qualsiasi tipo di equivoco in merito all’essenzialità del requi- sito in esame: infatti si ritiene pressoché concordemente che il legisla- tore del 1942 abbia accolto la concezione soggettiva della gestione, come del resto lasciato intendere nella Relazione della Commissione al

318 V. supra, cap. 1, § 2. 319 V. supra, cap. 1, § 3.

320 La “liceità” era prevista nell’art. 1140 c.c. abr., che si riferiva a tutti i quasi-con-

tratti; la “volontarietà”, invece, oltre che essere prevista nell’art. 1140 c.c. abr., era richiamata anche dall’art. 1141 c.c. abr., che si riferiva specificamente alla gestione di affari altrui.

progetto di riforma del Codice civile che fa espresso riferimento all’ani-

mus aliena negotia gerendi.

Superati così antichi dibattiti dottrinali ormai privi di attualità, permangono tuttavia alcuni dubbi in merito all’individuazione del cor- retto significato da attribuire all’ambigua e polisensa espressione ani-

mus aliena negotia gerendi, questione che abbiamo visto essere in parte

connessa al problema della natura giuridica dell’intervento gestorio321.

Se alcuni autori322 infatti identificano l’animus aliena negotia gerendi

con la specifica intenzione di gestire un affare altrui (e non proprio) e quindi di agire per la cura di un interesse alieno, in base all’opinione prevalente323 si afferma invece che tale requisito sia da intendere entro

i limiti della semplice consapevolezza di essersi ingeriti nell’altrui sfera giuridica324.

In ogni caso l’essenzialità dell’animus aliena negotia gerendi, che si ritiene comunemente essere strettamente connessa – merita riba- dirlo – al fondamento solidaristico dell’istituto, comporta importanti implicazioni in merito all’ambito di applicazione della fattispecie ge- storia.

Innanzitutto, nel caso in cui il soggetto agente abbia per errore ignorato di gerire un affare altrui (ritenendolo piuttosto un affare pro- prio) si verte al di fuori dello schema gestorio325, mancando quella di-

rezione specifica verso l’interesse alieno che caratterizza l’attività

321 V. supra, cap. 1, § 4.

322 Per i relativi riferimenti bibliografici v. supra, nt. 60. 323 Per i relativi riferimenti bibliografici v. supra, nt. 59.

324 Ed è proprio da tale ultima ricostruzione, in base alla quale l’avverbio “sciente-

mente” si riferisce esclusivamente ad uno stato di scienza, che prendono le mosse quegli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali che, nel tentativo di superare la con- figurazione tradizionale della gestione di affari altrui, ritengono applicabile la relativa disciplina giuridica tanto alle ipotesi di concorrenza di interessi quanto ai casi in cui l’ingerenza nell’altrui sfera giuridica sia connotata da animus depraedandi, ossia da un intento ‘egoistico’ del soggetto agente. V. ampiamente infra, in questo capitolo, § 2 e 3.

325 Sul punto v., per tutti, C.M. BIANCA, Diritto civile, III, cit., 146, il quale osserva

che una tipica ipotesi di gestione inconsapevole di affari altrui è riscontrabile in rela- zione all’erede apparente di buona fede.

gestoria326; in tale ipotesi peraltro l’eventuale assunzione delle conse-

guenze della gestione in capo al dominus è subordinata alla ratifica de- gli atti di gestione, che ricondurrebbe la fattispecie nell’ambito della c.d. gestione impropria ex. art. 2032 c.c.

Nell’ipotesi sopra menzionata peraltro, poiché l’interferenza nella sfera giuridica del terzo è estranea alla causa della gestione, il sog- getto agente non è obbligato ad interessarsi ulteriormente di ciò che non gli spetta e resta allora da risolvere il problema relativo agli effetti de- rivanti dall’attività già svolta327: a tal proposito si ritiene che il soggetto

agente possa esperire l’azione generale di ingiustificato arricchimento, nonché beneficiare dell’applicazione analogica delle regole generali dettate in tema di possesso di buona fede328, così come della disposi-

zione che riconosce al terzo di buona fede il diritto ad una indennità per le piantagioni, costruzioni ed opere eseguite sulla proprietà altrui (art. 936 c.c.).

Secondo l’opinione tradizionale329 fuoriesce dall’ambito di ope-

ratività della gestione – salvo l’eventuale ratifica del dominus – anche l’ipotesi in cui l’agente, pur sapendo di porre in essere un’attività perti- nente ad una sfera giuridica aliena, agisca con animus depraedandi, os- sia con l’intento esclusivo di rivolgere il profitto dell’affare a proprio vantaggio.

326 In tal senso P. SIRENA, La gestione di affari altrui. Ingerenze altruistiche, cit.,

75.

327 Di tale aspetto del problema si occupa particolarmente C.M. BIANCA, Diritto ci-

vile, III, cit., 147.

328 Tali regole assegnano al possessore di buona fede i frutti naturali separati e i frutti

civili maturati fino al giorno della domanda giudiziale (art. 1148 c.c.) e per i miglio- ramenti recati alla cosa gli viene riconosciuto il diritto ad una indennità nella misura dell’aumento di valore della cosa per effetto di tali miglioramenti (art. 1150 c.c.); le spese per le riparazioni straordinarie inoltre devono essere rimborsate anche se il pos- sessore è in mala fede.

329 S. FERRARI, voce Gestione affari altrui, cit., 651; L. ARU, Della gestione di af-

fari, cit., 13; P. GALLO, voce Gestione d’affari altrui, cit., 701. Per una critica v. infra, in questo capitolo, § 3.

La fattispecie gestoria si ritiene inoltre pacificamente esclusa330

qualora l’intervento sia animato da animus donandi, cioè dalla volontà di beneficiare il gerito, senza che dalla gestione derivino obbligazioni a suo carico. A tal proposito vi è da osservare che esempi tipici di inter- venti nella sfera giuridica altrui inquadrabili nell’ambito delle liberalità si rinvengono soprattutto nel diritto di famiglia, in relazione alle presta- zioni alimentari e di assistenza effettuate a favore dello stretto con- giunto331.

Alla stregua dell’opinione più diffusa332 la legge richiede poi

che sia sufficiente una generica consapevolezza dell’alienità dell’affare e non anche la conoscenza del vero interessato, sicché si ha gestione di affari altrui anche quando l’agente sia caduto in errore sulla persona del

dominus: infatti, allorché sussista la consapevolezza che il proprio com-

portamento attua un’ingerenza nella sfera giuridica altrui, è irrilevante l’errore sull’identità della persona cui l’affare appartiene, in quanto non risulta pregiudicato lo spirito altruistico che connota l’istituto333.

In merito a quest’ultimo profilo si è rilevato334 peraltro che i casi

forse più significativi di gestione di affari sono proprio quelli in cui il gestore si vede costretto a intervenire con urgenza e certamente non può attardarsi nella ricerca del soggetto a cui è giuridicamente imputabile il

330 V., fra i tanti, L. ARU, Della gestione di affari, cit., 15; P. GALLO, op. loc. ult.

cit.

331 Cfr. Cass. 22 dicembre 2004, n. 23823, in Rep. Foro it., 2004, voce “Gestione

d’affari”, 1, che, in relazione alle prestazioni alimentari effettuate dal genitore in fa- vore della figlia, ha escluso la configurabilità della fattispecie gestoria nei confronti del marito di quest’ultima, non vigendo un obbligo attuale agli alimenti a carico di questo e non sussistendo altresì lo stato di bisogno della figlia. Le elargizioni sono state pertanto inquadrate nell’ambito delle liberalità, in quanto mosse da animus do-

nandi (e non effettuate in adempimento degli obblighi del marito), e quindi escludono

ogni pretesa di rimborso delle spese nei confronti del marito.

332 In dottrina v. A. DE BERNARDINIS, Gestione d’affari altrui, cit., 155; L. ARU,

Della gestione di affari, cit., 15; M. CASELLA, voce Gestione di affari, cit., 4; P.

GALLO, voce Gestione d’affari altrui, cit., 701; U. BRECCIA, La gestione di affari, cit., 871. Contra S. FERRARI, voce Gestione affari altrui, cit., 651, nt. 19. In giuri- sprudenza cfr. Cass. 23 luglio 1960, n. 2122, in Giur. it., 1962,

333 In tal senso A. DE BERNARDINIS, op. loc. ult. cit. Su tale osservazione non è

tuttavia pienamente d’accordo L. ARU, op. loc. ult. cit., il quale ritiene che tale con- siderazione non sia decisiva ad eliminare la tesi contraria.

risultato utile dell’attività posta in essere; inoltre, la precisa determina- zione della controparte del rapporto gestorio in molti casi dipende da alcuni presupposti legali che il gestore non sempre può conoscere, né ha alcun obbligo a riguardo (si pensi, per esempio, al caso in cui la ri- parazione dell’immobile, che sia stato locato all’insaputa del gestore, ancorché compiuta per favorire il proprietario, avvantaggi invece diret- tamente un conduttore che per contratto si sia obbligato a eseguire quel determinato genere di riparazioni).

Una volta delineate le conseguenze relative all’essenzialità del requisito in esame, si rendono necessarie ulteriori precisazioni.

Per comune affermazione della dottrina335, essendo l’animus aliena negotia gerendi un elemento a carattere istantaneo, la sua pre-

senza è sufficiente nel momento iniziale della gestione; da ciò consegue che, una sua eventuale trasformazione successiva in animus deprae-

dandi non integra una illegittima intromissione del gestore nella sfera

giuridica altrui, ma rileva esclusivamente sotto il profilo della viola- zione degli obblighi attinenti al rapporto gestorio ormai costituito, sot- toponendo per ciò stesso il gestore all’obbligo di risarcire i danni.

Infine, essendo tale presupposto da intendersi quale elemento soggettivo da dedursi dal comportamento del gestore, ben può essere che l’animus risulti da circostanze di fatto, in assenza di dichiarazione espressa del dominus336; inoltre, il gestore non è obbligato a rendere

noto ai terzi che l’affare è gestito nell’interesse del dominus, in quanto – come abbiamo visto – l’ammissibilità di un intervento gestorio com- piuto in nome proprio è espressamente contemplata negli artt. 2031 e 2032 c.c. e pacificamente ammessa dalla giurisprudenza337.

335 V., fra gli altri, S. FERRARI, voce Gestione affari altrui, cit., 651; L. ARU, Della

gestione di affari, cit., 14; P. GALLO, voce Gestione d’affari altrui, cit., 701.

336 Cfr. per tutte: Cass. Sez. Un., 4 luglio 2012, n. 11135, cit., 1441. In dottrina v. L.

ARU, op. ult. cit., 15; M. CASELLA, voce Gestione di affari, cit., 3.

2. Il superamento dell’esclusivo fondamento solidaristico dell’istituto e

le sue ricadute pratiche: la concorrenza di interessi e il rilievo giuri- dico dell’attività gestoria.

La stretta correlazione tra l’essenzialità dell’animus aliena ne-

gotia gerendi e l’esclusiva funzione solidaristica della gestione di affari

altrui non trova sempre riscontro in giurisprudenza ed è stata messa in discussione anche dalla dottrina.

Nel tentativo volto ad attualizzare e rivitalizzare l’istituto si co- glie infatti la tendenza ad interpretare in senso più lato gli stessi presup- posti della negotiorum gestio, e in primo luogo quello relativo all’ani-

mus aliena negotia gerendi, così che sarebbe sempre meno determi-

nante, ai fini della configurabilità della gestione di affari altrui, l’ele- mento soggettivo intenzionale del gestore, espressione – come già più volte sottolineato – del suo animo altruistico e solidale. In tale dire- zione, vedremo tra breve che da un lato la giurisprudenza, avallata dalla dottrina maggioritaria, ravvisa la fattispecie in esame nei casi di con- correnza di interessi tra gestore e gerito; da altro lato alcuni studiosi, di recente, ritengono applicabile la disciplina di cui agli artt. 2028 ss. an- che nelle situazioni in cui l’intervento nella sfera giuridica altrui sia connotato da animus depraedandi.

In questo paragrafo è dedicata specifica attenzione alla concor- renza di interessi, ossia all’ipotesi in cui il gestore agisca sia in vista di un interesse del dominus, sia in vista di un interesse proprio (o di terzi). Si è affermato – anche prendendo le mosse da quell’orienta- mento dottrinale che intende il termine “scientemente” come semplice consapevolezza dell’altruità dell’affare – che non sia da escludere che nel fenomeno gestorio siano ravvisabili atti che, pur compiuti per conto del gerito, siano in concreto tendenti ad attuare anche interessi del ge- store (o di terzi)338 ; tuttavia, poiché in tale circostanza risulta

338 Si consideri a tal proposito l’ipotesi emblematica del mandato conferito anche

nell’interesse del mandatario (o di un terzo), solitamente definito “mandato in rem

chiaramente ridimensionato il principio in base al quale è necessario che lo svolgimento di attività da parte del gestore sia nell’esclusivo e totale interesse di altro soggetto, la possibilità di applicare la disciplina della negotiorum gestio è tuttavia subordinata alla ricorrenza di deter- minati presupposti339, che sono stati individuati espressamente dalla

giurisprudenza in numerose sentenze di merito e di legittimità.

Innanzitutto, affinché la concorrenza di interessi sia idonea a co- stituire un valido rapporto gestorio, è necessario che l’interesse del ge- store non sia in conflitto con quello del dominus sin dall’inizio dell’at- tività gestoria, in quanto l’incompatibilità degli interessi di cui risultino portatori, rispettivamente, il negotiorum gestor e il negotiorum gestus dimostra la mancanza assoluta dell’animus aliena negotia gerendi, che rappresenta un presupposto indispensabile perché possa configurarsi la fattispecie gestoria340.

Inoltre, per la configurabilità della negotiorum gestio è essen- ziale che l’interesse del dominus sia prevalente rispetto a quello del ge- store (o di terzi)341. A tal proposito risulta però difficile individuare con

339 Secondo P. SIRENA, La gestione di affari altrui. Ingerenze altruistiche, cit., 299,

la c.d. “gestione di affari parzialmente altrui” è assoggettata senz’altro alla disciplina dell’istituto, senza la necessaria presenza di specifici requisiti: si tratta soltanto di ri- portare quantitativamente l’oggetto delle rispettive obbligazioni restitutorie e risarci- torie alla misura in cui la gestione di affari costituisce un’ingerenza nell’altrui sfera giuridica.

340 La necessità che non sussista contrapposizione tra l’interesse del gestore e quello

del gerito costituisce un principio enunciato in alcune recenti sentenze: vedi, in parti- colare, Cass. 22 dicembre 2004, n. 23823, cit.; T. Napoli, sez. Frattamaggiore, 6 otto- bre 2003, in Dir. e giur., 2003, 530, che ha escluso che la gestione di affari altrui possa consistere nell’accettazione di un’eredità, non perché l’accettazione dell’eredità sia un atto personalissimo, ma proprio perché la decisione di accettare l’eredita compor- tava nel caso di specie un conflitto di interessi; Cass. 29 marzo 2001, n. 4623, in Foro

it. Mass., 2001, voce “Gestione d’affari”, n. 1. Tali decisioni peraltro confermano

quanto affermato da Cass. 6 agosto 1997, n. 7278, in Contr., n. 4, 1998, 329 ss., con nota di M. DE ROBERTIS, Gestione di affari e conflitto di interessi tra gerente e

gestito. Il principio della non configurabilità della negotiorum gestio allorché ricorra

una contrapposizione di interessi tra gerente e gestito trova accoglimento anche in pronunce risalenti nel tempo: vedi, ad esempio, Cass. 13 luglio 1938, n. 2421, in Foro

it., 1939, I, 26.

341 In giurisprudenza cfr., tra le tante, Cass. 19 aprile 1985, n. 2577, in Giust. civ.

Mass., 1985, 4; Cass. 13 febbraio 1978, n. 667, in Giust. civ. Mass., 1978, 277. In

dottrina, tra gli autori che ammettono la configurabilità della negotiorum gestio in presenza di interessi concorrenti del gestore e del dominus, a condizione che quest’ul- timo risulti prevalente rispetto al primo, si vedano, in particolare, G. DE SEMO, voce

esattezza i criteri per determinare questa prevalenza, probabilmente an- che a causa dei connotati psicologici che caratterizzano l’istituto; in ter- mini molto generali può tuttavia affermarsi che essa non sussiste quando l’interesse del dominus è marginale o eventuale e quindi ragio- nevolmente presumibile come irrilevante nella determinazione volitiva del gestore: tale situazione si verifica, in particolare, nel caso in cui “il gestore tratti un affare proprio che, solo per qualche indiretta o remota interferenza, interessi anche colui che pretende di essere il dominus”342.

In tema di concorrenza di interessi la casistica giurisprudenziale riguarda in via prevalente quelle attività doverose del dominus, che ven- gono intraprese dal gestore soprattutto al fine di autotutelarsi contro l’inerzia del primo ed evitare di esserne pregiudicato: in questi casi vi è da osservare che la gestione non è connotata solo dal profitto ottenuto dal gestore del bene altrui, né dall’appropriazione di utilità spettante ad altri, ma è funzionale a consentire al gestore di evitare danni, configu- randosi come rimedio all’inattività del dominus; al di fuori da tale am- bito è invece necessaria una rigida interpretazione dei presupposti della gestione di affari altrui, al fine di evitare che la solidarietà verso il

Gestione di affari altrui, cit., 819; L. ARU, Della gestione di affari, cit., 8, il quale

peraltro osserva che la concorrenza di interessi è configurabile solamente qualora l’af- fare gerito dal soggetto agente risulti indivisibile, mentre, se il negozio è indivisibile, il suo compimento produce gli effetti giuridici della gestione nella parte in cui esso possa appunto considerarsi alieno; M. CASELLA, voce Gestione di affari, cit., 4; P. GALLO, voce Gestione d’affari altrui, cit., 703; R. PANE, Solidarietà sociale, cit., 81 s.; C.M. BIANCA, Diritto civile, III, cit., 148. In senso contrario, P. SIRENA, La

gestione di affari altrui. Ingerenze altruistiche, cit., 292 sostiene che il criterio di pre-

valenza dell’interesse del soggetto gerito non trova alcun riscontro nella disciplina codicistica della gestione di affari altrui: la c.d. “gestione di affari parzialmente al- trui”, dunque, indipendentemente dalla prevalenza dell’eventuale interesse del sog- getto gerito rispetto a quello del soggetto agente, determina senz’altro le obbligazioni risarcitorie e restitutorie di cui agli art. 2028 ss., il cui oggetto sarà commisurato quan- titativamente all’effettiva ingerenza nell’altrui sfera giuridica.

342 Cfr. sul punto Cass. 6 agosto 1997, n. 7278, cit. e Cass. 13 febbraio 1978, n. 667,

cit. In senso conforme, v. anche T. Torino, 18 novembre 1992, in Giur. it., 1993, I, 2, 153 ed in Banca borsa, 1993, II, 644; T.A.R. Sicilia, 9 marzo 1996, n. 313. in Rass.

dir. farm., 1997, 134, che ha statuito, incidenter, che il gestore di fatto non può mai

ritenersi titolare in senso completo dell’attività svolta (principio affermato senza una particolare necessità in un caso in cui una ASL pretendeva di essere divenuta titolare

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