SOMMARIO: 1. Gli elementi costitutivi della gestione di affari altrui: profili generali. – 2. Segue. La spontaneità dell’intervento gestorio. – 3. Segue. L’animus aliena ne-
gotia gerendi, l’alienità dell’affare e l’absentia domini: cenni e rinvio. – 4. Segue.
L’utiliter coeptum. – 5. Segue. La prohibitio domini. – 6. L'ambito di operatività della fattispecie: il contenuto dell’attività gestoria. – 7. La capacità del gestore. – 8. Le obbligazioni del gestore: in particolare l’obbligo del gestore di continuare e di con- durre a termine la gestione. – 9. Segue. Le obbligazioni del gestore derivanti dal man- dato. – 10. Gli obblighi del dominus negotii. Gestione rappresentativa e non rappre- sentativa. – 11. Segue. Il rimborso delle spese. Il problema del diritto del gestore ad un compenso. – 12. La ratifica dell’interessato: presupposti ed effetti giuridici.
1. Gli elementi costitutivi della gestione di affari altrui: profili generali. La determinazione dello schema strutturale della fattispecie ge- storia presenta non poche difficoltà, sia per quanto riguarda l’individua- zione dei vari elementi che lo compongono, sia per quanto concerne la configurazione tipica che ciascuno di questi elementi assume82.
Fra gli elementi costitutivi della gestione di affari altrui figurano tradizionalmente un requisito di ordine soggettivo, ovvero l’intenzione di gestire un affare altrui (animus aliena negotia gerendi), e quattro re- quisiti di ordine oggettivo, vale a dire la spontaneità dell’intervento,
82 Così S. FERRARI, voce Gestione affari altrui, cit., 646; ID, Gestione di affari altrui
e rappresentanza, cit., 8. V. anche, più di recente, S. TOMMASI, Note in tema di gestione, cit., 1172, la quale osserva che i presupposti della gestione sono individuati
in maniera elastica e duttile dalla legge, così che sarebbe sbagliato ricondurli entro rigidi schemi o definirne una portata valida in ogni circostanza. Nello stesso senso, I. GARACI, La gestione d’affari altrui, cit., 51 s., rileva che, a causa del delinearsi di due opposte concezioni della gestione (quella soggettiva e quella oggettiva, v. supra, cap. 1, § 2), la configurazione flessibile dello schema formale dell’istituto ha consen- tito di interpretare in modo più o meno rigoroso i requisiti della gestione e in certi momenti a non ritenere alcuni di essi essenziali.
l’impossibilità di intervenire da parte del diretto interessato (absentia
domini), l’alienità dell’affare e l’utilità iniziale della gestione (utiliter coeptum)83, cui si aggiunge l’elemento impeditivo della prohibitio do- mini, ossia l’assenza del divieto del dominus.
Occorre rilevare, innanzitutto, che particolarmente controverso è il requisito dell’utiliter coeptum, che da una parte della dottrina è con- siderato mera condicio iuris di efficacia di una fattispecie già perfetta84,
mentre, da altri autori, è ritenuto un elemento essenziale della gestione di affari85; analoghi dubbi, peraltro, si sono posti con riguardo all’ab- sentia domini, rispetto alla quale si discute se si tratti di un mero pre-
supposto di fatto estraneo alla fattispecie ovvero di un requisito di ca- rattere strutturale86.
Inoltre, vi è da sottolineare che taluni autori tengono distinti, ri- spetto agli altri caratteri della gestione, i profili della spontaneità dell’intervento e dell’alienità dell’affare87, in base alla considerazione
che, mancando tali presupposti, è esclusa sin dall’origine la possibilità di identificare un’ingerenza senza titolo negli affari altrui, la quale sia
83 V. per tutti, P. GALLO, voce Gestione di affari altrui, cit., 700.
84 V., fra gli altri, G. DEIANA, Gestione di affari altrui e atti dispositivi, in Riv. dir.
comm., 1948, I, 225; L. CAMPAGNA, I “negozi di attuazione”, cit., 178; F. MESSI-
NEO, Manuale, cit., 501; L. ARU, Della gestione di affari, cit., 41.
85 All’interno di tale orientamento dottrinale è poi discusso se si tratti di un elemento
strutturale (S. FERRARI, voce Gestione affari altrui, cit., 652, nt. 22; ID, Gestione di
affari altrui e rappresentanza, cit., 24, nt. 22) ovvero funzionale (R. PANE, Solida- rietà sociale, cit., 40). Ulteriormente diversa è la posizione di P. SIRENA, La gestione di affari altrui. Ingerenze altruistiche, cit., 310, per il quale l’alternativa tra condicio iuris e elemento essenziale della fattispecie è meramente strumentale alla controversia
riguardante la natura giuridica dell’istituto: la tesi che qualifica quest’ultima come negozio giuridico, infatti, non può che ravvisare nel requisito in questione un elemento esterno rispetto alla fattispecie, la quale sarebbe integrata esclusivamente dall’intento gestorio del soggetto agente (animus aliena negotia gerendi).
86 Come osserva M. CASELLA, voce Gestione di affari, cit., 4, il quale rileva, per-
tanto, che nella lettera della legge non si coglie alcuna discriminazione tra quelli che la giurisprudenza definisce come “requisiti essenziali” della gestione di affari (cfr., per tutte, Cass. 13 marzo 1964, n. 550, in Foro it., 1965, I, 866, che elenca tali “requi- siti essenziali”: spontaneità, animus aliena negotia gerendi, utiliter coeptum, absentia e mancanza di prohibitio domini, alienità dell’affare; ma si tratta di una massima co- stantemente ripetuta).
87 Tale distinzione è particolarmente avvertita da U. BRECCIA, La gestione di affari,
cit., 870. Sul punto v. anche S. FERRARI, voce Gestione affari altrui, cit., 651; ID,
eventualmente suscettibile di ratifica (ex art. 2032) qualora faccia di- fetto uno dei requisiti più specifici della fattispecie gestoria.
Premesse tali problematiche di carattere formale e classificato- rio, la sussistenza degli elementi costitutivi della gestione di affari altrui comporta la piena applicazione della disciplina di cui agli artt. 2028- 2032 c.c., che, complessivamente intesa, riserva un trattamento di par- ticolare favore al soggetto agente: quest’ultimo, infatti se da un lato è tenuto a continuare e a condurre a termine l’attività intrapresa, da altro lato, avrà diritto ad essere integralmente rimborsato da parte del domi-
nus negotii, anche nel caso in cui la gestione non abbia un esito positivo.
Pertanto, è giurisprudenza assolutamente pacifica che il giudizio circa la sussistenza dei suddetti elementi, e cioè sulla esistenza o meno in concreto della gestione d’affari, includa un’interpretazione di vo- lontà, e quindi un apprezzamento di merito, insindacabile in cassa- zione88.
La mancanza di uno dei menzionati requisiti rende peraltro la gestione illegittima, con la conseguente impossibilità di applicare la re- lativa disciplina all’attività gestoria. In virtù dei principi generali, al- lora, l’ingerenza non autorizzata può avere effetti variabili in ragione delle circostanze di fatto e delle conseguenze che ne siano derivate: se l’ingerenza è colpevole, con danni per l’interessato, vi sono gli estremi della responsabilità civile extracontrattuale e di una connessa obbliga- zione risarcitoria ex art. 2043 c.c.; se invece l’ingerenza è incolpevole, qualora il dominus abbia tratto giovamento dall’agire altrui, al gestore spetta l’azione di arricchimento senza causa ex art. 2041 c.c. per otte- nere un indennizzo nei limiti dell’incremento patrimoniale conseguito dall’interessato89.
88 Cfr. Cass. 30 aprile 1956, n. 1350 citata da C. RUPERTO, Della gestione di affari,
in La giurisprudenza sul codice civile coordinata con la dottrina, a cura di C. Bile, M. e L. Delli Priscoli, C. Ruperto, Milano, 2012, 9.
89 A tal proposito v. in particolare P. GALLO, op. ult. cit., 700 s.; C.M. BIANCA,
Diritto civile, III, cit. 153; U. BRECCIA - L. BRUSCUGLIA E ALTRI, Diritto pri- vato2, cit., 427.
Nel presente capitolo verrà dedicata specifica attenzione ai re- quisiti della spontaneità dell’intervento gestorio, dell’utiliter coeptum e della prohibitio domini; la trattazione si limiterà invece a brevi cenni con riferimento all’animus aliena negotia gerendi, all’alienità dell’af- fare e all’absentia domini, che saranno in seguito oggetto di analisi più approfondita90, in quanto tali presupposti sono stati oggetto recente-
mente di una rilettura dottrinale e giurisprudenziale che ha consentito aperture interpretative idonee ad ampliare l’ambito di applicazione dell’istituto.
2. Segue. La spontaneità dell’intervento gestorio.
Fra i primi requisiti espressamente richiamati dall’art. 2028 c.c.91 figura la spontaneità dell’intervento gestorio: elemento caratteri-
stico della gestione di affari – che vale a differenziare tale figura rispetto ad altre forme di cooperazione giuridica – è infatti la mancanza di qual- sivoglia obbligo legale o convenzionale in forza del quale il gestore sia tenuto ad intervenire nella sfera giuridica altrui92; se sussistesse un si-
mile obbligo si esulerebbe dal campo di applicazione della negotiorum
gestio per ricadere o in quello del mandato o in uno dei vari casi di
gestione ex lege del patrimonio altrui (tutela, curatela, e così via). Se la dottrina e la giurisprudenza sono generalmente concordi sull’essenzialità del requisito in esame per l’integrazione delle
90 V. infra, capp. 3, 4 e 5.
91 Art. 2028, comma 1, c.c.: Chi, senza esservi obbligato, assume scientemente la ge-
stione di un affare altrui, è tenuto a continuarla e a condurla a termine finché l’inte- ressato non sia in grado di provvedervi da se stesso.
92 Come precisato più volte dalla giurisprudenza di merito e di legittimità e puntualiz-
zato recentemente dalle Sezioni Unite della Cassazione: “elemento caratterizzante la gestione di affari è il compimento di atti giuridici spontaneamente ed utilmente nell’interesse altrui, in assenza di un obbligo legale o convenzionale di cooperazione” (Cass. Sez. Un., 4 luglio 2012, n. 11135, in Corr. Giur., 12, 2012, 1441, con nota di V. CARBONE, Le Sezioni Unite sulla disciplina applicabile alla locazione della cosa
comune da parte di uno dei comproprietari). Sul requisito della spontaneità, si v. in
dottrina, particolarmente, M. CASELLA, voce Gestione di affari, cit., 4; P. GALLO, voce Gestione di affari altrui, cit., 701; U. BRECCIA, La gestione di affari, cit., 857 e 870.
fattispecie gestoria93, l’interpretazione del disposto normativo, in base
al quale il gestore deve intervenire “senza esservi obbligato”, ha dato adito a orientamenti contrastanti.
Si discute, innanzitutto, se la spontaneità, sotto il profilo psico- logico, implichi necessariamente il disinteresse personale del gestore: la soluzione affermativa muove dal fondamento solidaristico dell’isti- tuto, in virtù del quale l’attività del gestore è animata da un intento al- truistico nei confronti del dominus impossibilitato a tutelare i propri in- teressi94; prevalente è tuttavia l’opinione di quanti ritengono che il di-
sinteresse non rappresenti un presupposto necessario dell’ingerenza95,
ammettendosi peraltro che il gestore possa avere un interesse patrimo- niale concorrente con quello del dominus, purché non prevalente96.
Quanto appena osservato manifesta la tendenza a non propen- dere per un’interpretazione eccessivamente restrittiva del disposto nor- mativo, cosi come se il legislatore richiedesse necessariamente l’as- senza di qualsivoglia precedente rapporto giuridico tra gestore ed inte- ressato97: l’esistenza di un pregresso rapporto obbligatorio che leghi il
soggetto agente al dominus infatti non esclude a priori la configura- zione di un’utile gestione, ma in tal caso occorrerà accertare in quale relazione si ponga l’atto gestorio rispetto al contenuto del rapporto
93 Rimane isolata la posizione di P. SIRENA, La gestione di affari altrui. Ingerenze
altruistiche, cit., 152 ss., il quale rileva che “la mancanza di un’obbligazione tra ge-
store e gerito non costituisce un requisito di fatto, ma di diritto: si deve escludere perciò che si possa formalizzare concettualmente la spontaneità nell’altrui sfera giu- ridica come presupposto dell’istituto di cui si tratta”.
94 In questo senso si veda S. FERRARI, voce Gestione affari altrui, cit. 648; ID, Ge-
stione di affari altrui e rappresentanza, cit., 14.
95 A tal proposito v. in particolare M. CASELLA, voce Gestione di affari, 4; U.
BRECCIA, La gestione di affari, cit., 859.
96 Tale principio è stato ribadito dalla giurisprudenza in numerose pronunce (per le
relative citazioni v. infra cap. 3, § 2); in dottrina v. G. DE SEMO, voce Gestione di
affari altrui, cit., 819, che pure individua nel disinteresse un connotato della gestione.
Sui delicati profili della concorrenza di interessi e della prevalenza dell’interesse del
dominus rispetto a quello del gestore si tornerà approfonditamente nell’ambito dei
capp. 3 e 4.
97 Come sembra ritenere S. FERRARI, voce Gestione affari altrui, cit., 648; ID., Ge-
medesimo, potendo la gestione sussistere qualora tale relazione si pre- senti in termini di estraneità e indipendenza98.
Connessa in parte a queste tematiche è la questione relativa alla configurabilità della gestione di affari altrui rispetto agli atti compiuti in eccesso di mandato, ossia nei casi in cui, sussistendo un pregresso rapporto di mandato, la persona incaricata compia atti che esorbitano le linee concordate nel programma contrattuale.
A tal proposito, la giurisprudenza si è tendenzialmente espressa in senso negativo, in base a due ordini di considerazioni: innanzitutto il mandatario è investito del suo potere dalla volontà del mandante, men- tre il gestore trae ex lege l’ingerenza negli affari altrui; inoltre, ai sensi dell’art. 1711 c.c., il fatto compiuto dal mandatario oltre il mandato ri- mane a suo carico e ciò implica che gli effetti degli atti compiuti oltre i limiti del mandato non possono mai essere riversati nel patrimonio del
dominus99.
La dottrina invece si pronuncia in genere in senso positivo, rite- nendo che il mandatario che abbia agito eccedendo i limiti del mandato possa essere considerato gestore al ricorrere, in concreto, degli elementi costitutivi della fattispecie gestoria100. Si è anzi osservato che il ricorso
alla gestione di affari altrui sia talvolta utile a risolvere alcuni problemi
98 Sul punto v., più ampiamente, L. ARU, Della gestione di affari, cit., 4 s.; v. altresì
U. BRECCIA, La gestione di affari, cit., 857.
99 Sugli orientamenti giurisprudenziali in tema di eccesso di mandato si veda in parti-
colare Cass. 18 marzo 1950, n. 733, in Foro it. Mass., 1950, 160; Cass.14 luglio 1954, n. 2741, in Riv. dir. comm., 1955, II, 94, che ha escluso l’ammissibilità teorica di una gestione vincolante per il dominus in un atto che eccede il mandato.
100 V., fra i molti, P. SCHLESINGER, Eccesso di mandato e gestione d’affari, in Riv.
dir. comm., 1955, II, 94 ss., il quale, commentando la sentenza della Cassazione del
14 luglio 1954, n. 2471, cit., afferma che è possibile ravvisare nell’eccesso di mandato un’utilis gestio, proprio sul presupposto che l’atto, esorbitando dal mandato, non è stato eseguito in esecuzione di un obbligo; S. FERRARI, voce Gestione affari altrui, cit., 666; ID., Gestione di affari altrui e rappresentanza, cit., 61 ss.; L. ARU, Della
gestione di affari, cit., 5; M. CASELLA, voce Gestione di affari, cit., 8; P. GALLO,
voce Gestione di affari altrui, cit., 701, il quale osserva che la soluzione positiva è conforme alla ratio originaria della negotiorum gestio, tesa a consentire nei limiti del possibile il recupero sul piano del diritto degli atti compiuti al di fuori di uno schema prestabilito; C.M. BIANCA, Diritto civile, III, cit., 147. In senso contrario v. G. DE SEMO, voce Gestione di affari altrui, cit., 818.
legati alla sopravvenienza contrattuale, consentendo, grazie all’innesto del rapporto gestorio sul rapporto contrattuale preesistente, di apportare variazioni a quest’ultimo, laddove sia impossibile giungere aperta- mente ad una revisione del contratto101.
Un’ulteriore problematica legata al requisito della spontaneità dell’intervento gestorio è quella relativa alla natura giuridica dell’ob- bligazione che impedisce il sorgere la gestione, a proposito della quale si discute, in particolare, se l’obbligazione naturale sia compatibile con l’istituto di cui si tratta.
Da una parte vi è chi ha ritenuto, sotto la vigenza del codice previgente, che non possa aversi gestione di affari altrui in senso tecnico non solo tutte le volte che l’obbligazione abbia natura prettamente giu- ridica, ma anche quando si sia agito in adempimento di un dovere mo- rale (pietas, humanitas, amicitia)102.
Altri studiosi sostengono invece che il dovere che esclude la ge- stione sia soltanto un dovere giuridico e non anche morale: tale tesi è avvalorata dal disposto dell’art. 2028 c.c., che con il termine “obbli- gato” si ritiene faccia espresso riferimento ad un’obbligazione di carat- tere giuridico103.
Un’impostazione dottrinale più recente ritiene, infine, che la di- sciplina della gestione di affari sia inapplicabile quando sussista un’ob- bligazione naturale del soggetto agente al compimento dell’affare104;
101 Diffusamente sul punto, P. GALLO, op. ult. cit., 702, il quale rileva che ciò è par-
ticolarmente vero in tutti quei casi in cui chi abbia assunto per contratto l’impegno di realizzare una certa opera o di effettuare un determinato servizio si trovi nella neces- sità di discostarsi dalle istruzioni ricevute o di effettuare attività diverse o extra ri- spetto a quanto concordato.
102 In tal senso G. PACCHIONI, I quasi-contratti, cit., 19 ss., secondo il quale il ter-
mine “volontariamente” di cui all’art. 1141 c.c. sembrava far riferimento ad una spon- taneità assoluta del gestore incompatibile con qualsiasi obbligo. In senso contrario G. SCADUTO - S.O. CASCIO, Gestione d’affari altrui, cit., 241.
103 Così A. DE BERNARDINIS, Gestione di affari altrui, cit., 152; G. DE SEMO,
voce Gestione di affari altrui, cit., 819, nt. 2; L. ARU, Della gestione di affari, cit., 7.
104 Se così non fosse, infatti, si metterebbe a confronto la disciplina delle obbligazioni
naturali di cui all’art. 2034 c.c., che si fonda sulla irripetibilità della prestazione spon- taneamente eseguita, e la disciplina della gestione di affari altrui, che, al ricorrere dei relativi presupposti, invece, prevede il rimborso delle spese erogate a favore del be- neficiario.
l’adempimento di un dovere morale o sociale può tuttavia rilevare come gestione di affari altrui nei confronti di coloro che fossero (civilmente) obbligati a eseguire tale prestazione105.
3. Segue. L’animus aliena negotia gerendi, l’alienità dell’affare e l’ab- sentia domini: cenni e rinvio.
Presupposto soggettivo della gestione di affari altrui è l’animus
aliena negotia gerendi, ossia l’intenzione di porre in essere un’attività
che riguarda la sfera giuridica altrui, e non propria106, il quale emerge
in modo chiaro dall’avverbio “scientemente” di cui all’art. 2028 c.c. L’essenzialità di tale elemento per la configurazione della fatti- specie – che è tradizionalmente considerata espressione, insieme al re- quisito della spontaneità, del fondamento solidaristico dell’istituto107 –
implica peraltro che si ricada al di fuori dello schema gestorio sia nell’ipotesi in cui l’agente abbia per errore ignorato di gerire un affare alieno (ritenendolo piuttosto un affare proprio), sia nel caso in cui l’in- tervento nella sfera altrui sia connotato da animus depraedandi (ossia l’intenzione di rivolgere il profitto dell’affare a proprio vantaggio)108
ovvero sia animato da animus donandi (cioè la volontà di beneficiare il gerito, senza che dalla gestione derivino obbligazioni a suo carico).
Fra i requisiti oggettivi della fattispecie gestoria contemplati dall’art. 2028 c.c. figura l’alienità dell’affare oggetto della gestione.
Nonostante l’imprescindibilità di tale presupposto, non vi è uni- vocità in dottrina su come intendere tale elemento: a fronte di chi ritiene che la sussistenza di tale requisito possa ricavarsi dal solo animus aliena
105 A tal proposito si veda R. PANE, Solidarietà sociale, cit., 61 s.; P. SIRENA, La
gestione di affari altrui. Ingerenze altruistiche, cit., 203.
106 Si è già accennato (v. supra, cap. 1, § 4) che la dottrina è divisa tra quanti identifi-
cano l’animus con lo specifico intento di gestire un affare altrui e quanti invece lo intendono in termini di mera consapevolezza: sul tale delicato profilo problematico peraltro si tornerà in seguito, nel trattare più approfonditamente il requisito in esame (v. infra, cap. 3, § 1).
107 V. infra, cap. 3, § 1; per la messa in discussione dell’esclusiva funzione solidari-
stica dell’istituto si veda cap. 3, § 2.
negotia gerendi, si oppone la tesi di coloro che sostengono che debba
farsi ricorso ad un criterio oggettivo, così che l’alienità dell’affare ri- sulterebbe in re ipsa109.
Il principale profilo problematico connesso al presupposto in esame riguarda tuttavia la compatibilità delle norme sulla gestione con l’ipotesi in cui l’interesse del dominus concorra con quello del ge- store110: a tal proposito si ritiene tendenzialmente che l’attività del ge-
store possa riguardare anche il compimento di un affare comune111,
come è il caso della locazione ordinaria della cosa comune stipulata da un solo comproprietario112.
Altro requisito della negotiorum gestio richiamato dall’art. 2028 c.c. è la c.d. absentia domini, ossia l’impossibilità del dominus di prov- vedere esso stesso all’affare oggetto della gestione.
Su come debba essere intesa tale impossibilità tuttavia si è regi- strata una varietà di opinioni: l’orientamento tradizionale configura l’absentia in modo rigoroso, ravvisandone la ricorrenza solo nei casi di assenza materiale dell’interessato113; la giurisprudenza più recente, in-
vece, intende tale requisito in senso relativo e non assoluto, fino a rite- nerlo sussistente anche in ipotesi caratterizzate dalla mera non opposi- zione dell’interessato all’attività gestoria114.
La nozione ‘allargata’ dell’absentia domini, peraltro, è stata sot- toposta al vaglio della dottrina, che è divisa tra quanti approvano e quanti invece respingono tale orientamento giurisprudenziale115; certo
è che una simile rilettura del requisito in esame, insieme all’interpreta- zione ‘evolutiva’ dell’animus aliena negotia gerendi e dell’alienità
109 V. infra, cap. 4, § 1.
110 Trattandosi di una questione strettamente connessa al requisito l’animus aliena ne-
gotia gerendi v. infra, cap. 3, § 2.