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1.9. Specificità della Rete Oncologica per i pazienti fragili: pediatrici, anziani, cronici, disabili

1.9.2. Ad alto rischio di tumori

1.9.2.3. Ambientali

tenendo conto della rete che nel tempo si è venuta a sviluppare tra Ministero della Salute, Regioni, Istituti centrali di ricerca, Agenzie regionali di sanità e Agenzie regionali di protezione ambientale ed ASL.

La crescita industriale avvenuta in tutti i Paesi ad alto sviluppo economico e la maggiore acquisizione e diffusione, attraverso le nuove tecnologie informatiche, di informazioni scientifiche e sanitarie, tra le quali quelle validate da autorevoli Organismi quali OMS, IARC e altre Istituti e Associazioni scientifiche, hanno fatto porre sempre maggiore attenzione alle problematiche sanitarie connesse a fattori di rischio per i tumori presenti nell’ambiente di vita. Sempre più spesso Amministrazioni locali, anche su sollecitazione di comitati di cittadini, chiedono alle Autorità pubbliche ambientali e sanitarie di verificare se siano presenti rischi ambientali specifici di tipo oncogeno (accanto a quelli di tipo non oncogeno) e, in caso di risposta positiva, di identificare la popolazione esposta e gli eventuali effetti correlati. Naturalmente l’Autorità pubblica con responsabilità di tipo ambientale e sanitario deve rispondere più sollecitamente possibile e in modo chiaro a tutti i portatori di interesse verificando la presenza del rischio ambientale ipotizzato e delle possibili ricadute sanitarie avviando, laddove necessario, appropriati interventi di prevenzione dei rischi e di riduzione delle esposizioni ambientali a sorgenti inquinanti cancerogene.

Nel Piano Nazionale della Prevenzione 2014-2018, di cui all’Intesa 156/CSR/2014, è previsto un macro obiettivo specifico sulla tematica “Salute e Ambiente”. Le Regioni recependo i contenuti del PNP nei propri PRP, stanno avviando programmi ad hoc per costruire una cultura condivisa tra operatori pubblici del settore sanitario e ambientale su tali tematiche, oltre ad azioni di prevenzione, laddove i rischi ambientali sono noti.

In generale è noto, dai molti studi epidemiologici effettuati sinora su fattori di rischio ambientali, oncogeni e non, che gli effetti sanitari sono da ricondurre solo parzialmente a pressioni ambientali, mentre in parte sono spiegati da fenomeni di disuguaglianza sociale. Le popolazioni che risiedono in aree contigue agli insediamenti industriali hanno solitamente un livello socio-economico basso, presentano esposizioni anche ad altri fattori di rischio (ad esempio, una maggiore esposizione al fumo ed esposizioni a cancerogeni presenti nell’ambiente di lavoro), oltre ad un minore o più difficile accesso alle prestazioni sanitarie. Da ciò la necessità di conoscere la distribuzione spazio-temporale delle pressioni ambientali e dei loro effetti per l’implementazione di percorsi sanitari mirati, laddove risultino più rilevanti. La diffusione e l’utilizzo crescente di strumenti tecnologici per la gestione dei dati sanitari rende il sistema di sorveglianza epidemiologica più accurato e completo attraverso l’utilizzo dei “RegistriTumori”

di popolazione, che attualmente sono attivi in molte aree, anche se si è lontani dalla copertura di tutto il territorio nazionale.

In questi ultimi anni, ha assunto un ruolo rilevante e allo stesso tempo allarmante il rischio di esposizione ad agenti chimici e cancerogeni connessi a sostanze impiegate nelle diverse attività che vedono impegnati i nostri militari. Le maggiori criticità sono segnalate nelle zone dei poligoni di tiro, ma rischi altrettanto importanti riguardano caserme, depositi e stabilimenti militari dove viene ancora rilevata una consistente presenza di amianto. Per i militari italiani impegnati nel 2015 e 2016 nelle missioni in Kosovo, viene ormai da tempo denunciata la loro esposizione ad acqua contaminata da bromato, cancerogeno di classe 2B, in quantità molto più elevate rispetto al limite consentito (65/67 microgrammi-litro, a fronte di un limite di 10). Questa esposizione sarebbe direttamente correlata ad un aumento di incidenza di tumore renale. Tra tutti i possibili contaminanti, un’attenzione particolare è stata posta al rischio legato all’esposizione ad uranio impoverito, materiale con cui vengono fabbricati i proiettili di artiglieria pesante. Questo tipo di proiettile vanta un enorme potere perforante ma, ad alte temperature, rilascia particelle altamente cancerogene. L’esposizione a questa sostanza sarebbe direttamente correlata ad un aumento di incidenza di linfoma di Hodgkin. La Commissione parlamentare di inchiesta sugli effetti dell’uranio impoverito è la quarta Commissione istituita sul caso ma, nonostante le importanti evidenze scientifiche che si stanno ormai consolidando, non si è ancora arrivati ad una conclusione certa. Secondo l'Osservatorio Militare vengono stimate in circa 7mila le vittime dell'uranio e in 344 i militari deceduti negli ultimi 20 anni. Anche il radon è stato classificato tra gli agenti cancerogeni (IARC 1), la cui esposizione nei luoghi chiusi può aumentare il rischio di contrarre un tumore polmonare.

In Italia, il Progetto SENTIERI ha approfondito l’analisi della mortalità nelle popolazioni resi-denti in prossimità di una serie di grandi centri industriali attivi o dismessi, o di aree oggetto di smaltimento di rifiuti industriali e/o pericolosi, che presentano un quadro di contaminazione am-bientale e di rischio sanitario tale da avere determinato il riconoscimento di “siti di interesse na-zionale per le bonifiche”. In queste aree, l’aumento dei tumori è stato del 90% in soli dieci anni. Complessivamente, sarebbero sei milioni le persone più a rischio. Le regioni con un numero più elevato di aree a rischio sono il Piemonte, la Campania, la Toscana, la Puglia e la Sicilia, mentre l’Emilia-Romagna, l’Abruzzo e il Trentino-Alto-Adige sono le uniche ad essere a rischio zero. Il rischio di mortalità è più alto del 15%, rispetto alle altre zone del Paese, nelle aree del Porto di Marghera in Veneto, a Terni e a Taranto. Lo studio ha stimato complessivamente un aumento della mortalità di 1.200 casi all’anno, principalmente concentrati al Sud.

Un caso italiano che ha destato particolare attenzione è quello della “Terra dei fuochi”, ovvero l’insieme dei comuni che si trovano tra Napoli e Caserta, luogo in cui l’incidenza dei tumori è strettamente legata al forte inquinamento ambientale dovuto alla combustione di rifiuti tossici. In questa zona è stato rilevato un incremento di mortalità: aumento di tutti i tumori dell’1%, e in particolare del tumore del polmone (+2%), del fegato (+4/7%), dello stomaco (+5%), oltre che delle malformazioni congenite del sistema nervoso (+8%) e dell’apparato uro-genitale (+14%).