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Biomarcatori tumorali

2. RISORSE PROFESSIONALI E TECNOLOGICHE

2.2. Tecnologie

2.2.1 Governance delle tecnologie e dell’innovazione (HTA)

2.2.1.5. Biomarcatori tumorali

Nel corso degli ultimi decenni l'incremento progressivo delle conoscenze e la disponibilità di nuovi approcci terapeutici hanno portato a una profonda revisione del concetto di biomarcatore, che ne ha ampliato il significato e i campi di applicazione: "una caratteristica oggettivamente

misurabile e valutata come indicatore di un processo biologico normale, di un processo patolo-gico, o della risposta farmacologica a un intervento terapeutico”.Conseguentemente, nella

cate-goria "biomarcatori" si trovano compresi, assieme ai marcatori biochimici e molecolari, anche segni clinici o informazioni metaboliche derivate da tecniche di imaging.

Indicatori biochimici misurabili nel sangue sono tradizionalmente conosciuti come "marcatori tumorali" (MT).

I MT per i quali esistono evidenze adeguate a sostenerne l'uso nella pratica clinica sono ancora oggi rappresentati da un numero limitato di molecole con struttura chimica nota (es. antigene carcinoembrionario, antigene prostatico specifico, alfa-fetoproteina, ecc.) o glicoproteine di cui sono conosciuti gli epitopi (CA125, CA15.3, CA19.9), utilizzate per diverse neoplasie ed in di-versi scenari clinici Si tratta di MT identificati da oltre 30-40 anni la cui principale caratteristica è una relazione diretta con la quantità di massa neoplastica presente.

I MT sono uno strumento importante in oncologia per una ottimale gestione dei percorsi di dia-gnosi e cura, quando utilizzati in modo appropriato. Il miglioramento continuo dell'appropriatezza prescrittiva rappresenta un aspetto cruciale per ottimizzare il rapporto costo/efficacia dell'uso dei MT. Evidenze recenti mostrano che i livelli di prescrizione dei MT circolanti sono di molto su-periori a quanto atteso sulla base della epidemiologia dei tumori solidi e delle raccomandazioni delle linee guida. Ė quindi verosimile che si verifichi un utilizzo estensivo dei MT in persone sane con l’obiettivo di diagnosticare precocemente il cancro o di escluderlo. Questo tipo di uti-lizzo è inappropriato per i limiti intrinseci di sensibilità (i livelli di MT sono in relazione con la quantità di tessuto tumorale presente e quindi è poco verosimile che una neoplasia iniziale di piccole dimensioni rilasci quantità di marcatore significative) e di specificità (i MT possono es-sere elevati in numerose condizioni non oncologiche) dei MT oggi disponibili. La macroscopica inappropriatezza per eccesso comporta conseguenze negative sia in termini di risorse che vengono

stornate da applicazioni più appropriate, sia in termini di qualità di vita per i soggetti esposti all’esame non necessario.

I MT comunemente utilizzati sono compresi nei Livelli Essenziali di Assistenza e inclusi nel Nomenclatore Tariffario delle Prestazioni Specialistiche Ambulatoriali. Nel Nomenclatore vi-gente i MT non sono vincolati ad alcuna condizione di erogabilità né sono associati in nota ad alcuna "indicazione di appropriatezza". L'utilizzo inappropriato dei MT come test diagnostici o in procedure di check-up in soggetti asintomatici non trova restrizioni nei riferimenti normativi vigenti. Le decisioni relative all’autorizzazione all’immissione in commercio di farmaci o presidi medici si basa sulle evidenze ottenute da studi clinici controllati. Le aziende produttrici sono quindi impegnate a promuovere e sostenere gli studi clinici sui farmaci in quanto essenziali per la commerciabilità degli stessi. Nel campo dei test diagnostici l’interesse per gli studi di valuta-zione è invece più limitato, dato che le evidenze di utilità clinica non ne condizionano la com-merciabilità. Un farmaco non approvato per un dato utilizzo non può essere commercializzato; differentemente, il percorso per rendere commercialmente disponibile un biomarcatore identifi-cato come potenziale test diagnostico richiede la registrazione in conformità alla “Direttiva 98/79/CE relativa ai Dispositivi Medico-Diagnostici In Vitro (IVD)”, ma non necessita di valu-tazioni di utilità clinica, considerata in alcuni casi solo per concedere la rimborsabilità del test. Oggi sono disponibili sul mercato kit commerciali per la determinazione di centinaia di test dia-gnostici di laboratorio potenzialmente utilizzabili in oncologia, ancorché non rimborsabili. L’unico fattore limitante l'utilizzo nel caso dei test non rimborsabili risulta essere la disponibilità economica dell'utente interessato.

La letteratura primaria su cui si basano le linee guida ha delle caratteristiche particolari nel caso dei MT. I dati sui MT sono infatti frequentemente ottenuti da studi clinici randomizzati disegnati per i farmaci, nei quali però i MT rappresentano obiettivi secondari. Un fattore cruciale di diffe-renza fra farmaco e MT è rappresentato dalla verifica degli esiti. Nel caso del farmaco, l’esito primario (come ad esempio la risposta, l’intervallo libero da malattia, la sopravvivenza) è poten-zialmente misurabile. Per il MT l’esito è spesso intermedio e non automaticamente trasferibile agli esiti clinici primari; ad esempio, il fatto che un MT sia sensibile e specifico per la malattia cercata è un prerequisito per qualsiasi applicazione, ma non è di per sé un esito clinicamente significativo; infatti, un MT può certamente anticipare la diagnosi della ripresa di malattia in un paziente in monitoraggio dopo la terapia, ma non ha un impatto sulla sopravvivenza se non sono disponibili cure efficaci per la malattia metastatica. Per tali ragioni i livelli di evidenza ottenuti sui MT sono in genere bassi. Ciò causa incertezza nella preparazione di linee guida e fa sì che

possano prevalere raccomandazioni generiche o restrittive circa l’applicazione clinica dei marca-tori.

Purché usati appropriatamente, i MT tumorali rappresentano uno strumento diagnostico efficace, minimamente invasivo, di basso costo e di rapida disponibilità, data la velocità della determina-zione e l'assenza di liste di attesa. Il fatto che l’inappropriatezza per eccesso rimanga a livelli elevati fa sospettare che le linee guida non vengano di fatto seguite nella pratica clinica forse perché troppo restrittive per i MT. Per questo è la disponibile un documento che identifica ed esamina le raccomandazioni, in modo sinottico separatamente per 21 tumori solidi e per ciascuno dei principali scenari clinici che riguardano il percorso diagnostico-terapeutico di una neoplasia e, nel percorso di miglioramento continuo dell'appropriatezza prescrittiva il Manuale sarà perio-dicamente aggiornato.

Gli elementi di sintesi per definire il contesto nel quale collocare l’uso dei MT sono:

 I riferimenti normativi esistenti non pongono restrizioni cogenti alla prescrizione inappro-priata dei marcatori tumorali e non vincolano la commercializzazione di nuovi marcatori a criteri di utilità clinica.

 Le evidenze sui biomarcatori sono ancora deboli per consentire la produzione di linee guida univoche.

 La presentazione sinottica delle raccomandazioni sui marcatori di tutte le linee guida è uno strumento idoneo a orientare la best practice prescrittiva.

 Lo sviluppo e la ottimizzazione di indicatori per monitorare l'appropriatezza è un comple-mento essenziale agli interventi finalizzati al miglioracomple-mento della best practice.

 Centinaia di test diagnostici oggi disponibili per nuovi marcatori e quesiti cruciali nell'uso dei marcatori tradizionali ancora senza risposta, richiedono un rapido iter di valutazione clinica.

Modelli di studio innovativi basati sulla pratica clinica nel mondo reale possono contribuire ad accelerare il percorso di validazione di nuovi marcatori o di verifica di utilità dei marcatori tradi-zionali.

Un ruolo fondamentale nella medicina di precisione è rivestito dai biomarcatori predittivi. Questi sono alterazioni genetico-molecolari delle neoplasie che determinano sensibilità o resistenza a specifici agenti anti-tumorali. La individuazione di marcatori predittivi è pertanto indispensabile

per garantire la appropriatezza della prescrizione di farmaci a bersaglio molecolare. La valuta-zione dei biomarcatori predittivi può prevedere l’analisi di espressione di proteine oppure la iden-tificazione di varianti genetiche o di fenomeni di amplificazione genica associati ad attivazione di oncogeni o inattivazione di antioncogeni. L’evoluzione delle tecnologie e delle conoscenze sta progressivamente detrminando un sempre maggiore utilizzo di metodiche che consentono di ot-tenere una ampia caratterizzazione genetico-molecolare in una singola analisi quali quelle di NGS. Inoltre, l’avvento della biopsia liquida sta consentendo di superare i limiti rappresentati dalla disponibilità di tessuto tumorale. In questo contesto appare indispensabile una organizza-zione del sistema laboratoristico dedicato alla identificaorganizza-zione di biomarcatori. L’utilizzo di me-todiche complesse che consentono di avere informazioni su diversi geni pone problematiche re-lative alla appropriatezza prescrittiva, ai costi ed alla tutela dei dati.

Una caratterizzazione farmacogenetica estesa della neoplasia offre sicuramente maggiori possi-bilità ai pazienti in fase avanzata di malattia di poter accedere a terapie personalizzate. Tuttavia, questo è possibile solo nel contesto di studi clinici basati sulle caratteristiche genetico-molecolari dei pazienti. Una rete nazionale con un registro delle mutazioni ed una serie di studi clinici ad esso collegati appare l’unico approccio per garantire l’accesso a potenziali nuove terapie nell’am-bito di una organizzazione che sia anche in grado di generare nuova conoscenza. I costi delle nuove tecnologie impongono la individuazione di centri di riferimento a livello regionale nel contesto delle Reti Oncologiche. Il numero di laboratori che offre test predittivi in Italia sta infatti aumentando in maniera progressiva ed ingiustificata. Le nuove tecnologie di NGS richiedono la centralizzazione dei test sia per ridurre i costi che per garantire una adeguata specializzazione. L’esecuzione di test predittivi può anche rivelare la presenza di mutazioni costituzionali che ren-dono obbligatoria la realizzazione di percorsi di consulenza genetica, che garantiscano i test per i familiari dei pazienti positivi per mutazioni costituzionali ed adeguati programmi di screening. Allo stesso tempo, la organizzazione dei laboratori deve garantire la adeguata protezione dei dati genetici dei pazienti analizzati.

Il rapido sviluppo clinico della biopsia liquida sta ponendo importanti problematiche relative sia alla appropriatezza prescrittiva che alla conduzione ed interpretazione del test. Anche in questo caso, la realizzazione di una rete laboratoristica appare indispensabile.

Data la estrema variabilità delle tecnologie impiegate per i test predittivi eseguiti su tessuto o su biopsia liquida, la partecipazione a programmi esterni di controllo di qualità forniti da providers

accreditati deve essere resa obbligatoria, per garantire che i pazienti ricevano test di adeguata qualità su tutto il territorio nazionale.

Infine, va sottolineato che la conoscenza nel settore della medicina di precisione si sta sviluppando rapidamente. Ad esempio, diversi studi sono in corso per valutare la possibilità di impiegare la biopsia liquida per la diagnosi precoce di neoplasie e per la individuazione della malattia minima residua in pazienti sottoposti a chirurgia radicale. Tale evoluzione renderà necessario un continuo adattamento delle linee guida e delle procedure del sistema sanitario nazionale, per garantire ai pazienti oncologici italiani il rapido accesso a nuove strategie terapeutiche.